Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8097 del 02/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 02/04/2010, (ud. 11/03/2010, dep. 02/04/2010), n.8097

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY

5, presso lo studio dell’avvocato RIZZO CLAUDIO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TRANE PASQUALE, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A.;

– intimata –

e sul ricorso n. 20930/2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PARAGUAY

5, presso lo studio dell’avvocato RIZZO CLAUDIO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TRANE PASQUALE, giusta delega a

margine del ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 2136/2 004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 13/04/2005 R.G.N. 1203/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

11/03/2010 dal Consigliere Dott. BANDINI Gianfranco;

udito l’Avvocato RIZZO CLAUDIO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro, che ha concluso per accoglimento del ricorso

principale, rigetto dell’incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza del 16.12.2004 – 13.4.2005, respinse il gravame proposto da S.S. nei confronti della Poste Italiane spa avverso la sentenza di prime cure con la quale era stata disattesa la sua domanda di accertamento dell’illegittimita’ del termine apposto al contratto di lavoro stipulato fra le parti il 13.10.1999 e prorogato fino al 18.3.2000;

la Corte territoriale, confutato l’assunto del primo Giudice secondo cui il rapporto di lavoro doveva ritenersi risolto per mutuo consenso, reputo’ che doveva ritenersi la legittimita’ dell’integrazione dell’art. 8 CCNL 26.11.1994 effettuata con l’accordo del 25.9.1997 e che andavano disattesi i rilievi dell’appellante di illegittimita’ dell’apposizione del termine, sia con riferimento alla mancata specificazione e, comunque, alla carente dimostrazione, del nesso di causalita’ tra le esigenze riorganizzative e la singola assunzione a termine, sia con riferimento alla data della sua assunzione.

Avverso tale sentenza S.S. ha proposto ricorso fondato su quattro motivi.

La Poste Italiane spa ha resistito con controricorso, spiegando ricorso incidentale fondato su due motivi e illustrato con memoria, a cui il ricorrente ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi, siccome proposti avverso la medesima sentenza.

2. In via di priorita’ logica va esaminato il primo motivo del ricorso incidentale (in relazione al quale va disattesa l’eccezione di inammissibilita’ svolta dal ricorrente principale, posto che l’impugnazione investe un’eccezione, sulla quale la parte impugnante e’ rimasta soccombente, idonea a condurre alla cassazione in parte qua della sentenza impugnata con assorbimento di ogni ulteriore questione agitata in causa), relativo alla pretesa risoluzione del rapporto per mutuo consenso. La sentenza impugnata ha ritenuto l’infondatezza della tesi dell’avvenuta risoluzione dei rapporti di lavoro a termine per mutuo consenso in relazione all’inerzia mantenuta dal lavoratore dopo la scadenza e fino alla manifestazione della volonta’ di ripristinare la funzionalita’ di fatto del rapporto.

La censura svolta al riguardo dalla ricorrente incidentale deve essere rigettata.

Infatti, secondo il condiviso orientamento di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., n. 23554/2004), nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul presupposto dell’illegittima apposizione al relativo contratto di un termine finale ormai scaduto) per la configurabilita’ di una risoluzione del rapporto per mutuo consenso e’ necessario che sia accertata – sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a termine, nonche’ alla stregua delle modalita’ di tale conclusione, del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze significative – una chiara e certa comune volonta’ delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo;

la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimita’ se non sussistono vizi logici o errori di diritto; nel caso in esame la Corte di merito ha ritenuto che la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto (peraltro in un contesto caratterizzato da una durata dell’interruzione “assai modesta”) non fosse sufficiente a far ritenere la sussistenza dei presupposti della risoluzione del rapporto per mutuo consenso e tale conclusione, in quanto priva di vizi logici o errori di diritto, resiste alle censure mosse in ricorso.

3. Com’e’ pacifico, il ricorrente e’ stato assunto con contratto a termine, decorrente dal 13.10.1999 (e prorogato sino al 18.3.2000), stipulato a norma dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 e, in particolare, in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine, la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane.

3.1 Il ricorrente principale si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto l’inesistenza del limite temporale del 30.4.1998 per l’utilizzo dell’anzidetta ipotesi collettiva di stipulazione di contratti a termine (primo motivo); sostiene altresi’ che tale ipotesi dovrebbe ritenersi nulla per contrasto con le norme imperative di cui alle L. n. 230 del 1962 e L. n. 56 del 1987 (secondo motivo); censura la sentenza impugnata per non avere ritenuto che spetti al datore di lavoro fornire la prova, in relazione alla specificita’ della situazione dedotta, della necessita’ straordinaria e temporanea di procedere all’assunzione a termine (quarto motivo).

A sua volta la Societa’ controricorrente eccepisce l’inammissibilita’ del primo motivo per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione e, in via di ricorso incidentale (secondo motivo), censura di ultrapetizione la sentenza impugnata per avere affrontato la questione della perdurante vigenza ed efficacia dell’accordo integrativo del 25.9.1997.

Le suddette doglianze vanno esaminate congiuntamente siccome fra loro strettamente connesse.

3.2 Il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilita’ del ricorso per Cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e’ volto a garantire la regolare e completa instaurazione del contraddittorio e puo’ ritenersi soddisfatto, senza necessita’ che esso dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi, laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimita’, in relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 11653/2006); nel caso di specie la trascrizione in ricorso dei passi salienti (ai fini de quibus) degli accordi successivi a quello del 25.9.1997 (e, in particolare di quello del 16.1.1998) soddisfa la suddetta esigenza di chiara e completa conoscenza dei fatti, onde la svolta eccezione di inammissibilita’ va disattesa.

3.3 Il secondo motivo del ricorso incidentale e’ inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso, non essendo state ivi riportate, nel loro contenuto testuale e non in termini sintetici e pretesamente riassuntivi, le ragioni su cui erano fondate le domande svolte nel ricorso introduttivo del giudizio ed in contemplazione delle quali, in tesi, dovrebbe desumersi la dedotta esorbitanza della Corte territoriale dal thema decidendi.

3.4 Secondo il costante insegnamento di questa Corte di Cassazione (cfr, in particolare, Cass. 26 luglio 2004 n. 14011; Cass. 7 marzo 2005 n. 4862), specificamente riferito ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25 settembre 1997, l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 23 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra singoli contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato; ed infatti, come ripetutamente affermato da questa Corte Suprema e ribadito dalle Sezioni Unite con sentenza 2 marzo 2006 n. 4588, il legislatore ha conferito una delega in bianco ai soggetti collettivi, svincolata dai limiti ricavabili dal sistema di cui alla L. n. 230 del 1962, art. 1.

La decisione della Corte di merito, con riferimento ai contratti de quo, e’ conforme al suddetto principio di diritto e, pertanto, il secondo e il quarto motivo del ricorso principale vanno disattesi.

3.5 Ad avviso della Corte territoriale, premessa la legittimita’ del citato accordo integrativo, i cosiddetti accordi attuativi costituivano un mero riconoscimento bilaterale, per il periodo preso in considerazione, della sussistenza delle condizioni oggettive legittimanti il ricorso ai contratti a termine; con la conseguenza che anche al di fuori dei periodi considerati dai suddetti accordi attuativi il ricorso alle assunzioni a termine doveva considerarsi del tutto legittimo.

Questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., n. 18272/2006), decidendo su fattispecie sostanzialmente analoghe a quella in esame (contratti a termine stipulati ai sensi dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997 dopo la data del 30 aprile 1998), ha cassato le sentenze di merito che avevano affermato la legittimita’ del termine apposto a tali contratti.

Deve premettersi, in linea generale, che la L: 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 e successive modifiche nonche’ del D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis convertito con modificazioni dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura, come detto, una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 4588/2006), e che, in forza della sopra citata delega in bianco, le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25 settembre 1997.

Partendo da questo principio, la ricordata giurisprudenza, dopo aver ribadito la legittimita’ della formula adottata nell’accordo integrativo, caratterizzata, in particolare, dalla mancata previsione di un termine finale, ha ritenuto tuttavia viziate quelle decisioni dei giudici di merito nella parte in cui hanno affermato la natura meramente ricognitiva dei cosiddetti accordi attuativi e conseguentemente il carattere non vincolante degli stessi quanto alla determinazione della data entro la quale era legittimo ricorrere a contratti a termine, atteso che con tale interpretazione dei suddetti accordi si sono discostate dal chiaro significato letterale delle espressioni usate – ed in particolare di quella secondo cui “…per far fronte alle predette esigenze si potra’ procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30/4/98” (cfr accordo del 16 gennaio 1998); cio’, fra l’altro, in violazione del principio secondo cui, nell’interpretazione delle clausole dei contratti collettivi di diritto comune, nel cui ambito rientrano sicuramente gli accordi sindacali sopra riferiti, si deve fare innanzitutto riferimento al significato letterale delle espressioni usate e, quando esso risulti univoco, e’ precluso il ricorso a ulteriori criteri interpretativi, i quali esplicano solo una funzione sussidiaria e complementare nel caso in cui il contenuto del contratto si presti a interpretazioni contrastanti (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 12245/2003; 12453/2003). La stessa giurisprudenza ha ritenuto inoltre la sussistenza, nelle suddette sentenze, di una violazione del canone ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c., a norma del quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possano avere qualche effetto, anziche’ in quello per cui non ne avrebbero alcuno; ed infatti la statuizione secondo cui le parti non avevano inteso introdurre limiti temporali alla previsione di cui all’accordo del 25 settembre 1997 implica la conseguenza che gli accordi attuativi, cosi’ definiti dalle parti sindacali, erano “senza senso” (cosi’, testualmente, Cass., n. 2866/2004).

La giurisprudenza di questa Corte (cfr, ex plurimis, Cass., n. 18378/2006) ha, per contro, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volonta’ delle parti come operata dai giudici di merito (e contrariamente a quanto affermato nella sentenza qui impugnata), l’irrilevanza attribuita all’accordo del 18 gennaio 2001 in quanto stipulato dopo circa due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioe’ quando il diritto del soggetto si era gia’ perfezionato; ed infatti, anche ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione doveva comunque ritenersi conforme alla regula iuris dell’indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass., n. 5141/2004).

Il sopra ricordato orientamento di questa Corte deve essere pienamente confermato, atteso che le tesi difensive che si sono confrontate nelle fasi di merito, quelle oggi proposte all’attenzione della Corte e, infine, le ragioni esposte nella sentenza impugnata, non sono sorrette da argomenti che non siano gia’ stati scrutinati nelle ricordate decisioni o che propongano aspetti di tale gravita’ da esonerare la Corte dal dovere di fedelta’ ai propri precedenti. Il primo motivo del ricorso principale (con riferimento al ricordato contratto a termine concluso inter partes e decorrente dal 13.10.1999) deve essere pertanto considerato fondato per le ragioni sin qui esposte.

4. Resta conseguentemente assorbita la doglianza relativa alla intervenuta proroga del predetto contratto a termine (terzo motivo).

5. In definitiva il ricorso principale merita accoglimento nei limiti anzidetti, mentre quello incidentale deve essere rigettato;

conseguentemente la sentenza va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio della causa al Giudice indicato in dispositivo, che procedera’ a nuovo esame tenendo conto dei principi sopra affermati e provvedera’ altresi’ sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE Riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il terzo e rigetta gli altri; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Caltanissetta.

Cosi’ deciso in Roma, il 11 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2010

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