Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 804 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 14/01/2011), n.804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2025/2006 proposto da:

P.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

N. OXILIA 21, presso lo studio dell’avvocato PRANZA Luigi, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA FISCALE DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 198/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 15/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/12/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il resistente l’Avvocato DE STEFANO, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

1. Con sentenza n. 198/5/04, depositata il 15.10.04, la Commissione Tributaria Regionale di Napoli, sezione distaccata di Salerno, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate di Ariano Irpino avverso la sentenza n. 54/03/02 del 10.5.02 della Commissione Tributaria Provinciale di Avellino con la quale era stata annullata la cartella esattoriale n. (OMISSIS) notificata, in data 24.10.01, a P.G.A., ed emessa ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17. Con tale cartella esattoriale l’Ufficio Finanziario chiedeva al contribuente il pagamento della somma di L. 168.039.00, relativo ad IRPEF, ILOR, interessi e sanzioni per l’anno di imposta 1985.

A tale importo l’ufficio finanziario perveniva attraverso la procedura di correzione di errore materiale della sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Napoli n. 205/45/98, depositata in data 28.12.98, procedura instaurata dall’Agenzia delle Entrate con istanza del 10.2.00, notificata – nonostante il decorso di un anno dalla pubblicazione della sentenza – al procuratore del P., anzichè alla parte personalmente come previsto dall’art. 288 c.p.c., comma 3.

2. La Commissione Tributaria Regionale, in riforma della decisione di prime cure, reputava tempestiva l’iscrizione a ruolo del tributo dovuto, in quanto avvenuta entro il termine di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. c).

3. Per la cassazione della sentenza della C.T.R. n. 198/5/04 ha proposto ricorso, notificato il 26.11.05, P.G. A., articolando tre motivi, ai quali hanno replicato il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate con controricorso notificato il 5.1.06.

Diritto

Osserva, in via pregiudiziale, la Corte che il ricorso per cassazione proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile.

Invero, in tutti i casi in cui l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale sia stato proposto – come nel caso di specie – soltanto dall’ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate (succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze, nel corso del giudizio di primo grado) e il contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, deve ritenersi verificata, sia pure per implicito, l’estromissione del dante causa Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a resistere al ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto nei confronti del Ministero deve essere dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione (in tal senso, v. pure Cass. 27452/08, 9004/07, 3557/05).

Premesso quanto precede, si passa, quindi, all’esame dei motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle Entrate.

I primi due motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, attesa la loro evidente connessione.

1.1. Con il primo motivo di ricorso, P.G.A. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 288 c.p.c., comma 3, nonchè l’omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Si duole, invero, il ricorrente del fatto che il ricorso per la correzione dell’errore materiale della sentenza della Commissione Tributaria Regionale n. 205/45/98 – dalla quale derivava il credito tributario, posto a fondamento della cartella esattoriale notificata al contribuente – ed il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza fossero stati notificati al procuratore domiciliatario, anzichè personalmente ad esso istante, benchè fosse trascorso più di un anno dalla data di pubblicazione della sentenza.

2.1. Con il secondo motivo di ricorso, il P. deduce la violazione e falsa applicazione anche dell’art. 288 c.p.c., comma 2.

Assume, infatti, il ricorrente che, benchè la norma suindicata preveda (in caso di correzione richiesta da una sola parte) la notifica congiunta alla controparte dell’istanza per la correzione di errore materiale e del decreto di fissazione dell’udienza, nel caso concreto l’Agenzia delle Entrate istante aveva notificato al P. la sola istanza, laddove la fissazione dell’udienza gli era stata comunicata dalla cancelleria della Commissione Tributaria Regionale, che avrebbe dovuto provvedere alla correzione dell’errore materiale.

1.2.- 2.2. I due motivi di ricorso suesposti si palesane del tutto inammissibili in questa sede e come tali devono essere, pertanto, disattesi.

Osserva, invero, la Corte che la cartella esattoriale è impugnabile solo per vizi propri, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, e non anche per vizi dell’atto da cui nasce il debito alla fonte dell’iscrizione a ruolo e della cartella. Per cui, se – in ipotesi – la cartella esattoriale ha titolo in un precedente avviso di accertamento, notificato e, a suo tempo, non impugnato, tale cartella può essere contestata in giudizio, e – se del caso – invalidata dal giudice tributario, solo per vizi propri, e non per questioni attinenti all’accertamento del tributo (conf. Cass. 15207/00, 5105/01).

Vere è, però, che talvolta il contribuente viene a conoscenza della pretesa impositiva solo attraverso la cartella, per non essergli stato notificato, o validamente notificato, l’atto presupposto. Ed è del tutto evidente che, in tale ipotesi, deve derogarsi alla regola suesposta, al fine di consentire al contribuente una più ampia esplicazione del diritto di difesa (Cass. 15548/09). Tuttavia, una siffatta eccezione – come questa Corte ha già avuto modo di precisare (cfr. Cass. 21477/04) – non può trovare spazio quando il debito sia fondato su provvedimenti giudiziari, atteso che questi ultimi non possono essere impugnati se non con gli specifici strumenti previsti dalle norme processuali, e non certo attraverso il ricorso al giudice tributario avverso la cartella esattoriale.

Da quanto suesposto consegue, pertanto, che, nel caso concreto, i vizi del procedimento di correzione dell’errore materiale della sentenza posta a fondamento della cartella esattoriale, si sarebbero dovuti far valere mediante il ricorso per cassazione avverso la sentenza medesima, e non nel presente giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella esattoriale.

3.1. Con il terzo motivo il ricorrente deduce l’insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando un’obiettiva deficienza del criterio logico che avrebbe condotto il giudice di appello alla formazione del suo convincimento.

Secondo il P., invero, la Commissione Tributaria Regionale sarebbe pervenuta alla conclusione della tempestività dell’iscrizione a ruolo del tributo dovuto, sulla base di un’incongrua determinazione della data del passaggio in giudicato della sentenza corretta, dalla quale decorre il termine per l’iscrizione del tributo a ruolo.

3.2. Il motivo è palesemente infondato e va disatteso. Va premesso, infatti, che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. c), le somme dovute dai contribuenti sono iscritte in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza (nell’ipotesi che qui interessa), “entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio”.

Deve, inoltre, rilevarsi che, ai sensi dell’art. 288 c.p.c., comma 4, le sentenze assoggettate alla procedura di correzione di errore materiale possono essere impugnate, relativamente alle parti corrette, nel termine ordinario (art. 325 c.p.c.) decorrente dal giorno in cui è stata notificata l’ordinanza di correzione. Tale disposizione è riferibile, peraltro, alla sola ipotesi in cui l’errore corretto sia tale da determinare un qualche obiettivo dubbio sull’effettivo contenuto della decisione, sì che la correzione venga ad incidere sullo stesso contenuto dispositivo della sentenza, e non anche nei casi in cui l’errore – chiaramente percepibile tra il giudizio e la sua espressione – sia agevolmente eliminabile in sede di interpretazione del testo della sentenza medesima. Solo nel primo caso, infatti, e non anche nel secondo, l’eventuale correzione dell’errore è idonea a riaprire i termini dell’impugnazione (cfr., in termini, Cass. 22658/04, 28189/08, 19668/09).

3.3. Premesso quanto precede, va rilevato che, nel caso di specie, dall’esame della sentenza di appello, si evince – senza ombra di dubbio – che la correzione dell’errore materiale, nella decisione della Commissione Tributaria Regionale di Napoli n. 205/45/98, ha determinato – come dichiarato, altresì, dallo stesso ricorrente – l’esatto ammontare del credito di imposta dell’Agenzia delle Entrate per l’IRPEF e L’ILOR relative all’anno 1995. Se ne deve necessariamente inferire, ad avviso della Corte, che la correzione in parola, avendo concretamente inciso sul contenuto della decisione dalla quale scaturiva il credito di imposta, eliminando un’obiettiva incertezza sullo stesso ammontare del credito stesso, è idonea a riaprire i termini per l’impugnazione della sentenza corretta.

Ne consegue che, ai sensi dell’art. 288 c.p.c., u.c., quest’ultima avrebbe dovuto essere impugnata per cassazione (trattandosi di sentenza di appello) nel termine di sessanta giorni dalla notifica dell’ordinanza di correzione, ai sensi dell’art. 325 c.p.c.. E tuttavia, dall’esame della sentenza di appello n. 198/5/04, impugnata in questa sede, si evince che l’ordinanza di correzione dell’errore materiale non fu notificata, ma solo depositata in cancelleria in data 7.6.00.

Ne discende che, applicando – come correttamente ha fatto il giudice di appello – il termine lungo di tredici mesi e quindici giorni ex art. 327 c.p.c., con decorrenza dalla data di deposito dell’ordinanza di correzione dell’errore materiale (7.6.00) (cfr., nello tesso senso, Cass. 28139/08), la sentenza n. 205/45/98, posta a fondamento della cartella esattoriale notificata al P., è divenuta definitiva in data 22.7.01.

Per cui l’iscrizione a ruolo del tributo dovuto dall’odierno ricorrente, precedente la notifica al medesimo della cartella di pagamento, avvenuta in data 24.10.01, deve ritenersi – come correttamente ritenuto dal giudice di appello – certamente tempestiva, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, lett. c).

Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dal P. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al rimborso delle relative spese. Concorrono, per contro, giusti motivi – tenuto conto delle ragioni della decisione, fondata sull’esame di una questione pregiudiziale – per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese nel rapporto tra il ricorrente e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate;

dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le relative spese;

condanna parte ricorrente al rimborso delle spese nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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