Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8047 del 29/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 29/03/2017, (ud. 15/12/2016, dep.29/03/2017),  n. 8047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. RICCARDI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9600-2012 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA G.P. DA PALESTRINA 19, presso

lo studio dell’avvocato FABIO FRANCESCO FRANCO, che lo rappresenta e

difende giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CAIO MARIO 13,

presso lo studio dell’avvocato MAURO PASQUALE D’ANTONIO, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI ROMA (OMISSIS), CAMERA

DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO CCIAA, REGIONE LAZIO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 216/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 13/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ANNA MARIA FASANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato DI STEFANI per delega

dell’Avvocato FRANCO che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Equitalia Sud S.p.a., svolgendo tre motivi, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 216/9/11 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con cui era stato rigettato l’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma. La CTP aveva annullato il preavviso di fermo amministrativo impugnato da M.N., per la parte relativa a tributi, e l’iscrizione a ruolo delle somma pretesa, in ragione della mancata notifica delle cartelle di pagamento presupposte. Ha resistito con controricorso M.N..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto, come da decreto del Primo Presidente in data 14.9.2016, che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

– Con il primo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto, ed in particolare del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 in relazione al motivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, in quanto la CTR avrebbe omesso di tenere conto della prova della ritualità delle notifiche delle cartelle di pagamento presupposte, pur essendo stata inserita nel fascicolo di parte copia degli avvisi di ricevimento, e dato atto nello stesso ricorso introduttivo del giudizio che tali cartelle erano state ritualmente notificate.

– Con il secondo motivo di ricorso, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Nullità della sentenza per erronea valutazione della corretta notifica della cartella esattoriale, violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, in quanto il giudice di appello, confermando la decisione della Commissione Tributaria Provinciale, avrebbe erroneamente ritenuto che sia le singole cartelle di pagamento che la comunicazione preventiva di fermo non erano state correttamente notificate.

– Con il terzo motivo, si censura la sentenza impugnata, denunciando in rubrica: “Nullità della sentenza per erronea valutazione del comportamento dell’Agente per la Riscossione. Violazione dell’art. 112 c.p.c. (Art. 360, comma 1, n. 5)” in quanto, secondo parte ricorrente, nessuna norma di legge imporrebbe che la comunicazione preventiva di fermo amministrativo sia in qualche modo motivata, essendo facoltà dell’Agente della riscossione porre in essere i procedimenti cautelari ritenuti più idonei alla tutela del credito.

3.1 motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro inerenza alla medesima questione, sono inammissibili per totale carenza di autosufficienza.

Il ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza, deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, permettere la valutazione della fondatezza delle ragioni del ricorrente, senza necessità di fare rinvio a fonti esterne allo stesso ricorso e quindi ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass., Sez. 5, n. 14784 del 2015; Cass. Sez. 5 n. 19410 del 2015; Cass. sez. 5, n. 23575 del 2015; Cass. Sez. 1, n. 195 del 2016).

E’ del tutto evidente che, sulla base degli enunciati criteri, le censure in disamina si rivelano prive della necessaria compiutezza atta ad assicurare l’autosufficienza, essendosi la parte ricorrente limitata con i primi due motivi a dissertare sul tema della notifica effettuata ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, mentre con il terzo motivo a contestare la decisione impugnata con riferimento alla asserita mancanza di elementi essenziali di validità ed efficacia dell’atto impugnato, senza tuttavia darsi cura alcuna nè di riprodurre in ricorso il contenuto degli atti posti a fondamento delle censure, nè a trascrivere i dati salienti dei relativi atti difensivi, in tal modo sottraendosi al prescritto adempimento in punto di autosufficienza e precludendo alla Corte di poter attingere al contenuto delle singole censure dalla diretta lettura del ricorso.

Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, oltre che inammissibili, sono infondati. Essi sono inammissibili non solo per quanto sopra precisato, ma anche quanto al riferimento alla denunciata violazione di corrispondenza tra chiesto e giudicato è evidente che non trattasi di eccezioni, risolvendosi in mere circostanze fattuali, delle quali il giudice non avrebbe tenuto conto nell’apprezzamento dei fatti, quindi possono rilevare esclusivamente sotto il profilo motivazionale secondo quanto appresso. Ed invero, la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 si coglie nel senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, autonomamente apprezzabile, ritualmente ed inequivocabilmente formulata (Cass. n. 6361 del 2007), mentre nel caso di omessa motivazione, l’attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne una domanda od una eccezione, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata, in punto di fatto, avrebbe comportato una diversa decisione (cfr. Cass. n. 5444 del 2006; Cass. n. 25714 del 2014).

Con riferimento al dedotto vizio motivazionale, invero, la sentenza impugnata non merita censura, in quanto i fatti di cui il ricorrente lamenta l’omesso esame sono stati apprezzati dal giudice di appello, il quale, nel confermare la decisione di primo grado, ha, altresì, rilevato che l’Agente della Riscossione non si era presentato in giudizio, nè aveva dato prova in quella sede dei rilievi mossi, con riferimento alla regolarità della procedura coattiva.

Ne consegue che è chiaramente evincibile il procedimento logico sostenuto dal giudice del merito, il quale ha espresso un percorso argomentativo privo di incoerenze e perfettamente intellegibile, anche con riferimento alla rilevata mancanza di motivazione e di elementi essenziali di validità dell’atto impugnato, evidenziando, altresì, il difetto di osservanza della notifica della cartella di pagamento presupposta del termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17. Le argomentazioni di parte ricorrente, in realtà, tendono a provocare una nuova, inammissibile in questa sede, valutazione di merito a fronte delle motivazioni della sentenza impugnata, che si presenta puntualmente orientata su tutte le questioni poste al suo esame, con conseguente inammissibile sovrapposizione del giudizio di questa Corte ai poteri propri ed esclusivi del giudice di merito (Cass. Sez.1, n. 16526 del 2016).

4. Sulla base dei rilievi espressi, il ricorso è, conclusivamente, rigettato. La parte soccombente è tenuta alla rifusione delle spese di lite del presente giudizio di legittimità a favore del controricorrente, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna Equitalia Sud S.p.a. alla rifusione in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2800,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettari ed accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2017

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