Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8085 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. I, 23/03/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 23/03/2021), n.8085

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2795/2016 proposto da:

Consorzio Cooperative G.Q., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliato in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’avvocato Mambelli Massimo, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Marcora S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Emilia n. 86/90, presso lo

studio dell’avvocato Corain Maurizio, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Lambiase Enrico, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4416/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/02/2021 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

nell’aprile 1997 la Marcora s.p.a. stipulò con la Banca popolare di Legnano un contratto di locazione finanziaria per l’edificazione di un’area urbana nel comune di (OMISSIS);

in pari data la banca conferì alla società Marcora un mandato con rappresentanza per sottoscrivere per suo conto, tra l’altro, i conferenti contratti di appalto;

la Marcora stipulò quindi il contratto del 6-8-1997 col Consorzio cooperative G.Q., eseguito il quale nacque tuttavia una controversia per danni da infiltrazioni nelle strutture prefabbricate;

la società Marcora, avvalendosi della clausola compromissoria in quel contratto inserita, propose il giudizio arbitrale finalizzato a ottenere la condanna dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1669 c.c.;

la domanda venne accolta per la somma ritenuta di giustizia e il Consorzio impugnò il lodo per nullità; sostenne, per quanto interessa, che la società Marcora non avrebbe potuto esser considerata parte del contratto nel quale era contenuta la clausola compromissoria, poichè il principio di autonomia della suddetta clausola impediva l’automatica successione nei diritti e negli obblighi da essa derivanti;

la corte d’appello di Milano, con senza in data 9-12-2014, non notificata, ha respinto l’impugnazione;

il Consorzio Q. ricorre per cassazione sulla base di un unico motivo, al quale la società resiste con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

I. – con l’unico mezzo il ricorrente, denunziando la violazione degli artt. 808 e 829 c.p.c., censura la sentenza per aver affermato che la legittimazione della società a invocare la clausola derivava dal mandato con rappresentanza in rem propriam conferitole dalla Banca di Legnano; in tal modo la corte d’appello avrebbe omesso di considerare che il mandatario non è titolare di una posizione giuridica nei confronti del terzo, e si sarebbe posta in contrasto sia con l’art. 1388 c.c., sia col principio (consolidato) di non circolazione della clausola compromissoria, posto che da codesta erano stati astretti solo la Banca (quale parte sostanziale del contratto di appalto) e il Consorzio; invero nessuna sostituzione della suddetta parte sostanziale era stata ulteriormente concordata tra le parti del contratto;

II. – il ricorso è infondato;

la corte d’appello ha riportato per sintesi la motivazione della sentenza arbitrale;

in questa il contratto contenente la clausola era stato indicato come stipulato dalla Marcora in virtù di un mandato con rappresentanza in rem propriam, allegato all’appalto e al contratto di leasing e da ritenere “parte integrante degli stessi”;

dalla sentenza peraltro si evince che col mandato la Banca “aveva conferito a Marcora i pieni poteri e la qualifica espressa di committente”;

la corte d’appello ha confermato il risultato dell’interpretazione accolta dagli arbitri e in particolare che in base al contratto di appalto la Marcora – ivi esplicitamente qualificata come committente – aveva assunto le specifiche obbligazioni nascenti nei confronti dell’appaltatore; cosicchè parte sostanziale del contratto, nel quale pacificamente era inserita la clausola compromissoria, doveva considerarsi proprio la Marcora;

a giudizio della corte d’appello, vertendosi in ipotesi di mandato in rem propriam col quale il mandatario aveva assunto la veste sostanziale di parte del contratto, non era pertinente evocare il divieto di circolazione della clausola compromissoria di cui all’insegnamento delle sezioni unite di questa Corte;

III. – in effetti è vero che l’insegnamento alluso dall’impugnata sentenza, ripreso dalla ricorrente a premessa della sua tesi, non rileva nel caso concreto;

non rileva poichè qui non si è dinanzi a un negozio di cessione implicante il subentro nel contratto o nel credito da esso nascente;

il principio implicante l’impossibilità di invocare la clausola in base al connotato di autonomia che la distingue è che “il cessionario di credito”, nascente da contratto nel quale sia inserita una clausola compromissoria, non subentra nella titolarità del distinto e autonomo negozio compromissorio e non può pertanto invocare detta clausola nei confronti del debitore ceduto, anche se quest’ultimo può avvalersi della clausola compromissoria nei confronti del cessionario, atteso che – si dice – il debitore ceduto si vedrebbe altrimenti privato del diritto di far decidere ad arbitri le controversie sul credito in forza di un accordo tra cedente e cessionario al quale egli è rimasto estraneo (Cass. Sez. U. n. 12616-98, cui adde conf. Cass. n. 13893-03, Cass. n. 24681-06, Cass. n. 29261-11);

è ovvio che tale principio non viene in considerazione le volte in cui si accerti che il contratto, contenente la clausola, verta invece proprio con la parte che l’abbia invocata;

IV. – nel caso concreto la situazione è giustappunto quest’ultima, poichè ciò è quanto la corte territoriale ha stabilito in conformità dell’esegesi affermata dagli arbitri, e non può sostenersi che l’affermazione sia errata giuridicamente per il sol fatto che la società Marcora era titolare di un “mandato con rappresentanza in rem propriam”;

il mandato in rem propriam è il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario;

esso semplicemente presuppone che l’interesse di quest’ultimo sia assicurato da un rapporto sinallagmatico (fra mandante e mandatario) con contenuto bilaterale, sì da sottrarlo all’unilaterale disposizione del mandante stesso (v. ex aliis Cass. n. 22529-11);

nel caso concreto non interessa la configurazione del mandato in siffatti termini, visto che non è in questione il problema della sua revoca;

interessa invece (e unicamente) la configurazione del mandato con rappresentanza;

questa configurazione tuttavia non implica necessariamente che la parte sostanziale del contratto posto in essere dal mandatario debba ritenersi sempre e soltanto il mandante;

l’estensione diretta al mandante degli effetti del contratto concluso dal mandatario consegue alle norme sulla rappresentanza, visto che se al mandatario è conferito il potere di agire in nome del mandante si applicano “anche” le norme del capo VI del titolo II del libro IV del codice civile (art. 1704 c.c.);

ciò infine richiede che nel contratto concluso dal mandatario, al quale sia stato attribuito anche il potere di rappresentanza, vi sia stata la spendita del nome del mandante (la contemplatio domini), perchè solo il rappresentante che (concretamente) stipula “in nome e nell’interesse” del rappresentato è parte formale, mentre parte sostanziale del rapporto contrattuale diviene il rappresentato (art. 1388 c.c.);

in tutti i casi in cui, invece, il mandatario agisca in nome proprio (vale a dire senza spendita), egli acquista i diritti e gli obblighi nascenti dal contratto compiuto col terzo (art. 1705 c.c.);

V. – ora la situazione di fatto che è stata accertata dal giudice del merito è per l’appunto questa; e risulta dalla esplicitazione che la Marcora, denominata committente, aveva assunto le “specifiche obbligazioni nei confronti dell’appaltatore e viceversa”, così da risultare – essa e non la Banca mandante – la parte sostanziale del contratto contenente la clausola compromissoria;

trattasi di accertamento di fatto coessenziale alla tesi giuridica sostenuta, accertamento che non è sindacabile in questa sede di legittimità e che mina il presupposto della censura mossa alla sentenza;

VI. – il ricorso di conseguenza è rigettato e le spese processuali seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 5.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

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