Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8069 del 02/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 02/04/2010, (ud. 13/11/2009, dep. 02/04/2010), n.8069

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

HARDI MAGAZINE COOPERATIVA a r.l. in persona del legale

rappresentante G.V., rappresentata e difesa, giusta

procura a margine del ricorso dall’Avv. D’Andria Cataldo ed

elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Roma,

Viale Regina Margherita n 262/264;

contro

Ministero delle Finanze in persona del Ministro in carica e Agenzia

delle Entrate in persona del Direttore in carica, entrambi

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 sono domiciliati;

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma,

Sezione 15A n. 78/15/2002 pronunciata in data 19 novembre 2002

depositata il 28 novembre 2002 non notificata, in materia di IRPEG –

ILOR per l’anno 1991;

udita la relazione del Consigliere Renato Polichetti;

sentite le conclusioni dell’Avv. Ranucci Diana per l’Avvocatura

Generale dello Stato che ha chiesto il rigetto del ricorso;

sentite le conclusioni del P.G. Dott. Velardi Maurizio, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO E DIRITTO

QUANTO SEGUE:

Nel corso di indagini effettuate dal Centro Repressione frodi della Guardia di Finanza a carico di un gruppo di cooperative giornalistiche, tra le quali la Hardi magazine coop a r.l., emergeva un complesso sistema in cui tali cooperative realizzavano, secondo la ricostruzione operata, una serie di violazioni ai fini delle imposte dirette e dell’IVA. Con avviso di rettifica il (OMISSIS) Ufficio IVA di Roma contestava alla societa’ di avere indebitamente detratto in dichiarazione l’imposta relativa a fatture emesse dalla soc. Editorial Cover srl a fronte di operazioni in tutto o in parte inesistenti per un imponibile di L. 1.039.296.000 per IRPEG – ILOR per l’anno 1991. La contribuente proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, rilevando difetto di motivazione dell’atto impugnato espressa mediante rinvio al verbale redatto dalla G.d.F.; violazione del principio di ammissione della prova nel processo tributario, in quanto tra gli elementi probatori dedotti a sostegno della pretesa erariale erano presenti anche dichiarazioni di persone estranee alla societa’; eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti atteso che la contestazione sull’inesistenza delle operazioni deriverebbe dalla mancata conoscenza dei processi di lavorazione e ideazione necessari per approntare una rivista.

L’Ufficio si costituiva in giudizio e successivamente depositava memorie integrative sottolineando, tra l’altro, che l’inesistenza delle operazioni era stata dedotta dai verbalizzanti sulla base di una pluralita’ di argomenti, tra i quali l’esistenza di rilevanti rapporti commerciali tra soggetti appartenenti al Gruppo Bassoli fronte di esigui esborsi finanziari e/o assenza di disponibilita’ liquide sufficienti all’assolvimento delle obbligazioni contratte. La Commissione Tributaria Provinciale, dopo aver disposto con ordinanza un’ulteriore istruttoria, con sentenza n. 48/50/01, respingeva il ricorso della societa’.

La Commissione Provinciale ha ritenuto l’adeguatezza della motivazione mediante riferimento al processo verbale della G.d.F., il corretto utilizzo delle dichiarazioni di terzi ai fini della integrazione della prova, l’inesistenza de dedotto vizio di gravita’, precisione e concordanza.

La Commissione precisava che il rigetto del ricorso era conforme ad analoghe decisioni dei giudici tributari sui ricorsi proposti da societa’ facenti capo al gruppo Bassoli e fondati su identici motivi.

La societa’ proponeva appello criticando il modus operandi della Guardia di Finanza e dell’Ufficio; rilevava un conflitto interpretativo in ordine alla L. n. 250 del 1990, che avrebbe indotto la pubblica Amministrazione, a “punire” in sede tributaria il gruppo Bassoli; evidenziava la non corretta valutazione della congruita’ dei servizi di fotocomposizione perche’ i militari verbalizzanti avrebbero assunto i “prezzi mediamente praticati sul mercato” relativi a prestazioni diversi da quelle effettuate dalla societa’;

riteneva viziata la sentenza per insufficiente motivazione circa la carenza di motivazione dell’atto impugnato; riproponeva le deduzioni proposte con il ricorso di primo grado.

L’Ufficio si costituiva in giudizio contro deducendo ai motivi d’appello e ribadendo la legittimita’ del proprio operato. Con la sentenza in epigrafe la Commissione tributaria regionale ha respinto l’appello della societa’.

La Commissione ha ritenuto che l’atto impugnato e’ stato correttamente motivato mediante rinvio al processo verbale della GdF;

e’ stato corretto l’utilizzo delle dichiarazioni di terzi, da valutarsi a fini indiziari, come stabilito piu’ volte dalla giurisprudenza di legittimita’ (Cass. nn. 903/2002, 14774/2000) e dalla stessa Corte Costituzionale (Cost. 18/2000); l’inesistenza delle operazioni fatturate si basava su argomentazioni e fatti prevalenti e convincenti; i rapporti commerciali significativi esistenti tra i soggetti appartenenti al Gruppo Bassoli, con esborsi irrilevanti ed in assenza di denaro sufficiente a garantire l’assolvimento delle obbligazioni contratte.

La Commissione sottolineava, in proposito, che l’esistenza di rilevanti rapporti tra le societa’ facenti parte del gruppo non e’ considerata illegittima di per se’, ma e’ sinonimo di violazione e irregolarita’ congiuntamente a tutte le altre prove ed a tutti gli altri elementi acquisiti dai militari verbalizzanti.

La Commissione ha ritenuto che l’inesistenza delle operazioni fatturate emergeva anche dalle particolari condizioni della compagine sociale delle singole cooperative del gruppo, in cui amministratori, soci e sindaci, erano soggetti che non ricoprivano effettivamente le relative cariche; nonche’ da una pluralita’ di elementi (omesse annotazioni su registri IVA, elevato indebitamento della societa’, falsificazione delle riviste, ecc), per cui le conclusioni dei verbalizzanti erano qualificabili come presunzioni dotate dei requisiti di gravita’, precisione e concordanza, idonee a costituire piena prova.

Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso innanzi a questa Corte la Hardi Magazine Coop s.r.l. in base ai motivi che verranno di seguito esaminati.

Con il primo motivo di ricorso la societa’ deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, commi 1 e 2 in ordine alla motivazione per relationem dell’atto impugnato. La ricorrente deduce l’erroneita’ della sentenza impugnata che ha ritenuto corretta la motivazione per relationem della rettifica operata dall’Ufficio con il rinvio al processo verbale della Finanza, mentre la censura era rivolta al processo verbale in quanto carente di argomentazioni. In particolare, deduce che i giudici di merito avrebbero considerato un elemento di indagine del processo penale alla stregua di prova certa, mentre il processo penale non era pervenuto alla fase dibattimentale per l’archiviazione in udienza preliminare. Il motivo e’ infondato.

Dalla motivazione della sentenza d’appello, particolarmente ampia e approfondita nel richiamare gli aspetti di fatto della vicenda risultanti dal verbale della Guardia di Finanza e dai procedimenti penali, si evince che i giudici di merito hanno ben valutato il complesso degli elementi posti dall’amministrazione a base della rettifica; ed hanno ritenuto che tale complesso fosse idoneo a provare la pretesa erariale. A maggior ragione, in questa valutazione deve vedersi implicata una valutazione positiva circa la sufficienza “formale” delle motivazioni di tutti gli atti posti in essere dall’amministrazione, cioe’ tanto del verbale quanto dell’avviso di rettifica che li richiamava.

Con il secondo motivo di ricorso la contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 4 e L. n. 212 del 2000, artt. 10 e 12 in ordine alla presunta utilizzazione di prove testimoniali.

I giudici di appello non hanno ad avviso della societa’ valutato che la Guardia di Finanza e poi l’Ufficio, per rilevare l’incongruita’ dei costi per fotocomposizione, si erano basati sulla testimonianza di un soggetto che rende servizi diversi dalla fotocomposizione (la prestampa) e non avrebbero ulteriormente verificato la veridicita’ della stessa. Le dichiarazioni inoltre presenterebbero elementi di contraddittorieta’ tra loro in quanto i servizi di prestampa su pellicola o si copertina venivano valutati con prezzi diversi. La societa’ rilevava la stessa incongruita’ del costo accertato a fronte del servizio di fotocomposizione degli indici analitici 1992 della rivista “Tutti i frutti”.

Il motivo e’ infondato.

Anche a questo riguardo, a parte l’evidente sconfinamento nel merito della valutazione della prova, che appartiene insindacabilmente al libero (purche’ motivato) convincimento del giudice del merito, si deve rinviare agli svolgimenti della sentenza impugnata. Essa da analiticamente conto delle dichiarazioni di terzi utilizzate dall’amministrazione, ma precisa anche i numerosi riscontri oggettivi che quelle dichiarazioni avevano trovato nel corso delle indagini.

Non puo’ quindi ritenersi che la decisione si basi esclusivamente sulle dichiarazioni di terzi, e cio’ priva di rilevanza la qualita’ personale di tali soggetti, una volta che sia certo che si trattava di persone informate dei fatti su cui hanno riferito agli organi procedenti.

Con il terzo motivo di ricorso la societa’ deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 13, 14, art. 19, comma 1 e art. 21, comma 7.

La Commissione ha legittimato un avviso di rettifica fondato unicamente su dati indiziari, sulla riqualificazione di pattuizioni contrattuali ritenute incongrue alla luce dei valori di mercato per gli stessi o similari servizi.

Anche il terzo motivo di ricorso e’ infondato.

La prova indiziaria non ha minore validita’ di quella diretta, purche’ gli indizi siano gravi, precisi e concordanti.

In particolare, l’antieconomicita’ dei rapporti contrattuali posti in essere dalla societa’ contribuente non e’ stata contestata nel merito, e cio’ e’ sufficiente a determinare una valida presunzione.

In caso di comportamento antieconomico dell’imprenditore, e’ quindi onere di quest’ultimo dimostrare in modo specifico che la differenza negativa tra costi di acquisto e prezzi di rivendita non e’ attribuibile ad occultamento di corrispettivi ma a cause economiche idonee a giustificarla.

Analoghi principi vanno applicati al caso di specie, come correttamente fatto dalla CTR. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37 bis in ordine ai fatti ascritti alla societa’. Erroneamente secondo la ricorrente il giudice d’appello avrebbe posto l’accento sull’obbligo del contribuente di motivare le scelte non in linea con i criteri di gestione economica della societa’, sul “….comportamento assolutamente contrario ai canoni dell’economia ed anche della contabilita’, per cui la ricorrente ha l’onere di fornire una giustificazione razionale, credibile e documentabile…”.

Il motivo e’ infondato per le medesime ragioni gia’ esposte nel paragrafo precedente.

Con l’ultimo motivo di ricorso la contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, comma 6, T.U.I.R. in ordine all’effettivo sostenimento sei costi da parte della Editoriale Cover S.r.l. e alla consequenziale effettivita’ delle prestazioni rese da quest’ultima alle altre societa’ del gruppo.

Il motivo e’ infondato.

Appare invero del tutto logica la valutazione della CTR secondo cui delle prestazioni dei presunti collaboratori esteri non vi era traccia ne’ nel registro IVA ne’ nel libro giornale della suddetta societa’, salvo che per le prestazioni della Addeley Jointy. Le fatture della Shirley Ferrini & Associates erano invece fittizie perche’ nonostante le accurate indagini bancarie non era emerso alcun pagamento a favore di questa, ne’ questa, nonostante l’entita’ notevole dell’apparente credito, aveva mai intrapreso azioni di recupero.

L’oggettiva inesistenza delle asserite collaborazioni provava a sufficienza l’inesistenza delle prestazioni che si asserivano rese alla ricorrente dalla Cover S.r.l. utilizzando quelle collaborazioni.

Pertanto il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio che liquida in Euro 10200,00, di cui duecento per spese.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2010

 

 

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