Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8036 del 21/04/2016
Civile Sent. Sez. 3 Num. 8036 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO
PU
SENTENZA
sul ricorso 20746-2013 proposto da:
MARCOMIN LAURO MRCLRA66C31D788F, in proprio e quale
erede di BOLDA MARIA, elettivamente domiciliato in
ROMA, V.FLAMINIA 395, presso lo studio dell’avvocato
FEDERICA MAZZONI, rappresentato e difeso
dall’avvocato GABRIELLA FORNARI giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrentecontro
FONDAZIONE
I.R.C.C.S.
ISTITUTO DI RICOVERO
E
POLICLINICO
“SAN
MATTEO”
CURA A CARATTERE SCIENTIFICO
Data pubblicazione: 21/04/2016
DI DIRITTO PUBBLICO, in persona del Presidente pro
tempore, ALESSANDRO MONETA, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA SALARIA 292, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE BALDI, rappresentata e difesa
dall’avvocato DANIELA DE NICOLELLIS giusta procura
– controricorrente-
avverso la sentenza n. 2867/2012 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 30/08/2012,
R.G.N.
955/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato GABRIELLA FORNARI;
udito l’avvocato FRANCESCO BALDI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso p.q.r.
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speciale a margine del controricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 30/8/2012 la Corte d’Appello di Milano ha
respinto il gravame interposto dal sig. Lauro Marcomin -in
proprio e quale erede della sig. Maria Bolda – in relazione alla
pronunzia Trib. Pavia 31/1/2006, di rigetto della domanda da
dell’I.R.C.C.S. Policlinico San Matteo di Pavia, di risarcimento
di lamentati danni in conseguenza di asseritamente tardiva
diagnosi di cancro al colon retto e di omessi accertamenti
diagnostici, essendo la medesima deceduta per carcinoma del
colon all’età di 31 anni.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il
Marcomin – in proprio e nella qualità – propone ora ricorso per
cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso l’I.R.C.C.S. Policlinico San
Matteo di Pavia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 ° e il 2 ° motivo il ricorrente, in proprio e nella
qualità, denunzia «violazione o falsa applicazione>> degli
artt. 1176, 1218, 2697, 2727 c.c., 61, 115, 116, 196 c.p.c., in
relazione all’art. 360, l ° co. n. 3, c.p.c.; nonché <
della controversia, in relazione all’art. 360, 1 ° co. n. 5,
c.p.c.
Si duole che la corte di merito abbia, in acritico
accoglimento delle risultanze della CTU disposta in grado
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questfultima originariamente proposta nei confronti
d’appello, erroneamente escluso la responsabilità dei medici per
omessa tempestiva diagnosi, nel 1995, nonostante «l’insorgenza
dei sintomi ( diarrea e sangue vivo )>>, di poliposi poi
diagnosticata nel 1997.
Lamenta che la corte di merito ha erroneamente escluso
consentito di <
rilevabile dalle emergenze processuali.
Si duole che la corte di merito abbia <
Lamenta l’erronea valutazione della prova testimoniale.
Con
il
30
motivo denunzia
«violazione
e
falsa
applicazione>> degli artt. 61, 115, 116, 196 c.p.c., in
relazione all’art. 360, l ° co. n. 3, c.p.c.; nonché «omessa,
insufficiente e contraddittoria>> motivazione su punti decisivi
della controversia, in relazione all’art. 360, l ° co. n. 5,
c.p.c.
Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che
«la diagnosi precoce della malattia non evita l’insorgenza
della malattia poiché di fatto essendo a trasmissione genetica
colpisce il capostipite ed i figli nella misura del 50%>>, ma
<
Lamenta che, in quanto la <
nel 95 avrebbe consentito di procedere all’intervento di
di numerosi polipi del retto, come nella fattispecie, di
proctocolectomia restaurativa come venne fatto nel 97 a malattia
avanzata, prevenendo così lo sviluppo del cancro o intervenendo
in una fase di degenerazione iniziale>>.
Con
il
40
motivo
denunzia
«violazione
e
falsa
applicazione>> degli artt. artt. 1176, 1218, 1223, 2697, 2729
c.c., 115, 116 c.p.c., D.P.C.M. 27/6/86, in relazione all’art.
360, l ° co. n. 3, c.p.c.; nonché <
controversia, in relazione all’art. 360, l ° co. n. 5, c.p.c.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente escluso
il nesso di causalità e posto in capo al <
Lamenta che «proprio le caratteristiche della malattia
genetica e quindi della sua presenza ben prima del 95
smentiscono le conclusioni a cui perviene il giudice di secondo
grado poiché esiste un preciso nesso di causalità tra gli omessi
esami diagnostici, e, quindi, la corretta diagnosi, e non
l’insorgenza della malattia ma il suo avanzamento fino alla
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colectomia totale con ileorettoanastomosi o in caso di presenza
degenerazione tumorale di uno o più polipi che hanno portato
alla morte della paziente>>.
Si duole che <
Lamenta non essersi dalla corte di merito considerato che
<
Si duole che <
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto
connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito
indicati.
Come questa Corte ha avuto più volte modo di porre in
rilievo, in accordo con quanto osservato anche in dottrina, il
debitore è di regola tenuto ad una normale perizia, commisurata
alla natura dell’attività esercitata ( secondo una misura
obiettiva che prescinde dalle concrete capacità del soggetto,
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paziente all’intervento di proctocolectomia restaurativa
sicché deve escludersi che ove privo delle necessarie cognizioni
tecniche il debitore rimanga esentato dall’adempiere
l’obbligazione con la perizia adeguata alla natura dell’attività
esercitata ); mentre una diversa misura di perizia è dovuta in
relazione alla qualifica professionale del debitore, in
specifico settore di attività (cfr., con riferimento al
professionista, ed in particolare allo specialista, Cass.,
20/10/2014, n. 22222).
Atteso che la diligenza deve valutarsi avuto riguardo alla
natura dell’attività esercitata (art. 1176, 2 0 co., c.c.), al
professionista (e
a
fortiori allo specialista) è richiesta una
diligenza particolarmente qualificata dalla perizia e
dall’impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di attività
da espletare (cfr. Cass., 31/5/2006, n. 12995) e allo
standard
professionale della sua categoria, l’impegno dal medesimo
dovuto, se si profila superiore a quello del comune debitore, va
considerato viceversa corrispondente alla diligenza normale in
relazione alla specifica attività professionale o lavorativa
esercitata, giacché il medesimo deve impiegare la perizia ed i
mezzi tecnici adeguati allo
standard professionale o lavorativo
della sua categoria, tale
standard valendo a determinare, in
conformità alla regola generale, il contenuto della perizia
dovuta e la corrispondente misura dello sforzo diligente
adeguato per conseguirlo, nonché del relativo grado di
7
relazione ai diversi gradi di specializzazione propri dello
responsabilità
(cfr.
Cass.,
20/10/2014,
n.
22222;
Cass.,
9/10/2012, n. 17143).
Nell’adempimento delle obbligazioni (e dei comuni rapporti
della vita di relazione) il soggetto deve osservare altresì gli
obblighi di buona fede oggettiva o correttezza, quale generale
l’insorgenza di responsabilità (anche extracontrattuale).
E’ pertanto tenuto a mantenere un comportamento leale,
osservando obblighi di informazione e di avviso nonché di
salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti dell’apprezzabile
sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di
responsabilità in ordine ai falsi affidamenti anche solo
colposamente ingenerati nei terzi ( cfr., con riferimento a
differenti fattispecie, Cass., 20/2/2006, n. 3651; Cass.,
27/10/2006,
n.
23273;
Cass.,
15/2/2007,
n.
3462;
Cass.,
13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass.,
30/10/2007,
n. 22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056;
Cass., 27/4/2011, n. 9404, e, da ultimo, Cass., 27/8/2014, n.
18304 ).
In tema di danno alla persona conseguente a responsabilità
medica, si è per altro verso nella giurisprudenza di legittimità
precisato che l’omissione della diagnosi di un processo morboso
terminale, in relazione al quale si manifesti la possibilità di
effettuare solo un intervento c.d. palliativo, determinando un
ritardo della relativa esecuzione cagiona al paziente un danno
già in ragione della circostanza che nelle more egli non ha
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principio di solidarietà sociale la cui violazione comporta
potuto fruirne, dovendo conseguentemente sopportare tutte le
conseguenze di quel processo morboso, e in particolare il dolore
( in ordine al quale cfr. Cass., 13/4/2007, n. 8826 ), che la
tempestiva esecuzione dell’intervento palliativo avrebbe potuto
alleviare, sia pure senza la risoluzione del processo morboso (
Cass., 18/9/2008, n. 23846 ).
Un
danno
risarcibile
alla
persona
in
conseguenza
dell’omissione della diagnosi di un processo morboso terminale è
stato da questa Corte ravvisato anche in conseguenza della mera
perdita per il paziente della
chance di vivere per un ( anche
breve ) periodo di tempo in più rispetto a quello poi
effettivamente vissuto, ovvero anche solo della
chance
di
conservare, durante quel decorso, una “migliore qualità della
vita” ( v. Cass., 20/8/2015, n. 16993; Cass., 27/3/2014, n.
7195; Cass., 8/7/2009, n. 16014; Cass., 18/9/2008, n. 23846 ).
Si è al riguardo precisato che in tale ipotesi il danno per
il paziente consegue anche alla mera perdita della possibilità
di scegliere, alla stregua delle conoscenze mediche del
tempo,”cosa fare” per fruire della salute residua fino all’esito
infausto, anche rinunziando all’intervento o alle cure per
limitarsi a consapevolmente esplicare le proprie attitudini
psico-fisiche in vista e fino all’exitus (cfr. Cass., 20/8/2015,
n. 16993; Cass., 18/9/2008, n. 23846).
Orbene i suindicati principi sono stati dalla corte di
merito in parte disattesi nell’impugnata sentenza.
9
cfr. Cass., 20/8/2015, n. 16993; Cass., 23/5/2014, n. 11522;
‘
E’ rimasto nella specie accertato che <
Orbene, dopo avere osservato che «l’esplorazione rettale
avrebbe avuto scarse probabilità di diagnosticare una
proliferazione poliposa a livello del retto>>, nonché affermato
che <
10
sottoposta ad rx torace
rettosigmoidoscopia e colonscopia- <
circostanza che dopo appena due anni dal primo ricovero
ospedaliero era stato scoperto un tumore in stadio molto
avanzato ha ragionevolmente indotto i consulenti tecnici
d’ufficio a ritenere che Bolda Maria si fosse ammalata di un
tumore particolarmente aggressivo, una patologia che non si
sarebbe potuto evitare o modificare “solo sulla base di
controlli periodici dettati dalla diagnosi di poliposi”>>.
Ha quindi ravvisato l’insussistenza di <
Orbene, le suindicate ragioni e conclusioni si appalesano
apodittiche ed erronee.
Vale al riguardo osservare che la corte di merito non ha
spiegato come mai, pur essendosi accertato che la Bolda era
soggetto portatore di poliposi familiare che degenera sempre in
tumore, non abbia assegnato alla mancata tempestiva
individuazione da parte dei medici della reale natura della
malattia, diagnosticata solamente nel 1997 quale <
11
precoce della poliposi avrebbe comunque consentito di evitare
relazione alla sopraggiunta morte, e pertanto anche sotto il
profilo della possibilità di effettuazione di un intervento
quantomeno di tipo palliativo, nonché quello della suindicata
perdita di doppia chance.
Rimasto inspiegato se e come <
causalità tra gli omessi esami diagnostici e l’insorgenza della
malattia>> sono stati dal giudice del gravame formulati e tratti
senza invero considerare che, anche in presenza di una
situazione deponente per un prossimo ed ineluttabile
exitus,
l’intervento medico può essere comunque volto a consentire al
paziente di poter eventualmente fruire di un intervento anche
solo meramente palliativo idoneo, se non a risolvere il processo
morboso
o
ad evitarne l’aggravamento, quantomeno ad alleviarne
le sofferenze cfr. Cass., 18/9/2008, n. 23846, e,
conformemente, Cass.,
23/5/2014, n. 11522 ).
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della poliposi>> avrebbe consentito di evitare ( non già
A tale stregua, l’omissione della diagnosi di un processo
morboso terminale assume invero rilievo causale non solo in
relazione alla chance di vivere per un ( anche breve ) periodo
di tempo in più rispetto a quello poi effettivamente vissuto ma
anche per la perdita da parte del paziente della
chance
di
vita” ( cfr. Cass., 18/9/2008, n. 23846, e, conformemente,
Cass., 8/7/2009, n. 16014, Cass., 27/3/2014, n. 7195 ), intesa come detto- quale possibilità di programmare ( anche all’esito
di una eventuale scelta di rinunzia all’intervento o alle cure:
cfr. Cass., 16/10/2007, n. 21748 ) il proprio essere persona, e,
quindi, in senso lato l’esplicazione delle proprie attitudini
psico-fisiche in vista e fino a quell’esito (cfr. Cass.,
18/9/2008, n. 23846).
Senza sottacersi che la giustificazione dell’omissione nel
caso di ulteriori accertamenti, e in particolare della
rettoscopia e del clisma opaco nonché della colonscopia, in
ragione del non essere essi «necessari», si appalesa invero
erronea, avuto riguardo al profilo della diligenza
particolarmente qualificata dalla perizia e dall’impiego di
strumenti tecnici adeguati al tipo di attività da espletare
richiesta al medico specialista ( v., da ultimo, Cass.,
27/10/2015, n. 21782 ), che richiede di fare ricorso anche alle
iniziative che all’uopo si prospettano non solo
anche solo utili e opportune.
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necessarie ma
conservare, durante quel decorso, una “migliore qualità della
Dell’impugnata sentenza, in accoglimento nei suesposti
termini dei motivi, assorbito ogni altro e diverso profilo,
s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla
Corte d’Appello di Milano, che in diversa composizione procederà
a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese
del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le
spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di
Milano, in diversa composizione.
Roma, 9/12/2015
..I
Il Consigliere est.
V….)
Presidente
applicazione.