Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8058 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/04/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 23/04/2020), n.8058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28274-2018 proposto da:

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

1/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, rappresentato

e difeso dall’avvocato ENRICO MARIA RICCI;

– ricorrente –

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SETTEMBRINI 28, presso lo

studio dell’avvocato MARIA SELVAGGIA FORZA, rappresentata e difesa

dall’avvocato RICCARDO IMPERIALI DI FRANCAVILLA;

– controricorrente –

contro

P.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 993/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

PELLECCHIA ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il 02/12/2009 R.F. conveniva in giudizio P.L. e la Fondazione Sai s.p.a., al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali derivanti dal sinistro stradale avvenuto il 16 ottobre 2005, allorquando, mentre percorreva la strada provinciale 9 in Vallata a bordo del suo motoveicolo, veniva tamponato dal motociclo del convenuto, cadendo rovinosamente al suolo.

Il Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Tarano, con sentenza n. 341 del 14.06.2013 dichiarava improcedibile la domanda per abuso del processo, sul presupposto che l’attore aveva illegittimamente frazionato la pretesa creditoria, avendo già proposto domanda innanzi al giudice di pace per ottenere il risarcimento dei danni al motociclo derivanti dal medesimo incidente.

R.F. proponeva appello, lamentando l’erroneità della pronuncia, in quanto il Tribunale non aveva considerato che il procedimento innanzi al Giudice di Pace gli avrebbe consentito di ottenere in tempi molto più brevi il risarcimento del danno, necessario per poter ripartire il mezzo incidentato.

2. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 993/2018 del 28 febbraio 2018. rigettava il gravame proposto, compensando le spese.

La corte territoriale, ponendo alla base della sua decisione Cass. Sez. U. n. 4090 del 2017, ha ritenuto che, nel caso di specie, non sussistesse un interesse oggettivamente valutabile che giustificasse la scelta dell’attore di frazionare la sua pretesa risarcitoria, proposta dapprima dinanzi al Giudice di Pace per il danno patrimoniale e poi al Tribunale per il danno alla persona. Infatti, l’interesse all’immediato ristoro del danno alla cosa andava considerato piuttosto in un’ottica soggettivistica dello stesso, che nulla aveva a che fare con una necessità derivante dal sistema generale di tutela processuale dei diritti e dunque non era tale da giustificare il frazionamento.

Difatti, la tutela assicurata da un Giudice di pace al danneggiato di un sinistro stradale non poteva in astratto ritenersi più efficace e più rapida di quella chiesta ad un tribunale, operando in entrambi le medesime regole processuali.

Peraltro, la Corte ha ritenuto non sussistere, nel caso di specie, i presupposti per la condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, non risultando l’iniziativa giudiziale connotata dalla mala fede o dalla colpa grave: ed ha accolto limitatamente al relativo capo l’appello dell’odierno ricorrente.

3. Avverso tale pronuncia R.F. ricorre in cassazione, sulla base di un unico motivo. UnipolSai Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. La controricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Con l’unico motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione del divieto dell’abuso del processo, corrispondente al principio di diritto nomofilattico espresso della Corte Suprema, e degli artt. 2 e 111 Cost., art. 1175 c.c., art. 1375 c.c., art. 100 c.p.c., nonchè della disciplina del procedimento innanzi al giudice di pace: artt. 311- 322 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.”.

La Corte sarebbe incorsa in errore laddove avrebbe affermato che il procedimento davanti al giudice di pace non ha caratteristiche strutturali previste per renderlo più veloce rispetto a quello dinanzi al Tribunale.

Al contrario, infatti, il procedimento dinanzi al giudice di pace sarebbe improntato a garantire una maggiore celerità rispetto al processo dinanzi al tribunale. Pertanto, il frazionamento del credito con una duplice domanda, di cui una proposta innanzi al giudice di pace per ottenere la condanna per i danni a cose in tempi più rapidi di quelli che sarebbero stati necessari al tribunale, non costituirebbe abuso ma, al contrario, un uso del processo che, avuto riguardo all’interesse del creditore, sarebbe addirittura migliore.

6. Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c..

Infatti la Corte d’appello di Napoli ha fatto corretta applicazione dei principi di questa Corte Suprema, richiamando la pronuncia a SS.UU. n. 4090/2017.

Invero, ancor più nello specifico, “in tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito produttivo di danni a cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente per il risarcimento dei relativi danni, neppure mediante riserva di farne valere ulteriori e diversi in altro procedimento, trattandosi di condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore, ponendosi in contrasto con il generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi in un abuso dello strumento processuale, salvo che risulti in capo all’attore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (in applicazione di questo principio la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto illegittima la condotta processuale dell’attore il quale, dopo aver proposto una prima azione di risarcimento per i danni materiali subiti in occasione di un sinistro stradale, ne aveva proposta una seconda per quelli alla persona, nonostante che alla data dell’esercizio della prima azione l’intero panorama delle conseguenze dannose fosse pienamente emerso)(Cfr. Cass. ord. 26089/2019; Cass. 6591/2019; Cass. ord. n. 17019/2018).

Ora, nel caso di specie, appare pienamente condivisibile il ragionamento seguito dai giudici del merito nel non ritenere sussistente “un interesse oggettivamente valutabile”. Infatti, una generica possibilità di ottenere una più rapida remunerazione del danno patrimoniale patito, di per sè sola considerata, non permette di valutare tale interesse come oggettivo, ma piuttosto come una mera aspirazione soggettiva. Andrebbe invero, in ogni caso, operata anche solo in astratto una considerazione comparativa delle esigenze di tutela di tutte le parti e di non esposizione del debitore ai costi eccessivi e superflui indotti proprio dal frazionamento o dalla moltiplicazione delle iniziative giudiziarie. E la prodotta memoria non offre elementi idonei a superare tali argomenti.

In linea con tale conclusione, Cass. n. 21318/2015 ha affermato che, “in tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito, lesivo di cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente innanzi al giudice di pace e al tribunale in ragione delle rispettive competenze per valore, neppure mediante riserva di far valere ulteriori e diverse voci di danno in altro procedimento, trattandosi di condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore, ponendosi in contrasto al generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi in un abuso dello strumento processuale (in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto improponibile la domanda di risarcimento dei danni alla persona subiti dall’attore in occasione di un sinistro stradale, nel quale lo stesso aveva subito altresì danni materiali, oggetto di separato giudizio innanzi al giudice di pace)”.

7. In conclusione, la qui gravata sentenza – corretta anche in ordine all’esclusione dei presupposti, ben più gravi rispetto a quelli del frazionamento in sè solo considerato, di applicabilità dell’art. 96, comma 3, c.p.c. ed alla conseguente sussistenza di quelli per la compensazione delle spese – si sottrae alle censure mosse con il ricorso in esame, il quale va pertanto rigettato.

8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

9. Va infine dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra moltissime altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti processuali per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato eventualmente dovuto per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 23 aprile 2020

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