Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8077 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2020, (ud. 08/01/2020, dep. 23/04/2020), n.8077

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4:3,35-2014 proposto

E.C., domiciliato in NAPOLI C.SO UMBERTO I 174,

rappresentato e difeso dall’Avvocato MANZON FRANCESCO (ex art. 135)

giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD SPA in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PIETRO ARETINO 69, presso lo studio

dell’avvocato MONACO ANTONIETTA, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAPARO MARINA giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 202/2013 della COMM. TRIB: REG. di NAPOLI,

depositata il 08/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/01/2020 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA;

udito P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MATTEIS STANISLAO che ha concluso per il rigetto dei primi due

motivi, accoglimento del motivo, assorbito l’esame dei motivi e 5.

Fatto

ESPOSIZONE DEI FATTI DI CAUSA

1. E.C. propone cinque motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 201/1/2013, depositata il l’8.04.2013, con la quale la commissione tributaria regionale della Campania riformava la prima decisione – che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso l’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo patrimoniale familiare – affermando la legittimità dell’iscrizione ipotecaria, ritenendo che l’omessa indicazione del responsabile del procedimento integrasse causa di nullità delle sole cartelle esattoriali e respingendo l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado perchè non fatta oggetto di appello incidentale.

La società Equitalia Sud spa si è costituita con controricorso.

Il PG. ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l’accoglimento del terzo motivo di ricorso, assorbiti il quarto ed il quinto, respinti il primo ed il secondo motivo.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO

2.Con la prima censura, che prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e art. 112 c.p.c., in relazione alla L. n. 212 del 2000, artt. 7 e 17, ex art. 360 c.p.c., n. 3), il contribuente lamenta che i giudici territoriali erroneamente hanno ritenuto la legittimità dell’avviso di avvenuta iscrizione ipotecaria nonostante l’omessa indicazione del responsabile del procedimento, la indicazione dell’ufficio cui ottenere informazioni o chiedere il riesame, ovvero dell’autorità giudiziaria da adire, nonchè gli estremi dei ruoli presupposti e della notifica del preavviso di iscrizione ipotecaria, oltre alla carente indicazione dei criteri di calcolo di interessi, diritti di notifica e spese di iscrizione ipotecaria, insistendo che l’omessa indicazione del responsabile del procedimento è sanzionata per tutti gli atti del procedimento tributario dall’art. 7 dello statuto del contribuente.

3. Con la seconda doglianza rubricata sotto il profilo delle medesime norme citate nel primo motivo, il contribuente lamenta la motivazione “succinta” deducendo che la pronuncia dei giudici territoriali non consentirebbe di apprezzare gli elementi su cui fonderebbe la sentenza.

4. La terza censura prospetta violazione dell’art. 111 Cost e art. 112 c.p.c.ex art. 360 c.p.c., nn. 4) e 5), avendo il decidente omesso di esaminare le ulteriori censure – sottoscrizione del responsabile del procedimento, importo della cartella, comunicazione preventiva dell’avviso di iscrizione ipotecaria ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 – dedotte col ricorso originario e reiterate in sede di appello,

5. Con il quarto mezzo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 111 Cost. e art. 112 c.p.c. per omesso esame di una domanda oggetto di discussione relativa alla opponibilità del fondo patrimoniale ai crediti tributari ex art. 360 c.p.c., nn. 4) e 5), questione già sollevata nel primo grado.

In particolare, si deduce che il fondo patrimoniale costituisce un patrimonio di destinazione al soddisfacimento dei bisogni familiari, privo di soggettività autonoma, tant’è che i beni che lo costituiscono integrano un patrimonio separato, non compresi nel fallimento, e la sua pubblicità rende opponibile la ” segregazione” ai creditori, soprattutto laddove si tratta di crediti tributari che non originando da contratto non possono consentire l’esecuzione ai sensi dell’art. 170 c.c. sui beni medesimi.

Dalla qualificazione dell’iscrizione dell’ipoteca esattoriale come prodromica all’esecuzione di cui condivide la natura e la disciplina e dalla natura dell’obbligazione tributaria finalizzata a soddisfare un interesse collettivo e non un interesse individuale, se ne inferisce l’inapplicabilità del cit. art. 77.

6. Con l’ultimo motivo, che deduce la violazione e falsa applicazione lamenta violazione dell’art. 111 Cost. e art. 112 c.p.c. vizio di extrapetizione ex art. 360 c.p.c., n. 4), si lamenta che il decidente ha pronunciato su domande non proposte, quale quella di nullità della sentenza di primo grado mai sollevata dall’odierno ricorrente.

7. Le prime due censure che, in quanto involgenti questioni connesse, vanno scrutinate congiuntamente, sono destituite di fondamento.

8. La L. 212 del 2000, art. 7, comma 2, secondo il quale gli atti dell’amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare, tra l’altro, l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato e il responsabile del procedimento, non prevede sanzione; per la cartelle esattoriali, poi, la normativa specifica che prevede espressamente la nullità è stata introdotta a partire dal 2008.

Il D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, ha previsto tale sanzione solo con riguardo alle cartelle di pagamento relative a ruoli consegnati a decorrere dalla data menzionata (in tale senso, per tutte, Sezioni Unite, sentenza n. 11722 del 2010), nè, per le cartelle anteriori prive di tale requisito, ricorre l’annullabilità delle stesse, atteso che, “essendo la disposizione di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 7, priva di sanzione, e non incidendo direttamente la violazione in questione sui diritti costituzionali del destinatario, trova applicazione la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 21-octies, il quale, allo scopo di sanare con efficacia retroattiva tutti gli eventuali vizi procedimentali non influenti sul diritto di difesa, prevede la non annullabilità del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora, per la natura vincolata del provvedimento, come nel caso di cartella esattoriale, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (ordinanza n. 5733/2018, n. 332 del 2016; nello stesso senso, sentenze n. 25773 del 2014, n. 3754 del 2013 e n. 4516 del 2012).

Detta norma, il D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, si riferisce espressamente solo alle cartelle esattoriali di cui al D.P.R. n. 600 del 73l, art. 25, mentre nella specie, sebbene si tratti di un atto del successivo all’anno 2008, si è in presenza di una iscrizione ipotecaria, quindi di un atto di natura diversa.

La L. 241 del 1990, art. 21-septies commina la nullità al provvedimento che manca degli elementi essenziali, ma la L. n. 241 non prevede il nome del responsabile del procedimento come uno degli elementi essenziali dell’atto.

8. Quanto alla prospettata sinteticità della motivazione, inoltre, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, essa non è più deducibile quale vizio di legittimità; tuttavia i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4.

Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e solo in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. (Cass. n.; n. 29721/2019; n. 22598/2018; Cass. n. 23940 del 2017).

Nella fattispecie, è chiaramente possibile individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale, funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione, avendo il decidente escluso correttamente l’applicabilità della normativa invocata dal contribuente ad atti diversi dalle cartelle esattoriali.

9. Il terzo ed il quarto motivo – secondo i quali la CTR non si sarebbe pronunciata su doglianze formulate nel giudizio di merito sono inammissibili, per difetto di autosufficienza in quanto le questioni che si afferma essere state proposte avrebbero dovuto essere individuate o tramite riproduzione diretta o tramite riproduzione indiretta, con precisazione della parte dell’atto di in cui l’indiretta riproduzione trovava corrispondenza: ciò, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6, che si applica anche alla indicazione degli atti processuali su cui si fonda il ricorso o il motivo di ricorso. Il ricorrente, nella fattispcie, non ha assolto l’onere di allegare l’avvenuta deduzione delle ulteriori questioni nel giudizio di appello ed anche di indicare in quale atto processuale del giudizio precedente le questioni siano state sollevate, in modo da consentire alla corte l’accertamento ex actis della veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa; nè ha trascritto o allegato l’atto impugnato al fine di consentire la verifica in merito alla fondatezza della generica contestazione relativa alle modalità di clacolo degli interessi.

Questa Corte, infatti, ha il potere-dovere di valutare direttamente gli atti processuali per stabilire se la funzione giurisdizionale si sia esaurita per effetto della mancata devoluzione della questione nel giudizio di appello, con conseguente preclusione di ogni esame della stessa, purchè il ricorrente non solo deduca di aver ritualmente impugnato la statuizione, ma – per il principio di autosufficienza – indichi elementi e riferimenti atti ad individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il contenuto dell’atto di appello e del ricorso introduttivo, non essendo tale vizio rilevabile “ex officio. (Cass. n. 9138/2016; Cass. n. 16502/2017, in motiv; n. 17399 del 2017; Cass. n. 2771 del 2017; n. Cass. 5478/2018; Cass. n. 7499/2019).

Dalla sentenza impugnata, difatti, emerge che il contribuente si doleva in primo grado dell’omessa indicazione del responsabile del procedimento e del criterio del computo degli interessi di mora; essa manca di qualsiasi riferimento alle eventuali ulteriori difese svolte nel giudizio di appello dal medesimo, ragion per cui si ignora se il predetto abbia formulato nel primo grado e poi reiterato nel secondo grado le doglianze di cui si lamenta l’omesso esame da parte del decidente.

Quanto alla doglianza relativa al ” calcolo degli interessi” riportata genericamente nella parte in fatto della statuizione impugnata, è stata riproposta genericamente in questa sede, senza chiarire le ragioni delle doglianze relative al “calcolo” e impedendo a questa Corte di valutare la fondatezza dell’eccezione sollevata e non esaminata dai giudici regionali.

10. La quarta censura è altresì destituita di fondamento.

La tesi sostenuta dal ricorrente secondo il quale “l’iscrizione ipotecaria è atto avente natura esecutiva in quanto attività prodromica all’esecuzione di cui condividerebbe la natura e la disciplina” (pag. 8 del ricorso) argomenta sulla base di alcuni precedenti di questa Corte (Sez. 3, n. 1652 del 29/01/2016; Sez. 5, n. 3600 del 24/02/2016; Sez. 6-5, Ord. n. 23876 del 23/11/2015), che ha affermato l’applicabilità dell’art. 170 c.c. anche all’iscrizione ipotecaria D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 77 e lo ha fatto richiamando il precedente di Sez. 3, n. 5385 del 05/03/2013, il quale a sua volta richiama Sez. 5, n. 7880 del 18/05/2012.

Entrambi i precedenti da ultimo citati però argomentano sulla base della premessa che l’ipoteca D.P.R. cit., ex art. 77 abbia natura di atto funzionale all’esecuzione forzata (premessa essenziale al ragionamento, posto che l’art. 170 c.c., si riferisce espressamente, quale attività il cui compimento vieta sui beni del fondo e sui frutti di essi, alla “esecuzione”). In particolare, evocano al riguardo “il tradizionale criterio secondo cui nel concetto di atti di esecuzione rientrano non soltanto gli atti del processo di esecuzione stricto sensu, ma tutti i possibili effetti dell’esecutività del titolo e, dunque, anche l’ipoteca iscritta sulla base dell’esecutività del titolo medesimo”, con ciò dunque chiaramente postulando, sia pure alla stregua di tale lato criterio definitorio, la possibilità di definire l’iscrizione de qua quale “atto di esecuzione”.

Tale premessa non può più, però, essere tenuta ferma alla luce della ricostruzione dell’istituto operata, come noto, dalle Sezioni Unite di questa S.C. con sentenza n. 19667 del 18/09/2014.

Come noto, infatti, tale pronuncia – richiamata e confermata in motivazione anche da Sez. U, ord. n. 15354 del 22/07/2015 – ha escluso che “l’iscrizione ipotecaria prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, possa essere considerata un atto dell’espropriazione forzata, dovendosi piuttosto essa essere considerata “un atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria”.

9.Tale affermazione di principio, dalla quale non si vede ragione per discostarsi, non può non riverberarsi nella materia qui trattata, nella quale, venuta meno la premessa ricostruttiva fondata come detto sulla qualificazione dell’iscrizione ipotecaria D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ex art. 77 come “atto dell’esecuzione”, viene meno anche l’applicabilità dell’art. 170 c.c., non sembrando superabile il dato testuale sopra già evidenziato, tanto più ove si consideri che, ponendo la norma una eccezione alla regola della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c., la stessa è da ritenersi soggetta a interpretazione tassativa (V. anche Cass.n. 23875/2015; n. 10794/2016, in motiv.; Cass. n. 5577/2019).

Alla luce della natura dell’iscrizione ipotecaria, si è dunque affermato che” l’iscrizione ipotecaria di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 c. c., sicchè è legittima solo se l’obbligazione sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni, gravando in capo al debitore opponente l’onere della prova non solo della regolare costituzione del fondo patrimoniale, e della sua opponibilità al creditore procedente, ma anche della circostanza che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell’obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa. (Cass. n. 20998/2018; Cass. n. 1652 del 2016; Cass. n. 22761 del 09/11/2016; Cass. n. 3738/2015; Cass. 23876/2015).

In particolare, si è affermato che il creditore può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al debitore e conferiti nel fondo, se il debito sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero – nell’ipotesi contraria – purchè il titolare del credito, per il quale procede alla riscossione, non fosse a conoscenza di tale estraneità, dovendosi ritenere, diversamente, illegittima l’eventuale iscrizione comunque effettuata (v. Cass. n. 23876/2015; Cass. n. 1652/2016; Cass. n. 2998/2018).

Ne consegue che i beni costituenti fondo patrimoniale non possono essere sottratti all’azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell’obbligazione sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso oggettivo, ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell’indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.

9. Questa Corte ha, altresì, ribadito che il criterio identificativo dei crediti che possono essere realizzati esecutivamente sui beni conferiti nel fondo va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia sicchè non assume rilievo la natura per usare le parole del ricorrente – latamente pubblicistica del credito di cui alle cartelle di pagamento (Cass. n. 3738/2015, n. 15886/2014; Cass. n. 31590/2018 in motiv.),

Spetta, pertanto, al giudice di merito di accertare – in fatto – se il debito in questione si possa dire contratto per soddisfare i bisogni della famiglia, (Cass. n. 12998/2006) a prescindere dalla natura della stessa: sicchè anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività professionale o d’impresa, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari, nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia, ovvero per il potenziamento della capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi (cfr. Cass. n. 26126/2019; Cass. n. 9188/2016; Cass. n. 3738/2015; Cass.n. 23876/2015, peraltro in riferimento alla riscossione dell’esattore). Errata è dunque quella impostazione che ritiene l’inerenza diretta del debito fiscale con i bisogni della famiglia solo limitatamente alle imposte relative ai redditi prodotti dalle attività conferiti nel fondo (Cass. N. 23876/2015).

11.Questa Corte ha pure precisato che tali oneri di allegazione e di prova si configurano anche quando si proponga contro l’esattore domanda di declaratoria della illegittimità di una ipoteca iscritta ai sensi del citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77.

12 Anche l’ultima censura risulta inammissibile, in quanto, non avendo il ricorrente trascritto le difese svolte nelle sue controdeduzioni in appello, non è dato sapere se sia stata dedotta eccezione di nullità della sentenza impugnata e dunque se la CTR sia incorsa in vizio di extrapetizione.

13.Conclusivamente il ricorso deve essere respinto con aggravio di spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte:

-Rigetta il ricorso;

– condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute dalla concessionaria che liquida in Euro 7.800,00 oltre rimborso forfettario e accessori come per legge,

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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