Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8071 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. trib., 23/04/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 23/04/2020), n.8071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

Dott. TADDEI Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14925-2017 proposto da:

D.L., D.F., D.C.,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA PANAMA 68, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI PUOTI, che li rappresenta e difende, giusta

procura a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7961/2016 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 05/12/2016.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott.ssa CAPRIOLI MAURA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per l’accoglimento del quinto motivo

di ricorso e in subordine per l’accoglimento per quanto di ragione

del terzo e quarto motivo del ricorso.

Fatto

Con sentenza nr 7961/2016 la CTR di Roma accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia dell’Entrate avverso la sentenza della CTP nr 23682/2015, con cui era stato annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti di G.A.M. nell’ambito di una revisione generale promossa, della legge n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, delle zone censuarie e delle tariffe di estimo delle unità immobiliari site in microzone che presentavano carattere di omogeneità, nonchè di una revisione parziale del classamento di tre immobili situati nella microzona (OMISSIS).

Il giudice di appello riteneva legittimo il provvedimento impositivo rilevando la sussistenza dei presupposti di legge che, ai sensi della citata L. n. 311 del 2004, art. 1, giustificano la revisione delle rendite catastali.

In questa prospettiva sottolineava la correttezza dell’attribuzione, per i tre immobili, della classe 5 in luogo dell’originaria classe 3 che era stata adottata indipendentemente da opere di riqualificazione, e per il solo fatto che i predetti beni si trovavano inseriti in una microzona di riferimento piuttosto che in un’altra.

Avverso tale sentenza D.F., D.L. e D.C.,in qualità di eredi di G.A.M., propongono ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia per le Entrate.

Con ordinanza emessa all’esito della pubblica udienza del 7.5.2019 la Corte rimetteva la causa sul ruolo al fine di acquisire il fascicolo di merito.

Assolto il relativo incombente, la causa veniva rinviata alla pubblica udienza del 10.12.2019.

Diritto

Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 2004, art. 3 in relazione alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed al profilo della pretesa sufficienza motivazionale dell’avviso.

Osservano che la decisione della CTR, che ha ritenuto sufficientemente motivato l’atto di accertamento catastale in ragione della sussistenza dei presupposti per attivare il procedimento revisionale, si pone in contrasto con la prescrizione dello Statuto del contribuente, art. 7 nonchè della citata L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

Sostengono che il requisito necessario dell’atto di riclassificazione sia la motivazione specifica, che non può essere assolto attraverso il richiamo a generiche asserzioni, quali quelle rese dall’Ufficio nei provvedimenti di riclassificazione in oggetto, sottolineando che – opinando diversamente – si finirebbe per riconoscere all’Amministrazione finanziaria il potere di attribuire del tutto arbitrariamente agli immobili ricadenti nelle microzone ove si è registrato lo scostamento, categorie e classi a proprio piacimento.

Sottolineano poi di aver fornito alla CTR, attraverso la produzione in giudizio di una perizia giurata, la prova dell’incongruità.

Con il secondo motivo denunciano in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’eccezione di illegittimità costituzionale della disposizione della citata L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

Lamentano infatti di aver sollevato, sia in primo sia in secondo grado, l’eccezione di incostituzionalità in relazione all’art. 3 e art. 53 Cost..

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla eccepita illegittimità delle Delib. n. 163 del 2005 e n. 30 novembre 2010 dell’Agenzia del territorio nonchè di ogni atto presupposto.

In particolare, i contribuenti si dolgono dell’incompetenza dell’Agenzia del territorio in merito all’individuazione della percentuale di scostamento “significativa” prevista dalla L n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, ed inoltre denunciano l’illegittimità in merito alle modalità di determinazione dei rapporti fra il valore medio catastale e quello di mercato previsti dal menzionato articolo.

Con il quarto motivo denunciano la nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’assenza di motivazione dell’avviso relativamente alla mancata indicazione degli elementi che avrebbero giustificato la parziale revisione del classamento per la microzona, nonchè la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7.

Con il quinto motivo deducono la nullità della sentenza per omessa pronuncia sull’inammissibilità dell’appello per tardività e sulla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, e dell’art. 327 c.p.c..

Sostengono infatti che la sentenza resa dalla CTP è stata depositata in data 12.11.2015 mentre l’appello risulta essere stato notificato a mezzo servizio postale, presso il domicilio della parte, con raccomandata spedita il 13.5.2016, dunque oltre il termine lungo di sei mesi.

Con l’ultimo motivo denunciano la nullità della sentenza per omessa pronuncia relativamente all’eccezione di inammissibilità dell’appello per violazione degli art. 328 e 330 c.p.c..

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’atto di appello per tardività, sollevata dai ricorrenti con il quinto motivo.

L’atto di gravame risulta, infatti, presentato per la notificazione presso l’Ufficio postale in data 12 maggio 2016, così come risulta dal registro delle raccomandate presentato dall’Agenzia delle Entrate ed acquisito in causa e, quindi, nel rispetto del termine cd.”lungo” di sei mesi previsto dall’art. 327 c.p.c. nuova formulazione, essendo stata la sentenza della CTP, non notificata, depositata in data 12.11.2015.

Occorre infatti ricordare che “nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’art. 17 c.p.c., è validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datario delle poste, non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello ci attestarne la consegna all’ufficio postale (nella specie la suprema corte ha ritenuto la piena equiparabilità, ai fini della prova della regolarità della notifica delle impugnazioni, della produzione, in luogo delle singole ricevute di spedizione delle raccomandate, di una distinta di spedizione degli appelli, recante gli estremi delle stesse, valendo l’indicazione in essa di destinatario, data e soese ad attribuire al timbro postale il significato di attestazione della consegna, pur in assenza di dicitura di avvenuta ricezione” (Cass. n. 22878 del 2017; Cass. 2019 nr 16558).

Parimenti va respinta l’eccezione di inammissibilità dell’atto di appello in relazione alla violazione degli artt. 328 e 330 c.p.c..

Lamentano i ricorrenti che il gravame era s.iitato notificato alla parte deceduta anzichè ai suoi eredi, sicchè la sentenza sareobe passata in giudicato.

Il motivo è infondato,

Va ricordato in proposito che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 15295 del 04/07/2014, hanno affermato che in caso di morte o perdita di capacità della parte costituita a mezzo di procuratore, l’omessa dichiarazione o notificazione del relativo evento ii)d opera di quest’ultimo comporta che (giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite) è ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, senza che assuma un qualche significato la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c., da parte del notificante.

Correttamente pertanto la notifica è stata eseguita alla parte deceduta presso il procuratore costituito, in assenza della dichiarazione dell’evento interruttivo prima del passaggio in decisione della causa di primo grado.

Ragioni di priorità logica e giuridica impongono di iniziare la disamina dai motivi 1 e 4, fra loro intimamente connessi, che introducono la questione su quale debba essere il contenuto motivazionale minimo necessario dell’atto di accertamento per rendere adeguata a paraneui di tutela del contribuente e di trasparenza amministrativa la revisione parziale, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali c.d. anomale.

In questa prospettiva giova ricordare che il nostro ordinamento catastale prevede tre ipotesi di revisione del classamento di un immobile urbano su iniziativa dell’amministrazione comunale.

La prima è quella prevista dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, secondo cui il Comune può chiedere l’intervento dell’Agenzia delle entrate per ottenere la revisione del classamento ci un immobile, sia quando il classamento stesso risulti non aggiornato si quando esso risulti palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari e agenti medesime caratteristiche.

Altra ipotesi è quella prevista della L. 311 del 2004, art. 1, comma 336, e riguarda il classamento di immobili non dichiarati ovvero di immobili che abbiano subito variazioni edilizie non denunziate.

La terza ipotesi è quella della cui applicazione si tratta nel presente giudizio ed è prevista dalla medesima L. 311 del 2004, art. 1, comma 335 che così dispone: “La revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138 (in realtà tale regolamento non fornisce prescrizioni idonee a stabilire le modalità di rilevazione e di determinazione dei valori medi di mercato, neppure attraverso il richiamo agli articoli da 145 a 26 del regolamento approvato con D.P.R. n. 1142 del 1949), e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio. Per i calcoli di cui al precedente periodo, il valore medio di mercato è aggiornato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339 (il comma 339, in realtà, riguarda il provvedimento del direttore dell’agenzia delle entrate con cui sono stabilite le modalità tecniche e operative per l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 336 e 337: nulla quindi che interessi l’aggiornamento dei valori medi di mercato. Tale incongruenza testuale aggiunge un elemento di ulteriore difficoltà al già non agevole compito di interpretare con precisione la norma per quanto riguarda la definizione ed il calcolo dei suoi parametri numerici e quindi, in definitiva, per quanto riguarda la definizione e l’accertamento dei presupposti per l’applicazione di essa). L’Agenzia del territorio, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell’Agenzia medesima”.

E’ necessario sottolineare, in premessa, che le tre ipotesi di revisione del classamento sono tra loro distinte ed hanno presupposti, condizioni e procedure diverse.

Ne consegue che, se l’amministrazione ha fatto ricorso ad una di tali ipotesi, non può poi, nel corso del giudizio, legittimare la sua pretesa invocando condizioni e fattori che non siano rilevanti per la specifica procedura di revisione intrapresa, anche se essi siano in ipotesi idonei a giustificare la revisione del classamento nel quadro di una procedura diversa. In definitiva, le causae petendi delle tre diverse ipotesi di revisione non sono interscambiabili tra di loro e non possono essere sostituite in itinere.

In questa prospettiva è stato infatti affermato che l’attribuzione d’ufficio di un nuovo rilassamento impone all’amministrazione di specificare in modo chiaro nell’avviso di accertamento le ragioni della modifica senza alcuna possibilità per l’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto nell’evidente fine di delimitare l’oggetto dell’eventuale giudizio contenzioso (Cass. 2017 nr 22900).

Con riferimento a ciascuna delle tre ipotesi di revisione del classamento sopra indicate questa Corte ha avuto più volte modo di enunciare la regola della necessità di una rigorosa – e cioè completa, specifica e razionale motivazione dell’atto di riclassamento. Ma questa esigenza di rigore e di specificità si pone anche nel senso della illegittimità di improprie commistioni tra i profili motivazionali funzionali ad un tipo di riclassamento con quelli invece collegabili a riclassamenti di tipo diverso.

Va in particolare considerato, a tal riguardo, che, mentre le prime due delle tre suddette ipotesi di revisione del classamento dipendono da (e debbono quindi essere motivate con riferimento a) fattori intrinseci specificamente riguardanti il singolo immobile considerato, la terza ipotesi, che è quella che qui viene in esame, prevede invece un riclassamento dovuto, almeno in via principale, a fattori estrinseci di carattere per così dire generale o collettivo.

Con riferimento a tale ultima previsione le sezioni unite (Cass., sez. un., 18 aprile 2016, n. 7665, p. 11) hanno chiarito che, quando si procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia competente deve specificare se il mutamento è dovuto ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (…), trattandosi di uno dei possibili presupposti del classamento (…) e cioè di uno dei possibili fattori che possono determinare un aumento straordinario (superiore alla media) del valore economico medio delle unità immobiliari pregi: enti nella zona.

In particolare quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339 ed elaborate con la Det. Dirett. 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.

Nello specifico, l’intervento è possibile nelle microzone “per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato (…) e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali” (comma 335). Per il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138, art. 2, comma 1, la microzona è una porzione del territorio comunale, spesso coincidente con l’intero Comune, che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socioeconomici, nonchè nella dotazione dei servizi e infrastrutture urbane; in ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti. Questo insieme di disposizioni ribadisce e presuppone che il singolo classamento debba avvenire mediante l’utilizzo e la modifica del reticolo di microzone, avente portata generale in ambito comunale. Si tratta di atti amministrativi, non dissimili da altri di valenza urbanistica e di natura pianificatoria o programmatoria per la P.A., essendo volti a risolvere specifici problemi tecnico-estimativi posti in astratto dall’ordinamento fiscale e destinati ad operare nei confronti di una generalità indeterminata di destinatari, individuabili solo ex post.

La norma, come è stato più volte evidenziato, prima da questa Corte (cfr sentenza 21176/2016) e poi anche dalla Corte costituzionale (sentenza 249/2017), è diretta ad attenuare gli squilibri impositivi che possono verificarsi, per effetto della intrinseca variabilità dei valori di mercato degli immobili, nell’applicazione di un sistema impositivo basato invece su valori tendenzialmente stabili come sono di fatto le rendite catastali. Il sistema in esame prende in considerazione, in particolare, il fattore di determinazione del valore economico dell’immobile e della sua redditività costituito dalla sua posizione, congiuntamente alla considerazione dell’esistenza di zone omogenee che registrano incrementi dei valori medi di mercato significativamente maggiori di quelli che interessano la generalità del territorio comunale. Questi fenomeni di maggior crescita dei valori medi di mercato (con conseguente maggiore divaricazione rispetto alle corrispondenti rendite catastali) possono essere determinati da diversi fattori la varietà dei quali corrisponde alla varietà dei fattori che possono influenzare l’andamento della domanda e la diversificazione di essa (con riferimento sia alle compravendite che alle locazioni): vi può essere, ad esempio, la valorizzazione di centri storici prima degradati e tutta quella varietà di altre manifestazioni del fenomeno c.d. di gentrificazione per cui divengono appetibili come indirizzi residenziali di buon livello socio-economico anche zone prima considerate popolari o ultrapopolari o addirittura degradate, con conseguente generalizzazione di opere di restauro e ristrutturazione ad opera dei privati. Oppure vi può essere la valorizzazione di zone abitative dovuta a particolari, specifiche migliorie urbanistiche o ambientali o ad altri fattori comunque idonei ad influenzare la domanda immobiliare. Tali circostanze, peraltro, rilevano esclusivamente sul piano probatorio, nel senso che le stesse possono spiegare e quindi rendere verosimile l’affermazione di una crescita anomala (e cioè significativamente superiore a quella che si riscontra nella generalità del territorio comunale) del valori di mercato degli immobili di quella specifica microzona. Ma quel che conta sul piano sostanziale è la risultante economica e cioè il maggior incremento del valore medio di mercato di quella zona rispetto all’incremento del valore medio di mercato degli immobili nell’intero territorio comunale.

Per effettuare tale valutazione comparativa degli incrementi di valore, la norma utilizza come termine di partenza il valore della rendita catastale, sulla base dell’implicito presupposto che essa sia stata determinata a suo tempo, per tutti gli immobili, in misura equivalente al rispettivo valore di mercato o comunque ad una pari quota di esso. In tal modo, la revisione di cui al comma 335 è funzionale alla presa in considerazione, a fini di perequazione e riallineamento, degli incrementi di valore, di mercato interessanti l’intera microzona – e quindi, indirettamente, le urdà immobiliari in essa comprese e non anche a correggere eventuali errori di valutazione in sede di determinazione originaria della rendita catastale relativa alla singola unità immobiliare e neppure ad aggiornare il classamento di esse in dipendenza di migliorie edilizie ad esse apportate.

Ne consegue che se l’amministrazione intende procedere alla revisione del classamento ai sensi dell’art. 1, comma 335 dovrà seguire un iter scomponibile, sul piano funzionale, in due fasi. Nella prima l’amministrazione su cui grava sempre l’onere di dedurre e provare la “causa petendi” giustificativa dell’accertamento – ha l’onere di accertare, e preliminarmente, di specificare in modo chiaro, preciso e analitico, e quindi di provare i presupposti di fatto che legittimano nel caso di specie la c.d. riclassificazione di massa. Nella seconda fase l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare.

Relativamente alla prima fase è preliminare la suddivisione del territorio comunale in microzone che presentino al loro interno i caratteri di omogeneità previsti dall’art. 2 del Regolamento emanato con D.P.R. 23 marzo 1998 n. 138.

Occorre poi che l’unità immobiliare oggetto di accertamento sia situata in una delle c.d. microzone anomale e cioè in una delle microzone nelle quali, come prevede il comma 335, il rapporto tra il valore medio di mercato delle unità immobiliari ivi esistenti e il corrispondente valore medio catastale è significativamente maggiore dell’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali. Nell’ipotesi di cui al camma 335, infatti, la causa petendi non è la mera evoluzione dei valori del mercato immobiliare nè ha alcun rilievo che il valore di mercato della singoli) unità sia superiore di molto o di poco al suo valore catastale. Quel che conta è esclusivamente la considerazione comparativa dell’andamento dei valori di mercato (in rapporto ai valori catastali) delle varie microzone, nel senso cie sono soggette alla revisione del classamento in oggetto solo quelle microzone nelle quali la crescita dei valori di mercato – ed il conseguente loro scostamento dai valori catastali – sono stati significativamente (nel senso specificato in seguito) superiori alla crescita di valore economico e allo scostamento di esso dal valore catastale che si sono verificati, in media, nella generalità delle microzone in cui è suddiviso il territorio comunale.

A fronte di una norma che, come si vede, identifica in modo astratto i presupposti per l’identificazione delle microzone “anomale” e per la determinazione quantitativa della rispettiva “anomalia”, l’Amministrazione finanziaria deve assolvere, secondo la regola generale, l’onere di dedurre e provare la sussistenza in fatto dei medesimi presupposti; ma preliminarmente ha l’onere di dichiarare in modo preciso e specifico quale sia l’interpretazione applicativa della normativa da essa concretamente adottata, perchè solo così il contribuente è posto in grado di verificare. ed eventualmente contestare o riconoscere la legittimità, in diritto e in fatto, dell’operato dell’Amministrazione. E la Corte Costituzionale, nel convalidare la legittimità del peculiare strumento introdotto con la legge finanziaria 2005, (C. Cost. 1 dicembre 2017, n. 249), afferma che l’obbligo della motivazione in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento (p.7.3).

Di conseguenza, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati (cfr Cass. n. 3156 del 17/02/2015, Cass. n. 22900 del 29/09/2017; Cass. 2019 nr 10403 tutte concordi nel senso nel richiedere che vengano precisate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario).

L’amministrazione comunale è tenuta ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione non essendo sufficiente l’ar richiamo ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 3156 del 2015; n. 16643 del 2013; n. 9626 del 2012; n. 19814 del 2012; n. 21532 del 2013; n. 17335 del 2014; n. 16887 del 2014).

Occorre invece che il contribuente sia posto in grado di conoscere gli elementi concreti idonei a specificare quei criteri di massima.

Per quanto riguarda, ad esempio, il param,3tro costituito dal valore medio di mercato delle unità immobiliari comprese nella singola microzona, è necessario che l’amministrazione specifichi e documenti con precisione quali dati sono stati utilizzati ed in quale modo ne è stata effettuata la rilevazione e l’elaborazione per determinare tale valore medio. La norma non fornisce infatti alcuna specificazione al riguardo appare sufficiente a tal fine il richiamo al regolamento di cui al D.P.R. n. 138 del 1998, ovvero al medesimo articolo, comma 339. Al fine di consentile al contribuente il controllo sulla legittimità dell’operato dell’amministrazione, ccsì come non è sufficiente il mero richiamo ai termini generici impiegati dalla norma neppure è sufficiente la mera indicazione in cifra dei risultati, ma è necessario dar conto in modo chiaro e specifico dei metodi con cui sono stati ottenuti tali risultati, dei criteri impiegati e delle tecniche statistiche applicate oltre che della attendibilità dei dati di fatto sui quali si è basata l’elaborazione statistica. Qualora poi, ai fini dell’individuazione del valore medio di mercato della singola microzona sia stato fatto ricorso oltre che alla rilevazione documentata dei dati reali – quali i prezzi delle compravendite e delle locazioni, anche (oppure in luogo ovvero in aggiunta e integrazione di essi) a fattori indiziari e inferenziali (urbanistici, ambientali o simili ovvero riguardanti le variazioni delle preferenze della clientela) dai quali siano stati inferiti componenti di maggior valorizzazione economica delle unità immobiliari comprese nella microzona, allora l’amministrazione ha l’onere di specificare con precisione e di provare la sussistenza e l’efficacia di tali condizioni fattuali e la correttezza del metodo inferenziale adottato. In definitiva, il contribuente deve essere posto in condizione di poter compiutamente controllare e se del caso contestare – sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale – la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento di cui al comma 335.

E’ evidente infatti che per la correttezza della revisione in parola è necessario che siano esattamente identificati, calcolati, rilevati ed elaborati i quattro parametri prescritti dalla norma e cioè: il valore medio di mercato della microzona (per mq); il valore catastale medio della microzona; il valore di mercato medio per l’insieme di tutte le microzone; il valore catastale medio per l’insieme di tutte le microzone. In particolare, per questi due ultimi parametri occorre che sia specificato se la media dei valori di mercato e catastali per la generalità degli immobili del territorio comunale sia stata effettuata sulla base dei valori delle singole unità immobiliari ovvero facendo la media dei valori medi delle singole microzone: in questa seconda ipotesi, infatti, il metodo sarebbe stato erroneo se attuato senza i necessari meccanismi di correzione, data la diversa composizione quantitativa delle singole microzone ed i conseguenti ovvi effetti distorsivi.

Così pure è necessario che siano specificati i criteri in base ai quali è stato operato il rapporto tra valori catastali e valori di mercato: posto che i primi fanno riferimento ai vani ed i secondi ai metri quadri di superficie, il rapporto tra due misure cosi disomogenee ha bisogno di essere in qualche modo corretto ed occorre dar conto di come ciò sia stato fatto.

Infine occorre che sia specificata la data alla quale fa riferimento la rilevazione della media dei valori medi catastali e la data della rilevazione della media dei valori di mercato. Senza una piena coincidenza delle date di rilevazione le comparazioni tra zona e zona ipotizzate dalla norma non hanno infatti alcun senso. Inoltre, la data di rilevazione dei valori medi di mercato deve essere prossima al provvedimento di riclassificazione e comunque non precedente rispetto ai fenomeni di decrescita dei prezzi degli immobili e dei canoni di locazione quali si sono avuti nei tempi recenti e che, presumibilmente, non erano stati previsti dal legislatore. Comunque la mancata specificazione dell’anno di riferimento impedisce al contribuente di effettuare il controllo del dato e di svolgere al riguardo le sue difese.

Riguardo a tutti i profili fin qui esemplificativamente indicati, l’avviso di accertamento in esame nulla dice, sicchè il contribuente non è stato posto in condizioni di sapere alcunchè circa il criteri e i modi con cui tali parametri sono stati determinati, e circa le operazioni effettuate per la relativa elaborazione.

A questo difetto radicale di motivazione circa la sussistenza e – preliminarmente – l’identificazione dei presupposti per la revisione del classamento delle L. n. 301 del 2004, ex art. 1, comma 335, si aggiunge poi un altrettanto radicale difetto di motivazione circa i criteri utilizzati per tradurre il riallineamento della microzona in questione in specifica rideterminazione delle rendite catastali delle unità immobiliari in essa situate. Come si è detto all’inizio, infatti, una volta accertata la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione di cui al comma 335, l’amministrazione ha l’onere di dedurre e provare i parametri, i fattori determinativi ed i criteri per l’applicazione della riclassificazione alla singola unità immobiliare. Anche per questo profilo a norma non contiene disposizioni applicative espresse e tanto meno disposizioni di dettaglio. Il problema interpretativo che qui si pone appare peraltro risolvibile sulla base della finalità perequativa e di riallineamento tra le varie microzone che rappresenta l’obiettivo della revisione prevista dalla norma in esame. Il presupposto è la sussistenza di microzone nelle quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente (e cioè per più del 35 per cento, salva maggiore determinazione comunale) dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali. La finalità della revisione è quella di riallineare i rapporti tra valori medi di mercato e valori medi catastali, riducendo il rapporto (e cioè aumentando il denominatore rappresentato dalle rendite catastali) delle microzone in cui esso è attualmente maggiore di oltre il 35 per cento rispetto al rapporto tra valore di mercato e valore catastale mediamente presente sul territorio comunale. Ne consegue che la rendita catastale di ciascuna unità immobiliare compresa nella microzona “anomala” potrà essere aumentata in misura percentualmente corrispondente a quella necessaria e sufficiente per rendere il rapporto tra il valore medio di mercato ed il valore medio catastale delle unita immobiliari della microzona non superiore per più del 35 per cento rispetto all’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali.

L’amministrazione deve quindi dedurre e dimostrare di aver utilizzato, per la riclassificazione in esame, criteri e metodi corrispondenti alle finalità meramente perequative e di riallineamento della procedura in esame, specificando quali siano state le operazioni compiute e i dati utilizzati, al fine di consentire al contribuente il controllo e la difesa, in fatto e in diritto, anche rispetto a questa fase applicativa della revisione per microzone.

Ma anche per questi profili l’accertamento si rivela lacunoso.

Si legge infatti che il riclassamento, mosso dall’esigenza di porre rimedio a significativi squilibri verificatesi fra valori di mercato e valori catastali determinati dal fenomeno concreto di riqualificazione urbana della microzona di ubicazione, per cui pur essendo confermata l’originaria categoria catastale A/2, appare corretta l’attribuzione della classe 5, in luogo dell’originaria classe 3″ per il solo fatto che l’immobile si trova inserito in una microzona di riferimento.

Nel provvedimento impugnato non sono in alcun modo illustrate le ragioni che nel concreto hanno giustificato il passaggio dalla originaria classe 3 alla classe 5: in particolare non viene spiegato in quale modo la dedotta maggiore divaricazione zonale del rapporto tra valori (li mercato e rendite catastali abbia potuto tradursi, nella specie, in un così rilevante aumento della rendita catastale attribuita all’unità immobiliare oggetto di accertamento.

Nè tantomeno risultano specificati i criteri e i modi con cui identificati, calcolati, rilevati ed elaborati i quattro parametri prescritti dalla norma e cioè: il valore medio di mercato della microzona (per mq); il valore catastale medio della microzona; il valore di mercato medio per l’insieme di tutte le microzone; il valore catastale medio per l’insieme di tutta le microzone.

Il mero richiamo ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta non soddisfa l’obbligo motivazionale nei termini sopra precisati.

Si tratta, come è evidente, di formulazioni del tutto prive di specificità e determinatezza ed in ordine alle quali sarebbe impossibile l’opera di traduzione in una precisa percentuale di aumento della vendita catastale delle singole unità immobiliari.

Tali espressioni, infatti, non sono idonee ad indicare i criteri e i modi con cui sono identificati, calcolati, rilevati ed elaborati i quattro parametri prescritti dalla norma e cioè: il valore medio di mercato della microzona (per mq); il valore catastale medio della microzona; il valore di mercato medio per l’insieme di tutte le microzone; il valore catastale medio per l’insieme di tutte le microzone.

Le considerazioni sopra esposte portano ad accogliere il primo e quarto motivo, rigettati il quinto e sesto ed assorbiti i rimanenti profili di censura.

La sentenza impugnata va pertanto cassata con l’accoglimento dell’originario ricorso dei contribuenti non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto (art. 384 c.p.c., comma 2).

Le spese dell’intero giudizio vanno compensate, stante il consolidarsi solo in corso di causa del recepito indirizzo di legittimità.

PQM

La Corte

– accoglie i motivi primo e quarto, respinti il quinto ed il sesto, assorbiti i restanti;

– cassa in relazione ai motivi accolti la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso dei contribuenti;

– compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 23 aprile 2020

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