Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8053 del 23/04/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/04/2020, (ud. 23/01/2020, dep. 23/04/2020), n.8053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 175-2018 proposto da:

CAMPIDANIA SRL, domiciliata in ROMA presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione e rappresentata e difesa dall’avvocato RITA SANNA

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.N.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 656/2017 del TRIBUNALE di ORISTANO, depositata

il 06/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/01/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Campidania S.r.l. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace di Terralba in favore di C.N., quale titolare della ditta individuale Nakò Arti Grafiche, relativo alle somme vantate quale corrispettivo del contratto d’opera intercorso tra le parti.

Nella resistenza dell’opposta, il giudice adito rigettava l’opposizione ed, a seguito di appello dell’opponente, il Tribunale di Oristano con la sentenza n. 656 del 6 ottobre 2017 rigettava il gravame, condividendo la valutazione del giudice di prime cure quanto alle richieste istruttorie.

Nel merito, reputava corretta la valutazione delle risultanze probatorie compiuta dal giudice di pace, emergendo effettivamente che vi fosse stata l’accettazione dell’opera da parte della committente.

Inoltre, era stata tempestivamente eccepita la decadenza dell’appellante dalla garanzia per vizi, dovendosi avere riguardo alla data di consegna dei lavori del 4/6/2008 ed al fatto che la denuncia dei vizi risaliva al mese di febbraio del 2009.

Era, poi, del tutto irrilevante la qualificazione giuridica del rapporto in termini di contratto d’opera ovvero di appalto, come invece sostenuto dall’appellante, in quanto anche per tale seconda ipotesi mancava la tempestiva denuncia dei vizi, essendosi manifestata l’accettazione dell’opera da parte della società.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Campidania S.r.l. sulla base di tre motivi.

L’intimata non ha svolto difese in questa fase.

Ritiene il Collegio che il ricorso principale sia improcedibile per la violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, in quanto, pur avendo la stessa parte ricorrente dichiarato che la sentenza impugnata le è stata notificata a mezzo PEC in data 18/10/2017 (a fronte della sua pubblicazione avvenuta in data 5/10/2017), non risulta però depositata copia autentica con la relazione di notificazione, avendo la parte solo depositato copia della sentenza di appello, ma senza però che sia stata versata in atti anche la relata di notifica, ed in particolare il messaggio di avvenuta ricezione con relativa attestazione di conformità.

Peraltro la copia autentica con relata di notifica non è rinvenibile nemmeno nella produzione della controparte che è rimasta intimata, con la conseguenza che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

Nelle memorie depositate dalla ricorrente si assume tuttavia che all’atto del deposito del ricorso avrebbe allegato anche la documentazione attestante la notifica della sentenza la quale però non sarebbe stata rinvenuta in prossimità dell’udienza, ma tale affermazione non appare adeguatamente documentata, sia perchè nell’indice dei documenti prodotti, con attestazione della cancelleria si dà atto della sola produzione della copia della sentenza impugnata (senza alcun riferimento anche alla sua notifica), sia perchè la dizione utilizzata in ricorso per indicare i documenti versati in atti “copia notificata della sentenza impugnata con relativa attestazione e copia autentica della stessa con relativa attestazione” non assicura che l’attestazione si riferisse alla notifica, ben potendo intendersi come limitata alla sola attestazione di conformità della copia della sentenza all’originale.

Nella controversia deve quindi ritenersi che non possa spiegare efficacia quanto alla correttezza del rilievo dell’improcedibilità, di cui alla proposta del relatore, quanto precisato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 8312/2019.

Tale decisione, sebbene riferita alla specifica ipotesi in cui la sentenza impugnata sia stata notificata a mezzo PEC, laddove nel caso in esame si riferisce in ricorso di una non meglio precisata, quanto alle modalità di esecuzione, notifica della sentenza gravata, anche laddove voglia reputarsi che nel caso in esame la notifica sia avvenuta a mezzo pec, ha, infatti, avuto modo di precisare alla pag. 42, sub 2) che ai fini della procedibilità del ricorso si palesa comunque necessario il tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica e del corrispondente messaggio pec con annesse ricevute, ancorchè prive di attestazione di conformità del difensore oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, posto che solo in tal caso è dato al ricorrente provvedere al deposito sino all’udienza dell’attestazione di conformità del messaggi cartacei.

Deve quindi reputarsi che il ricorso resti improcedibile laddove, pur essendosi depositata copia autentica della sentenza, che però si assume essere stata notificata, non siano stati tempestivamente depositati nel termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, anche i detti messaggi pec con annesse ricevute.

Nel caso in esame, come rilevato, risulta prodotta solo copia della sentenza d’appello, non rinvenendosi copie cartacee dei messaggi di spedizione e ricezione a mezzo pec della stessa sentenza.

In assenza di tali documenti il ricorso pertanto deve essere dichiarato improcedibile.

Nulla per le spese atteso che l’intimata non ha svolto attività difensiva.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato improcedibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso improcedibile;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello cit. art. 13, art. 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2020

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