Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8092 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 8092 Anno 2016
Presidente: DI VIRGILIO ROSA MARIA
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

Data pubblicazione: 21/04/2016

SENTENZA

sul ricorso 25339-2010 proposto da:
MELCHIONNA

ANNA

RITA

(c.f.

AGRISERVICE SEMENTI S.R.L.

MLCNRT60C67E397Y),

(p.i. 02198700649), in

persona del legale rappresentante pro tempore, DI
MARINO ANTONIO (c.f. DMRNTN55M19E245V), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA PANAMA 74, presso l’avvocato
2016

GIANNI EMILIO IACOBELLI, che li rappresenta e difende,

475

giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

SYNGENTA CMP PROTECTTON

.P.A. (P.I. MY73810122), in

4\),

persona dei legali rappresentanti pro tempore,
elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA LUIGI CAPUANA

175, presso l’avvocato MARIO PALOMBI, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
VALENTINA GOBBI, CARLO NEBBIA, giusta procura a

CURATELA FALLIMENTARE MELCHIONNA ANNA RITA, in persona
del Curatore fallimentare dott. VOLPE MASSIMINO,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGLI
AVIGNONESI 5, presso l’avvocato ABBAMONTE ANDREA,
rappresentata e difesa dall’avvocato ROSSELLA
VERDEROSA, giusta procura a margine del controricorso;

controri.correnti

avverso la sentenza n. 159/2010 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 15/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/03/2016 dal Consigliere Dott. LOREDANA
NAZZICONE;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato ILARIA ANITA
FARES, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del

margine del controricorso;

ricorso;
udito, per la controricorrente Curatela Fallimento,
l’Avvocato VERDEROSA ROSSELLA che ha chiesto il
rigetto del ricorso con condanna alle spese con
distrazione;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

2

Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per

il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 15 settembre 2010, la Corte
d’appello di Napoli ha respinto il reclamo proposto da Anna
Rita Mechionna avverso la sentenza del Tribunale di
Sant’Angelo dei Lombardi del 7 aprile 2010, la quale ne
aveva dichiarato il fallimento.

rileva, infondato il motivo di nullità della sentenza di
primo grado, in cui veniva dedotta la mancanza assoluta di
motivazione, essendo la stessa strettamente collegata al
decreto della Corte d’appello il quale, a seguito di
gravame ex art. 22 1.f. avverso la precedente sentenza del
tribunale, aveva rimesso gli atti ad esso per la pronuncia
del fallimento: onde le motivazioni fondanti tale pronuncia
erano da ritenere già contenute nel decreto della corte
territoriale.
Ha, inoltre, ritenuto esatta l’indicazione del
soggetto dichiarato fallito, senza alcuna confusione tra le
due imprese cui aveva dato avvio Anna Rita Melchionna,
trattandosi della prima delle due, posto che l’insolvenza
fa capo all’impresa individuale a cui si riferisce il
credito vantato dalla Sygenta Crop Protection s.p.a.; tale
impresa non è mai stata cancellata dal registro imprese, ma
si era trattato di una mera trasformazione, onde il termine
di cui all’art. 10 1.f. non è mai iniziato a decorrere.
Infine, ha reputato provato lo stato di insolvenza,
secondo le ragioni già evidenziate dalla medesima Corte
d’appello nel proprio decreto

ex

art. 22 1.f., ed

inammissibili le richieste istruttorie.
Avverso questa sentenza viene proposto ricorso,
sulla base di otto motivi.
Resistono con distinti controricorsi la curatela e
la suddetta creditrice.
MOTIVI DELLA DECISIONE

R.G. 25339/2010

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La corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora

l. – La ricorrente propone avverso la sentenza
impugnata otto motivi di ricorso, che possono essere come
di seguito riassunti:
1)

violazione e falsa applicazione dell’art. 16
1.f., 132, 2 0 comma, c.p.c. e 111, 4 ° coma, Cost., ed
omessa pronuncia su un motivo di gravame, per non avere la

motivazione della sentenza del tribunale dichiarativa del
fallimento, posto che l’art. 22 1.f. attribuisce valore
solo processuale al decreto di accoglimento del reclamo;
2)

omessa,

insufficiente

e

contraddittoria

motivazione al riguardo;
3) violazione e falsa applicazione degli art. 2 e
10, l ° e 2 ° comma, 1.f., 115 e 116 c.p.c., 2697, 2699,
2700, 2727 e 2728 c.c., nonché omessa pronuncia sulla
censura di non fallibilità ex art. l, 2 0 coma, 1.f., ai
sensi dell’art. 360, l ° comma, n. 3 e n. 4 c.p.c., in
guanto Anna Rita Melchionna è coltivatrice diretta, come
tale sottratta all’obbligo di tenuta delle scritture
contabili ed alla fallibilità; in ogni caso, essa ha
prodotto in giudizio la relazione del commercialista, non
esaminata dalla corte territoriale, da cui risultava come
negli anni 2007 e 2008 il volume di affari non avesse mai
superato la soglia di

7.000,00; la cessazione della

precedente attività commerciale sin dal 31 dicembre 2005,
sebbene poi l’impresa non fosse stata cancellata dal
registro relativo, non aveva reso possibile produrre una
situazione economico finanziaria aggiornata relativa agli
ultimi tre esercizi; la creditrice aveva prodotto una sola
fattura relativa al 2006, ma riferita all’anno precedente;
la seconda attività svolta dalla Melchionna non era una
prosecuzione della prima cessata; la mancata cancellazione
dal registro delle imprese dell’imprenditore individuale
permette sempre al medesimo la prova della cessazione
dell’attività ad una certa data;

R.G. 25339/2010

4

11 cons. re

corte territoriale ritenuto la mancanza assoluta di

4)

contraddittoria

e

insufficiente

omessa,

motivazione al riguardo;
5) violazione e falsa applicazione dell’art. 5 1.f.
ed omessa pronuncia, con riguardo allo stato di insolvenza,
posto che l’impresa cessata non avrebbe potuto essere
dichiarata fallita, non sussistendo alcuna insolvenza;
contraddittoria

e

insufficiente

omessa,

motivazione al riguardo;
7) violazione e falsa applicazione degli art. 115 e
116 c.p.c., 2697, 2699 e 2700 c.c., per la mancata
ammissione delle richieste istruttorie documentali ed
orali, oltre che di c.t.u., e della mancata acquisizione
del fascicolo fallimentare per provare la cessazione
dell’attività alla data del 31 dicembre 2005, da cui la
decorrenza del termine annuale ex art. 10 1.f.;
8)

contraddittoria

e

insufficiente

omessa,

motivazione al riguardo.
Infondati ed in parte inammissibili,per la mancanza di
decisività.
2. – Il primo motivo è infondato.
L’art.

4 ° comma, 1.f., nella parte

22,

in

cui

prevede che “se la corte d’appello accoglie il reclamo del
creditore ricorrente o del pubblico ministero richiedente,
rimette d’ufficio gli atti al

tribunale, per la

dichiarazione di fallimento”,

non ha inciso

sull’attribuzione della cognizione in ordine ai requisiti
di fallibilità alla corte d’appello, cui è tuttora
inderogabilmente devoluta.
Dunque,

la

cognizione

sui

presupposti

della

dichiarazione di fallimento, giunti ormai a tale fase,
spetta, inderogabilmente e funzionalmente al giudice
del reclamo, vero

della stessa.

dominus

Ne deriva, pertanto, che la pronuncia del tribunale
è, nei casi ordinari di cui si discute, automatica, ossia
vincolata al dictum della corte d’appello.

R.G. 25339/2010

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6)

A questi principi si è attenuta la sentenza
impugnata, la quale, laddove ha ravvisato l’assenza di
vizio di omessa motivazione con riguardo alla declaratoria
di fallimento, non merita dunque censura.
3. – Il secondo, quarto, sesto ed ottavo motivo sono
inammissibili, posto che essi censurano i medesimi profili

motivazione sotto ogni profilo: ma la decisione del giudice
di secondo grado, che non esamini e non decida un motivo di
censura della sentenza del giudice di primo grado, non è
impugnabile per cassazione per omessa o insufficiente
motivazione su di un punto decisivo della controversia,
restando un simile motivo, ove il vizio sia denunciato ai
sensi dell’art. 360, 1 ° comma, n. 5, c.p.c., inammissibile
(Cass. 15 maggio 2013, n. 11801; 4 giugno 2007, n. 12952).
4. – Il terzo motivo è infondato.
La corte territoriale ha esaurientemente chiarito
che non vi fu mai cancellazione dal registro delle imprese,
ma mera modificazione dell’oggetto dell’attività d’impresa,
e che il fallimento è stato pronunciato nei confronti della
titolare.
Da un lato, ai fini dell’art. 10 l. fall., non
sussiste cessazione dell’attività dell’imprenditore
individuale allorquando quest’ultimo ne muti l’oggetto, non
consentendo la predetta norma di distinguere l’una o
l’altra delle attività dal medesimo esercitate (Cass. 8
novembre 2013, n. 25217).
Dall’altro lato, è sufficiente ricordare che, a
norma dell’art. 10 1.f., gli imprenditori individuali
possono essere dichiarati falliti entro un anno che
decorre non già dalla cessazione dell’attività, bensì dalla
cancellazione dal registro delle imprese. Né giova
all’imprenditore la natura dichiarativa della pubblicità
del registro delle imprese, che tutela invece – secondo i
principi ordinari della materia – i terzi.

R.G. 25339/2010

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degli altri motivi, ma sotto l’egida del vizio di

Come questa Corte ha già ch-iarito (Cass. 17 luglio
2012, n. 12214), il capoverso della citata disposizione nel testo risultante dalla modifica apportata dal
d.lgs. 12 settembre 2007 n. 169, applicabile al caso in
esame – fa salva, infatti, solo “per il creditore o per
il pubblico ministero” (e non per l’imprenditore) la

dell’attività da cui decorre il termine annuale.
Il motivo, pertanto, deve essere respinto in
applicazione del

principio di diritto secondo cui il
l’imprenditore

termine di un anno, entro il quale

individuale che abbia cessato la sua attività può essere
dichiarato fallito,

decorre dalla cancellazione dal

registro delle imprese, senza possibilità per
l’imprenditore medesimo di dimostrare il momento anteriore
dell’effettiva cessazione dell’attività.
Avendo

la

corte del

merito

fatto

corretta

applicazione di tale principio, il motivo va disatteso.
Né sussiste il vizio di omessa pronuncia denunziato.
Ogni altra questione è di puro fatto,

non

ammissibile in questa sede.
5. – Il quinto motivo è inammissibile.
Sotto il formale richiamo alla violazione dell’art.
5 1.f., invero, la ricorrente intende censurare
l’accertamento, in puro fatto, relativo alla sussistenza
del proprio stato di insolvenza, interamente però rimesso
al giudice del merito.
Né sussiste l’omessa pronuncia, avendo la corte del
merito esaurientemente risposto al motivo di appello
relativo, mentre la ricorrente si limita alla generica
contestazione dell’esito interpretativo della sentenza
impugnata.
6. – Il settimo motivo è infondato.
Da un lato, della pretesa di provare una cessazione
anteriore dell’attività si è già detto; dall’altro lato,
non è sindacabile la mancata ammissione di prove, che
R.G. 25339/2010

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facoltà di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione

rientra nella discrezionalità del giudice del merito, ed
esse sono carenti del requisito della decisività. Invero,
come da tempo chiarito (cfr. Cass. 22 febbraio 2007, n.
4178), in tal caso il ricorrente ha l’onere di dimostrare
sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso
accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice,

diversa, così da consentire al giudice di legittimità un
controllo sulla decisività delle prove.
7. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese di lite, che liquida, in favore di
ciascun controricorrente, in 7.200,00, di cui E 200,00
per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori
come per legge, da distrarsi – quanto alla curatela del
Fallimento Melchionna Anna Rita in favore dell’avv.
Rossella Verderosa, dichiaratasi antistataria.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
1 0 marzo 2016.

sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata

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