Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8076 del 08/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/04/2011, (ud. 04/03/2011, dep. 08/04/2011), n.8076

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CITTA’ APERTA EDIZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 3, presso

lo studio dell’avvocato BELLINI VITO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BELLINI MARIA LUISA, giusta delega in atti;

– ricorrente ~

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del suo Presidente Dott. M.A. e come tale legale

rappresentante pro tempore, nonchè mandatario della S.C. CI. S.P.A.

– Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati,

MARITATO LELIO, CALIULO LUIGI, SGROI ANTONINO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 616/2009 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 03/11/2009 R.G.N. 779/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2011 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito l’Avvocato BELLINI MARIA LUISA;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega MARITATO LELIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Enna la Città Aperta Edizioni proponeva opposizione al decreto del 14 dicembre 1999 con cui era stato ingiunto il pagamento, in favore dell’INPS, dell’importo di L. 15.326.261 per contributi previdenziali evasi in relazione al periodo dal 1.7,1998 al 30.11.1998. Il Tribunale accoglieva l’opposizione ritenendo inesistenti gli obblighi contributivi dedotti dall’ente previdenziale, in ragione della considerazione che non poteva applicarsi, in relazione al solo ritardo nella corresponsione delle retribuzioni ai dipendenti, la sanzione prevista dalla L. n. 389 del 1989, art. 6, comma 9, – applicata invece dall’Istituto – riguardante la diversa ipotesi della mancata osservanza dei minimi retributivi previsti dalla contrattazione collettiva.

Tale decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Caltanissetta, che, con la sentenza qui impugnata, dichiarava la sussistenza dell’obbligazione relativa ai contributi di cui al decreto ingiuntivo opposto. In particolare, per quanto rileva nella presente sede di legittimità, la Corte di merito osservava che la corresponsione delle retribuzioni con circa sei mesi di ritardo, integrando (inadempimento di un obbligazione primaria del datore di lavoro, comportava l’applicazione della sanzione di decadenza dai benefici relativi ai restanti contributi pretesi dall’ente previdenziale, a prescindere dai rispetto dei minimi retributivi previsti dal contratto collettivo.

La cassazione di questa decisione viene domandata dalla società con ricorso articolato in un unico motivo. L’Istituto resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La società, con l’unico motivo di ricorso, denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 389 del 1989, art. 6, comma 9, sostenendo che la decadenza, ivi prevista, dai benefici contributivi non può trovare applicazione in relazione ad un occasionale ritardo nel pagamento dei trattamenti retributivi, conformi ai minimi fissati dal c.c.n.l.

Il ricorso non è fondato.

Il D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 6, comma 9, convertito con modificazioni nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, prevede la decadenza dal diritto alla fiscalizzazione degli oneri sociali e agli sgravi contributivi in relazione ai lavoratori che non siano stati denunciati agli istituti previdenziali, ovvero siano stati denunciati con orari o giornate di lavoro inferiori a quelli effettivamente svolti o con retribuzioni inferiori a quelle minime previste dai contratti collettivi, ovvero siano stati retribuiti in misura inferiore a tali retribuzioni minime.

Nella specie, è stato accertato che la società Città Aperta Edizioni a r. l. ha corrisposto la retribuzione ai propri dipendenti, in misura non inferiore a quella minima prevista dal contratto collettivo, ma in ritardo di circa sei mesi dalla scadenza, attribuendosi, però, lo sgravio contributivo anche per i mesi in cui la retribuzione non veniva corrisposta.

Il Collegio ritiene che in tale situazione operi la decadenza prevista dalla L. n. 389 del 1989, art. 6, comma 9: così come affermato dalla sentenza impugnata.

Con riguardo all’attribuzione dei benefici conseguenti alla fiscalizzazione degli oneri sociali e agli sgravi contributivi la giurisprudenza di questa Corte ha precisato che il Legislatore, subordinando i benefici alla erogazione ai dipendenti di un trattamento retributivo non inferiore a quello minimo previsto dalla disciplina collettiva, ha inteso collegare alla retribuzione corrisposta ai dipendenti il vantaggio di una contribuzione ridotta, sì da ripartire l’agevolazione fra le imprese e i lavoratori (c.d.

clausola sociale) (cfr. Cass, n. 18940 del 2004). In particolare, il collegamento avviene mediante la configurazione di un onere a carico dell’impresa, consistente nella corresponsione della retribuzione minima fissata dal contratto collettivo applicabile nello specifico settore. La verifica dell’adempimento dell’onere va compiuta in concreto. Ne consegue che non è sufficiente che il datore di lavoro si limiti a denunciare la suddetta retribuzione fissata dalla contrattazione collettiva, dovendo invece materialmente corrisponderla (cfr. Cass. n. 1748 del 2001); e, nell’ambito di un tale criterio di effettività, rileva dunque l’ipotesi in cui la retribuzione, quantunque denunciata nella misura minima indispensabile per la fruizione dei benefici, non sia effettivamente corrisposta: ipotesi cui va assimilata la situazione accertata nella controversia in esame, siccome il ritardo nel pagamento delle retribuzioni integra un inadempimento dell’obbligazione contrattuale imposta al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 1218 c.c. e incide, d’altra parte, sulla effettiva consistenza della retribuzione e sulla sua idoneità a garantire ai lavoratori una esistenza libera e dignitosa, così come esattamente rilevato dal giudice del merito.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese del presente giudizio vanno poste a carico della società ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE così provvede:

rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in euro 20,00 per esborsi, Euro 2.000,00 per onorario, con accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2011

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