Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 807 del 16/01/2018

Cassazione civile, sez. VI, 16/01/2018, (ud. 08/11/2017, dep.16/01/2018),  n. 807

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in Cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, nei cui confronti il contribuente ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato da memoria, il comune di Genova impugnava la sentenza della CTR della Liguria, relativa ad un avviso d’accertamento Ici per il 2005, lamentando con il primo, la violazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, i giudici d’appello avrebbero predicato la necessità della notifica della rendita catastale benchè fosse il frutto di una richiesta di variazione catastale da parte del contribuente, mediante procedura Docfa, accolta senza alcuna modifica da parte dell’Agenzia del Territorio; con un secondo motivo, il comune ricorrente ha denunciato il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè i giudici d’appello avrebbero omesso di considerare che nella fattispecie in esame vi era stata, di fatto, partecipazione procedimentale da parte della società contribuente, in quanto edotta della provvisorietà della quantificazione dell’imposta e della contestuale sussistenza di una procedura diretta all’attribuzione di una rendita definitiva; con un terzo motivo, l’ente impositore ha dedotto la violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, il ricorso alla procedura Docfa abiliterebbe il comune ad emettere direttamente avvisi di liquidazione ICI, senza dover procedere alla preventiva notifica della rendita catastale proposta, in quanto la norma di cui alla rubrica autorizza l’ente territoriale ad effettuare accertamenti sulla base di dati catastali acquisiti; ed, infine, il medesimo ente ha dedotto la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (e, non, n. 4), perchè secondo i giudici d’appello, l’amministrazione civica avrebbe avuto l’onere di dimostrare l’avvenuta notifica della rendita catastale, senza che tale questione avesse mai costituito oggetto di dibattito processuale.

Il Collegio ha deliberato di adottare la presente ordinanza in forma semplificata. Si dà atto che la memoria della controricorrente è tardiva.

Dall’esame congiunto dei motivi, in quanto connessi, il ricorso non merita accoglimento.

A mente della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, si prevede che: “A decorrere dal 1 gennaio 2000 gli atti, comunque, attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. (…)”.

Secondo l’insegnamento di questa Corte “(…) in tanto è possibile ipotizzare in capo all’Amministrazione finanziaria l’obbligo di notifica dell’attribuzione o modifica di rendita a chi, come, nella fattispecie, il concessionario dell’area demaniale marittima, sia soggetto passivo dell’imposta ICI, tributo comunale, in ossequio agli obblighi d’informazione gravanti sull’Amministrazione secondo il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 10, quale richiamato dalla circolare del Ministero delle Finanze n. 4 del 13 marzo 2001, in quanto tra gli intestatari catastali figurino i concessionari (cfr. al riguardo nota prot. 27191 del 3 maggio 2011 della Direzione Centrale Catasto e Cartografia dell’Agenzia del Territorio) (…)” (Cass. n. 7867/16).

Nel caso di specie, dalla stessa sentenza della CTR risulta che l’intestatario della partita catastale è anche il concessionario, che, pertanto, aveva diritto alla notifica dell’atto attributivo della rendita, in quanto è rimasto estraneo alla procedura Docfa.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Condanna il comune di Genova, in persona del Sindaco in carica a pagare alla società contribuente le spese di lite del presente giudizio che liquida nell’importo di Euro 2.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte de ricorrente principale, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma,nella Camera di consiglio, il 8 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 16 gennaio 2018

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