Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8038 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8038 Anno 2016
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

SENTENZA

sul ricorso 6499-2013 proposto da:
NISTICO’ VITTORIO NSTVTR29L18C352F, il quale agisce in
proprio e in qualità di titolare della impresa
individuale Nisticò Costruzioni di Nisticò Vittorio,
succeduta alla estinta società Nisticò Costruzioni
s.n.c. di Vittorio Nisticò & C., nonché in qualità di
ex amministratore unico e legale rappresentate della
estinta società Nisticò Costruzioni s.n.c. di Vittorio
Nisticò & C., nonché in qualità di ex socio della
estinta società Nisticò Costruzioni s.n.c. di Vittorio
Nisticò & C., NISTICO’ NICOLA NSTNCL61M17C352W, che

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Data pubblicazione: 21/04/2016

agisce in proprio e in qualità di ex socio della
estinta società Nisticò Costruzioni s.n.c. di Vittorio
Nisticò & C., entrambi anche per conto della estinta
società Nisticò Costruzioni s.n.c. di Vittorio Nisticò
e C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANGELO

ZIMATORE, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LUIGI COMBARIATI giusta procura speciale
a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

COMUNE CATANZARO, in persona del Sindaco pro-tempore
in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
ANAPO 29, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
COSCO (studio DI GRAVIO), rappresentato e difeso
dall’avvocato GIANFRANCO CACIA giusta procura speciale
a margine del controricorso;
– controricorrentenonchè contro

SEVERINO RACHELE SVRRHL35A69C352M, SEVERINO LUIGI
SVRLGU47TO7C352M, SEVERINO GAETANO SVRGNT45B13C352L,
SEVERINO ERMELINDA SVRRLN39M43C352J, SEVERINO ANTONIO
SVRNTN46H11C352D, SEVERINO ROSA, SEVERINO RAFFAELE
SVRRFL52H15C352R, IANNELLI MARIA NNLMRA40P41C3520,
SEVERINO D’ELIA TERESA SVRDTR59M62C352C, SEVERINO
MANLIO SVRMNL6OPO6C352G, SEVERINO ELVIRA

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SECCHI 9, presso lo studio dell’avvocato ATTILIO

SVRLVR62D52C352C, SEVERINO FRANCESCO SVRFNC74D16C352B,
SEVERINO RACHELE, quale erede della Signora Teresa De
Siena, SEVERINO LUIGI, quale erede della Signora
Teresa De Siena, SEVERINO GAETANO, quale erede della
Signora Teresa De Siena, SEVERINO ERMELINDA, quale

quale erede della Signora Teresa De Siena, SEVERINO
ROSA, quale erede della Signora Teresa De Siena,
SEVERINO RAFFAELE, quale erede della Signora Teresa De
Siena, IANNELLI MARIA, quale erede di Severino
Pasquale erede della Signora Teresa De Siena, SEVERINO
D’ELIA TERESA, quale erede di Severino Pasquale erede
della Signora Teresa De Siena, SEVERINO MANLIO, quale
erede di Severino Pasquale erede della Signora Teresa
De Siena, SEVERINO ELVIRA, quale erede di Severino
Pasquale erede della Signora Teresa De Siena, SEVERINO
FRANCESCO, quale erede di Severino Pasquale erede
della Signora Teresa De Siena, REGIONE CALABRIA,;
– intimati –

Nonché da:
SEVERINO LUIGI SVRLGU47TO7C352M, SEVERINO ANTONIO
SVRNTN46H11C352D, SEVERINO GAETANO SVRGNT45B13C352L,
SEVERINO ROSINA (o ROSA), SEVERINO RACHELE
SVRRHL35A69C352M, SEVERINO RAFFAELE SVRRFL52H15C352R,
SEVERINO ERMELINDA SVRRLN39M43C352J, IANNELLI MARIA
NNLMRA40P41C3520, SEVERINO MANLIO SVRMNL6OPO6C352G,

3

erede della Signora Teresa De Siena, SEVERINO ANTONIO,

SEVERINO D’ELIA TERESA SVRDTR59M62C352C, SEVERINO
ELVIRA SVRLVR62D52C352C, SEVERINO FRANCESCO
SVRFNC74D16C352B, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA GOLONETTO 2/C 12, presso lo studio dell’avvocato
GIANFRANCO SQUILLACE, rappresentati e difesi

speciale in calce al controricorso e ricorso
incidentale;
– ricorrenti incidentali contro
REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente della
Giunta Regionale e 1.r. pro tempore Dr. Giuseppe
Soopelliti, considerata domiciliata ex lege in ROMA,
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE NAIMO
giusta procura speciale a margine del controricorso;
NISTICO’ NICOLA NSTNCL61M17C352W, che agisce in
proprio e in qualità di ex socio della estinta società
Nisticò Costruzioni s.n.c. di Vittorio Nisticò & C.,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELO SECCHI
9, presso lo studio dell’avvocato ATTILIO ZIMATORE,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
LUIGI COMBARIATI giusta procura speciale a margine del
ricorso principale;
COMUNE CATANZARO, in persona del Sindaco pro-tempore
in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

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dall’avvocato FRANCESCO SQUILLACE giusta procura

ANAPO 29 , presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
COSCO (studio DI GRAVIO), rappresentato e difeso
dall’avvocato GIANFRANCO CACIA giusta procura speciale
a margine del controricorso;
– controricorrenti all’incidentale –

NISTICO’ VITTORIO NSTVTR29L18C352F;
– intimato –

avverso la sentenza n. 170/2012 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 07/03/2012, RR.GG.NN.
718/2001 e 753/2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/12/2015 dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PELLECCHIA;
udito l’Avvocato ATTILIO ZIMATORE;
udito l’Avvocato RODOLFO HALL per delega;
udito l’Avvocato CLAUDIO STRONATI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per l’accoglimento del 2 ° motivo del ricorso
incidentale e il rigetto degli altri motivi, anche del
ricorso principale.

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non chè contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO.
1. Nel 1996, i signori Pasquale, Rachele, Luigi, Gaetano, Ertnelinda, Antonio,
Rosa e Raffaele Severino e Teresa De Siena convennero in giudizio la
Nisticò Costruzioni S.n.c. di Vittorio Nisticò & Co., esponendo che: a) essi
erano comproprietari di un fabbricato di tre piani sito in Catanzaro costruito

sbancamento e scavo, finalizzato alla costruzione di case a schiera, effettuati
dalla Nisticò in un terreno più a valle, si erano verificati in detto fabbricato
comune gravi dissesti e lesioni prima inesistenti; c) come risultava dalla
consulenza di parte, i predetti lavori avevano cagionato uno smottamento
verso il basso della collinetta su cui era stato edificato il fabbricato,
innescando un movimento franoso che aveva alterato l’equilibrio
complessivo della zona e provocato notevoli danni alle opere murarie
strutturali dei vari appartamenti dei Severino; d) i lavori effettuati dalla
Nisticò erano stati sconsigliati, per ragioni geomorfologiche, in un parere del
Genio civile di Catanzaro del 1984, parere confermato da un successivo
studio geologico. Chiesero, quindi, la condanna della società convenuta
risarcimento dei danni, nonché all’esecuzione di tutte le opere necessarie per
contenere il movimento franoso.
Si costituì la Nisticò Costruzioni S.n.c. di Vittorio Nisticò & Co. e chiese il
rigetto della domanda, negando la sussistenza dell’affermato nesso causale
sulla base di contrapposti i pareri tecnici.
Disposta ed espletata la consulenza tecnica d’ufficio — all’esito della quale il
collegio peritale aveva concluso per la sussistenza di detto nesso causale,
quantificato il danno patito dagli attori ed individuate le opere necessarie per
eliminare le cause dei danni — il Giudice Istruttore, rilevato che il movimento
franoso interessante la zona aveva formato oggetto di accertamenti da parte
sia dell’ufficio del Genio civile della Regione Calabria sia del Comune di
Catanzaro, e che poteva configurarsi una corresponsabilità di tali enti nella
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in tre fasi successive, dal 1948 al 1963; b) nel 1993, a seguito di lavori di

causazione dei danni lamentati dagli attori, ordinò l’intervento della Regione
Calabria e del Comune di Catanzaro i quali, convenuti dagli attori con
citazione notificata in data 30 luglio 1998 e ritualmente costituitisi, chiesero il
rigetto delle domande proposte nei loro confronti, negando ogni
responsabilità.

Tribunale di Catanzaro, con la sentenza n. 442/2001, condannò tutti i
convenuti, in solido tra loro, a risarcire in favore degli attori i danni
lamentati, determinati in

L 900 milioni.

2. La decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di
Catanzaro, con sentenza n. 170 del 7 marzo 2012. La Corte, relativamente
alla posizione della Regione Calabria, ha dichiarato il difetto di giurisdizione
del giudice ordinario, appartenendo la giurisdizione al T.A.R.; relativamente
alla posizione del Comune di Catanzaro, ha rigettato le domande spiegate
dagli attori nei confronti di detto Comune; relativamente alla posizione della
Nisticò Costruzioni, dopo aver disposto, per tre volte, la rinnovazione delle
indagini tecniche, ne ha accolto l’appello incidentale, riducendo la misura del
risarcimento liquidata in primo grado.
3. Avverso tale decisione, propongono ricorso in Cassazione il signor
Vittorio Nisticò — in proprio ed in qualità di ex socio ed ex amministratore
unico e legale rappresentante della estinta società “Nisticò Costruzioni S.n.c.
di Vittorio Nisticò & C.”, nonché in qualità di titolare unico dell’impresa
individuale “Nisticò Costruzioni di Nisticò Vittorio — ed il prof. Nicola
Nisticò, in proprio ed in qualità di ex socio della estinta società “Nisticò
Costruzioni S.n.c. di Vittorio Nisticò & C.”, con quattro motivi illustrati da
memoria.

3.1 Resistono, con distinti controricorsi: 1) Rachele, Luigi, Gaetano,
Ermelinda, Antonio, Rosa e Raffaele Severino, in proprio e nella qualità di
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Rinnovata la consulenza tecnica d’ufficio ed ampliato il suo oggetto, il

eredi della signora Teresa De Siena, Maria Iannelli, Manlio Severino, Teresa
D’Elia Severino, Elvira e Francesco Severino, nella qualità di eredi del signor
Pasquale Severino e, per tramite di questi, della signora Teresa De Siena,
quali propongono anche ricorso incidentale fondato su tre motivi, illustrati
con memoria, al quale resistono, con distinti controricorsi, il prof. Nicola
Nisticò (essendo nelle more intervenuto il fallimento della Nisticò

responsabile Nisticò Vittorio); 2) il Comune di Catanzaro, che ha depositato
memoria; 3) la Regione Calabria, che ha depositato memoria.

3.2. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso principale,
per raccoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale per quanto di
ragione e per il rigetto degli altri motivi dello stesso ricorso incidentale

3.3. Con sentenza n. 19882/2014 del 22 settembre 2014, le Sezioni Unite di
questa Corte hanno rigettato il primo motivo del ricorso incidentale,
attinente alla giurisdizione sulla domanda proposta dagli attori nei confronti
della Regione Calabria, ed hanno rimesso gli atti per l’assegnazione alla
Sezione semplice quanto all’esame degli altri motivi del ricorso principale e
del ricorso incidentale.

MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo del ricorso principale, i ricorrenti deducono la
,(

omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione «circa un fatto

controverso decisivo per il giudizio» (ai sensi dell’art. 360, comma primo, n.
5, c.p.c. nel testo anteriore alla modifica introdotta dall’art. 54, DI. 22
giugno 2012, n. 83, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134)”.

I ricorrenti lamentano che la Corte di Appello avrebbe adottato la sentenza
sulla base di una motivazione contraddittoria, in quanto, da un lato, avrebbe
attribuito rilevanza alla abusività di parte dell’edificio, in particolare del piano
secondo e della copertura trapezoidale, di proprietà dei Severino (rilevata e
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Costruzioni S.n.c. di Nisticò Costruzioni e del socio illimitatamente

accertata nella perizia dell’ultimo CTU), dall’altro lato, non avrebbe attribuito
allo stesso elemento rilievo ai fini della liquidazione del danno.

4.2. Con il secondo motivo del ricorso principale, si denuncia la “violazione
e/o falsa applicazione degli arti. 1223 e 2043 c.c. (ai sensi dell’art. 360,
comma primo, n. 3 c.p.c.)”.

applicazione del combinato disposto degli artt. 2697 e 2043 c.c.; violazione
e/o falsa applicazione degli artt. 40 e 41 R.D.L. 22 novembre 1937, n. 2105,
convertito in L. 25 aprile 1938 n. 710 (ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c.)”; la
,

`omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione «circa un fatto

controverso decisivo per il giudizio» (ai sensi dell’art. 360, comma primo, n.
5, c.p.c. nel testo anteriore alla modifica introdotta dall’art. 54, Di. 22
giugno 2012, n. 83, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134)”; nonché la
“violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 e 2043 cod. civ. (ai sensi
dell’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c.)”.
Con il secondo ed il terzo motivo i ricorrenti sostengono che la Corte
d’Appello avrebbe violato i criteri legali dettati in tema di danno
extracontrattuale, in quanto non avrebbe tenuto conto della abusività
dell’immobile danneggiato.
L’irregolarità urbanistica, infatti, esclude la configurabilità di una proprietà
tutelabile dall’ordinamento giuridico, con conseguente preclusione per il
Giudice, in ipotesi di lesione del bene illecito oggetto di diritto dominicale,
della possibilità di liquidare un risarcimento del danno, sia perché non è
configurabile una perdita ai sensi dell’art. 1223 c.c., sia perché non è
ravvisabile un danno ingiusto ai sensi dell’art. 2043 c.c.
Tale non conformità sarebbe dimostrata, da un lato, dall’inosservanza delle
prescrizioni indicate nei rispettivi titoli edilizi, dall’altro lato, dalla mancanza
di prova in ordine al rispetto della normativa antisismica.
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4.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano la “violazione e/o falsa

La Corte d’appello avrebbe erroneamente considerato conformi alle
prescrizioni urbanistiche ed edilizie i piani terra e primo del fabbricato dei
Severino, traendo tale conclusione dal silenzio dell’ultimo C.T.U. riguardo a
tale porzione dell’immobile.
In particolare, non avrebbe considerato che, nel corso della prima CTU

difformi rispetto alle previsioni dei relativi titoli edilizi.
Inoltre, i signori Severino avrebbero dovuto allegare e provare, oltre alle
autorizzazioni sindacali, anche il rispetto della normativa antisismica, in
particolare degli artt. 40 e 41 del R.D.L. 2105/1937, i quali prescrivono, al
fine di procedere legittimamente alle riparazioni, costruzioni e ricostruzioni
degli edifici ubicati nelle località colpite da terremoti, l’obbligo di darne
comunicazione per iscritto all’Ufficio del Genio civile .
La Corte di Appello quindi avrebbe dovuto decretare l’abusività dell’intero
fabbricato in virtù sia delle suddette difformità sia dell’insufficienza di prove
fornite dai signori Severino in ordine al rispetto della normativa antisismica
ai sensi dell’art. 2697 c.c.
Sotto un altro profilo, la motivazione della sentenza sarebbe lacunosa ed
insufficiente in merito alla motivazione relativa alla regolarità urbanistica dei
piani terra e primo, in quanto la corte, nonostante le molteplici eccezioni
sollevate nel corso del giudizio dagli odierni ricorrenti, non avrebbe
proceduto alla verifica della conformità della costruzione alla normativa
antisismica.
In tal modo la Corte sarebbe incorsa in un’ulteriore violazione di legge,
avendo condannato la Nisticò al risarcimento del danno per il dissesto del
piano terra e del primo piano di un fabbricato totalmente abusivo, in
contrasto con la disciplina di cui agli artt. 2043 e 1223 c.c..

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espletata nel giudizio di appello, era risultato che i piani terra e primo erano

I tre motivi possono essere trattati congiuntamente perché strettamente
connessi.
I motivi sono infondati.
Il giudice dell’appello non è incorso in nessuno dei vizi lamentati.

quantum è congrua e logica perché ha considerato che parte dell’immobile era
abusivo. Ed infatti come affermato a pag. 159 della sentenza due sono i
parametri presi in considerazione dal giudice del merito: il primo parametro
(quello dell’abusività) dettato dalla incertezza relativa alla data di costruzione
del secondo piano dell’immobile e del corpo trapezoidale che
necessariamente incide sul quantum. Il secondo parametro è quello relativo
alle caratteristiche strutturali ‘scarse’ dell’edificio (nel suo insieme) per essere
il prodotto di tecnologia costruttiva mista. Come spiegato a pag. 147 della
sentenza, tali carenze strutturali, se le condizioni del terreno fossero rimaste
ferme, sarebbero state irrilevanti. In caso di sisma (pag. 160 sentenza)
sarebbero diventate rilevanti. Tali parametri sono stati sintetizzati a pag. 160
della sentenza, il primo come ‘negativa tipologia edilizia’, il secondo come
‘negativa risposta statica’. Sulla base di tali parametri, la Corte di Appello ha
abbattuto il valore del risarcimento al 50%, discostandosi dalla stima del
CTU che aveva ridotto il risarcimento solo del 40%.
Pertanto nella valutazione del

quantum il giudice ha tenuto conto

dell’abusività di una parte dell’immobile qualificandolo come negativa
tipologia edilizia.
Infatti, l’art. 16, comma 9, della L. 22 ottobre 1971, n. 865, vieta che, ai fini
del calcolo dell’indennizzo, si tenga in considerazione la presenza sul suolo di
una costruzione “eseguita in difetto o in contrasto con la licenza edilizia o
sulla base di una licenza successivamente annullata …”.

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La motivazione della sentenza della Corte d’Appello nella valutazione del

In caso contrario, si consentirebbe al proprietario di trarre beneficio dalla sua
illecita attività: invece precluso sotto ogni possibile profilo dalla legge n. 47
del 1985, che, tra l’altro, ha stabilito la nullità radicale ed insanabile di tutti gli
atti tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento (o la costituzione o lo
scioglimento della comunione di diritti reali) relativamente ad immobili
edificati senza il rilascio della concessione (successiva licenza) (Cass. Civ.,

La giurisprudenza di questa Corte, in coerenza con il dato normativo, ha più
volte affermato che il danno subito da un immobile costruito abusivamente
“ancor prima che ingiusto è inesistente in quanto il bene abusivo non è
suscettibile di essere scambiato sul mercato” (Cass. Civ. n. 20849/2013; Cass.
Civ. n. 4206/2011).
Questa giurisprudenza richiama principi in tema di espropriazione per
pubblica utilità secondo i quali gli immobili costruiti abusivamente non sono
suscettibili di indennizzo, a meno che, alla data dell’evento ablativo, non
risulti già rilasciata la concessione in sanatoria. In tali casi, nell’operare la
liquidazione dell’indennizzo, non si applica il criterio del valore venale
complessivo del bene e del suolo su cui tale bene insiste, ma si valuta la sola
area; mentre se trattasi di porzione non autonoma, inserita in fabbricato per
il resto munito dei prescritti provvedimenti autorizzatori, il suo valore deve
essere detratto da quello complessivo in cui è inglobata, sì da evitare che
l’abusività possa concorrere ad accrescere il valore del fondo (Cass. n.
19305/2014; Cass. Civ. n. 25523/2006; Cass. n. 2612/2006).
Pertanto, come già detto, dato atto che Corte d’Appello ha valutato nella
quantificazione del risarcimento l’abusività del secondo piano e del corpo
trapezoidale occorre ora esaminare, sempre alla luce dei predetti principi la
censura sulla non conformità dei piani terra e primo ai relativi titoli edilizi_
Nessun rilievo ha, invece, l’asserita mancata prova del rispetto della
normativa antisismica (che dà luogo non all’incommerciabilità dell’edificio,
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Sez.!, 14 dicembre 2007, n. 26260).

ma alla diminuzione del suo valore venale e locativo, cfr. Cass. civ.,
20/08/1981, n. 4958)
Ma anche per tale censura, si osserva che i principi sopra esposti non sono
applicabili nel caso di immobili (o di parti di immobili) costruiti in data
anteriore al 2 settembre 1967 (quali sono il piano terra e primo del fabbricato

Tali immobili, infatti, alle condizioni stabilite dall’art. 40 della L. 47/1985,
sono liberamente commerciabili, qualunque sia l’abuso edilizio commesso
dall’alienante (Cass. Civ., Sez. II, 02/09/2011, n. 18039; Cass. Civ. Sez. 11,
20/03/2006, n. 6162).
Di conseguenza, da un lato, per gli immobili (o le parti di immobili) costruiti
prima del 2 settembre 1967 non vale il principio secondo cui il proprietario
non può trarre beneficio alcuno della sua attività illecita, dall’altro lato, si
riconosce a tali immobili un valore commerciale.
Pertanto, appare adeguata la motivazione della Corte di appello, la quale ha
rilevato che la configurazione dei piani terra e primo dell’immobile era già
tale alla data del 1963, anno in cui risale la fotografia scattata in occasione del
matrimonio di Rachele Severino, ed ha quindi liquidato il risarcimento del
danno con riferimento solo a tali parti (cfr. pag. 159, 2° cpv.).

Né d’altra parte, come sopra detto sussistono le lamentate violazioni di legge.

4.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la “violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 221 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 e dell’art. 4 del
d.P.R. 22 aprile 1994; nonché degli artt. 1223 e 2043 c.c. (ai sensi dell’art.
360, comma primo, n. 3, c.p.c.)”; nonché la “omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione «circa un fatto controverso decisivo per il
giudizio» (ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c. nel testo anteriore

13

dei signori Severino).

alla modifica introdotta dall’art. 54, DI. 22 giugno 2012, n. 83, convertito
con L. 7 agosto 2012, n. 134)”.
La sentenza impugnata sarebbe viziata altresì per insufficiente motivazione e
per violazione di legge avendo liquidato, nei confronti dei signori Luigi e
Rachele Severino e Teresa De Siena, il danno cagionato dall’indisponibilità

giudizio di secondo grado, fosse emerso che il fabbricato, già prima degli
eventi per cui è causa, era giuridicamente inabitabile (circostanza mai
smentita dagli attori).
In assenza del certificato di abitabilità di cui all’art. 221 del R.D. 1265/1937,
poi abrogato dall’art. 5 del d.P.R. 425/1994, quindi, risulterebbe inesistente il
danno lamentato dagli attori.
Anche il quarto motivo del ricorso principale è infondato.
E’ infatti principio di questa Corte che il mancato rilascio di concessioni,
autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso dei
beni immobili – ovvero alla abitabilità dei medesimi – non è di ostacolo alla
valida costituzione di un rapporto locatizio, sempre che vi sia stata, da parte
del conduttore, concreta utilizzazione del bene, mentre, nella ipotesi in cui il
provvedimento amministrativo necessario per la destinazione d’uso
convenuta sia stato definitivamente negato al conduttore è riconosciuta la
facoltà di chiedere la risoluzione del contratto (Cass. n. 23695/2004; Cass. n.
15489/2002; Cass. n. 11055/2001).
Pertanto l’assenza del certificato di abitabilità di un appartamento, non
escludendone di per sé la conformità alle norme igienico-sanitarie, non
impedisce l’utilizzazione in concreto dello stesso come abitazione, potendosi,
pertanto, riconoscere al proprietario dell’immobile il risarcimento del danno
per la mancata fruizione del bene conseguente al fatto illecito ascrivibile ad
un terzo.(Cass. 259/2013).
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dell’immobile, nonostante dalla seconda C.T.U. espletata nel corso del

Correttamente quindi la Corte d’Appello ha riconosciuto il rimborso delle
somme versate a titolo di locazione a Luigi e Rachele Severino e Teresa De
Siena per non aver potuto usufruire dell’immobile danneggiato.
5.1. Sul primo motivo del ricorso incidentale, come già detto, si sono
espresse le Sezioni Unite.

lamentano la “omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione «circa
un fatto controverso decisivo per il giudizio» (ai sensi dell’art. 360, comma
primo, n. 5, c.p.c. nel testo anteriore alla modifica introdotta dall’art. 54, D.L.
22 giugno 2012, n. 83, convertito con L. 7 agosto 2012, n. 134)”, nonché la
“violazione e/o falsa applicazione degli arti. 1227 e 2043 c.c. (ai sensi dell’art.
360, comma primo, n. 3, c.p.c.)”.
La sentenza della Corte territoriale sarebbe viziata, sotto il profilo
motivazionale, nella parte in cui ha escluso ogni profilo di responsabilità del
Comune di Catanzaro.
La Corte non avrebbe considerato che le risultanze peritali riconducevano in
capo al Comune la violazione dei doveri di ufficio spettanti mediante il
mancato controllo del territorio, sia prima dell’inizio dell’edificazione (per
non aver istruito adeguatamente la pratica ed aver rilasciato la concessione
anche in mancanza di una “relazione geologica, relativa ai lavori di
consolidamento di stabilità del versante”), sia nella fase successiva (per non
aver ordinato la sospensione dei lavori della Nisticò e per aver lasciato la
seconda autorizzazione edilizia senza eseguire adeguati controlli e verifiche
riguardanti la stabilità del versante).
La motivazione della Corte di appello sarebbe altresì contraddittoria perché,
pur individuando la responsabilità della Nisticò Costruzioni nella carenza
dello studio condotto in ordine alla stabilità del pendio e nella totale
inadeguatezza del progetto geologico e geotecnico, ha ritenuto di non
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5.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, i signori Severino

rinvenire alcun profilo di responsabilità nei confronti degli Enti che, in base
alla normativa nazionale ( cita art. 4, commi 3 e 4 della L. 64/1974, successivi
D.M.), hanno precisi obblighi di vigilanza delle attività poste in essere dai
privati.
Infine, la sentenza sarebbe viziata per violazione dell’art. 2043 c.c. La Corte,

mancante l’elemento soggettivo della colpa.
In realtà, non costituirebbe errore scusabile da parte del Comune la
circostanza che già un altro Ente avesse provveduto al controllo del
territorio e che i progettisti della Nisticò Costruzioni avessero depositato dati
tranquillizzanti.
Inoltre, la circostanza che il Comune di Catanzaro, solo nel 1995, dopo aver
rilasciato alla Nisticò Costruzioni tutte le concessioni edilizie, abbia affidato
ad un tecnico di propria fiducia una consulenza sui lavori (alla quale, peraltro,
non si sarebbe poi nemmeno attenuto) non sarebbe idonea ad escludere la
responsabilità del medesimo Comune, ma anzi ad aggravarla.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
E’ in parte inammissibile per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6
c.p.c..
E principio consolidato di questa Corte che in tema di ricorso per
cassazione, l’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., novellato dal d.lgs.
n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’ indicazione degli atti, dei documenti e dei
contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia
specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale
prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art.
369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., per cui deve ritenersi, in
particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi
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infatti, avrebbe erroneamente escluso la responsabilità del Comune ritenendo

di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la
produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è
stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il
documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte,
mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio
di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la

civ., per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o
si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; c)
qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla
nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di
documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di
merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo,
mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione
della produzione stessa nell’ambito del ricorso ( Cass. S.U. n. 7161/2010 ;
Cass. S.U. n. 28547/2008). Nel caso di specie non risulta dove siano stati
depositati i documenti su cui si fonda il motivo.
Ma in ogni caso è infondato.
Nessuna delle censure mosse dai ricorrenti incidentali sono idonee a scalfire
la struttura portante della motivazione in relazione alla responsabilità del
Comune. Infatti, con ampia, dettagliata logica e congrua motivazione, la
Corte d’Appello dopo aver valutato la sussistenza delle condotte del Comune
è passata ad esaminare l’elemento soggettivo.
E’ principio di questa Corte che la responsabilità della P.A., ai sensi dell’art.
2043 cod. civ., per l’esercizio illegittimo della funzione pubblica, è
configurabile qualora si verifichi un evento dannoso che incida su un
interesse rilevante per l’ordinamento e che sia eziologicamente connesso ad
un comportamento della P.A. caratterizzato da dolo o colpa, non essendo
sufficiente la mera illegittimità dell’atto a determinarne automaticamente
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produzione del documento, ai sensi dell’art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc.

l’illiceità. Ne consegue che il criterio di imputazione della responsabilità non
è correlato alla sola illegittimità del provvedimento, ma ad una più complessa
valutazione, estesa all’accertamento dell’elemento soggettivo e della
connotazione dell’azione amministrativa come fonte di danno ingiusto (Cass.
n. 23170/2014; Cass. 4172/2012; Cass. n. 23496/2011). E ciò è stato
ampiamente valutato dalla Corte d’Appello (pag. 154 e ss. della sentenza) che

non l’elemento soggettivo. E correttamente la Corte ha ritenuto che il
mancato riscontro nelle condotte di cui si discute dell’elemento soggettivo
della colpa esclude la configurazione dell’illecito nell’attività amministrativa
del Comune.

5.3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, si deduce la “omessa,
insufficiente contraddittoria motivazione circa un fatto controverso per il
giudizio (ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.”, la “violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 1227 e 2043 c.c. (ai sensi dell’art. 360, comma primo,
n. 3, c.p.c.)”; nonché la “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1223 e
2043 c.c. (ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.)”.
La sentenza impugnata sarebbe viziata nella parte in cui ha addebitato ai
signori Severino una responsabilità a titolo di concorso di colpa nella
causazione del danno subito dal fabbricato di loro proprietà, nonché in
ordine al criterio utilizzato per la liquidazione del danno (per aver assegnato
particolare rilevanza alle incertezze riguardo alla regolarità urbanistica ed
edilizia del fabbricato, nonché alla condizione di vulnerabilità strutturale
intrinseca dello stesso).
Infatti, la sentenza, se per un verso ha individuato, quale causa determinante
del danno subito dai signori Severino, i soli lavori effettuati dalla Nisticò
Costruzioni, qualificandoli quale unica ragione del dissesto del fabbricato,
per altro verso, ha contradditoriamente attribuito alla condizione del
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ha ritenuto nella specie sussistere il danno e l’esistenza del nesso causale ma

fabbricato un’incidenza tale da produrre una riduzione del danno in misura
pari al 50%, addirittura superiore alla misura indicata dal CTU.
Inoltre, la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che la regolarità
edilizia ed urbanistica del fabbricato sarebbe cristallizzata nella sentenza del
Tar Calabria di Catanzaro, dotata di efficacia di cosa giudicata, ed avrebbe

della normativa edilizia vigente all’epoca della costruzione del fabbricato non
avrebbe influito sulla gravità e sulla tipologia del quadro fessurativo.
La corretta applicazione dell’art. 1227 c.c. avrebbe dovuto portare ad
escludere qualsiasi forma di responsabilità a titolo di concorso colposo dei
signori Severino in virtù dell’inidoneità del loro contributo a realizzare
l’evento dannoso, al quale avrebbero potuto partecipare al più titolo di colpa
lieve.
Infine, la Corte di Catanzaro, nel ridurre la liquidazione del risarcimento a
causa del concorso del danneggiato, non avrebbe tenuto in considerazione
l’entità delle spese per le opere di ripristino dei luoghi, in violazione delle
disposizioni di cui agli artt. 1223 e 2043 c.c„ le quali sanciscono che il
risarcimento del danno deve comprendere sia la perdita subita dal creditore
che il mancato guadagno.
Il motivo è infondato.
Vanno rigettate le censure collegate al secondo e terzo motivo principale per
quanto già detto in merito ai motivi sopra esaminati.
Inoltre la Corte territoriale, facendo corretta applicazione dei principi in tema
di responsabilità aquiliana, ha recepito ed applicato al caso concreto
l’orientamento condiviso da questa Corte, secondo il quale “il nesso causale è
regolato dai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., per i quali un evento è da
considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il
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immotivatamente disatteso le risultanze peritali dalle quali il mancato rispetto

primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (teoria della condicio
sine qua non), nonché dal criterio della c.d. causalità adeguata, sulla base
della quale all’interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli
eventi che non appaiono – ad una valutazione ex ante – del tutto inverosimili.
E, a tal fine, il comportamento colposo del danneggiato, quando non sia da
solo sufficiente ad interrompere il nesso causale, può tuttavia integrare, ai

la responsabilità del danneggiante” (Cass. Civ. Sez. III, 30 aprile 2010, n.
10607)
In applicazione di tale principio, la Corte di Appello, nella determinazione
del risarcimento del danno, ha ritenuto sussistente il concorso del fatto
colposo dei danneggiati ed ha quindi ridotto l’ammontare del danno
risarcibile.
Sono inammissibili, invece, le censure con cui i signori Severino contestano
la decisione della Corte nella parte in cui ha rilevato l’incertezza sulla
regolarità edilizia ed urbanistica del fabbricato, ritenendo che tale dato
emergerebbe, con efficacia di giudicato, da una sentenza del Tar Calabria di
Catanzaro pubblicata il 3 luglio 2012, successiva alla stessa decisione della
Corte di Appello, pubblicata il 7 marzo 2012.
Infatti, non può essere utilizzata per sindacare la coerenza motivazionale di
una sentenza, una pronuncia successiva, peraltro vertente tra parti diverse ed
avente diverso oggetto (la legittimità di un’ordinanza di demolizione
dell’immobile).

6. Pertanto la Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale
e il ricorso incidentale. In considerazione della complessità della causa e della
reciproca soccombenza le spese sono compensate tra tutte le parti.

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sensi dell’art. 1227, primo comma, c.c., un concorso di colpa che diminuisce

P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. In considerazione
della complessità della causa e della reciproca soccombenza le spese sono
compensate.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile

della Corte suprema di Cassazione in data 18 dicembre 2016.

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