Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8093 del 02/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 02/04/2010, (ud. 05/03/2010, dep. 02/04/2010), n.8093

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, domiciliata in Roma,

Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Euroburro s.r.l., in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Giovanni Bettolo 22, presso l’avv. Michele

Centrone, rappresentata e difesa dall’avv. LISTA Pasquale giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 146/44/06 del 13/7/06.

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

5/3/10 dal Relatore Cons. Dott. Paolo D’Alessandro;

udito l’avvocato dello Stato Lorenzo D’Ascia;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, in base a tre motivi, avverso la sentenza n. 145/44/06 della Commissione tributaria regionale della Campania, che ha rigettato l’appello dell’Ufficio contro la pronuncia di primo grado che aveva accolto il ricorso della società contro un atto di contestazione conseguente ad accertamento di maggior reddito per l’anno 1996.

La s.r.l. Euroburro resiste con controricorso.

Il ricorso, chiamato alla Camera di consiglio del 5/12/08, è stato rimesso alla pubblica udienza per insussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 cod. proc. civ..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con i primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente, la ricorrente Agenzia lamenta, tra l’altro, il malgoverno, da parte del giudice tributario, in fatto ed in diritto, del principio in base al quale grava sul contribuente, che invoca il diritto alla deduzione, fornire la prova della effettività delle operazioni contestate dall’Ufficio.

1.1.- I primi due motivi sono fondati, nei sensi di seguito precisati.

Costituisce principio consolidato di questa Corte quello per cui, in ipotesi di fatture che l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni inesistenti, grava su di essa l’onere di fornire validi elementi presuntivi per affermare che alcune fatture sono state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie, passando sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Case. 15395/08, 2847/08, 1023/08).

Il giudice tributario sembra dunque aver fatto applicazione di un principio sbagliato, affermando che l’Ufficio “non offre alcun contributo per far riconoscere efficienza probatoria agli elementi presuntivi raccolti a carico della parte appellata”, proprio in quanto l’Ufficio non doveva fornire prova certa dell’inesistenza, ma presunzioni anche semplici del proprio assunto, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1.

Il giudice tributario avrebbe dovuto, pertanto, valutare se l’Ufficio avesse o meno offerto elementi presuntivi a sostegno della fittizietà delle operazioni e, in caso affermativo, accertare se la società contribuente avesse dal canto suo dimostrato l’effettiva esistenza delle operazioni contestate.

2.- Con il terzo motivo la ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge, censura la sentenza impugnata ove essa dovesse essere interpretata nel senso che la sentenza penale assolutoria fa stato nel giudizio tributario.

2.1.- Il terzo motivo, del resto formulato in termini dubitativi, è inammissibile, apparendo evidente dalla motivazione che il giudice non ha ritenuto che la sentenza penale assolutoria faccia stato nel giudizio tributario, ma la ha valutata – sia pure, per quanto detto, in modo erroneo – come elemento indiziario favorevole alla società contribuente.

3.- Accolti i primi due motivi, nei sensi di cui in motivazione, e dichiarato inammissibile il terzo, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.

PQM

la Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara inammissibile il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 5 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2010

 

 

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