Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8052 del 08/04/2011

Cassazione civile sez. I, 08/04/2011, (ud. 16/03/2011, dep. 08/04/2011), n.8052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22513/2007 proposto da:

G.A.P. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZZA SS. APOSTOLI

81, presso l’avvocato MAINI Alessandro, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato VENCO MARIO, giusta procura a margine del ricorso; – ricorrente –

contro

N.R.; – intimata –

avverso la sentenza n. 1947/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 16/03/2011 dal

Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO

Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Sig.ra N.R. con ricorso 1 luglio 1999 chiese al tribunale di Como che fosse pronunciata la separazione personale dal marito sig. G.A.P., con addebito a carico di quest’ultimo. Chiese che le fosse assegnata la casa coniugale e fosse posto a carico del marito un assegno non inferiore a L. 30.000.000 annui. Il sig. G. si costituì chiedendo che la separazione fosse pronunciata con addebito a carico della moglie, che fosse respinta la domanda relativa all’assegno e che fosse dichiarato lo scioglimento della comunione sulla casa coniugale e che, in caso di assegnazione di essa alla moglie, fosse posto a suo carico il pagamento di metà del suo valore venale. Il tribunale dichiarò la separazione con addebito a carico del G., assegnò la casa coniugale, alla moglie e pose a carico del marito un assegno di Euro 650,00 mensili. Il sig. G. propose appello e la Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata nel luglio 2006 riformò la sentenza impugnata revocando l’assegnazione della casa coniugale e riducendo l’assegno ad Euro 350,00 mensili. Il sig. G. ha proposto ricorso avverso tale sentenza con atto notificato il 29 agosto 2007 alla controparte, formulando cinque motivi. La parte intimata non ha depositato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt.143e151 cod. civ., art.116 c.p.c., in relazione alla pronuncia di addebito della separazione a carico di esso ricorrente. Si deduce che la Corte d’appello avrebbe omesso di comparare le violazioni degli obblighi di assistenza materiale e morale commessi da entrambi i coniugi. Inoltre non avrebbe considerato che, se esso ricorrente nel 1998 aveva intrapreso una convivenza “more uxorio” con altra donna, ciò era avvenuto molti anni dopo che la moglie si era allontanata dalla casa coniugale trasferendosi a vivere nella mansarda sita nello stesso immobile, così sottraendosi ai propri obblighi coniugali.

Si propone il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se il giudice, alle luce di risultanze istruttorie che dimostrino l’esistenza di una relazione extraconiugale di un coniuge possa esimersi dal procedere a una valutazione comparativa di tale violazione del dovere di fedeltà con le violazioni degli altri doveri coniugali commesse dall’altro coniuge e accertate nel corso dell’istruttoria, addebitandoex art. 151 cod. civ., la separazione alla responsabilità esclusiva del coniuge infedele”.

Con il secondo motivo si denuncia ancora la violazione dell’art. 151 cod. civ., sotto il profilo che per l’addebitabilità della separazione è necessario un nesso di causalità fra la violazione dell’obbligo coniugale sul quale si voglia fondare l’addebito e l’insorgere dell’intollerabilità della convivenza, cosicchè la Corte d’appello avrebbe errato nel pronunciare la separazione con addebito a carico del ricorrente, nonostante che fosse risultato accertato che la relazione extraconiugale era stata da lui iniziata quando il legame fra i coniugi era ormai da tempo cessato, avendo la moglie interrotto la convivenza da lungo tempo andando a vivere nella mansarda dell’edificio dove si trovava la casa coniugale.

Si formula in proposito il seguente quesito: “Dica la Corte se, in presenza di una separazione di fatto tra i coniugi consolidatasi da molti anni e determinata dalla volontaria e unilaterale decisione di un coniuge che, allontanandosi dalla casa coniugale, abbia di fatto posto fine al “consortiura vitae”, la separazione possa addebitarsiex art. 151 cod. civ., comma 3, all’altro coniuge che, alla luce di tale situazione di fatto abbia successivamente iniziato una relazione extraconiugale”.

Con il terzo motivo si deducono vizi motivazionali, per avere la Corte d’appello contraddittoriamente dato atto di una pregressa separazione temporanea di fatto fra i coniugi, addossando poi l’addebito ad esso ricorrente, nonostante che la relazione extraconiugale da lui intrapresa fosse posteriore di molti anni alla cessazione della convivenza, omettendo anche di spiegare perchè il comportamento della moglie non fosse causa o almeno concausa della separazione e quindi, a sua volta, motivo di addebitabilità della separazione.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’art. 232 cod. proc. civ.eart. 116 c.p.c., per avere la Corte d’appello omesso di tenere conto della mancata e ingiustificata risposta della controparte all’interrogatorio deferitole, dando per ammessi i fatti indicati nei capitoli, nonchè traendo elementi di prova dal suo comportamento processuale.

Si formula il seguente quesito: “Dica la Corte se il giudice, in caso di ingiustificata presentazione della parte per rendere l’interrogatorio formale debba ritenere come ammessi i fatti sui quali avrebbe dovuto vertere l’interrogatorio formaleex art. 232 c.p.c., o, quanto meno, debba desumere da tale contegno della parte degli argomenti di provaex art. 116 c.p.c., comma 2”.

Con il quinto motivo si denunciano vizi motivazionali in relazione alle conseguenze della mancata risposta della controparte all’interrogatorio sulla circostanza che “intorno alla metà degli anni ottanta, spontaneamente e volontariamente si era trasferita a vivere nell’appartamento in mansarda, ponendo così fine alla convivenza”, non avendo la Corte motivato sulle ragioni per le quali non dava rilevanza a tale circostanza. Il motivo così si conclude:

“Nella sentenza impugnata non solo non sono stati ritenuti come ammessi i fatti oggetto dell’interrogatorio fermale, ma nemmeno si è motivato sul punto, illustrando per quali ragioni da tale comportamento della N. non erano stati desunti degli argomenti di prova a sostegno della tesi del G.”.

1.2. Il terzo, il quarto e il quinto motivo vanno esaminati pregiudizialmente e dichiarati inammissibili. Il terzo per essere con esso dedotti vizi motivazionali senza concludersi con la sintesi prescritta ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.(Cass. sez. un. 1 ottobre 2007, n. 20604). Il quarto e il quinto sulla base del principio più volte riaffermato da questa Corte (da ultimoCass. 28 giugno 2010, n. 15383;28 settembre 2009, n. 20740) secondo il quale la sentenza nella quale il giudice ometta di prendere in considerazione la mancata risposta all’interrogatorio formale non è affetta da vizio di motivazione, atteso che l’art. 232 cod. proc. civ., a differenza dell’effetto automatico di “ficta confessio” ricollegato a tale vicenda dall’abrogato art. 218 del precedente codice di rito, riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale (prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio “valutato ogni altro elemento di prova”), onde l’esercizio di tale facoltà, rientrando nell’ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità.

Ciò premesso, i primi due motivi vanno a loro volta dichiarati infondati, prospettandosi con essi violazioni di legge non riconducibili agli accertamenti di merito contenuti nella sentenza impugnata, la quale muove dal presupposto in fatto, ritenuto acquisito sul piano probatorio – e per quanto sopra detto rimasto non adeguatamente censurato in questa sede – secondo il quale prima dell’introduzione nella casa coniugale da parte dell’odierno ricorrente di altra donna, con la quale ebbe inizio una convivenza “more uxorio” senza che fosse stato ancora iniziato il procedimento di separazione, non vi fosse stata fra i coniugi una vera e propria cessazione della convivenza e una frattura definitiva, tale da rendere già irrecuperabile il rapporto matrimoniale, cosicchè secondo la Corte d’appello – fu proprio l’inizio di detta convivenza la causa della definitiva rottura del rapporto coniugale.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Nulla per le spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere; le generalità delle parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 16 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2011

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