Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 807 del 13/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 13/01/2017, (ud. 27/10/2016, dep.13/01/2017),  n. 807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. VENUTI Pietro – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29450-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

L.L., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato LUIGI CARPAGNANO, giusta delega

in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 307/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/02/2011 r.g.n. 3182/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2016 dal Consigliere Dott. MATILDE LORITO;

udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega verbale Avvocato PESSI

ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.L. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Trani la società Poste Italiane chiedendo dichiararsi l’illegittimità del trasferimento disposto con lettera del 12/12/06 dall’ufficio di Barletta di cui era responsabile, alla struttura COO/ALT SUD 1 – Recapito, presso il Centro Meccanografico Postale di (OMISSIS), perchè non sostenuto da alcuna motivazione.

Il giudice adito, nel recepire le difese articolate dalla società resistente, dichiarava l’inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 414 c.p.c. in ragione della genericità della indicazione della causa petendi che non consentiva di individuare le concrete circostanze di fatto su cui si fondava il diritto azionato.

Detta pronuncia veniva riformata dalla Corte d’Appello di Bari che, con sentenza resa pubblica il 23/2/2011, accoglieva la domanda attorea ed ordinava alla appellata di riammettere il ricorrente nella posizione lavorativa di cui godeva al momento del trasferimento. Ritenuto che il ricorso fosse strutturato in coerenza coi dettami di cui all’art. 414 c.p.c. essendo ampiamente delineato il petitum ed esposti con chiarezza il fatto e gli elementi di diritto su cui la domanda era fondata, osservava la Corte – per quel che in questa sede rileva – come la job rotation, invocata dalla società quale strumento per favorire l’evoluzione professionale del dipendente, in realtà si traducesse in uno strumento per realizzare un trasferimento, in assenza delle garanzie previste dalla legge.

La cassazione di tale pronuncia è domandata dalla s.p.a. Poste Italiane con ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso l’intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 37 c.c.n.l. 11 luglio 2003 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole essenzialmente che la assegnazione del lavoratore all’Ufficio di Recapito di Bari sia stata dalla Corte di merito qualificata in termini di trasferimento, invece che di “diversa allocazione”. Deduce infatti che l’ufficio postale di destinazione non rientrava nell’ambito dei comuni in relazione ai quali l’art. 37, letto alla luce delle dichiarazioni a verbale di cui all’art. 39 c.c.n.l., configurava lo spostamento definitivo e senza limiti di durata del lavoratore ad altro luogo o sede di lavoro, che la norma contrattuale richiedeva fosse distante più di 30 km dalla sede di lavoro di provenienza nell’ambito dei comuni di Roma, Milano, Bari.

2. Con il secondo motivo si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Nella prospettazione della ricorrente, erroneamente la Corte distrettuale avrebbe negato l’avvenuta enunciazione, da parte datoriale, delle ragioni sottese alla diversa allocazione del lavoratore, che erano state chiaramente individuate nella necessità di ottimizzare l’organizzazione delle risorse umane sul territorio della provincia e della regione, onde favorire lo sviluppo delle attività produttive, mediante la job rotation.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Argomenta che il giudice dell’impugnazione sia incorso in errore, laddove ha ritenuto non provate le ragioni poste a base del provvedimento, avendo articolato sia in primo che in secondo grado mezzi istruttori – non ammessi dal giudicante – intesi a comprovare per testimoni, le circostanze che avevano giustificato lo spostamento del lavoratore presso un diverso luogo di svolgimento della prestazione.

4. I motivi, che possono congiuntamente trattarsi, siccome connessi, sono privi di fondamento.

Le critiche formulate dalla ricorrente muovono da una prima considerazione inerente alla qualificazione del provvedimento oggetto di impugnazione, come non ascrivibile alla nozione di trasferimento, bensì solo ad una “diversa allocazione” del personale sul territorio.

La doglianza non può essere condivisa, non rinvenendo fondamento nel tenore della disposizione contrattuale collettiva invocata, nè nella giurisprudenza di questa Corte secondo la nomina di trasferimento comporta il mutamento definitivo del luogo geografico di esecuzione della prestazione, ai sensi dell’art. 2103 c.c., comma 1 (ultima parte), e alla stregua delle disposizioni collettive applicabili nella specie (artt. 37 e 74 CCNL per i dipendenti postali), e non è configurabile quando lo spostamento venga attuato nell’ambito della medesima unità produttiva, salvo i casi in cui l’unità produttiva comprenda uffici notevolmente distanti tra loro (cfr. Cass. 18/5/2010 n. 12097,Cass. 11/5/2006 n.11103).

Al di là di ogni considerazione in ordine al fatto che la ricorrente non ha in alcun modo argomentato in ordine all’eventuale identità delle unità produttive di provenienza e di destinazione ovvero alla mancanza di autonomia strutturale e funzionale dell’UDR di (OMISSIS) rispetto a quella di (OMISSIS) – limitandosi a richiamare giurisprudenza di legittimità attinente alla esegesi di diversa disciplina contrattuale di settore – va rimarcato che la Corte distrettuale ha correttamente qualificato il provvedimento come trasferimento e compiutamente individuato la carenza che lo connotava, con riferimento ai parametri sanciti dalla disposizione codicistica di cui all’art. 2103 c.c. stigmatizzando la mancata allegazione e dimostrazione da parte datoriale,’delle ragioni tecniche, organizzative e produttive sottese alla nuova allocazione del dipendente.

5. Gli approdi ai quali è pervenuto il giudice dell’impugnazione sono infatti conformi ai principi enunciati da questa Corte, che vanno qui ribaditi, secondo i quali in tema di mutamento della sede di lavoro del lavoratore, sebbene il provvedimento di trasferimento non sia soggetto ad alcun onere di forma e non debba necessariamente contenere l’indicazione dei motivi, nè il datore di lavoro abbia l’obbligo di rispondere al lavoratore che li richieda, ove sia contestata la legittimità del trasferimento, il datore di lavoro ha l’onere di allegare e provare in giudizio le fondate ragioni che lo hanno determinato e, se può integrare o modificare la motivazione eventualmente enunciata nel provvedimento, non può limitarsi a negare la sussistenza dei motivi di illegittimità oggetto di allegazione e richiesta probatoria della controparte, ma deve comunque provare le reali ragioni tecniche, organizzative e produttive che giustificano il provvedimento (vedi ex plurimis, Cass. 17/5/2010 n. 11984).

Si tratta di argomentazioni che sono state ribadite dalla giurisprudenza di legittimità anche con riferimento alle fattispecie in cui il reinserimento del dipendente nell’attività lavorativa, deve avvenire nel luogo precedente e nelle mansioni originarie. In tali casi è stato infatti affermato che il datore di lavoro ha facoltà di disporre il trasferimento del lavoratore ad altra unità produttiva, sempre che il mutamento della sede sia giustificato da sufficienti ragioni tecniche, organizzative e produttive e fermo restando l’onere per il datore di lavoro, di allegare e provare in giudizio le fondate ragioni che lo hanno determinato (vedi in tali sensi, ex aliis, Cass. 9/08/2013 n.19095, Cass. n.4477 del 2015).

Pertanto, la sentenza impugnata si è conformata al generale principio secondo cui tutti gli oneri di allegazione e di prova in tema di contestazione giudiziale della legittimità del trasferimento gravano sul datore di lavoro ed ha conseguentemente accertato, con motivazione sufficiente e logica, che la dedotta prassi aziendale di avvicendamento del personale quadro su posti di responsabilità fosse stata meramente dedotta, ma non supportata da adeguata dimostrazione in ordine alla sua effettiva sussistenza.

6. Deve, infatti, ritenersi che, nello specifico, la indicazione delle ragioni che hanno giustificato il trasferimento – riferite alla necessità di realizzare una job rotation quale strumento di realizzazione di accrescimento professionale del personale – sia stata espressa in termini del tutto generici, e come tali- trasfusi nei mezzi istruttori articolati in ricorso introduttivo e riprodotti nella presente sede per il principio della autosufficienza.

In tal senso priva di pregio si palesa la censura con la quale l’azienda deduce di aver compiutamente esplicato la ratio sottesa al provvedimento adottato, giacchè questa non appare di per sè idonea a definire il concetto di autonoma ragione tecnica ed organizzativa idonea a sostenere il provvedimento di trasferimento. Anche il riferimento contenuto in ricorso introduttivo, allo sviluppo delle competenze professionali connesse alla “riorganizzazione del servizio recapito sancito dai recenti accordi sindacali” in cui altri lavoratori “sono stati coinvolti nel processo di avvicendamento mediante job rotation nel periodo dal dicembre 2006”, non appare assistito dal requisito di specificità idoneo a garantire la verificabilità della fondatezza delle ragioni del provvedimento di trasferimento adottato, anche con riferimento alla posizione lavorativa del dipendente.

In definitiva, sotto tutti i profili delineati, il ricorso, in quanto infondato, deve essere respinto.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano nella misura in dispositivo liquidata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali oltre spese generali al 15%, ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2017

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