Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8095 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. I, 23/03/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 23/03/2021), n.8095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso 13069/2016 proposto da:

Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta Regionale

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Sabotino n. 12,

presso lo studio dell’avvocato Pungì Graziano, rappresentata e

difesa dall’avvocato Naimo Giuseppe, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

S.E.L.I. Società Esecuzione Lavori Idraulici S.p.a.. in c.p., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Guido d’Arezzo n. 2, presso lo studio

dell’avvocato Di Tarsia Di Belmonte Raffaella, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati Fariselli Roberto, Tognacci Mirca,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

Sorical S.p.a. in Liquidazione;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6577/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/02/2021 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la regione Calabria ricorre per cassazione contro la sentenza della corte d’appello di Roma pubblicata il 25-11-2015, non notificata, che ne ha respinto l’impugnazione avverso il lodo arbitrale di condanna al pagamento della somma di 9.270.245,80 Euro alla S.e.l.i. – Società esecuzione lavori idraulici s.p.a.; l’intimata ha replicato con controricorso;

non ha svolto difese la litisconsorte Sorical – Società risorse idriche calabresi in liquidazione, anch’essa condannata in solido; è stata depositata una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – il ricorso è stato notificato il 21-5-2016; ne è stata eccepita la tardività in relazione al termine breve;

segnatamente la società S.e.l.i. ha eccepito che la sentenza sarebbe stata notificata a mezzo p.e.c.:

(a) una prima volta, il 25-11-2015, tanto alla regione quanto al difensore (avv. Naimo), peraltro appartenente all’avvocatura interna della regione medesima;

(b) una seconda volta, in data 30-11-2015, ancora a entrambi;

(c) una terza volta alla sola regione, in forma esecutiva, in data 15-2-2016;

II. – agli specifici interessa la notifica fatta al difensore avv. Naimo, costituito in appello;

difatti risulta che la regione sia stata rappresentata e difesa, anche ai fini del giudizio d’appello, dall’avv. Naimo dell’avvocatura regionale e che abbia eletto domicilio in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. Pungì;

III. – ora è provato che la società S.e.l.i. ha notificato la sentenza d’appello alla regione il 25 e il 30-11-2015, presso il difensore costituito avv. Naimo al di lui indirizzo p.e.c. estratto dal ReGindE;

la notifica della sentenza effettuata alla controparte a mezzo p.e.c. è idonea a far decorrere il termine breve d’impugnazione nei confronti del destinatario, ove il notificante provi – come nella specie – di aver allegato e prodotto la copia cartacea del messaggio di trasmissione a mezzo posta elettronica certificata, le ricevute di avvenuta consegna e accettazione e la relata di notificazione, sottoscritta digitalmente dal difensore, nonchè la copia conforme della sentenza che, trattandosi di atto da notificare non consistente in documento informatico, sia stata effettuata mediante estrazione di copia informatica dell’atto formato su supporto analogico e attestazione di conformità ex art. 16-undecies del D.L. n. 179 del 2012 (cfr. Cass. n. 21597-17, Cass. n. 20747-18, Cass. n. 24568-18);

invero come indicato dalle Sezioni unite di questa Corte, in seguito all’introduzione del “domicilio digitale”, previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16-sexies, conv. con modif. dalla L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv. con modif. dalla L. n. 114 del 2014, è sempre valida la notificazione al difensore eseguita presso l’indirizzo p.e.c. risultante dall’albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui al D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 6-bis, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest’ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest’ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al D.M. 21 febbraio 2011, n. 44, gestito dal Ministero della Giustizia (Cass. Sez. U. n. 23620-18);

IV. – va precisato che, ai fini della decorrenza del termine breve per l’impugnazione, la notifica della sentenza deve essere effettuata presso il domicilio (reale o eletto) del difensore – e non già presso il domicilio eletto della parte – anche se detti luoghi possono coincidere (cfr. Cass. n. 21734-16) -, essendo il difensore, dopo la costituzione in giudizio della parte suo tramite, l’unico destinatario delle notificazioni da eseguire nel corso del procedimento (art. 170 c.p.c., comma 1);

la notifica al difensore costituito che, come nella fattispecie, sia indicato tale nell’atto è in sè idonea a determinare la decorrenza del termine breve, e lo sarebbe anche se la notifica avvenisse in un luogo diverso da quello in cui, presso il medesimo difensore, fosse stato eletto domicilio (v. Cass. Sez., U. n. 7454-20);

ne consegue che il presente ricorso è in effetti tardivo, siccome notificato il 21-5-2016 a fronte di sentenza validamente notificata al difensore costituito per il giudizio d’appello il 25-112015;

le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese processuali, che liquida in 15.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

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