Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8089 del 21/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 1 Num. 8089 Anno 2016
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: ACIERNO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 3920-2010 proposto da:
GRUPPO

SOCIETA’

GAS

RIMINI

S.P.A.

(P.I.

00126550409SGR), già SOCIETA’ GAS RIMINI S.P.A., SGR
SERVIZI S.P.A. (P.I. 00353660400), già CLOVER S.P.A.,
SGR RETI S.P.A. (P.I. 00338000409), già METANO SAN

Data pubblicazione: 21/04/2016

CLEMENTE S.R.L., in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate
in ROMA, VIA CAIO MARIO 27,

presso l’avvocato CHIARA

SRUBEK TOMASSY, rappresentate e difese dagli avvocati
FRANCESCO GALGANO, CLAUDIA DE MARCHI, giusta procura a
margine del ricorso;

1

- ricorrenti contro

BANCA

FIDEURAM

S.P.A.

(c.f./p.i.

00714540150),

FIDEURAM INVESTIMENTI SOCIETA’ DI GESTIONE DEL
RISPARMIO S.P.A. (C.F. 01830831002), – appartenenti al

rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
elettivamente domiciliate in ROMA, Via PACUVIO 34,
presso l’avvocato GUIDO ROMANELLI, che le rappresenta
e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO BARBIERI,
giusta procure speciali per Notaio dott.ssa MARIA
CHIARA BRUNO di ROMA – Rep.n. 22231 del 19.2.2010 e
Notaio dott.ssa CLAUDIA GANGITANO di RHO – Rep.n.
1.233 del 25.2.2010;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 816/2009 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 30/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/12/2015 dal Consigliere Dott. MARIA
ACIERNO;

Gruppo Bancario INTESA SANPAOLO -, in persona dei

udito, per le ricorrenti, l’Avvocato C. DE MARCHI che
si riporta;
udito,

per

le

controricorrenti,

l’Avvocato

L.

ROMANELLI, con delega, che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il

2

rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Bologna, confermando la pronuncia di
primo grado, ha respinto le domande proposte dalle s.p.a.

Gruppo Società Rimini,SGR Reti; SGR Servizi, aventi ad
oggetto l’annullamento e il risarcimento dei danni subiti
in relazione a tre mandati di gestione patrimoniale, della
durata di otto anni, sottoscritti nell’ottobre 1999 e nel
settembre 2000 stipulati con la s.p.a. Fideuram
Investimenti SGR per il tramite di Banca Fideuram.
La società investitrice aveva evidenziato che :
l’impegno economico complessivamente assunto con i mandati
di gestione patrimoniale sottoscritti era pari a 25.000.000
di euro;
che l’obiettivo d’investimento era quello di raddoppiare
alla scadenza il capitale investito senza intaccarlo e con
garanzia di pronta liquidità dell’investimento;
che era stata rappresentata l’assenza di qualsiasi rischio
di perdita del capitale originario;
che dopo una prima fase di positivi rendimenti le gestioni
avevano cominciato ad accumulare ingenti perdite;
che, conseguentemente i contratti erano annullabili per
errore essenziale e riconoscibile e comunque le convenute
3

erano

responsabili

per

violazioni

degli

obblighi

informativi. La Fideuram Investimenti doveva rispondere
anche per malagestio in considerazione dell’entità delle
perdite e del benchmark di riferimento.
La Corte territoriale, a sostegno della decisione assunta

ha affermato :
Le domande delle società investitrici si fondano su tre
assunti :
– La garanzia di risultato e, conseguentemente, l’assenza di
rischio in ordine alla possibile perdita del capitale
investito;
– La

scorrettezza

informativa

sulla

natura

rischiosa

dell’investimento per mancata descrizione nei contratti
delle “linee di gestione” e del loro “grado di rischio”;
– L’inadeguatezza dell’operazione rispetto all’obiettivo
dell’investimento, all’omessa dichiarazione della propria
propensione al rischio e al benchmark di riferimento.
Preliminarmente la Corte afferma che deve essere censurato
l’intento difensivo delle società di svalutare il contenuto
degli atti informativi ricevuti e di quelli negoziali
sottoscritti nonché di rappresentare gli investitori come
soggetti privi di capacità di comprensione del rischio.
In ordine ai singoli profili di censura rileva :

4

1. Sulla

degli

obblighi

informativi

e

sull’adeguatezza del’operazione :
L’adeguatezza dell’informazione deve essere correlata al
profilo dell’investitore nella specie società appartenenti
ad un Gruppo di dimensioni così significative da
programmare investimenti per 25 milioni di euro, operante a

.

violazione

livello ultranazionale ed ovviamente dotato di organi di
controllo quali il Collegio sindacale e la società di
revisione dei bilanci. Deve, pertanto, escludersi che i
mandati siano stati sottoscritti nell’inconsapevolezza
della loro reale portata.
L’onere probatorio a carico dell’intermediario, stabilito
nell’art. 23 T.U.F. non deve essere assolto necessariamente
attraverso un’informazione verbale ma, al contrario, può
anche risultare dai documenti sottoscritti dall’investitore
e ricognitivi dell’adempimento degli oneri informativi
Dall’esame dei predetti documenti emerge che non è stato
affatto promesso in termini di garanzia non solo il
raggiungimento dell’obiettivo d’investimento ma neanche il
mantenimento del capitale investito. L’unico limite
contrattualmente posto è quello relativo al patrimonio
affidato. La leva finanziaria è stata individuata come
corrispondente all’unità con possibilità per la società
gestore di contrarre obbligazioni solo entro l’entità del
patrimonio affidato fino al suo esaurimento. Non sussistono
5

altri limiti quantitativi all’investimento del patrimonio
affidato in gestione.
Le missive inoltrate in corso di rapporto specificano
sempre che le previsioni sull’andamento dei mercati non

costituiscono garanzia di rendimento futuro.
2. Omessa descrizione del grado di rischio per ciascuna linea
di gestione prescelta.
Le

condizioni

generali di contratto evidenziavano

espressamente che gli investimenti sarebbero stati eseguiti
senza alcun limite quantitativo in azioni della S.I.C.A.V.
multi compartimentale Interfund, (società d’investimento a
capitale variabile costituita sotto forma di società per
azioni di diritto lussemburghese). I quindici compartimenti
di cui si componeva la società erano descritti anche in
ordine alla maggiore o minore sensibilità in relazione alla
variazione dei tassi d’interesse. Non era previsto alcun
limite qualitativo alle società di gestione.
Entro questa flessibilità pressoché integrale della società
gestore, non ha rilievo la mancata esplicitazione del grado
di rischio di ciascuna linea di gestione cosi come imposto
dal Documento Rischi allegato al regolamento Consob n.11522
del 1998.
Si sottolinea che il precetto non è contenuto né nel T.U.F.
né nel Regolamento Consob. Ciò comporta che esso vada letto
6

in correlazione con le indicazioni contrattuali che
riguardano proprio i limiti entro cui devono essere
effettuate le scelte di gestione che l’investitore può
contrattualmente porre all’intermediario per orientare la
rischiosità del servizio di gestione. Nella specie

l’assenza di limiti all’intermediario e la presenza di una
gestione assolutamente flessibile all’interno dei 15
comparti contrattualmente descritti evidenzia
l’impossibilità di specificare per ciascuna linea di
gestione il grado di rischio. Peraltro la professionalità
degli investitori fa presumere che essi fossero comunque in
grado di comprendere le differenze di rischiosità.
Il parametro oggettivo di riferimento prescelto (cd.
benchmark) non è indicativo della bassa propensione al
rischio in quanto tale parametro è posto ai sensi dell’art.
42 del Regolamento Consob n.11522 del 1998 non come limite
indiretto al gestore o come dato informativo sul cliente ma
solo al fine di confrontare la performance di portafoglio
rispetto all’andamento del mercato e, conseguentemente, per
aiutarlo a comprendere i risultati ottenuti dalla gestione
di un certo portafoglio titoli.
3. Adeguatezza
Rispetto alla censura d’inadeguatezza degli investimenti in
correlazione con il rifiuto di fornire informazioni in
ordine alla propria propensione al rischio ed al benchmark
7

prescelto (parametro di riferimento), la Corte d’Appello
evidenzia che anche in assenza delle informazioni sulla
propensione al rischio l’intermediario deve fondarsi su
ogni altra informazione disponibile in ordine ai servizi
prestati ed in particolare sulle pregresse decisioni
sulla capacità patrimoniale e sulle

condizioni soggettive dell’investitore.

d’investimento,

Queste ultime

devono essere valorizzate dall’assoluta mancanza di limiti
nella gestione in termini di scelta degli strumenti
finanziari inseribili nella gestione.
Le società avevano già sottoscritto un mandato con analoghe
caratteristiche; avevano ricevuto in corso di rapporto
informazioni

supplementari

e

nonostante

l’andamento

negativo iniziato a decorrere dal secondo trimestre del
2000 avevano implementato il proprio investimento per 4
miliardi di lire.

In conclusione,

il comportamento

complessivamente tenuto dalle società a fronte
dell’amplissima informativa periodica è indicativo della
valutazione di idoneità degli investimenti eseguiti.
4. Mala gestio
In ordine alla responsabilità per mala gestio derivante in
particolare dal fatto che le performances erano state
sempre al di sotto del benchmark di riferimento (del 20%
circa) la Corte d’Appello ritiene che per le considerazioni
sopra svolte gli investimenti non potevano essere ritenuti
8

spregiudicati e che l’inversione dell’onere della prova
stabilito nell’art. 23 t.u.f. non esime di specificare
compiutamente la causa petendi della propria domanda non
essendo sufficiente invocare genericamente il compimento di
atti di mala gestio. Infine la valutazione deve essere

eseguita ex ante tenendo presente che la durata della
gestione doveva essere di otto anni mentre venne interrotta
dopo tre e due anni non consentendo così alcun margine di
recupero.
Il solo scarto rispetto al benchmark non consente pertanto
di ritenere sussistente un’imperizia o negligenza gestoria
in mancanza di altri elementi.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per
cassazione le società investitrici. Hanno resistito con
controricorso le due società Fideuram. La parte ricorrente
ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Nel primo motivo viene dedotta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 75 e 83 cod. proc. civ. nonché il
vizio di motivazione per non avere la Corte d’Appello
disatteso la censura relativa alla nullità della procura
alle liti rilasciata in calce alla comparsa di risposta
del 23/3/2007. In tale atto viene dichiarato che la procura
è conferita non dal presidente e legale rappresentante
dell’istituto bancario ma da altro soggetto, avv.
9

Tomasetti, in qualità di responsabile della direzione
legale della banca Fideuram s.p.a. senza, tuttavia, dare
evidenza dei suoi poteri di rappresentanza.
La giurisprudenza di legittimità ha stabilito che la
persona fisica che ha conferito il mandato alle liti in

rappresentanza di un ente non ha l’onere di dimostrare tale
sua qualità purché il suo potere rappresentativo le derivi
da atti soggetti a pubblicità legale al fine di consentire
ai terzi di verificarne l’esistenza ed il contenuto. Nella
specie tale ultimo requisito difettava e, conseguentemente,
la procura doveva ritenersi invalida.
Il motivo è inammissibile sotto il profilo della violazione
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. mancando la sintesi
fattuale richiesta a pena d’inammissibilità della censura
ex art. 366 bis cod. proc. civ, ratione temporis
applicabile. E’, inoltre, infondato sotto il profilo della
violazione di legge perché la Corte d’Appello ha
evidenziato, all’esito di accertamento di fatto
incensurabile, (pagg.21 e 22), che il potere
rappresentativo all’avv. Tomasetti era stato conferito con
procura notarile (5/5/2000 rep. 3642) depositata in primo
grado ovvero con atto dotato di pubblicità legale,
conformemente ai principi sanciti dalle S.U. con la
pronuncia n.20596 del 2007. Il rilascio di una nuova
procura alle liti per il secondo grado non limita la

lo

validità del preesistente conferimento dei poteri per mezzo
di atto sottoposto a pubblicità legale al conferente.
Nel secondo motivo viene dedotta la violazione degli
obblighi informativi previsti negli artt. 21 e 23, ultimo
coma, T.U.F, (onere della prova sull’adempimento

dell’obbligo di diligenza in ordine alle informazioni) e 28
Reg. Consob n. 11522 del 1998.
L’assolvimento di tali obblighi cogenti, secondo la parte
ricorrente, non può trarsi dalla clausola di stile “le
gestioni non offrono garanzia di mantenere invariato il
valore degli investimenti”. La formula è del tutto
aspecifica e non consente una scelta consapevole.
In particolare, l’art. 28 Consob esclude la possibilità di
ricorrere ad un’informativa tipizzata e standardizzata.
Dalla clausola sopra indicata non vi è alcuna indicazione
in ordine al grado di rischio.
Le informazioni successive all’instaurazione del rapporto
sono state insufficienti e generiche. Esse, pertanto, non
consentono di assolvere all’onere della prova stabilito
nell’art. 23 T.U.F.
Le precise e documentate previsioni di risultato (doc.da 4
a 8), personalizzate attraverso il promotore Gabellini,
sono rimaste disattese.

11

La società ricorrente non è un operatore qualificato o
professionale. Ne consegue che incombe su Fideuram
l’obbligo di fornire informazioni adeguate secondo lo
stesso parametro applicabile a qualsiasi altro
risparmiatore.

Il motivo si chiude con rituale quesito di diritto.
Nel terzo motivo viene dedotta, sia sotto il profilo della
violazione dell’art. 21 T.U.F. e 29 Regolamento Consob n.
11522 del 1998, sia sotto il profilo del vizio di
motivazione, la erroneità della decisione della Corte
d’Appello in ordine alla ritenuta adeguatezza delle
gestioni patrimoniali rispetto alla propensione al rischio
della società ricorrente. Tale valutazione è stata desunta,
nella sentenza impugnata, da pregresse decisioni
d’investimento, dalla capacità patrimoniale
dell’investitore e dalle sue condizioni soggettive.
In particolare la Corte d’Appello, pur riconoscendo che il
rifiuto della ricorrente di fornire le informazioni
previste dall’art. 28 Reg. Consob non esime l’intermediario
dal dovere di valutare l’adeguatezza delle operazioni
d’investimento, ha ritenuto che le operazioni svolte siano
state conformi alla propensione al rischio così come
enucleabile dagli indici sopradelineati.
Al riguardo la parte ricorrente evidenzia che dal rifiuto
di fornire le informazioni ex art. 28 Reg. Consob dovrebbe
12

dedursi una bassa propensione al rischio; che i pregressi
investimenti avevano avuto natura conservativa, ed in
particolare che nei mandati e nei relativi allegati del
profilo di rischio delle gestioni non era indicato il grado
di rischio per ciascuna gestione così come richiesto dal

Regolamento Consob. L’assenza d’indicazioni sul grado di
rischio deve intendersi indicativa della natura
conservativa delle gestioni. Ugualmente l’indicazione dei
benchmark delle gestioni che si componevano esclusivamente
di titoli di stato evidenziavano la medesima
caratteristica, ovvero un grado di rischio basso. Infine,
non è stato considerato che la società ricorrente aveva
disinvestito, poco prima di sottoscrivere i mandati dedotti
nel presente giudizio, in ordine ad operazioni non ritenute
rispondenti alle esigenze di conservazione del capitale
delle società e non congruente rispetto al basso profilo di
rischio delle stesse. Sostanzialmente la Corte d’Appello ha
dato rilievo esclusivamente ad un unico investimento di
analoga tipologia ma non a tutti gli indicatori contrari
esaminati.
Il motivo si chiude con rituale quesito di diritto ma la
censura relativa al vizio di motivazione difetta di sintesi
fattuale richiesta a pena d’inammissibilità dall’art. 366
bis ultima parte cod. proc. civ. ratione temporis
applicabile.
13

Nel quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 37 e 42 del Reg. Consob n. 11522
del 1998 nonché il vizio di motivazione per avere la Corte
d’Appello disatteso la censura relativa all’assenza della
descrizione del rischio delle singole linee di gestione

prescelte dalla società in aperta e palese violazione degli
artt. 30 e 37 Reg. Consob.
Al riguardo, nella sentenza impugnata è affermato che la
Fideuram aveva investito senza alcun limite quantitativo
nell’ambito del capitale investito in azioni della SICAV
multi comparto Interfund, società d’investimento a capitale
variabile costituita sotto forma di società per azioni di
diritto lussemburghese; che tutti i 15 comparti di cui si
componeva detta società erano esplicitamente descritti in
relazione alla loro natura azionaria, monetaria,
obbligazionaria, al mercato di riferimento, alla durata
finanziaria dei titoli di debito con espressa indicazione
della maggiore o minore sensibilità alla variazione dei
tassi d’interessi; che nell’ambito di tali strumenti
finanziari non era imposto alla società di gestione alcun
limite qualitativo. Tale previsione e la conseguente
flessibilità in ordine agli investimenti nell’ambito dei 15
comparti determinava l’oggettiva impossibilità di
esplicitare

alcun

grado

di

rischio

percentuale

o

qualitativo della gestione.
14

Ritiene, tuttavia, il ricorrente che la lettura dell’art.
37 del Regolamento evidenzia la contrarietà a diritto di
tale soluzione. Tra le specifiche informazioni che
l’intermediario deve fornire ve ne sono due da tenere
distinte :

la specificazione delle caratteristiche della gestione,
ovvero le informazioni circa gli specifici profili di
rischio che dall’operazione possono derivare
all’investitore anche in termini di perdite di capitale;
l’espressa indicazione delle operazioni che l’intermediario
non può compiere senza la preventiva autorizzazione
dell’investitore con eventuale indicazione dell’assenza di
tale restrizione 8art. 37 cit, lett. a-b)
Da tale descrizione risulta evidente che il legislatore
abbia tenuto differenziate le due tipologie d’informazioni
ritenendole entrambe necessarie, con la conseguenza che la
descrizione delle operazioni da svolgere non può valere
anche in ordine alla descrizione delle caratteristiche
della gestione. Tale profilo deve formare oggetto di una
specifica informativa ed essere idoneo a fornire
all’investitore la consapevolezza del sostanziale grado del
rischio che va assumendo con la gestione.
L’indicazione espressa del grado di rischio costituisce
certamente il primo e fondamentale elemento che tipizza e
caratterizza il servizio di gestione in guanto rappresenta
15

il dato che più di ogni altro è in grado di assicurare
consapevoli scelte d’investimento da parte degli
investitori.
Tale indicazione, del resto, è obbligatoriamente imposta
dal regolamento Consob n. 15122 del 1998 nell’allegato 3

Non può, pertanto, ritenersi

parte “C”.
come invece indicato nella

sentenza impugnata – che non fosse possibile indicare il
grado di rischio delle singole linee di gestione, perché
quest’ultimo elemento è sempre determinabile attraverso il
parametro oggettivo (c.d. benchmark) che l’art. 42 Consob
impone obbligatoriamente d’indicare nei contratti di
gestione.
Peraltro il benchmark non può essere considerato soltanto
uno strumento volto ad offrire al cliente la possibilità di
confrontare le performances di portafoglio rispetto
all’andamento di mercato e conseguentemente di consentirgli
di valutare i risultati ottenuti nella gestione di un certo
portafoglio titoli, come ritenuto dalla Corte d’Appello,
trattandosi di uno strumento volto a comunicare in modo
oggettivo e trasparente il rischio tipico dell’impresa in
cui il fondo investe. Il suo scopo è d’identificare,
tramite la descrizione della composizione di portafoglio e
di caratterizzare con il profilo di rischio associato a
tale composizione , il prodotto offerto dal fondo comune
16

d’investimento (questa la definizione tratta dal “Nuovo
Dizionario di banca, borsa e finanza, Roma”, 2002,p. 375).
Nella specie, i benchmark delle gestioni erano composti
esclusivamente di titoli di Stato, i quali per loro natura
sono caratterizzati da un grado di rischio molto basso.

La censura si chiude con rituale quesito di diritto ma
manca della sintesi fattuale richiesta a pena
d’inammissibilità ex art. 366 bis ultima parte cod. proc.
civ. ratione temporis applicabile, per ciò che concerne il
vizio di motivazione.
Nel quinto motivo di ricorso viene dedotta la violazione e
falsa applicazione degli artt. 1176, 2710 e 2697 cod. civ.
oltre che 23, u.c., T.U.F. nonché il vizio di motivazione,
per non essere stata accolta nella sentenza impugnata l
domanda di malagestio. La corte d’Appello ha censurato di
genericità ed indeterminatezza la domanda in questione, per
difetto d’indicazione dei comportamenti asseritamente
contrari alla diligenza del mandatario.
La parte ricorrente ritiene invece di aver del tutto
assolto all’onus probandi su di essa incombente, avendo
dimostrato che gli investimenti erano stati costantemente
al di sotto del benchmark e del tutto contrastanti con la
promessa di raddoppio del capitale formulata dal promotore,
oltre ad avere evidenziato tutte le scorrettezze
endocontrattuali rinvenute nella gestione.
17

Le censure contenute nel secondo, terzo e quarto motivo
possono

essere

esaminate

congiuntamente

in

guanto

logicamente connesse, essendo dirette, sotto diverse
angolazioni a sottolineare il deficit informativo specifico
in ordine alle operazioni d’investimento eseguite dalla

Fideuram in esecuzione dei tre mandati di gestione
patrimoniale dedotti nel presente giudizio.
In particolare le questioni poste dalle censure riguardano:
l’assolvimento degli

obblighi

informativi

da parte

dell’intermediario sotto il profilo della specificità ed
adeguatezza in correlazione con il profilo dell’investitore
e della propensione al rischio così come manifestata in
riferimento ai mandati di gestione patrimoniale;
l’adeguatezza degli investimenti eseguiti rispetto ai
soprarichiamati parametri (interconnessi) del profilo
dell’investitore e della sua propensione al rischio;
l’incidenza dell’omessa predeterminazione del grado di
rischio di ciascuna linea di gestione così come prescritto
dall’art. 42 Reg. Consob n. 11522 del 1998 per le gestioni
di portafogli titoli.
In primo luogo, deve rilevarsi che il rilievo contenuto
nella sentenza impugnata in ordine alla peculiare natura
dell’investitore, (società appartenente ad un “gruppo” di
dimensioni tali da programmare investimenti finanziari per
18

circa 25 milioni di euro, dotato di organi quali il
collegio sindacale e la società di revisione, impegnati
nell’esame della gestione del patrimonio societario – pag.
23 sentenza impugnata), non è idoneo ad integrare la
qualificazione della S.P.A. Gruppo Rimini come investitore
“In tema di

qualificato o professionale, dal momento che :

contratti di intermediazione finanziaria, la qualità di
operatore qualificato ha un preciso contenuto tecnico
giuridico, espressamente disciplinato dall’art. 31, comma
2, del regolamento Consob 1 luglio 1998, n. 11522, e non
integrato dal mero riferimento all’entità del patrimonio
dell’investitore ed alle sue attitudini
imprenditoriali.(Cass.

17333 del 2015).

Pertanto anche nei confronti della società ricorrente si
applica l’art. 21, comma 1, lettere a) e b) T.U.F. secondo
il quale : “Nella prestazione dei servizi di investimento
(tra i quali rientrano le gestioni patrimoniali ex art. 1
comma 5 lettera d n.d.r.) e accessori i soggetti
abilitati devono:

a)

comportarsi

con

diligenza,

correttezza

e

trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrita’
dei mercati;

19

b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti
operare

e

in modo che essi siano sempre adeguatamente

informati”; nonché l’art. 28, commi 1 e 2, del Reg. Consob
n. 11522 del 1998, secondo il quale :

“Prima di iniziare

la prestazione dei servizi di investimento, gli

intermediari autorizzati devono:
a) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza
in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua
situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento,
nonché circa la sua propensione al rischio.
L’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve
risultare dal contratto di cui al successivo articolo 30,
ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta
dall’investitore;
b)

consegnare agli investitori il documento sul rischi

generali degli investimenti in strumenti finanziari di cui
all’Allegato n. 3.
2. Gli intermediari autorizzati non possono effettuare
operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo
aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla
natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica
operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria
per effettuare consapevoli scelte di investimento o
disinvestimento”.
L’art. 31, primo coma del citato reg. Consob prescrive
espressamente che gli obblighi informativi previsti dal
20

precedente art. 28 non si applichino nei confronti degli
investitori qualificati e professionali, essendo invece
vigenti (salvo per alcuni di essi diverso specifico patto
negoziale) per tutte le altre tipologie d’investitori.
Dal

quadro normativa sopra delineato emerge come

l’intermediario sia tenuto nei confronti di ciascun
investitore all’assolvimento dell’obbligo di “fornire”
informazioni specifiche sulla tipologia ed i rischi degli
investimenti proponibili. Si tratta di un obbligo “attiva”
come ineludibilmente indicato dall’utilizzazione dei
predicati verbali “fornire” ed “acquisire” desumibili dal
testo degli artt. 21 t.u.f. e 28 del Reg. Consob, previsto
in via generale per i servizi d’investimento, salvo una più
puntuale conformazione per specifiche tipologie di
operazioni finanziarie.
Il profilo dell’investitore riveste un indubbio rilievo al
fine di valutare l’adeguatezza delle informazioni acquisite
e fornite dall’intermediario ma non può determinare
l’eliminazione dell’obbligo legale d’informazione a carico
dell’intermediario o la sua riconduzione entro clausole di
stile, dovendosene valutare l’assolvimento in primo luogo
in considerazione della natura ed entità (nella specie
estremamente significativa) degli investimenti nonché della
tipologia e della rischiosità dei medesimi. L’obbligo
informativo risulta composto di un contenuto oggettivo ed
21

uno soggettivo. Il contenuto oggettivo delle informazioni
relative all’investimento non può essere determinato
esclusivamente alla stregua del profilo soggettivo
dell’investitore, quando quest’ultimo non sia operatore
professionale, ma deve essere anche caratterizzato da un

nucleo di dati oggettivamente riferibili agli investimenti
che si intendono proporre contrattualmente ed eseguire. Il
profilo soggettivo condiziona la valutazione
dell’assolvimento dell’obbligo informativo, costituendo uno
degli indicatori dell’adeguatezza, ma non lo esaurisce.
La Corte d’Appello di Bologna trae invece proprio dalle
caratteristiche soggettive dell’investitore la conclusione
dell’adeguatezza delle informazioni sugli investimenti,
ritenendo che debba ritenersi “inverosimile che i mandati
di gestione siano stati sottoscritti nella sostanziale non
consapevolezza della loro reale portata”, oltre che da
indici desunti dal contratto quadro del tutto privi di
qualsiasi specifico contenuto informativo. Al riguardo, se
può astrattamente condividersi l’affermazione, contenuta
nella sentenza impugnata, secondo la quale l’adempimento
dell’obbligo informativo può essere assolto anche mediante
il tenore dei documenti contrattuali, deve rilevarsi che
alla luce dei riferimenti testuali selezionati dalla Corte
territoriale l’assunto della Corte d’Appello non può
condividersi.
22

Le locuzioni contrattuali sono le seguenti :
sotto il titolo “dichiarazioni e firme dei mandanti ” il
sottoscrittore prendeva atto “che il menzionato servizio di
gestione non offre garanzia di mantenere invariato il

valore degli investimenti” .
Nell’art. 5 delle Condizioni generali di contratto veniva
prescritto che “il cliente non ha alcuna garanzia di
mantenere invariato il valore degli investimenti effettuati
né di ottenere il raggiungimento dei propri obiettivi
d’investimento”.
Si tratta di clausole rivolte alla delimitazione “esterna”
del rischio connesso agli investimenti, prive di qualsiasi
indicazione relativa al contenuto intrinseco delle
informazioni relative ad essi.
Aggiunge la Corte d’Appello che la leva finanziaria era
*
individuata come corrispondente all’unità, con possibilità
per la mandataria di contrarre obbligazioni solo entro
l’entità del patrimonio affidato ma comunque fino
all’esaurimento dello stesso. Anche questa indicazione
contrattuale svolge l’esclusiva funzione di definire il
limite contrattuale non oltrepassabile delle perdite
contrattualmente realizzabili ma è privo di contenuto
descrittivo informativo in ordine agli investimenti.

23

Nessuna indicazione relativa al contenuto degli “allegati”
e al Documento sui rischi in generale menzionato a pag. 24
della sentenza impugnata può riscontrarsi nel corpus della
motivazione nonostante il contenuto specifico delle censure
mosse alla sentenza di primo grado in ordine alla

violazione dell’obbligo di comportamento stabilito
nell’art. 21 T.U.F. e 28 Consob.
Pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte
d’Appello di Bologna, deve ritenersi in via generale non
assolto l’obbligo incombente sull’intermediario di fornire
le informazioni relative agli investimenti da eseguire, non
essendo emerso alcun positivo riscontro al riguardo ed
essendo stati utilizzati indici del tutto esterni al
contenuto dello stesso obbligo (anche sotto il profilo
dell’onus probandi).
Tale carenza, riscontrata in via generale deve essere
verificata

in

concreto

in ordine

alla

conoscenza

dell’effettivo grado di rischio degli investimenti
contrattualmente descritti. Nel terzo e quarto motivo viene
censurata sotto due versanti diversi ma contigui proprio
l’omessa rappresentazione della concreta rischiosità degli
investimenti eseguiti.
In particolare si rileva sia l’inadeguatezza delle
operazioni rispetto al profilo di rischio derivante dal
benchmark

e

dalla

propensione

verso

investimenti
24

conservativi della società ricorrente sia una specifica
omissione consistente nella mancata indicazione del grado
di rischio proprio di ciascuna linea di gestione
contrattualmente indicata in violazione dell’art. 42 comma
l del Reg. Consob n. 11522 del 1998, meglio descritto

nell’allegato 3 parte “C” del menzionato regolamento.
Quanto al primo rilievo, la Corte d’Appello ritiene le
operazioni adeguate in quanto non produttive di perdite
superiori al capitale investito (come desumibile anche
dalla indicazione della leva finanziaria con valore pari ad
uno) coerentemente con la definizione del rischio massimo
previsto in contratto ed in considerazione della tipologia
d’investitore e delle informazioni in grado di procurarsi
con i propri strumenti ed organi. Preliminarmente, deve
rilevarsi anche in ordine a questa affermazione che
l’indicazione del limite estremo del rischio connesso alla
gestione può essere uno dei criteri della preventiva
valutazione dell’adeguatezza degli investimenti che
compongono la gestione patrimoniale ma risulta del tutto
inidoneo, se considerato isolatamente, ad integrare
l’obbligo di assumere le informazioni necessarie al fine di
formulare proposte d’investimento adeguate.
Deve,

inoltre,

osservarsi,

che

l’adeguatezza

delle

operazioni eseguite non può valutarsi soltanto alla stregua
degli

indici

individuati

dalla

Corte

territoriale,
25

peraltro, non diversi da quelli posti a base della erronea
valutazione
obblighi

positiva
informativi

dell’assolvimento
incombenti

dei

generali

sull’intermediario,

richiedendo necessariamente un riscontro oggettivo
derivante dalla conoscenza preventiva e, conseguentemente

tendenziale ma non eliminabile perché imposta ex lege, dei
rischi connessi agli investimenti. La soggettiva
propensione al rischio deve essere commisurata alla
oggettiva conoscenza della rischiosità delle operazioni,
mancando altrimenti uno dei parametri di valutazione.
Al riguardo, come disciplinato nella sezione IV del
Reg.Consob (dedicata specificamente alle gestioni
patrimoniali) ed in particolare nell’art. 42 comma 1 da
integrarsi con l’allegato 3 (Documento Rischi) sub lettera
c) del predetto testo normativo, deve essere indicato per
iscritto nel contratto quadro il grado di rischio di
ciascuna linea di gestione patrimoniale. Nella sentenza
impugnata viene riconosciuto che tale indicazione manca ma
se ne giustifica l’omissione sulla base di due erronee
argomentazioni.
La prima si fonda sulla mancanza di effettiva vincolatività
del precetto in quanto non contenuto nel T.U.F. e nel
Regolamento Consob ma soltanto nel Documento Rischi
Generali.

26

A tale riguardo deve evidenziarsi che l’allegato sub 3,
costituisce parte integrante del Regolamento citato, come
indicato espressamente nell’art. 28 comma l lettera B ed in
particolare costituisce il modello prescrittivo
dell’assolvimento degli obblighi informativi specifici

relativi alla trasparente e comprensibile rappresentazione
dei rischi connessi alle singole gestioni così come
prescritto in via generale dal primo coma dell’art. 42.
Tale norma richiede all’intermediario di indicare “ai fini
della definizione delle caratteristiche della gestione un
parametro oggettivo di riferimento coerente dei rischi ad
essa connessi – . L’allegato (3 lettera c) indica come
assolvere a tale prescrizione vincolante chiarendo in primo
luogo che

“La rischiosità della linea di gestione è espressa dalla
variabilità dei risultati economici conseguiti dal gestore”
e prescrivendo che:

“L’investitore può orientare la rischiosità del servizio di
gestione definendo contrattualmente i limiti entro cui
devono essere effettuate le scelte di gestione. Tali
limiti,

complessivamente considerati, definiscono le

caratteristiche di una linea di gestione e devono essere
riportati

obbligatoriamente nell’apposito contratto

scritto”.

27

La seconda argomentazione riguarda la dedotta impossibilità
di fornire tale indicazione specifica in quanto impedita
dalla assenza di limiti all’intermediario da parte
dell’investitore in presenza di una gestione assolutamente
flessibile nella quale l’intermediario poteva

discrezionalmente spaziare nell’ambito dei descritti 15
variegati comparti d’investimento di cui si componeva la
SICAV multi compartimentale Interfund.
Tale affermazione non è condivisibile dal momento che si
fonda sull’erronea equiparazione tra la descrizione delle
gestioni (pag. 27 sentenza impugnata) e l’indicazione
relativa al grado di rischio di ciascuna linea di gestione,
omettendo di considerare che la descrizione della natura
giuridica degli investimenti (azionaria, obbligazionaria,
con indicazione del mercato di riferimento) e della
maggiore o minore sensibilità alla variazione dei tassi
d’interesse non contiene una diretta esplicitazione del
grado di rischio richiesta invece dal testo integrato
dell’art. 42 con l’allegato 3 sub c).
In particolare nel predetto allegato viene precisato che
“la rischiosità effettiva della linea di gestione dipende
dalle scelte operate dall’intermediario che,seppure debbano
rimanere entro í limiti contrattuali, sono solitamente
caratterizzate da ampi margini di discrezionalità circa i
titoli da acquistare o vendere e il momento in cui eseguire
le operazioni”,tuttavia
28

l’intermediario deve

comunque esplicitare

il grado di

rischio di ciascuna linea di gestione”.
Come evidenziato, pertanto, la flessibilità di manovra
all’interno del comparto degli investimenti non esclude
l’obbligo di predeterminare, nei limiti della prevedibilità

ex ante, il tendenziale livello di rischio di ciascuna
linea di gestione, privandosi altrimenti l’investitore di
ogni margine di prevedibilità del risultato degli
investimento salvo il perimetro esterno costituito dalla
indicazione del livello massimo di perdita contrattualmente
prevista, nella specie, non superiore al capitale
investito. La discrezionalità dell’intermediario incide
invece sulla rischiosità effettiva di ciascuna operazione
valutabile soltanto ex post (in quanto esposta
all’andamento fluttuante dei mercati) ma può legittimamente
operare solo ove l’investitore, attraverso il Documento
Rischi Generali fornito anche dell’indicazione relativa al
grado di rischio prospettabile per ciascuna linea di
gestione, sia stato messo in grado di accettare
consapevolmente i margini di rischiosità effettiva volta
per volta verificabili.
Tali indicazioni, peraltro, non potevano essere desunte né
dal parametro oggettivo di riferimento (cd. benchmark) che,
come affermato anche nella sentenza impugnata, non
costituisce un indicatore diretto del grado di rischio

29

sopportabile dall’investitore né dalla leva finanziaria,
(pari all’unità), peraltro del tutto prudenziale.
Deve, pertanto ritenersi che nella specie l’intermediario
abbia omesso di osservare le prescrizioni cogenti e
conformative dell’assolvimento positivo dell’obbligo

essendosi uniformato alle prescrizioni proveniente
dall’allegato 3 sub C) del Regolamento Consob n. 11522 del
1998.
L’accoglimento del secondo, terzo e quarto motivo di
ricorso determinano l’assorbimento del quinto motivo.

In

conclusione,

respinto il primo motivo,

ritenute

inammissibili tutte le censure relative alla violazione
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la Corte accoglie il

-)

secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, con assorbimento
del quinto motivo.
Alla cassazione consegue il rinvio alla Corte d’Appello di
Bologna in diversa composizione perché si attenga ai
seguenti principi di diritto :
“Nei contratti d’intermediazione finanziaria l’assolvimento
degli obblighi informativi posto a carico
dell’intermediario non può esaurirsi nella indicazione
contrattuale del massimo rischio contrattualmente previsto
né fondarsi sull’astratta valutazione della possibilità
per l’investitore di assumere autonomamente ed aliunde tali
informazioni quando non ricorra la qualifica di investitore
30

informativo in ordine a ciascuna linea di gestione, non

professionale, avendo invece ad oggetto una condotta
positiva diretta specificamente a fornire le informazioni
idonee a descrivere la natura, la quantità e la qualità dei
prodotti finanziari ed a rappresentarne la rischiosità”.
“Nei contratti aventi ad oggetto la gestione di portafogli,

dell’intermediario (art. 36 – 46 Reg. Consob n. 11522 del
1998) prevedono anche la preventiva indicazione del grado
di rischio di ciascuna linea di gestione patrimoniale,
essendo,

tale

prescrizione

vincolante,

prevista

nell’Allegato 3 sub C) del Regolamento, dettato al fine
d’indicare le modalità di esecuzione dell’obbligo, sancito
nell’art. 42 del Regolamento, di fornire all’investitore un
parametro oggettivo coerente dei rischi connessi alle
singole gestioni”.
P.Q.M.
La Corte,
Rigetta il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo,
terzo e quarto motivo.

Assorbito il quinto.
Cassa la sentenza impugnata a rinvia alla Corte d’Appello
di Bologna in diversa composizione ) esciAL

6+-u

Così deciso nella camera di consiglio del 1 dicembre 2015
Il Presidente

gli obblighi di comportamento normativamente posti a carico

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA