Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8060 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/03/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 23/03/2021), n.8060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27571/2013 R.G. proposto da:

IMMOBILIARE VENETA COSTRUZIONI S.A.S. DI P.G. & C., in

persona del legale rappresentante pro tempore, e P.G., n.

q. di socia accomandataria, entrambe rappresentate e difese, per

procura speciale, dall’Avv. Andrea (Ndr: testo originale non

comprensibile) domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in

Roma, via F. Confalonieri, n. 5;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 44/19/13, depositata il 22 aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 dicembre

2020 dal Consigliere Michele Cataldi.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Immobiliare Veneta Costruzioni s.a.s. di P.G. & C., in persona della sua legale rappresentante P.G., e quest’ultima anche quale socia accomandataria della medesima società, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a 9 motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto n. 44/19/13, depositata il 22 aprile 2013, che ha rigettato gli appelli riuniti della stessa s.a.s. e del socio P.L. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Padova che, dopo averli riuniti, aveva rigettato i distinti ricorsi proposti dalla s.a.s. contro l’avviso d’accertamento in materia di Iva, Irap ed Irpef, relative all’anno d’imposta 2000; e dal socio contro l’avviso d’accertamento, per il conseguente maggior reddito, imputatogli pro quota per trasparenza, relativamente al medesimo anno d’imposta, in materia di Irpef.

L’Agenzia delle Entrate, infatti, aveva con autonomo accertamento induttivamente rideterminato il reddito d’impresa, il valore della produzione ed il volume d’affari della s.a.s. in considerazione dei ricavi non contabilizzati derivanti da vendite di immobili verso corrispettivi maggiori di quelli dichiarati; ed aveva quindi imputato per trasparenza, con distinto accertamento, al socio P.L., la quota parte del maggior reddito accertato.

2. L’Agenzia si è costituita con controricorso.

3. Le ricorrenti hanno prodotto memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si lamenta la “illegittimità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’ordinamento comunitario, in particolare della Dir. n. 77/388/CEE in materia di I.V.A. (artt. 2 e 22), con conseguente incostituzionalità e doverosa disapplicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 10, con il quale sono stati prorogati i termini per l’accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, e di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, per i contribuenti che non si sono avvalsi dei condoni di cui alla L. n. 289 del 2002, artt. da 7 a 9; e con richiesta, in via subordinata, di remissione alla Corte di Giustizia ex art. 267 T.F.U.E., della suddetta questione di compatibilità”.

2. Con il secondo motivo si lamenta la “nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sul secondo motivo di impugnazione”, relativo all’eccezione di violazione del contraddittorio preventivo;

3. Con il terzo motivo si lamenta l'”illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7″, per non avere la CTR accolto il motivo di appello che deduceva l’illegittimità dell’avviso di accertamento per mancato rispetto, da parte dell’Ufficio, del termine minimo dilatorio di 60 giorni previsto da tale disposizione.

4. Con il quarto motivo si lamenta l'”illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per insufficiente illogica e contraddittoria motivazione in ordine all’omessa allegazione del contratto di mutuo su cui si fonda l’accertamento ed all’omessa riproduzione dei relativi dati tecnici”.

5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta l'”illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione in ordine all’asserita correttezza dell’utilizzo da parte dell’Agenzia delle Entrate, quale parametro valutativo della pretesa antieconomicità della compravendita intervenuta nell’anno d’imposta 2000, del riferimento ad un contratto di mutuo – di importo rimasto ignoto – stipulato solo nell’anno 2002 tra soggetti terzi alla società ricorrente ed in occasione di una compravendita che aveva invece ad oggetto anche altri immobili, con iscrizione di ipoteca pure su questi”.

6. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta l'”illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: insufficiente illogica e contraddittoria motivazione in ordine alla asserita corretta individuazione da parte dell’Agenzia delle Entrate dei valori medi del mercato immobiliare”.

7. Con il settimo motivo si lamenta l'”illegittimità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2727 c.c., in relazione al D.L. n. 223 del 2006, art. 35, e al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3″.

8. Con l’ottavo motivo di ricorso si lamenta l'”illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’art. 2727 c.c.”, ed in particolare si censura la decisione della CTR perchè gli elementi da cui ha dedotto, presuntivamente, la prova dell’antieconomicità della compravendita immobiliare effettuata nell’anno d’imposta 2000, ovvero il contratto di mutuo del 2002 ed i valori medi del mercato immobiliare, non sarebbero mai stati documentati dall’Ufficio in giudizio, con conseguente inutilizzabilità degli stessi, quali fatti noti da cui desumere l’esistenza di un fatto ignoto.

9. Con il nono motivo si lamenta l'”illegittimità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione dell’art. 2227 c.c. (recte: 2727) in relazione all’inammissibilità di una praesumptio de praesumptio”, per avere la CTR ritenuto che, attraverso una concatenazione di presunzioni, fosse stata raggiunta la prova dell’antieconomicità della compravendita immobiliare effettuata dalla società ricorrente nell’anno 2000.

10. Preliminarmente, deve darsi atto che la riunione – disposta in primo grado e mantenuta in appello- dei ricorsi, in origine distinti, della società e del socio P. contro i rispettivi accertamenti non esclude l’individuazione, nella sentenza impugnata, dei relativi diversi capi della decisione.

Tanto premesso, deve altresì rilevarsi che il ricorso per cui si procede investe la decisione della CTR esclusivamente riguardo l’accertamento nei confronti della società.

10.1. Sempre preliminarmente, deve rilevarsi che, come questa Corte ha già rilevato, “In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio”. (Cass., Sez. Un., 04/06/2008, n. 14815; conformi, ex plurimis, Cass. 30/10/2018, n. 27603; Cass. 14/03/2018, n. 6303).

E’ stato altresì precisato che essendo l’Irap imputata per trasparenza ai soci, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, sussiste il litisconsorzio necessario dei soci medesimi anche nel giudizio di accertamento dell’Irap dovuta dalla società di persone (Cass., Sez. Un., 20/06/2012, n. 10145; conforme, ex plurimis, Cass. 14/03/2018, n. 6303).

Quando poi, come nel caso in esame, l’Agenzia delle entrate abbia contestualmente proceduto, con unico atto, ad accertamenti ai fini Iva, Irap ed Irpef, fondati su elementi sostanzialmente comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile Iva, non suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario di simultaneus processus, attesa l’inscindibilità delle due situazioni (Cass. 14/03/2018, n. 6303; Cass. 19/05/2010, n. 12236; Cass. 25/3/2011, n. 6935; Cass. 20/05/2011, n. 11240; Cass. 05/02/2015, n. 2094; Cass. 30/12/2015, n. 26071).

Tanto premesso, deve darsi atto che, nel caso di specie, relativamente al socio P., quanto meno nei gradi di merito, per effetto della riunione, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 29, dei distinti giudizi aventi ad oggetto l’accertamento societario e quello nei confronti dello stesso socio, è stata comunque salvaguardata l’esigenza della trattazione contemporanea di fronte al medesimo giudice, propria del litisconsorzio necessario. In questo giudizio di legittimità, invece, il ricorso per cui si procede non è stato notificato allo stesso P., che pure, sempre relativamente al giudizio sull’accertamento nei confronti della società, è litisconsorte necessario, con conseguente inscindibilità della causa ai sensi degli artt. 102 e 331 c.p.c..

Per quanto invece riguarda la socia accomandataria P., deve darsi atto che (così come risulta dal ricorso introduttivo, dalla sentenza di primo grado e dall’appello, atti processuali anche riprodotti in questa sede dalle parti ricorrenti) la stessa non è stata parte in proprio nei giudizi di merito, poichè i ricorsi introduttivi sono stati proposti nell’interesse ed in nome della società, della quale la medesima P. era legale rappresentante. Tale conclusione, si noti, è espressamente condivisa dalla stessa Agenzia controricorrente, che assume infatti che “il ricorso proposto dalla Sig.ra P.G. nella sua qualità di socia accomandataria della Immobiliare Veneta è inammissibile, non essendo stata la predetta signora – in detta qualità – parte del giudizio nei precedenti gradi”. La negazione che la P., in proprio, sia stata parte dei giudizi di primo e di secondo grado non può, infatti, non comportare che nei medesimi procedimenti la stessa socia, litisconsorte necessaria per quanto già rilevato, sia stata pretermessa.

Tanto meno, peraltro, potrebbe ritenersi che la proposizione del ricorso per cassazione (anche) da parte della P. abbia sanato la rilevata carenza del contraddittorio, atteso che, come eccepito dalla controricorrente, in parte qua il mezzo è inammissibile.

Infatti: “E’ inammissibile nel giudizio di Cassazione l’intervento di terzi non partecipanti alle pregresse fasi di merito, ancorchè litisconsorti necessari pretermessi.” (Cass. 15/05/1995, n. 5311; conformi Cass., Sez. U, 20/02/1996, n. 1283; Cass. 23/07/1996, n. 6598 del 23/07/1996; Cass., Sez. U, 29/04/2005, n. 8882; Cass. 17/05/2011, n. 10813; Cass. 10/05/2017, n. 11460, in motivazione; Cass. 12/10/2018, n. 25528, in motivazione, in materia tributaria, che ha dichiarato inammissibile il ricorso del terzo, non già parte del giudizio di merito, che si definiva litisconsorte necessario pretermesso).

Ed è stato altresì chiarito che: “L’omessa notificazione dell’atto di appello al condomino intervenuto nel giudizio di primo grado, promosso dall’amministratore del condominio a tutela dei beni comuni, determina la nullità della sentenza, derivante dalla mancata integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., rilevabile d’ufficio nel giudizio di legittimità anche se la parte pretermessa si costituisce volontariamente, accettando senza riserve la decisione di secondo grado, trattandosi di una nullità determinata dal giudice, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, in relazione alla quale non opera il temperamento stabilito dall’art. 157 c.p.c., comma 3, secondo cui la nullità non può essere fatta valere dalla parte che vi ha dato causa.” (Cass. 28/03/2019, n. 8695).

L’inammissibilità del ricorso proposto dalla P. in proprio non incide peraltro su quello, contestuale, proposto dalla Immobiliare Veneta Costruzioni s.a.s. di P.G. & C., parte dei due gradi del giudizio di merito, che è quindi ammissibile.

Tanto premesso, il giudizio celebrato, nei due gradi di merito, senza la partecipazione della socia litisconsorte necessaria, è affetto (nei limiti della sola impugnazione dell’avviso d’accertamento emesso nei confronti della società) da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio, e comporta la cassazione (nei predetti limiti) della sentenza impugnata con il rinvio, ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3, della controversia al giudice di primo grado, davanti al quale avrebbe dovuto rimettere le parti il giudice d’appello.

Il difetto del contraddittorio, verificatosi già dinnanzi la CTP, assorbe la necessità di ordinare in questo giudizio l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 331 c.p.c., nei confronti del socio P., che è stato invece parte dei due gradi di merito.

11. Le spese di questo giudizio relative al ricorso di P.G. in proprio si compensano per la peculiarità della fattispecie processuale.

La regolazione delle spese di lite relative al ricorso proposto dalla Immobiliare Veneta Costruzioni s.a.s. di P.G. & C. è rimessa al giudice del rinvio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente P.G. in proprio, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso di P.G. in proprio e compensa le spese del giudizio di legittimità;

decidendo sul ricorso della Immobiliare Veneta Costruzioni s.a.s. di P.G. & C. dichiara la nullità dell’intero giudizio e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Padova, in diversa composizione, cui demanda altresì di provvedere alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

 

 

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