Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8043 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8043 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA
sul ricorso 16460-2013 proposto da:
MAIANTI

ATTILIO

MNTTTL47A07G859S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEGLI $CTA.LOrA
studio dell’avvocato LUIGI OTTAVI,

prl=ggn

ln

che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato MARIO WALTER FASSIO
giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrentecontro

ZIGLIOLI

&

C.

S.R.L.

in

persona

del

legale

rappresentante pro tempore ZIGLIOLI GIOVANNI, in
ROMA,

VIA A.

BAIAMONTT 4,

presso lo studio

Data pubblicazione: 21/04/2016

dell’avvocato RENATO AMATO, rappresentata e difesa
dall’avvocato GUGLIELMO TROMBETTA giusta procura
speciale a margine del controricorso;
– controricorrente nonchè contro

– intimate –

avverso la sentenza n. 1064/2012 della CORTE
D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 25/09/2012,
R.G.N. 1348/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/01/2016 dal Consigliere Dott. DANILO
SESTINI;
udito l’Avvocato LUIGI OTTAVI;
udito l’Avvocato RENATO AMATO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CARDINO che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

F.A.C.A.L. SRL, MILANO ASSICURAZIONI SPA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Attilio Maianti convenne in giudizio la
Ziglioli e C. s.r.l. e la F.A.C.A.L. s.r.l. per
sentirle condannare a risarcirgli i danni subiti a
seguito del cedimento di una scala componibile

F.A.C.A.L., assumendo che il cedimento e la
rovinosa caduta dell’attore erano dipesi da vizio
del prodotto, ossia dal precario innesto tra il
primo e il secondo elemento della scala.
La Ziglioli chiamò in causa la propria
assicuratrice Milano Assicurazioni s.p.a. per
l’eventuale manleva.
Il Tribunale rigettò la domanda, richiamando,
fra l’altro, l’esito della C.T.U. che aveva
escluso carenze del sistema di aggancio tra gli
elementi della scala.
La Corte di Appello di Brescia ha rigettato il
gravame del Maianti, confermando interamente la
sentenza impugnata.
Ricorre per cassazione il Maianti affidandosi a
cinque motivi; resiste la Ziglioli a mezzo di
controricorso, mentre le altre intimate non
svolgono attività difensiva.
Entrambe le parti costituite hanno depositato
memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

In relazione alle contestazioni svolte

dall’appellante sulla metodologia adottata dal
C.T.U., la Corte ha affermato che il consulente è
3

venduta dalla Ziglioli e prodotta dalla

”libero di adottare il sistema di indagine
ritenuto più congruo per rispondere al quesito del
giudice”, rilevando che il perito di parte attrice
non aveva mosso obiezioni alla prova pratica sulla
scala effettuata dal C.T.U. ed evidenziando che

normali condizioni di utilizzo; ha concluso
pertanto che l’elaborato di consulenza tecnica si
presentava “esauriente nella trattazione del
quesito, approfondito nelle prove tecniche e
persuasivo nelle conclusioni”.
In

merito

alla

valutazione

delle

due

testimonianze acquisite, la Corte ha dichiarato di
condividere

integralmente

la valutazione

di

sostanziale irrilevanza compiuta dal primo
giudice, così ribadendo il ruolo decisivo che
doveva essere riconosciuto alla relazione di
consulenza.
2.

Il primo motivo di ricorso -proposto ex

art. 360 n. 4 C.P.C.- deduce la violazione degli
artt. 61, 62, 64, 191, 194 e 132, n. 4 C.P.C. e
“la conseguente nullità della sentenza in
relazione alla tesi enunciata dalla Corte di
merito della totale libertà del consulente tecnico
nella scelta della metodologia di indagine e dei
criteri e metodi di accertamento utilizzabili per
l’espletamento dell’incarico”; assume il
ricorrente che il C.T.0 ha obblighi di particolare
competenza tecnica che gli impongono di
“uniformarsi ai doveri di comportamento imposti da
4

tale prova era stata ben più severa rispetto alle

norme di legge o suggeriti dalle conoscenze
sperimentali o tecniche del momento”, mentre la
prova effettuata dal C.T.0 “in modo affatto
dilettantesco non era certamente quella prevista
dalle norme tecniche per saggiare la resistenza

base della decisione”; evidenzia che la sentenza
difetta di qualsiasi adeguata attività valutativa
sostanziale e che “la genericità del richiamo alle
argomentazioni del C.T.U. è incompatibile con
l’obbligo di motivazione incombente sul giudice di
merito in presenza di puntuali e specifiche
censure, con evidente violazione del disposto
dell’art. 132 n. 4 C.P.C.”.
3.

Il secondo motivo -ex art. 360 n. 3

C.P.C.- prospetta “la nullità della sentenza per
violazione delle prescrizioni della norma tecnica
UNI EN 131 parte 2 ° paragrafo 4.9. resa
obbligatoria con pieno livello di cogenza dal D.M.
23.3.2000” e “comunque per violazioni delle norme
prevenzionali di buona tecnica costruttiva”.
Assume il ricorrente che la prova effettuata
dal C.T.U. (con la scala in posizione quasi
orizzontale) era stata difforme rispetto a quella
prescritta dalla citata normativa UNI EN (che
prevedeva che la scala venisse posta in posizione
verticale) e che ciò rendeva “priva di base
tecnica e di fondamento giuridico la conclusione
del C.T.U.”, con la conseguenza che la sentenza,
“riconoscendo come valida e probante una prova
5

del giunto incriminato e non poteva essere posta a

nel

incorsa

normativamente

quella

da

diversa

cui

vizio

di

terzo

motivo

obbligatoria,

è

n.

3

all’art.

360

(dedotto

ai

C.P.C.”.
4.

Col

dell’art.

360

n.

5

C.P.C.),

il Maianti

si

sensi
duole

della scala che pure risultavano descritte sia
nella relazione del C.T.U. che in quelle dei
consulenti di parte attrice, con ciò incorrendo
nell’omesso esame di fatti decisivi per il
giudizio che erano stati oggetto di discussione
fra le parti.
5.

Col quarto motivo (dedotto anch’esso ex

art. 360 n. 5 C.P.C.), il ricorrente si duole
della “mancata considerazione delle abrasioni e
scheggiature sul primo e sul secondo elemento
della scala in corrispondenza dei punti di
aggancio fra i due tronchi”, che costituivano
“chiaro indice dell’avvenuto anomalo sganciamento
del secondo elemento dal primo”.
6.

L’ultimo motivo -proposto ex art. 360 n. 4

c.p.c. – censura la Corte per non avere ammesso
l’ispezione della scala o la rinnovazione della
C.T.U. o, quanto meno, il richiamo a chiarimenti
del consulente, ed assume che ciò aveva comportato
“la nullità della sentenza per violazione degli
artt. 258, 191, 196, 61, 62 e 134 C.P.C., 24 e 111
Cost. avendo la Corte di merito ingiustamente e
senza sostanziale motivazione negato ingresso alle
istanze dell’attore”.
6

che la Corte non abbia tenuto conto delle anomalie

7.

Il ricorso va rigettato.

7.1. I primi quattro motivi sono inammissibili
per violazione dell’art. 366, co. 1 0 , n. 6)
c.p.c., nella parte in cui investono il contenuto
della relazione di C.T.U., omettendo tuttavia di

l’effettivo tenore e a consentire di cogliere la
decisività delle censure.
7.2. I primi due motivi sono inoltre infondati
nella parte in cui si dolgono della mancata
applicazione della norma UNI EN 131, in quanto
tale norma (che attiene alle caratteristiche
produttive e alle prove che il prodotto deve
superare per conseguire la certificazione di
conformità alle normative sulla sicurezza) non
vincolava il c.t.u., che ben poteva decidere di
effettuare prove “più severe” (come sottolineato
in sentenza): ne consegue che l’affermazione della
Corte circa la facoltà del C.T.0 di adottare il
metodo di indagine ritenuto più congruo non merita
censura, in quanto, lungi da(‘ rimettere al mero
arbitrio del consulente la scelta del metodo di
accertamento, è contestualizzata dalla
precisazione che il c.t.p. di parte attrice non
aveva contestato il tipo di prova effettuata e che
si trattava di prova più severa rispetto alle
normali condizioni di utilizzo.
7.3. Il

terzo e

il

quarto motivo

sono

ulteriormente inammissibili poiché, a fronte di
una consulenza e di una sentenza che hanno
7

trascriverla nella misura necessaria a verificarne

esaminato compiutamente il profilo dell’esistenza
di vizi costruttivi, pretendono di individuare il
vizio di omesso esame di un fatto decisivo (ai
sensi del novellato art. 360 n. 5 C.P.C.) nella
mancata specifica considerazione di singoli

ricorrente- deporrebbero nel senso del vizio, così
proponendo una non consentita parcellizzazione del
fatto decisivo e introducendo considerazioni volte
-nella sostanza- a sollecitare un’inammissibile
diversa lettura delle risultanze istruttorie.
7.4. Anche l’ultimo motivo va disatteso in
quanto il giudice non era tenuto ad aderire
all’istanza di ispezione di rinnovazione della
consulenza nel momento in cui disponeva di una
relazione di consulenza che reputava esauriente ed
affidabile.
8.

Le spese di lite seguono la soccombenza.

9.

Trattandosi

di

ricorso

proposto

successivamente al 30.1.2013, ricorrono le
condizioni per l’applicazione dell’art. 13, comma
1 quater del D.P.R. n. 115/2002.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente a rifondere alla controricorrente le
spese di lite, liquidate in euro 7.200,00 (di cui
euro 200,00 per esborsi), oltre rimborso spese
forfettarie e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R.
n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei
8

elementi che -secondo la prospettazione del

presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del coma 1-bis dello stesso
articolo 13.

Roma, 19.1.2016

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