Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8087 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8087 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: RIVERSO ROBERTO

SENTENZA

sul ricorso 8528-2011 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.E. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2016
contro

490

MILAN’

CLAUDIO

C.F.

MLNCLD70A2H501X,

gia

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 4,
presso lo studio dell’avvocato CARLO DE MARCHIS, che

Data pubblicazione: 21/04/2016

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
ANDREA CIANNAVEI, giusta delega in atti e da ultimo
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

– cont=ricorrente –

di ROMA, depositata il 31/03/2010 R.G.N. 10605/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/02/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO
RIVERSO;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale
FIDRILLO LUIGI;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO per delega verbale
Avvocato DE MARCHIS CARLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO, che ha concluso per
raccoglimento del ricorso.

avverso la sentenza n. 220/2010 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
Con la sentenza n. 220/2010, depositata il 31.13.2010, la Corte
d’appello di Roma, respingeva l’appello proposto da Poste Italiane SPA
contro la sentenza resa in primo grado che aveva accolto la domanda
svolta da Milan’ Claudio, dipendente di Poste Italiane SPA, e perciò
dichiarato la nullità del termine apposto al contratto decorrente
dall’1.2.2002 al 30.4.2002, con conseguente affermazione dell’esistenza
di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dalla stessa
data, condannando Poste alla riammissione in servizio ed al pagamento
delle retribuzioni maturate dal 15.11.2004, oltre accessori.
A fondamento della decisione la Corte ha premesso che l’appellato era
stato assunto a termine “ai sensi della vigente normativa” dlgs
368/2001 “per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di
carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricom prendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul
territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero
conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie,
prodotti o servizi nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi
del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, nonché
per esigenze sostitutive di personale assente “. Ciò detto, la Corte
sosteneva che la causale apposta al contratto non fosse specifica perché
non conteneva alcun puntuale riferimento alla situazione concreta
dell’ufficio o della area geografica di destinazione, notando pure che
essa contraddittoriamente agganciasse le ragioni giustificative a plurime
esigenze prive di specifica indicazione. Rilevava inoltre che, anche a
volere considerare specifica la clausola appositiva sul piano formale, le
ragioni addotte non fossero state provate, né fosse stata articolata
idonea prova in tale senso. Infine, secondo la Corte territoriale, anche la
ragione relativa alla necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze era da ritenere di analoga vaghezza atteso che
non era indicato il nome del sostituito.
Per la cassazione di questa sentenza Poste Italiane spa ha proposto
ricorso con 5 motivi.
Milani Claudio ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso Poste Italiane denuncia la violazione e
falsa applicazione dell’arti comma 1 e 2, art. 4 del d.lgs. n. 368 del
2001, art. 12 delle preleggi, art. 1362 e ss. C.c. art. 1325 e ss. C.c. (
art. 360 n. 3 c.p.c.) laddove la Corte aveva dichiarato generica la
motivazione posta a fondamento della assunzione reputando che una
plurima indicazione di ragioni di giustificazione, risultante anche per
relationem, debba ritenersi incompatibile con le esigenze di
specificazione dettate dall’arti del digs. 368/2001; ed omettendo di
considerare lo specifico riferimento operato in seno al contratto ai vari
accordi sindacali sulla mobilità del personale succedutesi dal 2001 in
avanti.

R.G. 08528/2011

Con il secondo motivo di ricorso Poste Italiane denuncia omessa ed
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio (art. 360 n. 5 c.p,c.) laddove la Corte non ha motivato circa
l’idoneità della compresenza in seno al contratto di più ragioni di
giustificazione tra loro compatibili a costituire elemento di sufficiente
specificazione delle esigenze poste dall’art.1 del dlgs 368/2001.
Con il terzo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione
degli art. 4 comma 2 del d.lgs. 368/2001, 2697 c.c. 115 e 116 cpc, 244,
253 e 421,2 comma c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c.) per avere la Corte
territoriale posto a carico del datore l’onere di provare le ragioni
legittimanti la stipula del contratto a termine.
Con il quarto motivo si deduce omessa ed insufficiente motivazione in
ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 n,. 5)
non avendo la Corte ammesso la prova testimoniale di cui al cap. n. 11.
Con il quinto motivo deduce violazione ed erronea applicazione degli
artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 1219, 1223, 2094, 2099, 2697 c.c.
(art.360 n. 3 c.p.c.) atteso che il risarcimento sarebbe spettato al
lavoratore solo dal momento dell’effettiva ripresa del servizio,
2.- Con i primi due motivi di ricorso viene sostanzialmente dedotta
l’erronea valutazione del requisito della specificità della clausola,
richiesto per l’apposizione del termine ai sensi del d.lgs. n. 368 del
2001, art. 1. In particolare la società, dopo avere premesso che anche
esigenze non eccezionali e non straordinarie legittimano il ricorso al
rapporto a tempo determinato, evidenzia che la complessità della
causale non equivale a genericità, poiché, al contrario, è lo stesso
decreto legislativo che impone di tenere conto delle situazioni aziendali,
che possono essere anche complesse. Aggiunge che attraverso il
richiamo agli accordi, non valutati dalla Corte territoriale, erano state
ulteriormente specificate le ragioni indicate nella causale.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto volti a contestare
l’erronea affermazione circa la genericità della causale addotta al
contratto, sono fondati. Il contratto di lavoro di cui si tratta, stipulato
con Milani Claudio, in relazione al quale è stata ritenuta la nullità
del termine, è stato concluso “ai sensi della vigente normativa” d.lgs.
368/2001 “per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di
carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
ricom prendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul
territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero
conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie,
prodotti o servizi nonché all’attuazione delle previsioni di cui agli accordi
del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001 e 11 gennaio 2002, nonché
per esigenze sostitutive di personale assente”.

Con riferimento a fattispecie nelle quali erano state adoperate clausole
giustificatrici di contenuto analogo a quella utilizzata nel caso in esame,
questa Corte di legittimità (fra le più recenti Cass. 16.4.2015 n. 7772)
ha premesso che l’indicazione di due o più ragioni legittimanti
l’apposizione di un termine ad un unico contratto di lavoro non è di per
sé causa di illegittimità del termine per contraddittorietà o incertezza
della causa giustificatrice dello stesso.
Ha aggiunto che in tema di apposizione del termine al contratto di
lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte del datore di

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lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la
direttiva 1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (cfr.
sentenza del 23 aprile 2000, in causa C-378/07 ed altre; sentenza del
22 novembre 2005, in causa C-144/04), un onere di specificazione delle
ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di indicazione
sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti
identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla
sua portata spazio-temporale e più in generale circostanziale,
perseguendo in tal modo la finalità di assicurare la trasparenza e la
veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso
del rapporto. Ha, poi, precisato che tale specificazione può risultare
anche indirettamente nel contratto di lavoro attraverso il riferimento
“per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti giacche,
“seppure nel nuovo quadro normativo … non spetti più un autonomo
potere di qualificazione delle esigenze aziendali idonee a consentire
l’assunzione a termine, tuttavia, la mediazione collettiva ed i relativi esiti
concertativi restano pur sempre un elemento rilevante di
rappresentazione delle esigenze aziendali in termini compatibili con la
tutela degli interessi dei dipendenti, con la conseguenza che gli stessi
debbono essere attentamente valutati dal giudice ai fini della
configurabilità nel caso concreto dei requisiti della fattispecie legale”
(cfr. Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279; Cass. 27 aprile 2010 n. 10033;
Cass. 25 maggio 2012 n. 8286; Cass. 3.10.2014 n. 20946; Cass.
9.7.2015 n. 14336). In altri termini, è necessario che – di fronte ad una
complessa enunciazione delle ragioni addotte a legittimazione
dell’apposizione del termine – l’esame del giudice di merito si estenda a
tutti gli elementi di specificazione emergenti dal contratto, allo scopo di
acclararne l’effettiva sussistenza, ivi comprendendo l’analisi
degli accordi collettivi sopra indicati (cfr, la giurisprudenza già
richiamata, cui adde Cass. nn. 2279 e 16303 del 2010, Cass. 25 maggio
2012, n. 8286, Cass. 23 maggio 2013 n. 16102 e Cass. 16.4.2015 n.
7772).
Nella fattispecie in esame, il giudice di merito non ha proceduto alla
valutazione del grado di specificità delle ragioni indicate secondo la
metodologia sopra indicata: in particolare, la Corte territoriale ha
omesso di esaminare specificamente il contenuto degli accordi richiamati
nel contratto individuale. Non può essere, infatti, ritenuta esaustiva
sotto questo profilo la generica affermazione, contenuta nella sentenza
impugnata, circa l’inidoneità delle allegazioni formulate in proposito da
Poste Italiane Spa a giustificare la stipulazione del contratto a termine di
cui si tratta. In applicazione dei principi sopra enunciati occorre infatti
uno specifico esame di tutti gli accordi citati nel contratto individuale per
verificare se in concreto il requisito della specificità possa essere
considerato sussistente.
3.- Per quanto attiene l’affermazione, contenuta nella sentenza
impugnata, concernente la ritenuta indeterminatezza della causale
relativa alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di
assenze (per mancata indicazione del nome del sostituito), e non fatta
oggetto di impugnazione (ma secondo il ricorso di Poste il contratto non
parla in realtà di tale causale), va considerato che, secondo la

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giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 17-6-2008 n. 16396 e
numerose successive), in caso di pluralità di causali la legittimità anche
soltanto di una di esse (che dovrà essere verificata dal giudice del
rinvio) è sufficiente a sostenere la validità del contratto a termine. Perciò
la rilevata indeterminatezza della ragione sostitutiva non assurge ad
autonoma ratio decidendi idonea ad invalidare il contratto in mancanza
di specifica impugnazione.
4. – La errata interpretazione data dalla Corte territoriale al concetto di
specificità ha inciso, poi, anche sulla valutazione espressa in tema di
ammissibilità dei capitoli di prova, sicché quest’ultima non può costituire
autonoma ratio decidendi, ed il motivo con il quale la mancata
ammissione della prova è stata censurata resta assorbito dalla ritenuta
fondatezza delle prime due censure. Restano, altresì, assorbiti anche i
motivi inerenti all’onere della prova della causale ed alle conseguenze
giuridiche ed economiche della nullità del termine.
5.- La sentenza deve essere, pertanto, cassata con conseguente
rimessione della causa ad altro giudice, indicato in dispositivo, che
provvederà sulla base dei principi di diritto sopra richiamati, oltre che
sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, assorbiti gli altri, cassa la
sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese, alla
Corte di Appelli di Roma in diversa composizione.
Così deciso in •oma, il 4 febbraio 2016
Il Consi i e tensore

R.G. 08528/2011

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