Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8052 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. I, 01/04/2010, (ud. 18/02/2010, dep. 01/04/2010), n.8052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

M.R., con domicilio eletto in Roma, via Giulia di

Colloredo n. 46/48, presso l’Avv. De Paola Gabriele che lo

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso.

– ricorrente-

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro-

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia

depositato il 14 gennaio 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 18 febbraio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.R. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi avanti alla Corte dei Conti dal 27 giugno 1997 e definito l’11 agosto 2006.

Resiste l’Amministrazione con controricorso.

La causa è stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Vittorio Zanichelli con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione in quanto con gli stessi si censura il decreto impugnato, sotto il profilo della violazione di legge e della motivazione, per avere la Corte d’appello liquidato il danno morale in Euro 600 in ragione d’anno.

I motivi sono manifestamente fondati. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito come la valutazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale resti soggetta – a fronte dello specifico rinvio contenuto nella L. n. 89 del 2001, art. 2 – all’art. 6 della Convenzione, nell’interpretazione giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo, e, dunque, debba conformarsi, per quanto possibile, alle liquidazioni effettuate in casi similari dal Giudice europeo, sia pure in senso sostanziale e non meramente formalistico, con la facoltà di apportare le deroghe che siano suggerite dalla singola vicenda, purchè in misura ragionevole (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2004, n. 1340); in particolare, detta Corte, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da P.R. e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo, ferma restando la possibilità di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarità della fattispecie, quali l’entità della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., ex multis, Cass., Sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630).

Da tali principi consegue che non è giuridicamente rilevante, ai fini dell’attribuzione di una somma di gran lunga inferiore rispetto a detto standard minimo, il riferimento alla modesta entità della posta in gioco.

Il ricorso deve dunque essere accolto e cassato il decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840) a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere ridotto ad una misura inferiore (Euro 750,00 per anno) a quella del parametro minimo indicato nella giurisprudenza della Corte europea (che è pari a Euro 1.000,00 in ragione d’anno) per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale. modesto sforamento mentre per l’ulteriore periodo deve essere applicato il richiamato parametro, il Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere condannato al pagamento di Euro 6.334,00 a titolo di equo indennizzo per il periodo di anni sette e mesi uno di irragionevole ritardo quale determinato dal giudice del merito.

Le spese della fase di merito e di quella di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economie e delle Finanze al pagamento in favore di M.R. della somma di Euro 6.334,00 oltre interessi di legge dalla data della domanda e al pagamento delle spese processuali che liquida, per la fase di merito, in complessivi Euro 1.140,00 di cui Euro 600,00 per diritti, Euro 490,00 per onorari e Euro 50,00 per spese, e per la fase di legittimità in complessivi Euro 1.000,00 di cui Euro 900,00 per onorari, il tutto oltre spese generali e accessori di legge, e con distrazione, quanto alle spese del primo grado, in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

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