Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8045 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8045 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso 30638-2011 proposto da:
UGGERI

PAOLO

GGRPLA53P12C8171,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TRONTO 32, presso lo studio
dell’avvocato GIULIO MUNDULA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MARCO BRANZOLI giusta
procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA già NUOVA TIRRENA SPA per
atto di fusione per incorporazione, con contestuale
cambio di denominazione sociale, in persona dell’Avv.

1

Data pubblicazione: 21/04/2016

SIMONE CHINI, in qualità di Direttore Area Legale,
elettivamente domiciliata in ROMA, V. DELLA CROCE 44,
presso lo studio dell’avvocato ERNESTO GRANDINETTI,
che la rappresenta e difende giusta procura speciale
in calce al controricorso;

nonchè contro

FIORI COSTANTINO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 5200/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/12/2010, R.G.N.
10314/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/01/2016 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato GIULIO MUNDULA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per
l’accoglimento del 5 0 motivo di ricorso, rigetto
degli altri;

2

– controricorrente –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Paolo Uggeri convenne in giudizio, davanti al Tribunale di
Roma, Costantino Fiori e la s.p.a. Nuova Tirrena Assicurazioni,
chiedendo il risarcimento dei danni subiti in un incidente
stradale nel quale egli viaggiava, in qualità di trasportato, a

l’aeroporto di Alghero, aveva perso il controllo del mezzo,
finendo contro un albero e causando all’attore gravissime
lesioni.
Si costituì la sola società di assicurazioni, chiedendo il
rigetto della domanda, mentre il Fiori rimase contumace.
All’esito dell’istruttoria,

il Tribunale accolse la domanda,

dichiarò che l’incidente era da ricondurre a responsabilità
esclusiva del Fiori e condannò i convenuti, in solido, al
risarcimento dei danni liquidati nella misura di euro 150.500,
oltre interessi e con il carico delle spese di giudizio.
2.

La pronuncia è stata appellata dall’Uggeri in via

principale e dalla società Nuova Tirrena Assicurazioni in via
incidentale.
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 10 dicembre
2010, in parziale accoglimento dell’appello principale, ha
condannato il Fiori e la società di assicurazione al pagamento
dell’ulteriore somma di

euro

30.000 a titolo di danno morale,

nonché al rimborso della somma di euro 414 per spese di
consulenza tecnica di parte; in parziale accoglimento
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bordo del taxi condotto dal Fiori il quale, nel raggiungere

dell’appello incidentale, dato atto del versamento, da parte
della società di assicurazione, della somma di euro 107.813, ha
disposto che dalle somme da versare all’Uggeri fosse detratta
– quella ora indicata; ha confermato, nel resto, la pronuncia di
primo grado e ha condannato il Fiori e la società Nuova Tirrena

2.1. Ha osservato la Corte territoriale che, quanto alla
liquidazione del danno biologico, era da respingere il motivo di
appello col quale ci si doleva della mancata applicazione delle
tabelle milanesi; non vi erano ragioni, infatti, per le quali il

Tribunale avrebbe dovuto disattendere le tabelle

in uso presso

gli Uffici giudiziari della Capitale, tanto più che la somma
riconosciuta a quel titolo – pari ad euro 80.000 – era conforme
alle tabelle romane, tenendo conto dell’età del danneggiato e
della percentuale di invalidità accertata.
2.2. Quanto al danno estetico, la Corte ha pure rigettato il
motivo di appello, rilevando che il Tribunale aveva tenuto
conto, nella liquidazione del danno biologico, anche degli
«esiti cicatriziali» di cui alla c.t.u., oggetto della specifica
domanda dell’Uggeri.
2.3. Ha invece ritenuto la Corte di merito di dover
incrementare la liquidazione del danno morale, in considerazione
delle «cure rischiose e dolorose» che il danneggiato aveva
dovuto affrontare, ed ha riconosciuto un aumento pari alla metà
della somma liquidata per il danno biologico (euro 40.000).
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Assicurazioni al pagamento delle ulteriori spese del grado.

2.4. È stato poi respinto il motivo di appello volto ad
ottenere la liquidazione del danno patrimoniale. Ha rilevato la
Corte che, essendo tardivi i documenti nuovi prodotti in
appello, non vi era alcuna prova del fatto che l’Uggeri,
dipendente del Banco di Sardegna, non avesse ottenuto la nomina

vi era stata, a suo danno, alcuna diminuzione dello stipendio,
avendo egli continuato a svolgere «la stessa attività e gli
stessi compiti che svolgeva prima dell’incidente», con uno
stipendio variato a seconda dell’evoluzione della contrattazione
di settore.
2.5. In relazione alla richiesta di ulteriori somme a titolo
di danno esistenziale e danno alla vita di relazione, la Corte
d’appello ha osservato che non risultava che la vittima avesse
dimostrato di aver provato «uno specifico pregiudizio
esistenziale (oltre quello presunto ed uguale per tutti)» tale
da giustificare un ulteriore risarcimento.
2.6. La sentenza ha poi respinto anche il motivo col quale il
danneggiato aveva chiesto il riconoscimento del maggior danno
conseguente al tasso di redditività dei suoi risparmi, mancando
la prova che l’Uggeri avesse investito i suoi risparmi ad un
tasso maggiore di quello liquidato dal Tribunale a titolo di
rivalutazione.
2.7. Quanto, infine, alla liquidazione delle spese di
giudizio, la Corte d’appello ha dichiarato l’infondatezza del
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a direttore in conseguenza dei danni subiti nell’incidente; né

relativo motivo di appello – salvo che per il rimborso delle
spese della c.t. di parte – osservando che il difensore si era
limitato ad una generica doglianza di inadeguatezza, senza
indicare le specifiche voci tariffarie violate.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre

Resiste con controricorso la Groupama Assicurazioni s.p.a.,
già Nuova Tirrena Assicurazioni.
Le parti hanno depositato memorie.
Con ordinanza 1 0 giugno 2015, n. 11356, questa Corte ha
disposto il rinvio a nuovo ruolo per consentire il rinnovo della
notifica del ricorso a Costantino Fiori; dopo di che il ricorso
è stato discusso all’udienza pubblica del 19 gennaio 2016.

moTrvI

DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione e
falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 cod.
civ., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine alla liquidazione del danno biologico ed
all’invalidità permanente.
Osserva il ricorrente che la mancata applicazione delle
tabelle milanesi nella liquidazione del danno – motivata dalla
Corte d’appello in modo non adeguato – avrebbe determinato per
il danneggiato un’evidente diminuzione risarcitoria priva di
giustificazione. Si osserva che il danno biologico doveva essere
liquidato, secondo le tabelle del 2002, nella somma di euro
6

Paolo Uggeri con atto affidato a cinque motivi.

100.694,05, divenuta euro 184.678 secondo le tabelle del 2011;
tale somma avrebbe potuto e dovuto essere incrementata del 20
per cento, arrivando ad euro 220.000. Quanto all’invalidità
– temporanea, essa avrebbe potuto essere determinata in euro 150
al giorno (per un totale di euro 18.000 quanto all’invalidità

Le tabelle milanesi costituiscono, secondo il ricorrente,
«prassi e consuetudini» che, attesa la loro natura di fonti del
diritto, non dovrebbero essere specificamente allegate.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Si osserva, innanzitutto, che questa Corte, con la nota
sentenza 7 giugno 2011, n. 12408, correttamente richiamata dal
ricorrente, ha stabilito che le tabelle adottate dal Tribunale
di Milano per la liquidazione del danno biologico garantiscono
un’uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale e
sono, pertanto, da assumere come parametro ai fini della
valutazione equitativa di tale voce di danno. La citata
sentenza, però, seguita da altre più recenti (v. la sentenza 13
novembre 2014, n. 24205), ha anche aggiunto che, affinché il
profilo di una liquidazione eventualmente inferiore conseguente
all’applicazione di tabelle diverse possa essere oggetto di
ricorso per cassazione per violazione di legge, occorre da una
parte che la questione sia stata posta in sede di giudizio di
merito e, dall’altra, che le tabelle milanesi siano state
versate in atti.
7

assoluta ed euro 4.500 per quella parziale).

Nel caso in esame, è pacifico che la questione è stata posta
alla Corte d’appello di Roma, come risulta dal tenore della
sentenza impugnata la quale ha dato atto che il primo motivo di
appello lamentava, appunto, la mancata applicazione delle
tabelle milanesi. Non risulta però dimostrato – né l’odierno

d’appello di Roma avesse realmente a disposizione, siccome
prodotte dall’odierno appellante, dette tabelle. Dalla lettura
della sentenza impugnata, invece, emerge solo che la Corte di
merito ha ritenuto congrua la somma di euro 80.000 già liquidata
dal Tribunale, in quanto conforme a quanto stabilito dalle
tabelle in uso presso il Tribunale di Roma. Il ricorso, d’altra
parte, mentre nulla dice sull’effettiva produzione delle tabelle
milanesi in sede di giudizio di appello, si limita ad indicare
alcuni conteggi, affatto generici e privi di supporto
documentale, secondo i quali quelle tabelle avrebbero consentito
una liquidazione maggiore; ma in tal modo esso non mette questa
Corte in condizioni di valutare se effettivamente, ed in quale
misura, il giudice d’appello abbia liquidato una somma minore
rispetto alle tabelle assunte come parametro generale.
Ne consegue, pertanto, che il motivo è inammissibile.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione e
falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 cod.
civ., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione in ordine alla liquidazione del danno estetico.
8

ricorso fornisce alcun ausilio sul punto – che la Corte

Rileva il ricorrente che l’espletata c.t.u. aveva omesso ogni
valutazione degli esiti cicatriziali e del dimorfismo del naso;
ciò avrebbe dovuto indurre il giudice ad una liquidazione
separata ed ulteriore rispetto al danno biologico, mentre la
motivazione della sentenza appare carente sul punto.

La giurisprudenza di questa Corte ha ormai da tempo
affermato, con un orientamento al quale si intende dare
continuità, che il danno estetico, siccome facente parte
dell’unitario concetto di danno biologico, non è suscettibile di
un’autonoma valutazione, non costituendo un pregiudizio diverso
da quello già risarcito in occasione della liquidazione del
danno biologico (v. sentenze 16 maggio 2013, n. 11950, 23
settembre 2013, n. 21716, e 7 novembre 2014, n. 23778).
Nel caso specifico, poi, la Corte d’appello ha dato atto che
nella valutazione del danno biologico compiuta dal primo
giudice, sulla base degli esiti della disposta c.t.u., si era
anche tenuto conto degli esiti cicatriziali dei quali oggi il
ricorrente lamenta l’omesso risarcimento.
3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta violazione e
falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 cod.
civ., degli artt. 183, 184 e 345 cod. proc. civ., oltre ad
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione
al danno patrimoniale da lucro cessante.

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2.1. Il motivo non è fondato.

Premette il ricorrente che la documentazione da lui prodotta
in appello avrebbe dovuto essere considerata ammissibile, perché
nei termini di cui all’art. 184 cod. proc. civ. era disponibile
solo la dichiarazione dei redditi dell’anno 2000, per cui le
dichiarazioni degli anni successivi ben potevano essere prodotte

subito un danno patrimoniale in conseguenza della perdita di
opportunità di avanzamento in carriera, perché la sua possibile
nomina a direttore di banca non era stata più presa in
considerazione per il fatto che egli, a causa dei danni
sofferti, non poteva viaggiare di frequente per recarsi a
Sassari, sede principale della banca.
3.1. Il motivo non è fondato.
La Corte di merito,

con un accertamento in fatto

correttamente motivato e privo di vizi logici, muovendo dalla
corretta premessa secondo la quale la perdita o la diminuzione
della capacità lavorativa specifica non comporta di per sé il
diritto al risarcimento danno patrimoniale – danno che deve
essere invece dimostrato – è pervenuta alla conclusione che
l’Uggeri non avesse fornito una prova adeguata sul punto. Ed ha
supportato tale affermazione sia in relazione alla mancata
promozione a direttore di banca che alla presunta riduzione o
significativa variazione della retribuzione percepita. Sotto
questo profilo, quindi, le osservazioni critiche alla
motivazione della sentenza mosse alle pp. 9-11 del ricorso si
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in appello. Quanto al merito, il ricorrente sostiene di aver

risolvono nell’evidente tentativo di ottenere in questa sede una
nuova e non consentita valutazione del merito.
In relazione, invece, alla prima parte della censura – con la
quale si lamenta che la Corte d’appello avrebbe errato nel
dichiarare tardiva la produzione di alcuni documenti attestanti

immediatamente successivi all’incidente – la Corte rileva che
essa è formulata in modo non rispettoso dell’art. 366, primo
comma, n. 6), cod. proc. eiv., perché si limita ad un generico
richiamo a documenti senza indicarne in alcun modo l’effettivo
contenuto; per cui, anche ammesso che la Corte d’appello abbia
errato nel dichiararne l’inutilizzabilità, il Collegio non è
comunque in grado di stabilire il grado di decisività dei
documenti non considerati.
Il motivo, quindi, è nel suo complesso privo di fondamento.
4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione agli
interessi per ritardato pagamento, oltre a violazione degli
artt. 1223, 1224, 1225 e 1226 del codice civile.
Osserva il ricorrente che la sentenza impugnata non ha
riconosciuto il suo diritto a percepire gli interessi per il
ritardato pagamento nella misura pari a quella del

prime rate

della banca presso cui egli lavorava. Egli, infatti, era
dipendente di banca ed era logico che i suoi risparmi sarebbero
stati investiti secondo gli stessi canali valevoli per la banca,
11

redditi realmente conseguiti dal ricorrente negli anni

per cui la motivazione sarebbe carente nella parte in cui gli ha
negato tale risarcimento ulteriore.
4.1. Il motivo non è fondato.
Osserva la Corte che su questo punto la sentenza d’appello,
con una motivazione essenziale ma comunque corretta e priva di

dall’appellante in ordine alla sussistenza del maggior danno
conseguente all’impossibilità di disporre di somme che sarebbero
state destinate, nell’assunto del ricorrente, a lucrosi
investimenti.
Il motivo in esame, richiamando in modo generico alcuni
documenti asseritamente prodotti in sede di merito, si risolve
anch’esso nell’evidente tentativo di ottenere in questa sede una
nuova e non consentita valutazione del merito.
5. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione e violazione degli
artt. l e 4 del d.m. 8 aprile 2004, n. 127, in ordine alla
liquidazione delle spese giudiziali di primo e secondo grado.
Osserva il ricorrente che le voci tariffarie erano state
indicate nell’atto di appello e nella nota spese depositata in
primo grado, evidenziando che la liquidazione non era conforme.
A fronte di simile richiesta, la Corte di merito non poteva
determinarsi ad una globale liquidazione inferiore alla
richiesta, perché dovrebbe essere il giudice a specificare le
ragioni di una liquidazione dei compensi e delle spese.
12

vizi logici, ha affermato che nessuna prova era stata fornita

5.1. Il motivo è inammissibile.
Questa

Corte

ha

in

più

occasioni

affermato,

con

giurisprudenza ormai consolidata, che la contestazione in sede
di legittimità della presunta violazione, da parte del giudice
di merito, delle tariffe forensi, in particolare per quanto

tariffe applicabili e delle violazioni compiute in ordine alle
medesime (v., tra le altre, la sentenza 29 ottobre 2014, n.
22983, e l’ordinanza 10 febbraio 2015, n. 2532).
Il motivo in esame, invece, non si attiene a tale regola,
limitandosi genericamente ad affermare che la liquidazione
compiuta dal Tribunale era stata puntualmente contestata in sede
di appello e che la Corte d’appello avrebbe liquidato le spese
con una cifra a forfait,

«del tutto scollegata dal principio di

soccombenza e dagli scaglioni tariffari, sempre di fronte ad una
nota spese analitica prodotta dalla difesa dell’odierno
ricorrente». Ed è evidente che una censura così formulata non
risponde alle condizioni poste dalla giurisprudenza di questa
Corte, poiché non consente alcuna verifica circa l’effettiva
sussistenza o meno della prospettata violazione tariffaria.
6. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale pronuncia segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
conformità ai soli parametri introdotti dal decreto ministeriale

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riguarda í minimi, richiede una specifica indicazione delle

10 marzo 2014, n. 55, sopravvenuto a disciplinare i compensi
professionali.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte

rigetta

il ricorso e

condanna

il ricorrente al

pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in

generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 19 gennaio 2016.

complessivi euro 7.800, di cui euro 200 per spese, oltre spese

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