Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8046 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8046 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

PU

SENTENZA

sul ricorso 11932-2013 proposto da:
IOZIA

GIORGIO

ZIOGRG54TO5G953P,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EMILIO FAA’ DI BRUNO 52,
presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO ZACCO,
rappresentato e difeso dall’avvocato LUCA LICITRA
giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente-

2016
122

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO MODICA;
– intimata nonchè contro

Data pubblicazione: 21/04/2016

AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore Generale in carica p.t., domiciliata ex
lege in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

da cui è

rappresentata e difesa per legge;

avverso la sentenza n. 451/2012 della CORTE D’APPELLO
di

CATANIA,

depositata

il

13/03/2012,

R.G.N.

231/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/01/2016 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato LUCA LICITRA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per
raccoglimento del ricorso;

2

– resistente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Giorgio Iozia convenne in giudizio, davanti al Tribunale
di Modica, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Modica, per
sentirla condannare al risarcimento dei danni conseguenti alla
illegittima iscrizione di un’ipoteca per presunti debiti

Aggiunse, a sostegno della domanda, che l’iscrizione ipotecaria
aveva mandato in fumo il preliminare di compravendita di un
immobile di sua proprietà, riguardo al quale il promissario
acquirente si era rifiutato di stipulare il contratto
definitivo, pretendendo la restituzione del doppio della
caparra versata, pari ad euro 15.000.
L’Agenzia convenuta rimase contumace.
All’esito dell’istruttoria, il Tribunale accolse la domanda
e condannò la parte convenuta al pagamento della somma di euro
15.000, con il carico delle spese di giudizio.
2.

La pronuncia è stata appellata dall’Agenzia delle

entrate, Ufficio di Modica, nonché dalla sede di Roma della
medesima Agenzia e la Corte d’appello di Catania, con sentenza
del 13 marzo 2012, in riforma di quella di primo grado, ha
accolto l’appello ed ha rigettato la domanda risarcitoria
avanzata dallo Iozia, condannandolo ai pagamento delle spese
del giudizio di appello.
Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse
in questa sede, che dall’atto introduttivo del giudizio
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tributari che erano stati, a suo dire, da lui adempiuti.

risultava che l’attore aveva dichiarato di aver subito un danno
pari ad euro 15.000, consistente nell’aver dovuto restituire il
doppio della caparra al promissario acquirente dell’immobile di
sua proprietà, circostanza che era stata confermata da Emanuele
Denaro, promissario acquirente. Ha però aggiunto la Corte che

15.000 costituiva la caparra versata dal Denaro, sicché il
pagamento della medesima da parte dello Iozia altro non era se
non la restituzione al promissario acquirente dell’acconto da
lui versato al momento della firma del contratto preliminare, e
non la restituzione del doppio, come previsto dall’art. 1385,
secondo comma, del codice civile.
Da ciò la Corte d’appello ha tratto la convinzione che
l’attore non aveva, in effetti, dato prova del danno subito.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catania
ricorre Giorgio Iozia con atto affidato ad un solo motivo.
L’Agenzia delle entrate, a mezzo dell’Avvocatura generale
dello Stato, ha depositato un atto di costituzione finalizzato
alla partecipazione all’udienza di discussione.
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.,
omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il
giudizio.
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dalla lettura del preliminare era emerso che la somma di euro

Il ricorrente, dopo aver trascritto il contenuto del
contratto ed i capitoli di prova sui quali aveva deposto il
teste Denaro, rileva che quest’ultimo, nel rispondere
affermativamente alla domanda a lui formulata circa la
restituzione della somma di euro 15.000, aveva risposto a tutto

somma, lo Iozia aveva restituito anche quella di euro 3.000 a
titolo di risarcimento danni. La Corte d’appello avrebbe
tralasciato tale ulteriore aspetto della deposizione che
avrebbe dovuto indurre quanto meno ad accogliere la domanda
limitatamente alla somma di euro 3.000, ulteriore rispetto a
quella della caparra.
1.1. Il motivo non è fondato.
1.2. La sentenza in esame ha preso le mosse dalla
circostanza confermata anche dal ricorrente nella sede
odierna (v. p. 8 del ricorso) – che lo Iozia aveva lamentato
nell’atto di citazione del giudizio di primo grado di aver
subito un danno economico pari ad euro 15.000, consistente
nella restituzione del doppio della caparra ricevuta; ed ha
invece affermato che quella somma costituiva la mera
restituzione della somma ricevuta in occasione della stipula
del contratto preliminare e non il doppio di tale importo.
A fronte di siffatta ricostruzione, il ricorrente lamenta
la mancata considerazione, da parte della Corte d’appello, del
fatto che, in sede di deposizione testimoniale del promissario
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il capitolo di prova, nel quale si dava atto che, oltre a detta

acquirente Emanuele Denaro,

questi aveva dato risposta

affermativa su un capitolo di prova nel quale gli era stato
chiesto se, oltre ai 15.000 euro, avesse ricevuto anche
l’ulteriore somma di euro 3.000 a titolo di risarcimento dei
danni. Tale capitolo di prova era stato formulato, ai sensi

2006.
1.3. Osserva il Collegio che la sentenza impugnata non
affronta in alcun modo questo aspetto della vicenda, ossia la
restituzione di complessivi euro 18.000, di cui euro 3.000 a
titolo risarcitorio. Non risulta, però, che tale profilo sia
stato mai posto all’attenzione della Corte d’appello; o,
almeno, se anche non fosse così, l’odierno ricorrente non mette
la Corte in condizioni di sapere se, dove e come il punto sia
stato sollevato in sede di merito. Dalla lettura dell’odierno
ricorso, infatti, nelle pagine in cui viene riportato il
contenuto delle opposte difese avanzate in sede di appello (pp.
17-29), non c’è alcun accenno al capitolo di prova dal quale
emergerebbe la questione sopra descritta, né lo Iozia ha
proposto appello incidentale nei confronti della sentenza del
Tribunale in relazione al mancato riconoscimento dell’ulteriore
somma di euro 3.000. Pertanto, poiché l’odierno ricorso non
contesta l’omessa pronuncia quanto, piuttosto, il vizio di
motivazione, è palese che non vi sono elementi per ritenere che
la questione sia stata posta all’esame della Corte d’appello,
6

dell’art. 184 cod. proc. civ., all’udienza del 18 dicembre

con la conseguenza che il motivo di ricorso finisce col porre
al giudice di legittimità una valutazione di merito in
relazione ad un profilo mai esaminato.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato

Sussistono tuttavia le condizioni di cui all’art. 13, comma
1-quater,

del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento,

da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma

1-quater,

del d.P.R. n. 115

del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 19 gennaio 2016.

svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimata.

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