Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8040 del 08/04/2011

Cassazione civile sez. un., 08/04/2011, (ud. 01/03/2011, dep. 08/04/2011), n.8040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNTITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente agg. –

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente di sezione –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 16498 del Ruolo Generale degli affari

civili del 2010, proposto da:

REGIONE CALABRIA, in persona del presidente della Giunta regionale,

autorizzato a stare in giudizio con decreto del dirigente

dell’Avvocatura regionale ed elettivamente domiciliato in Roma alla

Via Ottaviano n. 9 presso l’avv. Graziano Pungi, rappresentata e

difesa per procura a margine del ricorso, dall’avv. Mariano Calogero

di detta Avvocatura.

– ricorrente –

contro

IMPRESE AUTOLINEE SCURA – I.A.S. s.r.l. con sede in

(OMISSIS), in persona dei suoi amministratori p.t. S.G. e

C.M.F., elettivamente domiciliati in Roma al Viale

Bruno Buozzi n. 99, presso l’avv. Mazzotta Stefano che, con l’avv.

Alfonso Guglielmini di Catanzaro, la rappresenta, e difende per

procura a margine del controricorso.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1062 del

2009 dell’1 – 22 dicembre 2009.

Sentito, all’adunanza del 1 marzo 2011, l’avv. Calogero per la

Regione Calabria e il P.G. Dr. Domenico Iannelli che nulla ha

osservato sulla relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. E’ stata depositata in cancelleria il 1 dicembre 2010 la seguente relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. dal consigliere designato dal primo presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione:

“FATTO: La impresa Autolinee Scura – I.A.S. s.r.l. chiedeva, con ricorso del 17 ottobre 2003, e otteneva, dal Tribunale di Catanzaro, decreto ingiuntivo n. 686 del 2003, per il pagamento di Euro 1.453.314,00, oltre interessi legali dal 16 marzo 1998, a titolo di contributi ad essa spettanti per la differenza tra il costo del servizio di autotrasporto in concessione da essa esercitato e il ricavo “standard” per l’anno 1987, liquidato in base alla L.R. 14 marzo 1982, n. 7 e alla Delib. della G.R. 14 novembre 1988, n. 4973, che aveva ad oggetto il ricalcolo dei nuovi costi standardizzati di esercizio, secondo la metodologia di cui alla Delib. 27 luglio 1988, n. 3005, pervenendo all’accreditamento della somma di cui all’ingiunzione, determinata a copertura delle perdite sofferte dalle imprese concessionarie per l’attuazione del servizio. Con la sua opposizione notificata il 7 novembre 2003, la Regione Calabria aveva eccepito il difetto di giurisdizione dell’A.G.O., ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, perchè la scelta di attribuire o meno il contributo rimane espressione di un potere autoritativo e discrezionale, costituendo la posizione giuridica della concessionaria un interesse legittimo fino alla verifica della posizione dell’impresa ad opera della Commissione tecnica regionale, che avrebbe dovuto esprimere il suo parere idoneo a modificare in diritto la indicata posizione soggettiva, sulla base di un piano di riparto delle disponibilità di bilancio da approvare dal Consiglio regionale.

Ad avviso della Regione, la domanda di pagamento era infondata, in quanto per l’anno 1987 non era stato approvato il costo economico standardizzato del servizio a consuntivo, per cui potevano pagarsi solo acconti del dovuto ai sensi della L.R. n. 7 del 1982, art. 8, come modificato dalla L.R. 11 luglio 1983, n. 22, e le somme già pagate erano solo acconti da rapportare nei limiti del finanziamento disposto.

L’eccezione di cui sopra sui poteri cognitivi del giudice ordinario era accolta con sentenza n. 87 del 4 febbraio 2008 dal tribunale adito, che dichiarava il suo difetto di giurisdizione, senza valutare in alcun modo le eccezioni di merito ostative al riconoscimento del credito della società e revocava il decreto.

Sull’appello contro tale pronuncia, proposto dalla società concessionaria, che insisteva per la dichiarazione della giurisdizione dell’A.G.O. sulla base della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, che attribuisce la cognizione delle controversie relative a “canoni, indennità e altri corrispettivi” al giudice ordinario e per essere, la Delib. n. 5540 del 1992 della G.R. mero atto ricognitivo dell’esistente debito, la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 1 – 22 dicembre 2009, ha dichiarato la giurisdizione dell’A.G.O. sulla controversia e rimesso la causa al tribunale che l’aveva denegata, ai sensi dell’art. 353 c.p.c..

Ritenuto che i poteri cognitivi delle distinte giurisdizioni – ordinaria e amministrativa – debbano accertarsi sulla base del cd.

petitum sostanziale, da individuare con la causa petendi dell’azione, indipendentemente dalla fondatezza nel merito della domanda, la Corte ha rimesso al Tribunale l’esame sulle eccezioni di merito, che non comportano spostamento della giurisdizione.

Ad avviso dei giudici di appello, i contributi pretesi con il decreto ingiuntivo si possono qualificare corrispettivi del servizio in concessione, ai sensi della L. n. 1034 del 1971, art. 5 e quindi la causa spetta alla cognizione del giudice ordinario, che deve pronunciarsi su un credito della concessionaria nei confronti della concedente, con esclusione di ogni potere autoritativo e/o di discrezionalità della Regione nel liquidare il dovuto alla società di autotrasporti.

Per la cassazione dell’indicata sentenza ha proposto ricorso notificato il 14 giugno 2010, articolato in sei motivi, la Regione Calabria e si difende la Imprese Autolinee Scura -I.A.S. s.r.l con controricorso del 23 luglio successivo.

DIRITTO. I sei motivi di ricorso deducono: a)violazione dell’art. 360, comma 1, n. 1 e art. 103 Cost., per avere la Corte d’appello violato i principi in materia di riparto di giurisdizione, affermando l’esistenza del diritto di credito, prima della delibera della Giunta Regionale di liquidazione di esso in via definitiva, dovendosi ritenere inidonee a tal fine le Delib. n. 4973 del 1998 e Delib. 5540 del 1992, che avevano approvato solo i costi e i correlati disavanzi standardizzati, e sono il dato di partenza per calcolare i contributi, che possono erogarsi solo dopo l’approvazione del piano di riparto dei fondi disponibili tra le varie imprese concessionarie, piano che conclude il procedimento ricognitivo del debito, che non sussiste senza l’atto conclusivo di riparto indicato, in difetto del quale manca ogni diritto soggettivo. Le delibere costituenti causae petendi del ricorso per decreto ingiuntivo sono solo atti endoprocedimentali, successivamente revocati con la delibera del 1993, emessa in attesa delle decisioni della Commissione tecnica di cui sopra e la Corte di merito non ha motivato su di esse e sulla revoca ora indicata, b) violazione della L. 10 aprile 1981, n. 51, art. 360, comma 1, n. 1 e 3, e di varie norme regionali, tra cui la L.R. n. 12 del 1997, art. 5, comma 6, e L. n. 14 del 2000, art. 7 bis, anche per carente motivazione su punti decisivi della controversia, in quanto, per la ricorrente, non è un diritto l’oggetto del cd. petitum nella presente azione, mancando il riconoscimento esterno di tale posizione soggettiva, non potendo configurarsi il contributo come mero disavanzo standardizzato di esercizio neppure alla luce delle delibere invocate da controparte, in cui non vi sono gli elementi che consentano di ritenere definito il credito fondato sul disavanzo effettivo, atti che, in ogni caso, sono stati revocati, non essendo motivata la sentenza sulla mancata previsione dei crediti nei provvedimenti a base della richiesta di pagamento e sulla revoca degli stessi, rilevando la delibera di accertamento del disavanzo di esercizio senza incidere sulla liquidazione del dovuto condizionato anche alle disponibilità di bilancio della Regione; c) violazione degli artt. 360 e 386 c.p.c., per la erronea valutazione del cd. petitum sostanziale nel caso di specie, che non tiene conto della disciplina legale dei contributi e identifica la posizione soggettiva sulla base della protezione accordata in astratto alla pretesa azionata nel caso concreto; d) erronea attribuzione della giurisdizione all’A.G.O. per la errata identificazione dei contributi di esercizio come corrispettivi dei servizi, non potendo tale definizione porsi a base della soluzione della controversia sulla giurisdizione nel caso concreto, senza considerare che la L. n. 1034 del 1971, art. 5 è stato superato dalla disciplina legislativa del 1998 e del 2000, che assegna alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche vertenze del tipo di quella presente; e) si insiste nel lamentare le:

violazioni delle norme di cui agli articoli precedenti, anche per la disapplicazione della normativa regionale nella materia che ha sostituito, con la legge regionale 28 agosto 2000 n. 14, ogni norma precedente, implicitamente abrogandola, dovendosi applicare il principio del disavanzo “effettivo” e non potendo valere le delibere regionali a base del ricorso per decreto ingiuntivo, senza la loro assunzione definitiva e la approvazione del piano di riparto che tiene conto non di un mero disavanzo virtuale o “standardizzato”, come quello a base dei contributi oggetto di causa, previsti in ragione della normativa regionale previgente e da ritenere riconosciuti solo in via astratta; f) si lamenta infine la omessa applicazione del procedimento previsto nelle nuove norme regionali nella materia con conseguente inidoneità della motivazione a giustificare la cognizione di questa causa dal giudice ordinario. Il motivi di ricorso sono manifestamente infondati perchè tendono a dimostrare nel merito la mancanza del credito azionato da controparte, ma non incidono in concreto sulla questione di giurisdizione, non escludendo che oggetto della domanda è comunque un diritto, nessun rilievo avendo “la pertinenza” di esso per l’attrice, e quindi la fondatezza dell’azione, con la conseguenza che, ai sensi dell’art. 386 c.p.c., comunque non possono dar luogo al disconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario, con logico assorbimento di tutte le questioni relative alla fondatezza della domanda prospettata con la richiesta di ingiunzione che è oggetto della causa, che dovrà esaminare il giudice di primo grado a cui la stessa è stata rinviata dalla Corte di appello di Catanzaro, che ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario negata in primo grado.

Sussiste chiaro un diritto all’applicazione dei criteri di legge che qualificano il contributo come credito della concessionaria, che agisce in giudizio con una causa petendi costituita da provvedimenti e comportamenti della Regione Calabria che ne confermano l’esistenza, essendo ricognitivi della posizione soggettiva delle imprese di trasporto, mentre le deduzioni di cui in ricorso della Regione Calabria insistono nel negare l’effettività e il fondamento della domanda della Imprese Autolinee Scura, cioè attengono alla “pertinenza del diritto”, ma non al fatto che si è nel caso domandato il pagamento di un credito che per la concessionaria è sorto o ricostruibile in base ai dati di fatto e normativi evidenziati nel merito, potendo anche rigettarsi la domanda in caso d’accoglimento delle eccezioni di merito della Regione di cui all’opposizione, all’appello e al ricorso per cassazione, con decisione che non incide sulla giurisdizione.

Questa Corte ha infatti affermato che: “In tema di giurisdizione, nelle controversie relative a contributi a concessionari di pubblico servizio di trasporto operanti nella Regione Calabria, sia nella disciplina di cui alla L.R. 24 marzo 1982, n. 7, art. 5 (abrogata a far data dal 1 gennaio 2000, dalla L.R. 28 agosto 2000, n. 14, art. 7 bis, comma 6), come modificato dalla L.R. 11 luglio 1983, n. 22, art. 5, basata sul criterio del disavanzo standardizzato, cioè riferito a criteri “forfetari” e predeterminati per tutte le imprese, che in quella di cui alla L.R. 17 ottobre 1997, n. 12, art. 5, comma 6, fondata sul criterio del “disavanzo effettivo”, sullo scrutinio dei costi e ricavi effettivi per ciascun beneficiario, gli atti con cui la Regione provvede alla determinazione del contributo non comportano alcuna valutazione comparativa degli interessi privati e pubblici in gioco e non sono connotati da discrezionalità amministrativa, essendo meramente ricognitivi dei presupposti della erogazione, con conseguenza che la pretesa fatta valere in giudizio dalla parte che assume di essere creditrice va qualificata diritto soggettivo all’applicazione dei criteri tecnici legali e la relativa controversia appartiene alla giurisdizione ordinaria” (Cass. 1 giugno 2010 n. 13338 e Cass. 8 novembre 2010 n. 22621).

In sostanza, pertanto, resta assorbita ogni questione sulla natura effettiva o virtuale del credito azionato, con conseguenze che attengono alla pertinenza del diritto e all’accoglimento nel merito della domanda della società concessionaria, la quale ha senza dubbio ad oggetto una posizione soggettiva non affievolita nè affievolibile dalla amministrazione, vincolata a tutti gli atti indicati nel merito, rimasti pienamente efficaci negli anni cui si riferiscono i contributi da pagare (dal 1988 al 1991) per la natura comunque ex mine della revoca richiamata in ricorso e in ogni caso certamente non endoprocedimentali per la palese loro rilevanza esterna, in base alla quale l’attrice ha agito nel presente processo.

In conclusione si chiede che, in rapporto alla manifesta infondatezza del ricorso della Regione Calabria, il primo Presidente voglia fissare l’adunanza in camera di consiglio delle sezioni unite, per la decisione con ordinanza sulla impugnazione ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5 e art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione e gli scritti difensivi in atti, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione da essa proposta. Il citato D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, come modificato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, nell’attribuire alla giurisdizione esclusiva del g.a. le controversie in materia di pubblici servizi, come rileva anche la Corte costituzionale nella sentenza 6 luglio 2004 n. 204, non ha abrogato la L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, comma 2, il quale lascia ferma la giurisdizione dell’A.G.O. nelle cause in materia di indennità, canoni ed altri corrispettivi, quali sono i contributi oggetto della presente controversia, come dimostra chiaramente la stessa elencazione delle controversie rimesse nella particolare materia dei servizi al giudice amministrativo, tra le quali in alcun modo sono indicate quelle riservate al giudice ordinario dalla legge istitutiva dei tribunali amministrativi regionali.

Non modifica tale conclusione la memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c. della Regione Calabria che, nella sostanza, nulla oppone alla relazione in ordine alla rilevata giurisdizione dell’A.G.O., che non nega sussistere, insistendo solo nel richiedere una sorta di delibazione sulla fondatezza di alcune delle eccezioni di merito della Regione Calabria contro le ragioni di controparte, deduzioni che non è possibile valutare in questa sede nella quale unico oggetto della pronuncia è il potere cognitivo del giudice ordinario, affermato in sede di merito sulla scia della giurisprudenza citata nella relazione e riaffermata, anche di recente, da più pronunce di questa Corte (S.U. 4 marzo 2011 dal n. 5168 al n. 5181).

2. Il ricorso quindi deve essere rigettato per la sua manifesta infondatezza ed, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., deve dichiararsi la giurisdizione del giudice ordinario già rilevata nella sentenza impugnata, che ha rinviato la causa in primo grado al Tribunale di Catanzaro, il quale dovrà decidere la controversia nel merito e al quale va rimessa la controversia anche per liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario. Rimette la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione al giudice di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, il 1 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 aprile 2011

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