Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8095 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 8095 Anno 2016
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

SENTENZA
Od. 16/03/2016

sul ricorso 2019-2013 proposto da:
20

PAPPALARDO

DOMENICO

PAPPALARDO GIOVANNI

(c.f.

PPPDNC31L04C351D),

(c. f. PPPGNN70P13C351Y), PORTO

DOMENICA (C.F. PRTDNC43T4BF899G), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA GENOVA 30, presso l’avvocato
NICOLA ENRICO GUGLIELMINO, rappresentati e difesi
2016
591

dall’avvocato VINCENZO GALAZZO, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrenti contro

MONTE DEI

PASCHI

DI

SIENA S.P.A.,

già BANCA

Data pubblicazione: 21/04/2016

ANTONVENETA

S.P.A.,

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA CARLO MIRABELLO 18, presso l’avvocato
ALFONSO QUINTARELLI, rappresentata e difesa dagli
avvocati ANTONINO GITTO, ALBERTO GIACONIA, giusta
procura in calce al controricorso;

avverso la sentenza n. 1526/2011 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 25/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/03/2016 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
ANTONIO GENOVESE;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato F. MORTATI,
con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

– controricorrente

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Catania ha respinto l’impugnazione
proposta da

Domenico

e

Giovanni Pappalardo

nonché da

Domenica Porto avverso la sentenza del Tribunale di quella

stessa città che, a sua volta, aveva rigettato la domanda,
da loro proposta contro la Banca Antoniana Popolare Veneta
SpA (ora Banca Monte dei Paschi di Siena SpA), con la quale

era stata richiesta la condanna della Banca alla
restituzione di alcune somme di denaro, indebitamente
percepite, con riferimento a rapporti di conto corrente
intrattenuti dalla società da loro partecipata (la Tropical
Travel Tours di Porto Domenica e C. sas),

e le cui

partecipazioni erano state poi cedute, a vario titolo: a)
per interessi calcolati in misura eccessiva, in base ad una
clausola cd. uso piazza, ritenuta illegittima; b) per la
capitalizzazione trimestrale degli stessi; c) per
commissioni di massimo scoperto; d) per calcolo della
valuta e dei saldi .
1.1.

La Corte territoriale, in particolare, ha confermato

la sentenza di prime cure con la quale era stato dichiarato
il difetto di legittimazione attiva degli attori,
condannati anche al pagamento delle spese giudiziali.
1.2. Secondo la Corte territoriale, dalla scrittura privata

– intervenuta tra i ricorrenti ed i loro cessionari delle
3

partecipazioni sociali della società debitrice della Banca
– non emergerebbe affatto che il pagamento del debito
sociale sia avvenuto con il denaro dei cedenti.
1.3.

Secondo lo stesso giudice, inoltre, l’ipotizzato peso

economico che i cedenti assumono da loro sopportato con la
diminuzione del corrispettivo della vendita delle
partecipazioni, proprio in ragione dell’ammontare della
debitoria della società correntista, non sarebbe idoneo a
radicare il loro interesse alla proposizione dell’azione
giudiziale, poiché si tratterebbe di una situazione di
fatto che non li legittimerebbe a chiedere la ripetizione
dei pagamenti effettuati dalla società alla Banca
creditrice.
1.4.

Inoltre, la prospettazione data dai ricorrenti con la

comparsa conclusionale, secondo cui essi avrebbero delegato
gli attuali soci della società a estinguere la loro
obbligazione fideiussoria nei confronti della Banca,
sarebbe del tutto nuova e diversa da quella ipotizzata
nell’atto di appello, e perciò inammissibile.
2.Avverso tale decisione ricorrono Domenico e Giovanni
Pappalardo nonché Domenica Porto, con tre mezzi, contro cui
resiste Banca Monte dei Paschi di Siena SpA, con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4

1.Con il primo motivo di ricorso [violazione dell’art. 100
c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.)] i ricorrenti affermano che
la Corte territoriale avrebbe violato la disposizione
richiamata in quanto la Corte non avrebbe tenuto conto del
fatto che il pagamento effettuato dai cessionari era stato

eseguito nel loro esclusivo interesse atteso che – come era
già stato chiarito nell’atto di citazione e poi nella
memoria

ex

art. 184 c.p.c. – le somme versate dai

cessionari alla Banca sarebbero state detratte dal prezzo
di cessione spettante ai venditori, onde il pagamento da
parte dei nuovi soci alla creditrice sociale poteva
atteggiarsi ad una delega di pagamento con denaro altrui,
per incarico conferito da questi ultimi nella qualità di
cedenti delle partecipazioni societarie.
2.Con il secondo motivo [violazione dell’art. 100 c.p.c.
(art. 360 n. 3 c.p.c.)] i ricorrenti affermano che la Corte
territoriale avrebbe disconosciuto il proprio interesse a
richiedere la restituzione delle maggiori somme pagate alla
Banca senza interpretare correttamente, e secondo il suo
tenore letterale, la clausola contenuta nella scrittura del
2 novembre 1999 dalla quale emergerebbe che vi era un
chiaro rapporto di delega tra i cedenti ed i cessionari nel
pagamento del debito bancario.
2.1.Secondo i ricorrenti, essi non avrebbero fatto valere
un diritto altrui ma uno proprio, essendo condebitori
5

dell’istituto di credito ancora per un anno dopo la
cessione delle quote.
.Con il terzo [illogica motivazione per nontraddittorità

tra documenti in atti e motivi posti a base della decisione

(art. 360 n. 5 c.p.c.)] i ricorrenti lamentano che la Corte
territoriale avrebbe male interpretato la propria domanda
non avvedendosi che del rapporto di delegazione v’era già
cenno nell’atto introduttivo del giudizio, sebbene in
quella sede non si fosse fatto uso della parola «delega».

4.1 tre mezzi di ricorso, tra loro strettamente connessi,

vanno esaminati congiuntamente.
5.

Con essi, infatti, si lamenta la violazione dell’art.

100 c.p.c. e si allegano vizi motivazionali in ordine
all’esclusione dell’interesse ad agire dei cedenti le
partecipazioni sociali rispetto al peso economico dei
debiti bancari della società partecipata dai nuovi soci.
5.1.

Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe

mal interpretato sia la scrittura, intercorsa tra le parti,
sia gli atti del giudizio, non avvedendosi che la
prospettazione del rapporto tra i soci cessionari ed i loro
dante causa sarebbe stato posto nei termini di un rapporto
di delegazione di pagamento, a cui i cedenti avevano
interesse, sia per l’esistenza di una fideiussione della
6

durata di un anno,

dopo la cessione,

sia della

sopportazione del peso economico di quei debiti computati
nel prezzo complessivo della cessione.
6. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

6.1. L’azione proposta dalle parti dell’odierno giudizio è

un’azione di ripetizione delle somme che si assumono pagate
dalla società debitrice ma oltre la misura effettiva del
debito della correntista, in ragione di alcune pratiche
contrattuale illegittime poste in essere dalla Banca
creditrice (cfr. ad es. Sez. U, Sentenza n. 24418 del 2010,
e succ. conff., sulla «azione di ripetizione di indebito,
proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la
nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale
degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un
contratto di apertura di credito bancario regolato in cont
corrente»).
6.2.

Una tale azione, ove riguardi il rapporto di conto

corrente intrattenuto dalla società (nella specie una
società in accomandita semplice) non è nella disponibilità
dei soci ma della società medesima, la quale, essendo
pienamente autonoma, potrà agire per il tramite del socio
accomandatario e amministratore della stessa (cfr. Cass.
Sez. l, Sentenza n. 2155 del 1985, con riferimento ad una
altra ipotesi di insensibilità della posizione della
7

società rispetto alle ragioni dei soci come tali, al pari
del caso in esame).
6.3.

Ne deriva che i soci, ancor più se cessati da tale

posizione per l’avvenuta vendita delle partecipazioni, non

hanno alcun titolo a proporre le azioni spettanti a
quell’autonomo soggetto di diritto, per quanto il rapporto
creditorio che ne è alla base abbia comportato un riflesso
economico sul negozio (ed il conseguente rapporto) di
cessione delle partecipazioni sociali (e, particolarmente,
sul prezzo delle quote).
6.4. Nella sostanza, i ricorrenti hanno allegato fatti che

attengono alla regolazione del prezzo di cessione delle
. quote, senza che sia stato altresì indicato che i soci
cessionari avevano preso impegni in ordine al comportamento
della società verso la banca creditrice ed in specie con
riferimento all’obbligo di proporre un’azione di
ripetizione verso la Banca creditrice e ad un rapporto di
delegazione di cui non è data traccia (sia in termini di
allegazione che di prova e, comunque di discussione nella
fase di merito).
6.5.

Ne deriva che le pattuizioni, tra ex soci e nuovi

soci, stipulate – peraltro – in termini non del tutto
chiaramente esposti, non possono assicurare ai primi il
diritto di surrogarsi nelle ipotetiche ragioni creditorie
8

della società verso la Banca accipiens (anche ai soli fini
di far valere un debito minore di quello richiesto alla
correntista) potendo solo riverberarsi nei rapporti di dare
ed avere tra i contraenti del negozio di cessione delle

partecipazioni.
6.6. Del resto, come si è detto, la Corte territoriale ha
del tutto escluso la sindacabilità del preteso interesse
autonomo degli ex soci in qualità di fideiussori della
società ceduta, risultando quel tema del tutto nuovo nel
giudizio di merito.
7.

In conclusione, il ricorso, del tutto infondato in

relazione a tutti profili (alcuni dei quali inammissibili
perché tendenti a un nuovo accertamento relativo a profili
sostanziali o processuali irrilevanti e non decisivi) deve
essere respinto.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo.
PQM

Respinge il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al
pagamento delle spese processuali di questo grado di
giudizio, che liquida – in favore della resistente – in C
6.200,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre alle spese
generali forfettarie ed agli accessori di legge.

9

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della l a

sezione civile della Corte di cassazione, il 16 marzo 2016,

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