Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8079 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. I, 23/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 23/03/2021), n.8079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso n. 16505/2015 proposto da:

Comune di Serino, nella persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv. Edoardo Volino, ed elettivamente

domiciliato in Roma, via Lucullo, n. 3, presso lo studio dell’Avv.

Gianluca Sole, giusta procura speciale a margine del ricorso per

cassazione.

– ricorrente –

contro

Società ICA S.n.c. di I. & C., in liquidazione, nella

persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa, giusta

procura a margine del controricorso, dagli Avv.ti Antonio Barone, e

Pietro Musto, ed unitamente a loro domiciliata nello studio di

quest’ultimo, in Roma, alla via Barnaba Oriani, n. 20/A.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 800/2015 della Corte di appello di NAPOLI,

depositata il 16 febbraio 2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2020 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con atto di citazione notificato il 22 settembre 2011, la società ICA conveniva dinanzi al Tribunale di Avellino il Comune di Serino, chiedendo che venisse accertata l’illegittimità dell’espropriazione disposta dal predetto Ente sui fondi di sua proprietà, con conseguente condanna al pagamento dell’indennità dovuta e al risarcimento di tutti i danni subiti a seguito dell’illegittima occupazione ed acquisizione delle aree, anche in relazione all’occupazione usurpativa di un terreno di 635 mq. effettuata senza decreto di esproprio.

2. Con ordinanza del 30 aprile 2012, il Tribunale di Avellino si dichiarava incompetente a conoscere della domanda inerente all’occupazione usurpativa e al risarcimento dei relativi danni e, disponendo la separazione dei giudizi, rimetteva le parti dinanzi alla Corte d’appello, quale giudice di unico grado, in relazione alle richieste indennità di espropriazione, assegnando un termine per la riassunzione del giudizio.

3. Contestualmente la società ICA, con atto notificato in data 5 settembre 2012, riassumeva il giudizio sulle domande indennitarie dinanzi alla Corte di appello di Napoli (procedimento n. R.G. 3727/2012).

4. Con atto di appello del 31 luglio 2012, il Comune di Serino impugnava la predetta ordinanza dinanzi alla Corte di appello di Napoli (procedimento n. R.G. 3795/2012) che, con sentenza n. 800/2015 del 16 febbraio 2015, respingeva integralmente il gravame, condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.000,00.

5. Il Comune appellante deduceva che il Tribunale non aveva rilevato l’inammissibilità della mutatio libelli effettuata dall’attrice ICA S.n.c., che in relazione ai terreni espropriati aveva domandato nell’atto di citazione il risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimità della procedura, mentre nelle note depositate il 3 febbraio 2012 aveva domandato il pagamento dell’indennità espropriativa.

6. La Corte di appello di Napoli ha dichiarato l’inammissibilità della censura per difetto di interesse, poichè un eventuale accoglimento dell’appello e l’affermazione dell’inammissibilità del mutamento della domanda da risarcitoria a indennitaria, con conseguente giurisdizione amministrativa sulla domanda risarcitoria, non precludeva il potere-dovere del giudice d’appello di provvedere in ordine alla domanda indennitaria comunque introdotta e pendente davanti a sè; lo stesso appellante, invero, aveva dichiarato in comparsa conclusionale che era pendente presso la medesima Corte d’appello un separato giudizio avente ad oggetto la determinazione delle indennità di espropriazione (n. R.G. 3727/2012). Quanto alla seconda censura, la Corte d’appello ha rilevato che l’occupazione dei 635 mq. di terreno era stata qualificata correttamente come usurpativa, stante la mancanza del formale procedimento espropriativo, a nulla rilevando l’adesione alla immissione in possesso del fondo effettuata, peraltro, da chi non aveva titolo in quanto non più legale rappresentante della società.

7. Il Comune di Serino ricorre per la cassazione della sentenza con atto affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso la ICA S.n.c..

8. Il Comune ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

9. Con ordinanza interlocutoria depositata il 31 ottobre 2017, anche all’esito dei rilievi sollevati dal Comune ricorrente nella memoria depositata, non ha ravvisato i presupposti per provvedere da parte della Sesta sezione e ha rimesso la causa alla pubblica udienza della Prima Sezione Civile.

10. Il Comune ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il Comune ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del principio di economia processuale, nonchè contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione alla preventiva instaurazione del giudizio d’appello introdotto dal Comune rispetto a quello riassunto dalla ICA S.n.c..

In particolare, deduce che il principio di economia processuale avrebbe imposto che le domande indennitarie della società ICA S.n.c. fossero trattate nell’ambito del giudizio d’appello instaurato dalla stessa Amministrazione e conclusosi con la sentenza oggi impugnata n. 800/2015, anzichè, come ritenuto dalla Corte d’appello, nel giudizio riassunto dalla ICA s.n.c. (n. R.G. 3727/2012), in quanto quest’ultimo era stato incardinato in un momento successivo.

2. Con il secondo motivo il Comune ricorrente lamenta la violazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis, in quanto il Tribunale e la Corte d’appello, eludendo la questione circa l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario sollevata dall’Amministrazione in primo grado, non avevano permesso alla medesima di esercitare le facoltà previste dalla predetta norma.

3. Con il terzo motivo il Comune ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in quanto la Corte d’appello, pur riconoscendo nella sostanza la fondatezza dei motivi di appello in punto di sussistenza della denunciata mutatio libelli, aveva disposto una pesante condanna dell’Ente alla rifusione delle spese.

4. Ritenuto opportuno che il presente ricorso sia trattato in pubblica udienza, stante le questioni di natura nomofilattica che devono essere esaminate e i principi di diritto che devono essere applicati.

PQM

La Corte rimette la causa in pubblica udienza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

 

 

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