Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8086 del 29/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 29/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.29/03/2017),  n. 8086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5208/2013 proposto da:

FAGRI & C. SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FRANCO

SACCHETTI 125, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA STILLITANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ASCANIO AMENDUNI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI UFFICIO

CONTROLLI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 55/2012 della COMM. TRIB. REG. di BARI,

depositata il 29/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. La Fagri & c. srl propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 55/8/12 del 29 giugno 2012 con la quale la commissione tributaria regionale della Puglia, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso ad essa notificato dall’agenzia delle entrate per il recupero del credito di imposta da essa fruito negli anni 2003-2005, L. n. 388 del 2000, ex art. 8, in relazione alla costruzione di una palazzina-uffici da annettere ad un preesistente capannone industriale.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che i lavori di costruzione della palazzina, iniziati nel settembre 2003, dovevano concludersi entro il dicembre 2005, con conseguente entrata in funzione entro e non oltre il dicembre 2007; al contrario, risultava dagli atti di causa che i lavori erano stati ultimati soltanto nel luglio 2008 (certificazione di collaudo e dichiarazione dell’AU), con conseguente decadenza ai sensi della norma citata e della L. n. 289 del 2002, art. 62.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate. Fagri ha depositato memoria.

2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 – violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7, nonchè nullità della sentenza per motivazione illogica. Ciò in quanto la commissione tributaria regionale avrebbe erroneamente individuato la causa di decadenza dal beneficio nella tardiva “ultimazione” dei lavori, e non – come invece stabilito dalla disposizione richiamata – nella tardiva “messa in funzione” della palazzina ultimata. Ritardo, quest’ultimo, qui inesistente, dal momento che la palazzina era stata regolarmente messa in funzione, come accertato anche dall’amministrazione finanziaria, entro il biennio dalla ultimazione dei lavori (luglio 2008).

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – nullità della sentenza per omessa motivazione e violazione dell’art. 111 Cost., comma 7. Per avere la commissione tributaria regionale emesso una motivazione soltanto apparente ed avulsa dalle risultanze di causa, da cui emergeva come la palazzina fosse stata messa in funzione nel rispetto del biennio dalla sua ultimazione. Con conseguente piena osservanza della norma, l’art. 8 cit., posta dall’amministrazione a fondamento dell’avviso di recupero.

2.2 I motivi così proposti, suscettibili di trattazione unitaria per la loro intima connessione, sono fondati.

L’avviso di recupero opposto è stato dall’amministrazione finanziaria basato sulla ravvisata decadenza dal beneficio, in forza del combinato disposto della L. n. 388 del 2000, art. 8 e L. n. 289 del 2002, art. 62, lett. f.

La prima disposizione (art. 8, comma 7, primo cpv.) stabilisce che: “Se i beni oggetto dell’agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d’imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione”.

La L. n. 289 del 2002, art. 62, si pone il dichiarato obiettivo “di assicurare una corretta applicazione delle disposizioni in materia di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 e successive modificazioni, nonchè di favorire la prevenzione di comportamenti elusivi, di acquisire all’amministrazione i dati necessari per adeguati monitoraggi e pianificazioni dei flussi di spesa, occorrenti per assicurare pieni utilizzi dei contributi, attribuiti nella forma di crediti di imposta”.

A tal fine, per quanto qui interessa, viene stabilito che: – (lett. e): “le istanze presentate per la prima volta dai soggetti che intendono effettuare investimenti a decorrere dal 1 gennaio 2003 contengono le indicazioni di cui alla L. n. 388 del 2000, citato art. 8, comma 1-bis, come modificato dal citato D.L. n. 138 del 2002, art. 10, integrate con gli ulteriori elementi stabiliti con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate previsto dalla lettera a)”; – (lett. f) “le istanze rinnovate ovvero presentate per la prima volta ai sensi delle lett. d) ed e) espongono gli investimenti e gli utilizzi del contributo suddivisi, secondo la pianificazione scelta dai soggetti interessati, con riferimento all’anno nel quale l’istanza viene presentata e ai due immediatamente successivi. In ogni caso, l’utilizzo del contributo, in relazione al singolo investimento, è consentito esclusivamente entro il secondo anno successivo a quello nel quale è presentata l’istanza e, in ogni caso, nel rispetto di limiti di utilizzazione minimi e massimi pari, in progressione, al 20 e al 30 per cento, nell’anno di presentazione dell’istanza, e al 60 e al 70 per cento, nell’anno successivo”; – (lett. g) “qualora le utilizzazioni del contributo pianificate ed esposte nella istanza, ai sensi della lett. f), non risultino effettuate nei limiti previsti, per ciascun anno, dalla medesima lettera, il soggetto interessato decade dal diritto al contributo e non può presentare una nuova istanza prima dei dodici mesi successivi a quello nel quale la decadenza si è verificata”.

Nel caso di specie, risulta che la Fagri srl abbia presentato istanza di agevolazione nel febbraio 2003, con intrapresa dei lavori di costruzione della palazzina-uffici nel settembre 2003. In conseguenza di ciò, essa ha fruito del credito d’imposta, sulle dichiarazioni 2003/2004/2005, nei termini e nelle percentuali di cui all’art. 62, lett. f) cit..

In tale situazione, in tanto la società contribuente sarebbe incorsa nella causa di decadenza invocata dall’amministrazione finanziaria, in quanto la palazzina-uffici in questione non fosse “entrata in funzione entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della sua acquisizione o ultimazione” (art. 8 cit.).

Ora, come è stato inequivocabilmente – e qui insindacabilmente accertato dal giudice di appello, i lavori in oggetto “terminavano definitivamente il 21 luglio 2008, come da certificazione di collaudo delle opere inoltrata al Comune di Modugno dal professionista ing. Gallo, in contraddittorio con l’amministratore unico della società. Proprio dalla dichiarazione di quest’ultimo si evince che i lavori si sono definitivamente conclusi in data 18 luglio 2008 (c.d. dichiarazione di fine lavori)” (sent. pag. 3); ha aggiunto il giudice di merito come l’individuazione del termine di ultimazione dei lavori nella data di certificazione del collaudo, e non in un momento precedente, si imponesse anche in ragione del fatto che il certificato di collaudo doveva ritenersi, non già mera formalità amministrativa, bensì “atto necessario alla verifica della corretta realizzazione dell’opera e, quindi, propedeutico ad un regolare utilizzo della stessa (…)” (ivi, pag. 4).

Su tale presupposto di ordine fattuale, non poteva pertanto sussistere la dedotta decadenza ai sensi dell’art. 8, comma 7 cit., dal momento che non costituiva punto controverso di causa la circostanza che la palazzina-uffici in questione fosse stata effettivamente messa in funzione (in annessione al preesistente capannone) entro il termine ultimo del dicembre 2010; il che aveva trovato, anzi, diretta conferma nello stesso esito della verifica operata in loco dall’amministrazione finanziaria il 16 ottobre 2009, riportato nella sentenza impugnata.

Va dunque preso atto di come la commissione tributaria regionale, nel ravvisare la decadenza, abbia in effetti erroneamente sovrapposto due prescrizioni applicative diverse, peraltro tra loro non confliggenti: – l’una (L. n. 289 del 2002, art. 62) disciplinante i tempi e le quote di utilizzo dei crediti d’imposta con riguardo all’anno di presentazione dell’istanza (in ordine alla cui osservanza nella specie nessuna contestazione è stata mossa dall’amministrazione finanziaria); – l’altra (L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7) volta a subordinare il mantenimento del beneficio (secondo la ratio legis di tutelare i nuovi investimenti in quanto portati a compimento, e così effettivamente immessi nel ciclo economico e produttivo delle aree svantaggiate) alla messa in funzione nel biennio dalla loro “acquisizione o ultimazione”.

La soluzione qui accolta non trova ostacolo nel fatto che la società contribuente avesse inizialmente assunto l’impegno di terminare i lavori entro il dicembre 2005, così da far coincidere il regime di ultimazione di cui all’art. 8 cit. con quello di fruizione progressiva negli anni successivi all’istanza di cui all’art. 62 cit.. La causa di decadenza trova infatti tassativa individuazione nell’ ipotesi di legge di cui all’art. 8 cit. (così come richiamata, del resto, dalla stessa amministrazione finanziaria), la quale non richiama la violazione dell’impegno, ma unicamente l’obbligo di materialmente adibire il bene oggetto dell’investimento alla funzione produttiva sua propria entro due anni da quando lo stesso si è reso disponibile all’impresa.

Sussistono i presupposti per la compensazione delle spese dell’intero giudizio, stante la novità e delicatezza interpretativa della questione giuridica.

PQM

LA CORTE

accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente;

– compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2017

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