Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8088 del 07/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 8088 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 2508-2008 proposto da:
MAGRO FRANCESCO MGRFNC37P12G273D,

MAGRO GIACINTO

MGRGNT45C04G273A, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA G. PIERLUIGI DA PALESTRINA 55, presso lo studio
dell’avvocato MARIANO ROSAMARIA, rappresentati e
difesi dall’avvocato CALANDRA GIUSEPPE;
– ricorrenti –

2014

contro

306

MAGRO

SAVERIO

MGRSVR39A14G273Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTELLO 30, presso lo studio
dell’avvocato DI GANGI FRANCESCO, rappresentato e

Data pubblicazione: 07/04/2014

difeso dall’avvocato FALDETTA GIUSEPPE;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 354/2007 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 02/04/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato ROSAMARIA MARIANO,

con delega

dell’Avvocato GIUSEPPE CALANDRA difensore dei
ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUIGI SALVATO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 29/01/2014 dal Consigliere Dott. EMILIO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Con ricorso depositato il 7 giugno 1993 Francesco Magro e Giacinto
Magro premesso di essere proprietari – unitamente al fratello Saverio

Magro – di un terreno 4L,Carini, c.da Monostalla sul quale era stato

lamentavano che Saverio aveva sostituito catena e lucchetto del
cancello d’ingresso di tale terreno, impendendone l’accesso:
pertanto, chiedevano la reintegra del possesso.
Si costituiva il resistente, negando che i fratelli avessero mai
avuto il possesso del terreno e del fabbricato.
Con provvedimento del 3/6/94 veniva ordinata a Saverio Magro la
reintegra mediante consegna ai ricorrenti delle chiavi del
lucchetto apposto al cancello d’ingresso.
Instaurato il giudizio di merito, con sentenza del 9 giugno 2003, il
tribunale di Palermo confermava l’ordine di reintegrazione ritenendo
fondata la domanda proposta dagli attori.
Con sentenza dep. il 2 aprile 2007 la Corte di appello di Palermo,
in riforma della decisione impugnata dal resistente, rigettava la
domanda.
Sulla scorta delle circostanze riferite dai testi escussi e sul
rilievo che erano emerse discordanze circa il momento fino al quale gli
attori avevano avuto il possesso delle chiavi nonchè con quanto sostenuto
dai ricorrenti a proposito della data dell’avvenuto spoglio, i Giudici in accoglimento del motivo di gravame in proposito formulato dal
convenuto ritenevano che non era stata raggiunta la prova
1

realizzato un fabbricato composto da seminterrato e piano rialzato,

dell’esercizio da parte degli attori del compossesso nell’anno anteriore
al lamentato spoglio.
2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione
Francesco Magro e Giacinto Magro sulla base di un unico articolato

Resiste con controricorso l’intimata.
I ricorrenti hanno depositato ordinanza della Suprema Corte n. 15464/13
emessa nel giudizio di divisione intercorso fra le parti
MOTIVI DELLA DECISIONE

l.- L’unico motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli
artt. 1168, 1140,1141,1142,1143 in riferimento all’art. 2697, 1100,1101 1102 cod. civ., 703 e 112 cod. proc. civ. nonché omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia,
censura la decisione gravata che : aveva omesso di esaminare i dati
certi acquisiti da cui era emersa la prova dell’esistenza del
compossesso a favore dei ricorrenti, tenuto conto dell’atto di acquisto
del 1973 e delle dichiarazioni confessorie al riguardo rese dal
convenuto; si era invece limitata a valutare le prove testimoniali. In
proposito, censura quanto ritenuto dai Giudici in merito alle rilevate
contraddizioni fra quanto riferito dal teste Spina e quanto affermato nel
ricorso dagli attori ovvero con quanto dichiarato dalla teste Orlando;
evidenzia quanto riferito dal teste Callari e denuncia il travisamento
della testimonianza resa da Vito Marciane).
Evidenzia comunque l’irrilevanza delle circostanze in merito alla data
2

motivo illustrato da memoria.

dello spoglio, posto che ai fini dell’azione di reintegrazione non
occorre un possesso oltrannuale mentre non era in discussione

il

termine di decadenza previsto dall’art. 1168 cod. civ. , che non
aveva formato non oggetto di eccezione di decadenza.

Ai sensi dell’ art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall’art. 6 del
d.lgs. n. 40 del 2006, ratione temporis applicabile, i motivi del
ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di
inammissibilità (art. 375 n.5 cod. proc. civ.,) dalla formulazione di un
esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art.360 primo comma

n.1),2),3),4) cod. proc. civ.,e qualora il vizio sia denunciato anche
ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun
motivo deve contenere , a pena di inammissibilità, la chiara indicazione
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione.
Al riguardo va ricordato che, nel caso di violazioni denunciate ai sensi
dell’art. 360 n.1),2),3),4) cod. proc. civ., secondo il citato art. 366
bis, il motivo deve concludersi con la separata e specifica formulazione
di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una chiara sintesi
logico-giuridica

della questione sottoposta al vaglio del giudice di

legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa
od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco
l’accoglimento od il rigetto del gravame (SU 23732/07): non può,
3

‘(‘ I

2.- Il motivo è inammissibile.

infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto possa
implicitamente desumersi dall’esposizione del motivo di ricorso né che
esso possa consistere o ricavarsi dalla formulazione del principio di
diritto che il ricorrente ritiene corretto applicarsi alla specie,

tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ.,secondo cui
è,invece, necessario che una parte specifica del ricorso sia destinata ad
individuare in modo specifico e senza incertezze interpretative la
questione di diritto che la Corte è chiamata a risolvere
nell’esplicazione della funzione nomofilattica che la modifica di cui al
decreto legislativo n. 40 del 2006,oltre all’effetto deflattivo del
carico pendente, aveva inteso valorizzare,secondo quanto formulato in
maniera esplicita nella Legge Delega 14 maggio 2005, n. 80, art. l, coma
2, ed altrettanto esplicitamente ripreso nel titolo stesso del decreto
delegato soprarichiamato. In tal modo il legislatore si era proposto
l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per
violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui
essi debbono corrispondere, giacchè la formulazione del quesito di
diritto risponde all’esigenza di verificare la corrispondenza delle
ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità,
inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati.
In effetti,la ratio ispiratrice dell’art. 366 bis cod. proc. civ. era
quella di assicurare pienamente la funzione, del tutto peculiare, del
ricorso per cassazione,che non è solo quella di soddisfare l’interesse
del ricorrente ad una corretta decisione di quella controversia ma anche
4

perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione

r

di enucleare il corretto principio di diritto applicabile in casi simili.
Pertanto, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ.
deve comprendere l’indicazione sia della “regula iuris” adottata nel
provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente

primo. Ne consegue che il quesito

deve costituire la chiave di lettura

delle ragioni esposte e porre la medesima Corte in condizione di
rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in
quanto tale, suscettibile -come si è detto – di ricevere applicazione in
casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha
pronunciato la sentenza impugnata (S.U.3519/2008).
Analogamente a quanto è previsto per la formulazione del quesito di
diritto nei casi previsti dall’art.360 primo comma n.1),2),3),4) cod.
proc. civ., nell’ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la relativa censura deve contenere,
un momento di sintesi
indicato in

una parte

(omologo del quesito di diritto),separatamente
del ricorso a ciò specificamente deputata e

distinta dall’esposizione del motívo,che

ne circoscriva puntualmente i

limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità ( S.U.20603/07),In
tal caso,l’illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del
fatto controverso con la precisazione del

vizio del procedimento logico-

giuridico che,incidendo nella erronea ricostruzione del fatto,sia stato
determinante della decisione impugnata. Pertanto,non è sufficiente che il
fatto controverso sia indicato nel motivo o possa desumersi dalla sua
5

assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del

esposizione. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la
verifica che la denuncia sia ricondotta nell’ambito delle attribuzioni
conferite dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.al giudice di legittimità,
che deve accertare la correttezza dell’iter logico-giuridico seguito dal

impugnato,non essendo compito del giudice di legittimità quello di
controllare l’esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso
l’esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono
consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice
del fatto. Si era, così, inteso precludere l’esame di ricorsi che,
stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione,
sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del
merito della causa.
Nella specie, la sentenza ha ritenuto che non era provato l’esercizio
del possesso da parte dei ricorrenti nell’anno anteriore allo spoglio,
dovendo intendersi che abbia in tal modo considerato non assolto il
termine di decadenza stabilito dall’art.1168 cod. civ.
Ciò posto, va considerato che il ricorso, pur formulando una serie
di quesiti, non ne formula alcuno in merito alla questione che
sarebbe stata decisiva ovvero che : a) l’eccezione di decadenza non è
rilevabile di ufficio; b) la stessa non era stata formulata nel giudizio
di merito.
D’altra parte, il motivo formula critiche

all’accertamento di fatto al

riguardo compiuto dai Giudici in merito alla sussistenza del compossesso,
accertamento che in sede di legittimità è censurabile sotto il profilo
6

giudice esclusivamente attraverso l’analisi del provvedimento

del vizio deducibile ex art. 360 n. 5 cod. pro civ., che peraltro deve
consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve
essere verificato in base al

solo esame del contenuto

del provvedimento

impugnato : ma allora, ai sensi del citato art. 366 bis, sarebbe stato

controverso

con specifico riferimento alla fattispecie concreta

esaminata – e delle ragioni per

le quali la motivazione sarebbe stata

erronea, in modo da dimostrare – alla luce del percorso argomentativo
della sentenza – il nesso di causalità fra l’errore in cui essa sarebbe
incorsa e la decisione : tale onere non è stato ottemperato dal
ricorrente il quale, in realtà, ha formulato deduzioni concretatesi
in una soggettiva valutazione delle risultanze processuali difforme da
quella compiuta dai Giudici di merito, sollecitando un riesame nel
merito, che evidentemente è sottratto al sindacato di legittimità.
Il ricorso va dichiarato inammissibile.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso, comportando il passaggio
in decisione della sentenza impugnata, preclude qualsiasi

o

indagine

e, quindi, anche di quella relativa alla invocata incidenza nella
presente sede – possessoria –

della formazione della cosa giudicata in

un giudizio petitorio relativo alla comproprietà dell’immobile de quo.
Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei
ricorrenti, risultati soccombenti

P . Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
7

necessario formulare il momento di sintesi con l’indicazione del fatto

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente
delle spese relative alla presente fase che liquida in euro 2.200,00 di
cui euro 200,00 per esborsi ed euro 2.000,00 per onorari di avvocato
oltre accessori di legge.

Il Cons. estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio 2014

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA