Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8056 del 21/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 8056 Anno 2016
Presidente: TRAVAGLINO GIACOMO
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 13277 del ruolo generale dell’anno
2013, proposto
da
DI LORETO Carlo (C.F.: DLR CRL 50E06 A885U)
rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso,
dall’avvocato Vezio Paglia rini (C.F.: PGL VZE 57D10 D653Q)
-ricorrentenei confronti di
FONDIARIA SAI S.p.A. (C.F.: 00818570012), in persona del
legale rappresentante pro tempore
-intimataper la cassazione della sentenza pronunziata dalla Corte di Appello
di Roma n. 3928/2012, depositata in data 19 luglio 2012;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 15
marzo 2016 dal consigliere Augusto Tatangelo;
uditi:
l’avvocato Vezio Pagliarini, per il ricorrente;
il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
dott. Ignazio Juan Patrone, che ha concluso per la dichiarazione di
inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Carlo Di Loreto agì in giudizio, sulla base di un contratto di
assicurazione stipulato con la SAI S.p.A. (oggi divenuta Fondiaria

Cua.e .

os”C

Data pubblicazione: 21/04/2016

Sai S.p.A.), per ottenere l’indennizzo dei danni subiti da un proprio
autoarticolato, che la compagnia si era rifiutata di corrispondere,
nonché la risoluzione del contratto stesso e il risarcimento dei
conseguenti danni.
La domanda fu rigettata dal Tribunale di Roma.
La Corte di Appello di Roma, in riforma della decisione di primo
grado, la ha invece accolta parzialmente, condannando la

accessori; ha peraltro rigettato sia la domanda di risoluzione del
contratto di assicurazione che quella di risarcimento dei conseguenti
danni.
Ricorre il Di Loreto, sulla base di due motivi.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «violazione e/o falsa

applicazione degli artt. 184 C.P.C. ante riforma ex L. 26.11.1990 n.
353; 1453 C. C. per travisamento dei termini entro cui sono state
formulate nel corso di giudizio le domande di risoluzione
contrattuale per grave inadempimento e di risarcimento dei danni,
oltreché di arricchimento senza causa ex art. 2041 C. C. (art. 360
10 comma n. 3 C.P.C.)».
Il motivo è fondato.
La corte di appello ha ritenuto tardiva la domanda di risoluzione del
contratto di assicurazione per inadempimento, in quanto proposta
solo con la comparsa conclusionale depositata in primo grado
mentre in origine era stata proposta esclusivamente domanda di
adempimento contrattuale.
Ma, come esattamente sostenuto dal ricorrente, tale mutamento
della domanda è consentito dall’art. 1453, co. 2, c.c..
Ed infatti «nei contratti a prestazioni corrispettive é consentito
sostituire, ferma restando l’identità dei fatti costitutivi, la domanda
di adempimento coattivo del contratto con quella di risoluzione per
inadempimento, anche in grado d’appello, derogando al divieto di
“mutatio libelli” contenuto nell’art. 345 c.p.c. e anche nel giudizio di
rinvio; ne consegue che la parte appellata che intenda procedere al
mutamento della domanda può esercitare tale facoltà anche nella
Pagina 2 di 6

compagnia al pagamento dell’indennizzo, per C 72.303,96 oltre

comparsa di risposta senza dover proporre, nei termini e nelle
forme previste dalla legge, impugnazione incidentale» (ex multis:
Cass., Sez. 2, Sentenza n. 12238 del 6 giugno 2011; Sez. 2,
Sentenza n. 1003 del 18 gennaio 2008).
Nel caso di specie non emerge in alcuno modo dalla sentenza
impugnata che fossero stati prospettati fatti nuovi idonei a
configurare una diversa causa petendi: la tardività della domanda di

verifica, in violazione dell’art. 1453 c.c..
La suddetta pronunzia va quindi cassata con rinvio per consentire
l’esame della domanda di risoluzione contrattuale.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si denunzia «violazione e falsa

applicazione degli artt. 1882, 14531 10 comma, 1218, 1223, 1224 e
1225 C. C. e 116 C.P.C., oltreché per carente, insufficiente, illogica e
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia (art. 360, 1° comma, n. 3 e 5 c.p.c.)».
Il motivo è fondato.
Il ricorrente Di Loreto aveva dedotto che, non avendo potuto
disporre tempestivamente dell’importo dell’indennizzo dovuto dalla
compagnia di assicurazione, non era stato in grado di acquistare un
nuovo veicolo in sostituzione di quello andato distrutto, per svolgere
l’attività della propria impresa di autotrasporti. Non aveva quindi
potuto soddisfare le richieste della clientela e realizzare i guadagni
che gli avrebbero dovuto consentire di corrispondere alla venditrice
le rate del prezzo del veicolo perduto, andando così incontro al
pagamento di forti interessi di mora. A sostegno di tali assunti
aveva richiamato elementi di prova documentale (in particolare il
contratto di acquisto del veicolo) e aveva articolato prove orali (in
particolare volte a comprovare le richieste di servizi di trasporto da
parte di alcuni clienti, indicati nominativamente).
La corte di merito, nel rigettare la domanda, ha affermato che non
erano stati articolati specifici mezzi istruttori in relazione al mancato
uso del veicolo in azienda e che non vi era prova del nesso di causa
tra la mancata corresponsione dell’indennizzo e la sospensione dei
pagamenti delle rate del prezzo del veicolo perduto.

Pagina 3 di 6

risoluzione contrattuale viene affermata a prescindere da tale

Tale motivazione – anche in considerazione della mancata
ammissione dei mezzi istruttori rilevanti in proposito – è certamente
insufficiente, e per certi versi contraddittoria.
Che il veicolo distrutto non potesse essere più utilizzato per lo
svolgimento dell’attività aziendale non richiedeva ovviamente
alcuna prova, mentre la stessa circostanza che il suo acquisto era
avvenuto con rateizzazione del prezzo avrebbe dovuto indurre a

ricorrente non disponesse del capitale necessario per l’acquisto in
contanti. E comunque, anche al di là della disponibilità di capitali
ulteriori, la corte di merito avrebbe dovuto tener conto del fatto che
l’impossibilità di poter disporre dell’importo dell’indennizzo aveva
certamente impedito al Di Loreto di poter acquisire un nuovo bene
strumentale per l’esercizio dell’attività aziendale, o quanto meno di
poter disporre del relativo capitale, che sarebbe stato
ragionevolmente investito nell’attività produttiva e avrebbe quindi
potuto consentirgli di conseguire il relativo lucro di impresa.
È costante nella giurisprudenza di questa Corte il riconoscimento
della presunzione di impiego dei capitali in attività produttive da
parte dell’imprenditore (sia pure con riguardo al maggior danno ai
sensi dell’art. 1224, co. 2, c.c.), e l’affermazione della possibilità di
liquidare il danno da lucro cessante anche in via equitativa (sul
primo punto, si veda ad es. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 9361 del 5
maggio 2005, secondo cui «ove risulti _provata, ovvero non sia
controversa, la qualità di imprenditore commerciale del creditore, e
quest’ultimo alleghi, attraverso la stessa domanda degli interessi
che accedono al risarcimento del danno costituendone una
componente siccome nascenti dal medesimo fatto generatore
dell’obbligazione risarcitoria, la sussistenza di un concreto
pregiudizio casualmente ricollegabile all’indisponibilità del credito
per effetto dell’inadempimento, non è necessario che il predetto ne
fornisca la dimostrazione, rilevando l’indicata qualità come
elemento presuntivo di per sé idoneo a far ritenere al giudice che,
tenuto conto di essa, il danno lamentato possa essersi
verosimilmente prodotto e che, più in particolare, sulla base dellmid
quod plerumque accidit”, se vi fosse stato tempestivo
Pagina 4 di 6

presumere – in mancanza di elementi in senso contrario – che il

adempimento, la somma dovuta sarebbe stata reinvestita
nell’attività produttiva o, comunque, utilizzata in impieghi
antinflattivi»; conf.: ad es. Sez. 1, Sentenza n. 4885 del 7 marzo
2006; Sez. 1, Sentenza n. 22096 del 26 settembre 2013; sul
secondo punto, cfr., ad es., Sez. 3, Sentenza n. 6951 del 23 marzo
2010, per cui

«il danno subito per la ritardata disponibilità

dell’equivalente monetario del bene perduto tra la data del fatto e

dellmutilitas” che il creditore avrebbe tratto dalla somma se
tempestivamente versata (lucro cessante), può essere accertato,
anche mediante presunzioni semplici, stante la difficoltà della
relativa prova, ed essere liquidato facendo ricorso a criteri
equitativi, ai sensi dell’art. 1126 c.c.»).
I suddetti principi devono ritenersi applicabili – con gli opportuni
adattamenti – anche alla fattispecie in esame, caratterizzata della
mancata messa a disposizione, in favore dell’imprenditore
assicurato, dell’importo dell’indennizzo dovuto dall’assicuratore dei
danni a seguito della distruzione di un bene aziendale.
La corte di appello, facendo applicazione di tali principi – e previa
eventuale ammissione dei mezzi istruttori rilevanti – avrebbe quindi
potuto e dovuto accertare e liquidare il lucro cessante dell’impresa
del ricorrente per non aver potuto disporre del capitale costituito
dall’importo dell’indennizzo non corrisposto, anche presumendo il
suo impiego nell’acquisto di un bene strumentale sostitutivo di
quello perduto e comunque nelle attività produttive dell’impresa,
eventualmente, ove necessario, facendo ricorso alla liquidazione
equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..
Tali accertamenti andranno effettuati in sede di rinvio, previa
cassazione anche sul punto in esame della pronunzia impugnata.
3.- Il ricorso è accolto.
La sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio alla Corte
di Appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la
liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
per questi motivi
La Corte:

Pagina 5 di 6

quella della decisione, che si identifica nel mancato conseguimento

accoglie il ricorso e cassa in relazione la sentenza impugnata,
con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa
composizione, anche per la liquidazione delle spese del
giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, in data 15 marzo 2016.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA