Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8082 del 21/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/03/2019, (ud. 24/01/2019, dep. 21/03/2019), n.8082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16888-2017 proposto da:

COMUNE DI CECCANO, domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione, e rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO

FILARDI unitamente all’avvocato ANTONELLA INCITTI giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CRESCITA APPRENDIMENTO LAVORO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 56/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata l’11/1/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/1/2019 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il 12 marzo 2007 la società Crescita Apprendimento Lavoro (d’ora innanzi C.A.L.) notificava al Comune di Ceccano il decreto ingiuntivo n. 77/2007 emesso dal Tribunale di Venezia per il pagamento della somma di Euro 34.860,00, a seguito di svolgimento di attività per progetti di formazione, a favore del Comune; essendo inizialmente incerta la data di perfezionamento della notifica, l’amministrazione si opponeva al decreto il 24 aprile 2007.

Ritualmente costituitasi per il rigetto dell’opposizione, la CAL eccepiva l’intempestività dell’opposizione, sostenendo che questa fosse stata notificata oltre il termine perentorio previsto dall’art. 641 c.p.c., dal momento che la notifica al Comune si era perfezionata in data 14 marzo; il Comune resisteva all’eccezione facendo leva sul timbro apposto sulla busta postale, contenente il decreto ingiuntivo, recante la data del 15 marzo.

Con sentenza n. 77/2009 il Tribunale, previa disamina della data apposta sulla busta, riteneva che la notifica si fosse perfezionata il 15 marzo, e quindi decidendo nel merito, riteneva l’opposizione, fondata, revocando il decreto e condannando la società al pagamento delle spese processuali. La C.A.L. impugnava la sentenza dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia, ribadendo la tardività della notifica e quindi l’improcedibilità dell’opposizione.

Il Comune si costituiva chiedendo il rigetto delle pretese attoree.

Con sentenza n. 56/2017 la Corte territoriale, fondando la propria decisione sul contenuto della fotocopia dell’avviso di ricevimento, riteneva che il perfezionamento della notifica del decreto ingiuntivo fosse in realtà avvenuto il 14 marzo 2007, come si evinceva dalla data del timbro apposto sull’avviso di ricevimento; per l’effetto riteneva fondata l’eccezione di intempestività, dichiarava l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, e condannava il Comune al pagamento delle spese di lite.

Il Comune di Ceccano ricorre oggi per cassazione sulla base di un unico motivo di ricorso, col quale lamenta “la violazione e falsa applicazione ai sensi di quanto stabilito dall’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, degli artt. 149 e 160 c.p.c., in relazione alla L. 20 novembre, n. 890, artt. 4 e 7, in uno alla violazione dell’art. 641 c.p.c., per l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio laddove la Corte di Appello di Venezia (pagine 3 della sentenza) ha dichiarato che l’opposizione a decreto ingiuntivo è stata proposta tardivamente senza accertare l’esistenza e la validità giuridica dell’avviso di ricevimento mai depositato in originale sia nel giudizio di primo grado che in quello di appello”.

La società Crescita Apprendimento Lavoro non ha svolto difese in questa fase.

Sostiene parte ricorrente che il termine per la proposizione dell’opposizione decorrerebbe dalla data di ricezione dell’ingiunzione, che come si evince dal timbro apposto sulla busta contenente il decreto notificato, è quella del 15 marzo 2007. Vi sarebbe una profonda discrasia tra la data apposta sulla cartolina e quella apposta sulla busta contenente l’atto notificato, dal momento che di norma si tratta di date coincidenti, ed al massimo potrebbe verificarsi la circostanza in cui la prima sia successiva alla seconda; mentre nel caso di specie la data apposta sulla fotocopia dell’avviso di ricevimento risulta anteriore a quella che si legge sulla busta dell’atto.

Peraltro, sebbene il ricorrente abbia a più riprese richiesto la produzione dell’avviso di ricevimento in originale, tale produzione non è mai avvenuta, essendosi la parte limitata a depositare solo una fotocopia.

Inoltre, se si ritenesse valida la fotocopia dell’avviso di ricevimento, l’atto andrebbe considerato inesistente in quanto privo della sottoscrizione dell’agente notificatore, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 3.

La Corte d’appello, al contrario, considerata decisiva la data apposta sulla cartolina di ritorno, non ha dato rilevanza alla circostanza che fosse stata prodotta in fotocopia, senza che l’originale fosse mai stato versato in atti, nè che sulla stessa mancasse la sottoscrizione dell’agente postale e che vi fossero più timbri con date illeggibili.

Tali elementi complessivamente considerati avrebbero dovuto portare a una dichiarazione di inesistenza dell’atto e a ritenere tempestiva l’opposizione, sulla base dell’unica data certa del 15 marzo, e non, come erroneamente ha concluso la Corte, a una dichiarazione di tardività dell’opposizione, con conseguente esecutorietà del decreto ingiuntivo.

Il motivo dev’essere rigettato.

In primo luogo deve essere però rilevata la sua inammissibilità nella parte in cui si denuncia la sussistenza anche del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dal momento che tale ultima doglianza è formulata secondo il testo vigente ante riforma, pur essendo proposta avverso sentenza pronunciata successivamente al 12 settembre 2012. Con D.L. n. 83 del 2012, conv. modif. nella L. n. 134 del 2012, il legislatore ha, infatti, riformulato l’art. 360, comma 1, n. 5, prevedendo che la norma, nel suo nuovo testo, si applichi a tutti i ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze depositate in data successiva all’11 settembre 2012, tra cui rientra, ovviamente, anche quello oggi pendente.

In secondo luogo occorre rilevare che in relazione alla segnalata divergenza tra le date apposte sulla relata e quella evidenziata dal timbro apposto sula busta dell’atto, il Comune non ha inteso avanzare istanza di rimessione in termini, per l’ipotesi in cui si fosse attribuita prevalenza, omettendo di valutare l’affidamento che poteva avere indotto il detto timbro, non potendo peraltro procedersi alla detta rimessione in termini d’ufficio in assenza di una richiesta della parte interessata.

Per quanto riguarda la restante parte del motivo, l’infondatezza discende dal fatto che la Corte di appello nel contrasto tra quanto risultava tra la data apposta sull’avviso di ricevimento e la diversa data invece presente sulla busta, ha ritenuto, conformemente alla costante giurisprudenza di questa Corte, di dare prevalenza alla prima, ravvisando pertanto la tardività dell’opposizione.

Infatti, in tema di notificazione a mezzo posta, che si perfeziona, per il destinatario, con la consegna del plico, l’avviso di ricevimento, parte integrante della relazione di notifica, ha natura di atto pubblico che – essendo munito della fede privilegiata di cui all’art. 2700 c.c., in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza – costituisce, ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 4, comma 3, il solo documento idoneo a provare – in riferimento alla decorrenza dei termini connessi alla notificazione – sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data, sia l’identità della persona alla quale è stata eseguita e che ha sottoscritto l’atto, salvo che, ai sensi del successivo comma 4, la data di consegna non risulti apposta o sia comunque incerta, sicchè in tal caso i termini connessi alla notificazione decorrono dalla data risultante dal timbro postale.

Ne consegue che la parte, qualora intenda dimostrare la non veridicità delle risultanze dell’avviso di ricevimento, deve proporre querela di falso – anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo ma soltanto ad imperizia, leggerezza o a negligenza del pubblico ufficiale – a meno che dallo stesso contesto dell’atto non risulti in modo evidente l’esistenza di un mero errore materiale compiuto da questi nella redazione del documento il quale ricorre nel caso di apposizione di data inesistente (come 30 febbraio) o anteriore a quella della formazione dell’atto notificato o non ancora maturata. Solo in tali casi il giudice può disattendere le risultanze apparenti dell’atto di notifica mentre, in ogni altro caso, ove occorra un giudizio di compatibilità tra le date apposte, tale valutazione deve avvenire nell’ambito dell’apposito giudizio per querela di falso” (Cass. n. 8500/2005; v. Cass. n. 8032/2004; conf. Cass. n. 24852/2006).

Trattasi di principi ribaditi da questa Corte anche a sezioni unite (cfr. Cass. n. 84/1994) secondo cui a fine di stabilire l’esistenza e la tempestività della notificazione di un atto giudiziario eseguita per mezzo del servizio postale, occorre far riferimento ai dati risultanti dalla ricevuta di ritorno, essendo soltanto tale documento idoneo a fornire la prova dell’eseguita notificazione, della data in cui è avvenuta e della persona cui il plico è stato consegnato, e confermato da ultimo da Cass. n. 15374/2018, essendo parimenti pacifica l’affermazione secondo cui, attesa la natura di atto pubblico dell’avviso de quo, gode di efficacia probatoria privilegiata contestabile solo con la querela di falso (cfr. ex multis Cass. n. 24852/2006 e da ultimo Cass. n. 14574/2018).

Peraltro recentemente sempre questa Corte ha statuito che quando sia il notificante a dover provare il perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario, egli è tenuto ad assolvere tale onere mediante la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata, unico documento idoneo ad attestare la consegna del plico e la data di questa; diversamente, ove sia il destinatario a dover provare la data della notificazione, è sufficiente la produzione della busta che contiene il plico, in sè idonea ad attestare che prima della data risultante dal timbro postale apposto non poteva essere avvenuta la consegna (Cass. n. 4891/2015).

Tuttavia nel contrasto delle opposte risultanze deve ritenersi prevalente quanto emerge dall’avviso di ricevimento (cfr. in maniera implicita da Cass. n. 3737/2004).

Nè potrebbe incidere sulla correttezza della decisione la circostanza che la stessa si sia formata solo sull’esame di una fotocopia dell’avviso (ancorchè la sentenza faccia semplicemente riferimento al riscontro della data del timbro apposto sull’avviso, senza alcuna specificazione circa il fatto che trattasi di copia ovvero di originale), mancando altresì l’allegazione del Comune di avere provveduto a disconoscere tempestivamente la fotocopia ai sensi dell’art. 2719 c.c., non apparendo in tal senso soddisfacente la semplice richiesta di produzione dell’originale.

In assenza di una querela di falso, deve ritenersi che le risultanze dell’avviso abbiano valore probatorio privilegiato e che confermino quindi la notificazione del decreto opposto in data 14 marzo 2007, palesando per l’effetto la tardività dell’opposizione.

Quanto, infine, all’ulteriore deduzione secondo cui l’avviso in esame sarebbe privo di sottoscrizione da parte dell’agente notificatore, in disparte la carenza del requisito di specificità del ricorso nella parte in cui omette di riprodurre tale atto, nemmeno indicando quando lo stesso sia stato prodotto nel corso del giudizio nelle fasi di merito ed ove sia attualmente reperibile all’interno delle produzioni di parte o del fascicolo d’ufficio, trattasi di questione nuova, come tale inammissibile, atteso che, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 8206/2016) laddove implichi un accertamento di fatto – e non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata nè indicata nelle conclusioni ivi epigrafate – impone al ricorrente che riproponga tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. La questione, che evidentemente implica accertamenti in fatto, occorrendo verificare se l’avviso rechi o meno la sottoscrizione dell’agente ovvero altro segno identificativo che ne consenta la riconduzione ad una specifica persona, non risulta essere stata trattata in sentenza, nè il ricorrente indica quando la stessa fosse stata sollevata nelle precedenti fasi di merito.

Il ricorso va quindi rigettato.

Nulla per le spese atteso il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA