Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8057 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. I, 01/04/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 01/04/2010), n.8057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI AVELLINO, in persona del Prefetto

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

S.V.;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 4368/07 del GIUDICE DI PACE di AVELLINO

del 27/11/07, depositato il 28/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/02/2 010 dal Consigliere Relatore Dott. DIDONE Antonio;

e’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. IANNELLI

Domenico.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore: “Il Giudice di pace di Avellino con provvedimento del 28.11.2007, in accoglimento del ricorso proposto da S. V., annullava il decreto di espulsione emanato in danno della medesima dal Prefetto di detta citta’ in data 10 ottobre 2007. Per quanto qui interessa, il Giudice adito riteneva la nullita’ del decreto di espulsione, siccome non tradotto nella lingua della ricorrente, osservando, inoltre che ella non si trova in alcuna delle condizioni che hanno legittimato recentissimi provvedimenti preordinati ma garantire l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza e ha la sicurezza di un alloggio e di un lavoro che, consentendo autonomia economica, non invoglia a pericolose devianze, offre il suo sostegno al datore di lavoro, costretto da una difficile situazione familiare a ricorrere ad estranea per essere seguito nella vita quotidiana.

Per la cassazione di questo provvedimento hanno proposto ricorso il Prefetto ed il Questore di Avellino, affidato a tre motivi; non ha svolto attivita’ difensiva l’intimata.

OSSERVA:

1.- Il primo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 289 del 1998, art. 13, comma 7 (art. 360 c.p.c., n. 3), nonche’ omessa motivazione (art. n. 360 c.p.c., n. 5), deducendo che nella relata di notifica del decreto di espulsione si da atto dell’impossibilita’ di reperire un interprete della lingua dell’espulsa; tanto e’ sufficiente a rendere legittimo il provvedimento ed in questi termini e’ formulato quesito di diritto.

1.1.- Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 2697 e 2700 c.c. e D.Lgs. n. 289 del 1998, art. 13 (art. 360 c.p.c., n. 3), in quanto erroneamente ha ritenuto che l’attestazione da parte dell’ufficiale giudiziario nella relazione di notificazione della conoscenza della lingua inglese da parte dell’espulsa escludeva la sufficienza della traduzione del decreto di espulsione in detta lingua, che avrebbe potuto essere contestata soltanto mediante querela di falso ed in detti termini e’ formulato quesito di diritto.

1.2.- Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13 (art. 360 c.p.c., n. 3), deducendo che il decreto di espulsione costituisce atto a contenuto vincolato ed il giudice del merito deve valutare soltanto se sussistono i presupposti di legge per la sua adozione. La motivazione svolta nel provvedimento impugnato, con cui il giudice del merito ha affermato che la espulsa ha la sicurezza di un alloggio e di un lavoro che, consentendo autonomia economica, non invoglia a pericolose devianze, offre il suo sostegno al datore di lavoro, costretto da una difficile situazione familiare a ricorrere ad estranea per essere seguito nella vita quotidiana e’ erronea, poiche’ non avrebbe potuto valutare il merito della situazione in cui si trova lo straniero ed in tali termini e’ formulato quesito di diritto.

2.- Il secondo motivo e’ manifestamente inammissibile. Nel provvedimento impugnato non si da atto che l’ufficiale giudiziario avesse attestato la conoscenza della lingua inglese da parte della straniera e si precisa che la questione era quella della sufficienza o meno della sottoscrizione dell’avviso di ricevimento possa essere assunta quale elemento sufficiente per desumere la conoscenza della lingua.

La questione posta con il mezzo e’, dunque, diversa e nuova e proposta senza peraltro neppure trascrivere il contenuto della relata (per evidenze l’esistenza della dedotta attestazione), con conseguente inammissibilita’ della stessa e del motivo (indipendentemente da ogni valutazione sulla correttezza della tesi nello stesso sostenuta).

2.1.- Il primo motivo e’ manifestamente fondato. Secondo l’orientamento di questa Corte, il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7 non impone all’Amministrazione di tradurre il decreto espulsivo nella lingua madre della persona da espellere, ma solo di assicurare che la traduzione del provvedimento avvenga in una lingua conosciuta e, solo ove cio’ non sia possibile, di garantire che la traduzione sia svolta in lingua francese, inglese o spagnola, ritenute lingue universali e, quindi, accessibili, direttamente o indirettamente, da chiunque (Cass. n. 13833 del 2008). L’obbligo dell’autorita’ procedente di tradurre la copia del relativo decreto nella lingua conosciuta dallo straniero stesso e’ derogabile tutte le volte in cui detta autorita’ attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga quindi la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui all’art. 13, comma 7, cit. ed al D.P.R. n. 394 del 1999, art. 3, comma 3.

Siffatta attestazione e’ condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullita’, senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilita’ di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell’espellendo (Cass. n. 13833 del 2008; n. 25362 del 2006; n. 25026 del 2005; n. 13032 del 2004; n. 5465 del 2002).

In questi termini e’ il principio di diritto da enunciare in relazione al mezzo in esame, che ne dimostra la fondatezza, dato che, a fronte della precisazione che di detta attestazione v’era indicazione, la motivazione si risolve in affermazioni astratte sulla necessita’ di traduzione, svolta senza accertare l’esistenza o meno di detta attestazione che rende non pertinenti le argomentazioni svolte dal giudice del merito.

Manifestamente fondato e’ anche il terzo motivo. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il provvedimento di espulsione dello straniero e’ obbligatorio a carattere vincolato, quindi il Giudice ordinario dinanzi al quale esso venga impugnato e’ tenuto unicamente a controllare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione, i quali consistono nella mancata richiesta, in assenza di cause di giustificazione, del permesso di soggiorno, ovvero nella sua revoca od annullamento ovvero nella mancata tempestiva richiesta di rinnovo che ne abbia comportato il diniego.

Nella ipotesi di espulsione dello straniero che sia privo di permesso di soggiorno (e peraltro sia entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera), il decreto di espulsione costituisce un atto a carattere vincolato la cui adozione non richiede dunque l’accertamento e la valutazione da parte del Prefetto della ricorrenza di ulteriori ragioni giustificative dell’adozione della misura (Cass. n. 37546 del 2004).

Il Giudice ordinario e’ tenuto unicamente a controllare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione.

In violazione di detto principio, che va enunciato in relazione al terzo mezzo, il giudice di pace ha accolto l’opposizione sulla” base di considerazioni di merito, espressive di valutazioni di opportunita’ che non avrebbe potuto svolgere. In relazione alle censure accolte il provvedimento va cassato e la causa rinviata al Giudice di pace di Avellino, in persona di diverso magistrato, per il riesame della controversia, attenendosi ai principi sopra enunciati.

Pertanto, il ricorso puo’ essere trattato in Camera di consiglio, ricorrendo i presupposti di legge, stante la manifesta infondatezza del medesimo”.

2.- Il Collegio condivide e fa proprie le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono all’accoglimento del ricorso.

Il provvedimento impugnato, quindi, deve essere cassato con rinvio al Giudice di pace di Avellino per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia per nuovo esame e per il regolamento delle spese del giudizio di legittimita’ al Giudice di pace di Avellino in persona di diverso magistrato.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

 

 

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