Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8061 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/04/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 23/04/2020), n.8061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36099-2018 proposto da:

CENTRO PERIZIE VICENZA SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

LIEGI 48/A, presso lo studio dell’avvocato NICOLA MARCHITTO,

rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO GROLLA;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA ASSICURAZIONI già TORO ASSICURAZIONI DIVISIONE LLOYD

ITALICO SPA, in persona del Procuratore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso lo studio

dell’avvocato MARCO CATELLI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1117/2018 della CORTE VENEZIA, depositata il

04/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera partecipata del

16/01/2020 dal Consigliere Dott.ssa PELLECCHIA ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Centro Perizie Vicenza s.r.l. conveniva in giudizio la Generali Italia s.p.a., quale incorporante di Toro Ass.ni div. Llovd Italia s.p.a., per sentirla condannare al pagamento di quanto spettante in forza della polizza kasko stipulata con la compagnia convenuta, a seguito del sinistro avvenuto in data 27/06/2007.

Esponeva parte attrice che in quella data D.R.L., suo legale rappresentante, si trovava alla guida del veicolo aziendale Mercedes e, nel percorrere la strada (OMISSIS) in Vicenza, rimaneva vittima di un sinistro stradale.

L’assicurazione si costituiva in giudizio contestando sia nell’an che nel quantum la richiesta attorea e deducendo, in particolare, l’incompatibilità rilevata dai propri periti tra dinamica riferita e danni dell’autovettura.

Il Tribunale di Vicenza, con sentenza n. 1446/2016, rigettava la domanda attorea e condannava l’attrice a corrispondere ex art. 96 c.p.c. la somma di Euro 1.000,00, oltre alla refusione delle di lite.

Avversa la suddetta sentenza il Centro Perizie Vicenza proponeva appello, anche per nullità e/o inutilizzabilità della consulenza tecnica d’ufficio per incapacità professionale del tecnico nominato.

2. La Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 1117/2018 del 04/05/2018, rigettava il gravame e, per l’effetto, confermava l’impugnata sentenza.

In particolare, ha ritenuto che nessuna norma codicistica prevedesse l’iscrizione nell’albo dei periti assicurativi quale condizione necessaria per la nomina ad ausiliari del giudice, nè l’esistenza nel sistema di alcun richiamo al D.Lgs. n. 209 del 2005 (c.d. codice delle assicurazioni).

3. Avverso tale pronunzia il Centro perizie Vicenza s.r.l., in liquidazione, propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. La Generali Italia Ass.ni, già Toro Ass.ni div. Lloyd Italico s.p.a., resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto” ed in particolare dell’art. 15 dis. att. c.p.c. e dell’art. 156C.D.A..

Parte ricorrente sostiene che il Giudice di seconde cure avrebbe errato nel ritenere la C.T.U. nominata, in possesso di tutti i requisiti e le qualifiche necessarie per l’espletamento dell’incarico.

Infatti, il Consulente, essendo iscritto al solo collegio dei periti industriali di Vicenza e all’albo dei consulenti del Tribunale, ma non anche a quello dei periti assicurativi, sarebbe stato carente dei requisiti previsti dalla disciplina di cui agli artt. 15 disp. c.p.c. e 156 C.D.A..

5.2. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente denuncia la “nullità della sentenza o del procedimento” sul presupposto che la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare l’operatività della polizza kasko correttamente operante al tempo del sinistro.

5.3. Con il terzo motivo parte, ricorrente si duole della “omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.

La Corte d’appello, così come il Tribunale, avrebbero omesso di valutare le specifiche contestazioni sollevate dal ricorrente in merito all’incarico del Consulente tecnico, ritenuto dalla difesa inidoneo.

Il Giudicante non avrebbe indicato nella propria pronuncia le motivazioni che hanno portato a disattendere tali critiche.

6. Il ricorso, pur disattesa l’eccezione di invalidità della procura al difensore del ricorrente per menzionare quella un potere di proporre un controricorso anzichè il ricorso (attesa la natura di evidente mero refuso di tale indicazione e comunque riferendosi il mandato all’attività in concreto espletata con la formazione e notificazione del ricorso), è inammissibile.

In primo luogo, la struttura del ricorso e le doglianze di cui sopra violano l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3. Difatti il ricorrente nell’esporre il fatto si limita solo ad una brevissima descrizione dell’incidente, omettendo completamente di riprodurre le vicende del primo grado di giudizio.

Il Collegio rileva che il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006).

La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti ed è pertanto inammissibile, non ravvisandosi – nemmeno potendo eventuali lacune del ricorso essere colmate da alcun atto successivo e nemmeno dalla memoria eventualmente intervenuta – in esso adeguata menzione del contenuto delle domande e difese delle parti contrapposte e delle reazioni avverso le pronunce dei giudici del merito.

7. Peraltro, perfino ove si potesse passare all’esame dei motivi, essi sarebbero inammissibili per ulteriori e diverse ragioni, senza che la memoria pure prodotta possa giovare alla ricorrente, per non apportare quella alcun elemento atto a scalzare la validità dei presenti argomenti: il primo motivo, per difetto di autosufficienza su quando e come sarebbe stata sollevata la questione relativa alla mancata iscrizione del consulente al ruolo dei periti assicurativi; il secondo, per la radicale carenza di autosufficienza sulla polizza e comunque per l’inammissibilità della contestazione della sua interpretazione senza dolersi di violazione di regole di ermeneutica contrattuale; il terzo, per carenza di autosufficienza su quando le relative doglianze sarebbero state sottoposte ai giudici del merito e comunque per involgere giudizi di merito o valutazioni di fatto. Ed in ogni caso nessuna censura sarebbe in questa sede ammessa sulla valutazione della colpa posta a fondamento della condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

Si rileva, in relazione a tali ultimi profili, che il giudice del merito ha il potere di compiere una valutazione discrezionale delle prove acquisite.

Nella motivazione redatta dalla Corte di Appello non si rinvengono vizi logico giuridici idonei ad inficiare la validità della sentenza e tali da richiedere un sindacato in sede di legittimità sul giudizio dalla stessa emesso.

8. Il ricorso è dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

9. Va infine dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra moltissime altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato eventualmente dovuto per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 130 come richiesto dalla nota spese depositata, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 23 aprile 2020

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