Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8035 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8035 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

Elementi

SENTENZA

della colpa
e del nesso

sul ricorso 19914-2013 proposto da:

di causalità
– Diversità

IANNETTI ANTONIO NNTNTN68E21E0580, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 135, presso lo

tra giudizio
penale e
giudizio

studio dell’avvocato PAOLO BERRUTI, che lo

civile Conseguenze

rappresenta e difende giusta procura speciale a

– Diritto

Data pubblicazione: 21/04/2016

del paziente

margine del ricorso;

al consenso
informato –

– ricorrente –

Autonomia Contenuto –

contro

Modalità Portata –

(nuova denominazione

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA,
assunta

dalla

Assicuratrice

Compagnia

UGF

Assicurazioni SPA), quale società già incorporante

Allegazione
del paziente
dell’inadempimento
dell’obbligo
di

1

informazione

della AURORA ASSICURAZIONI, in persona del suo

da parte del
medico –

Procuratore ad negotia, Dr. Giacomo Maria Saverio

Onere della
prova di

Lovati, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

aver fornito

BERTOLONI 55, presso lo studio dell’avvocato

una
informazione

FEDERICO MARIA CORBO’, che lo rappresenta e difende

completa ed

giusta procura speciale a margine del

A carico del

effettiva –

Sussistenza
– Fondamento

GRENGA CLAUDIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato
MARIO MASSANO, che lo rappresenta e difende

R.G.N. 19914/2013

giusta cron- &03

procura speciale in epigrafe al controricorso;

Rep.

CAUTI DAVIDE, elettivamente domiciliato in ROMA, Ud.
VIA RIDOLFINO VENUTI

presso lo studio Pu

42,

dell’avvocato ANTONIO CAUTI, che lo rappresenta e
difende giusta procura speciale in calce al
controricorso;
GENERALI ITALIA SPA, già INA ASSITALIA SPA, in
persona del procuratore avv.

Matteo Mandò,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE
FERRARI 35, presso lo studio dell’avvocato MARCO
VINCENTI, che la rappresenta e difende giusta
procura speciale in calce al controricorso;
PETRUCCI BERNARDINO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI 59, presso lo studio
dell’avvocato MARIA SALAFIA, che lo rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine del

2

09/12/2015

medico –

controricorso;

controricorso;

PROVINCIA ITALIANA DELL’ISTITUTO DELLE SUORE
MERCEDIARIE, titolare della CASA DI CURA PRIVATA
N.S.

DELLA MERCEDE,

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, Suor Giuseppina

CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
GELLI, che la rappresenta e difende in calce al
controricorso;
ALLIANZ SPA,

cessionaria dell’Azienda BERNESE

ASSICURAZIONI SPA, in persona del procuratore dr.
ANDREA CERRETTI, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA PANAMA 88, presso

lo

studio dell’avvocato

GIORGIO SPADAFORA, che la rappresenta e difende
giusta procura speciale in calce al controricorso;
GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del suo
Amministratore Delegato, dott. Cristophe Buso,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ALDO
BALLARIN 7, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
IMPROTA, che la rappresenta e difende giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrenti

avverso la sentenza n. 2981/2012 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 05/06/2012, R.G.N.
3835/2006;
udita la relazione della causa svolta nella

Attadia, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

pubblica udienza del 09/12/2015 dal Consigliere
Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato PAOLO BERRUTI;
udito l’Avvocato MARCO VINCENTI;
udito l’Avvocato GIORGIO SPADAFORA;

udito l’Avvocato MARIA SALAFIA;
udito l’Avvocato PILADE PERROTTI per delega;
udito l’Avvocato FEDERICO MARIA CORBO’;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per
l’accoglimento p.q.r. limitatamente al 3 0 motivo
del ricorso, rigetto nel resto.

udito l’Avvocato PAOLO IMPROTA;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 5/6/2012 la Corte d’Appello di Roma ha
respinto i gravami interposti dal sig. Antonio Iannetti, in via
principale, e dalla Provincia Italiana delle Suore Mercediarie, in
via incidentale, in relazione alla pronunzia Trib. Roma n. 5576

quest’ultima dal primo proposta, e di rigetto viceversa della
domanda dal medesimo spiegata nei confronti dei sigg.ri Bernardino
Petrucci, Davide Cauti e Claudio Grenga di risarcimento dei danni
subiti in conseguenza di intervento chirurgico in artroscopia al
ginocchio destro dai medesimi effettuato in data 3/8/1995 presso
la Casa di cura Nostra Signora della Mercede.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito lo
‘annetti propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi,
illustrati da memoria.
Resistono con separati controricorsi il Cauti, il Petrucci, la
società Generali Italia s.p.a. ( già ma Assitalia s.p.a. ), la
società Unipol Assicurazioni s.p.a. ( nuova denominazione della
società Ugf Assicurazioni s.p.a. ), la società Groupama
Assicurazioni s.p.a., nonché la società Allianz s.p.a.
(cessionaria dell’azienda Bernese Assicurazioni s.p.a.) e la
Provincia Italiana delle Suore Mercediarie, che hanno presentato
anche memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 0 motivo il ricorrente denunzia violazione degli artt.
652 c.p.p., 2697 c.c., 113, 115 c.p.c., in riferimento all’art.

5

del 2006, di accoglimento della domanda nei confronti di

360, 1 ° co. n. 3, c.p.c.; nonché «omessa, insufficiente>>
motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento
all’art. 360, l ° co. n. 5, c.p.c.
Si duole essersi dalla corte di merito erroneamente ritenuta
«preclusa l’azione civile promossa dal ricorrente nei confronti

sentenza penale di primo grado, che ha mandato assolti con formula
piena ( “perché il fatto non sussiste” ) i predetti sanitari,
poiché la sentenza di proscioglimento sarebbe vincolante per il
Giudice civile, il quale non potrebbe valutare nuovamente e
diversamente i fatti su cui sarebbe intervenuto il giudicato
penale>>, atteso che <>.
Lamenta non essersi dalla corte di merito considerato che
<>.
Con il 2 ° motivo denunzia <>
degli artt. 1176, 2236, 2697 c.c.,

6

113,

115,

116 c.p.c., in

dei Dottori Cauti e Petrucci, successivamente all’emanazione della

riferimento

all’art.

360,

co.

n.

3,

c.p.c.;

nonché

<> motivazione su punto decisivo della
controversia, in riferimento all’art. 360, l ° co. n. 5, c.p.c.
Si duole che la corte di merito abbia riduttivamente
considerato la

«causa petendi>>

nonché erroneamente <>.
Lamenta che «la lacunosa formazione della cartella clinica
non vale ad escludere per mancanza di prova l’omissione colposa
della diagnosi da parte del medico, poiché questi ha l’obbligo di
controllare la completezza e l’esattezza del contenuto della
cartella, la cui violazione configura difetto di diligenza ed
inesatto adempimento della corrispondente prestazione medica».
Con il 3 0 motivo denunzia «violazione e falsa applicazione>>
degli artt. 115, 116 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1 ° co.
n. 3, c.p.c.; nonché << insufficiente, apparente>> motivazione su
punto decisivo della controversia, in riferimento all’art. 360, 1 °
co. n. 5, c.p.c.
Si duole che la corte di merito abbia fondato la propria
pronunzia su una errata valutazione delle emergenze probatorie,
nonché su erronee conclusioni della disposta CTU, senza prendere

7

alla parte lesa l’onere di una prova superiore al dovuto>>,

<>.
Lamenta avere la corte di merito erroneamente ritenuto che
«la mancata ripresa da parte del ricorrente dell’attività
agonistica era stata causata dalle condizioni fisiche

probatorie e in particolare del <>.
Si duole che la corte di merito abbia <>, e che <> abbia
«apoditticamente condiviso la contenuta percentuale del 25%,
riconosciuta dal Giudice di primo grado>>.
Lamenta che la corte di merito ha erroneamente stimato la
«perdita patrimoniale>> facendo riferimento al <>.

8

preesistenti dello Iannetti>>, in contrasto con le emergenze

Con il 4 0 motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in
riferimento all’art. 360, l ° co. n. 4, c.p.c.
Si duole che la corte di merito non gli abbia riconosciuto
anche il risarcimento della <>.

connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di
seguito indicati.
Come questa Corte -anche a Sezioni Unite- ha già avuto modo di
affermare, la sola sentenza penale irrevocabile di assoluzione
(per essere rimasto accertato che il fatto non sussiste o che
l’imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto
nell’adempimento di un dovere o nell’esercizio di una facoltà
legittima) pronunziata in seguito a dibattimento ha efficacia di
giudicato nel giudizio civile ( o amministrativo ) per le
restituzioni ed il risarcimento del danno, e non anche le sentenze
di non doversi procedere perché il reato è estinto per
prescrizione o per amnistia, cui non va riconosciuta alcuna
efficacia extrapenale benché, per giungere a tale conclusione, il
giudice abbia accertato e valutato il fatto (cfr. Cass., Sez. Un.,
26/1/2011, n. 1768, e, da ultimo, Cass., 25/9/2014, n. 20252).
Si è altresì precisato che al fine di delineare l’ambito di
operatività della sentenza penale e la sua idoneità a provocare
gli effetti preclusivi di cui agli artt. 652, 653 e 654 c.p.p.
nessuno degli elementi integrativi della fattispecie criminosa
deve risultare provato, e il giudicato di assoluzione è idoneo a

9

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto

produrre effetti preclusivi ( quanto all’accertamento che il fatto
non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso ) nel giudizio
civile solo quando contenga un effettivo, specifico e concreto
accertamento circa l’insussistenza del fatto o l’impossibilità di
attribuire questo all’imputato, e non anche quando l’assoluzione

prova circa la commissione del fatto o l’attribuibilità di esso
all’imputato. Sotto il profilo soggettivo, è altresì necessario
che vi sia coincidenza delle parti tra il giudizio penale e quello
civile, e cioè che non soltanto l’imputato ma anche il
responsabile civile e la parte civile abbiano partecipato al
processo penale ( v. Cass., 20/9/2006, n. 20325 ).
Anche in presenza come nella specie di sentenza penale di
piena assoluzione nel merito perché «il fatto non sussiste>> non
può peraltro omettersi di considerare che sia l’elemento
costitutivo dell’illecito costituito dalla colpa sia quello del
nesso di causalità sono in ambito civile intesi diversamente che
in ambito penale.
Quanto alla prima, si è da questa Corte costantemente posto in
rilievo come sia ormai da tempo tramontata la concezione etica
della responsabilità civile informata sulla concezione psicologica
della colpa, propria invero del diritto penale, rilevando essa
(non solo nell’adempimento delle obbligazioni ma anche nei comuni
rapporti della vita di relazione: cfr. Cass., 27/8/2014, n. 18304,
e, da ultimo, Cass., 20/2/2015, n. 3367; Cass., 8/5/2015, n. 9294)
in termini di colpa obiettiva,

e cioè quale violazione del modello

10

sia determinata dall’insussistenza di sufficienti elementi di

di condotta cui il debitore del rapporto obbligatorio e il
soggetto dei comuni rapporti della vita di relazione sono tenuti
ad improntare la propria condotta (v. sent. Cass., 27/10/2015, n.
21782; Cass., 20/2/2015, n. 3367; Cass., 8/5/2015, n. 9294; Cass.,
27/8/2014, n. 18304); in altri termini, quale violazione dello

concreto adeguato ad evitare che la prestazione di adempimento o
il comportamento da mantenersi arrechino danno (anche) a terzi
(cfr. Cass., 6/5/2015, n. 8989; e, in diverso ambito, Cass.,
20/2/2006, n. 3651).
Con particolare riferimento al nesso di causalità è d’altro
canto noto che, mentre nel processo penale vige la regola della
prova “oltre il ragionevole dubbio”, in materia civile opera la
diversa regola della preponderanza dell’evidenza o del “più
probabile che non” ( v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576; Cass.,
16/10/2007, n. 21619 ).
A tale stregua, può allora risultare non integrata la
fattispecie di reato, per difetto dell’elemento del nesso di
causalità in ragione della impossibilità di ritenersi -in base ad
giudizio di “alta probabilità logica”- nel caso concreto esso
provato “oltre il ragionevole dubbio” ( e pertanto in termini di
-quasi- certezza: v. Cass., Sez. Un. pen., 10/7/2002, n. 30328, e,
da ultimo, Cass., pen., sez. F., 25/08/2015, n. 41158; Cass.,
pen., sez. 4, 19/3/2015, n. 22378 ), e al contempo per converso
configurabile la responsabilità civile del debitore/danneggiante,
in ragione dell’ascrivibilità in termini di preponderanza

11

sforzo diligente dovuto in relazione alle circostanze del caso

dell’evidenza ( “più probabile che non” ) dell’evento lesivo alla
sua condotta dolosa o colposa, quest’ultima propriamente
costituendone il criterio d’imputazione ( v., da ultimo, Cass.,
29/2/2016, n. 3893; Cass., 22/2/2016, n. 3428; Cass., 20/2015, n.
3367 ).

risarcimento del danno da reato, utilizzare (non avendone peraltro
l’obbligo) come fonte del proprio convincimento le prove raccolte
in un giudizio penale definito con sentenza passata in cosa
giudicata, e fondare la propria decisione su elementi e
circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede
all’esito del relativo diretto esame, essendo in tal caso peraltro
tenuto a procedere ad una autonoma valutazione, con pienezza di
cognizione, al fine di accertare i fatti materiali in base al
relativo proprio vaglio critico ( v. Cass., 17/11/2015, n. 23516;
Cass., 17/6/2013, n. 15112; Cass., 25/3/2005, n. 6478 ), ivi
ricompreso il profilo del nesso di causalità, non essendo
vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale.
Ne consegue che a tale stregua può invero pervenire
all’affermazione della civile responsabilità pur
nell’insussistenza di quella penale, ovvero ad un riparto delle
responsabilità diverso da quello stabilito dal giudice penale.
Va sotto altro profilo osservato che come questa Corte ha già
avuto modo di affermare (cfr., da ultimo, Cass., 29/9/2015, n.
19213) l’acquisizione da parte del medico del consenso informato
costituisce prestazione altra e diversa da quella dell’intervento

12

Ben può allora il giudice civile, investito della domanda di

medico richiestogli,

assumendo autonoma rilevanza ai fini

dell’eventuale responsabilità risarcitoria in caso di mancata
prestazione da parte del paziente ( v. Cass., 13/2/2015, n. 2854.
Cfr. altresì Cass., 16/05/2013, n. 11950, che ha ritenuto preclusa
ex art. 345 c.p.c. la proposizione nel giudizio di appello, per la

colpa professionale del medico nell’esecuzione di un intervento,
in quanto costituente domanda nuova rispetto a quella -proposta in
primo grado- basata sulla mancata prestazione del consenso
informato, differente essendo il rispettivo fondamento ).
Trattasi di due diritti distinti.
Il consenso informato attiene al diritto fondamentale della
persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento
sanitario proposto dal medico ( cfr. Corte Cost., 23/12/2008, n.
438 ), e quindi alla libera e consapevole autodeterminazione del
paziente ( v. Cass., 6/6/2014, n. 12830 ), atteso che nessuno può
essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non
per disposizione di legge ( anche quest’ultima non potendo
peraltro in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della
persona umana: art. 32, 2 ° co., Cost. ).
Il trattamento medico terapeutico ha viceversa riguardo alla
tutela del ( diverso ) diritto fondamentale alla salute ( art. 32,
1 ° co., Cost. ) ( v. Cass., 6/6/2014, n. 12830 ).
In mancanza di consenso informato l’intervento del medico è al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge
obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità- sicuramente

13

prima volta, della domanda risarcitoria diretta a far valere la

illecito, anche quand’anche sia nell’interesse del paziente ( v.
Cass., 8/10/2008, n. 24791 ), l’obbligo del consenso informato
costituendo legittimazione e fondamento del trattamento sanitario
senza il quale, al di fuori dei casi in cui esso sia per legge
obbligatorio o in cui ricorra uno stato di necessità, l’intervento

nell’interesse del paziente ( v. Cass., 16/10/2007, n. 21748 ).
Trattasi di obbligo che attiene all’informazione circa le
prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente viene
sottoposto, al fine di porlo in condizione di consapevolmente
consentirvi.
A tale stregua, l’informazione deve in particolare attenere al
possibile

verificarsi,

trattamento stesso
30/7/2004,

n.

(cfr.

14638),

in

conseguenza
Cass.,

dei

dell’esecuzione

13/4/2007,

rischi

di

un

n.

8826;
esito

del
Cass.,

negativo 7 ..’

dell’intervento ( v. Cass., 12/7/1999, n. 7345 ) e di un
aggravamento delle condizioni di salute del paziente ( v. Cass.,
14/3/2006, n. 5444 ), ma anche di un possibile esito di mera
“inalterazione” delle medesime ( e cioè del mancato miglioramento
costituente oggetto della prestazione cui il medico-specialista è
tenuto, e che il paziente può legittimamente attendersi quale
normale esito della diligente esecuzione della convenuta
prestazione professionale ), e pertanto della relativa sostanziale
inutilità, con tutte le conseguenze di carattere fisico e
psicologico ( spese, sofferenze patite, conseguenze psicologiche
dovute alla persistenza della patologia e alla prospettiva di

14

del medico è sicuramente illecito, quand’anche effettuato

.

subire una nuova operazione, ecc. ) che ne derivano per il
paziente ( cfr. Cass., 13/4/2007, n. 8826 ).
Il medico ha dunque il dovere di informare il paziente in
ordine alla natura dell’intervento, alla portata dei possibili e
probabili risultati conseguibili nonché delle implicazioni

Al riguardo questa Corte ha avuto modo di precisare che il
consenso informato va acquisito anche qualora la probabilità di
verificazione dell’evento sia così scarsa da essere prossima al
fortuito o, al contrario, sia così alta da renderne certo il suo
accadimento, poiché la valutazione dei rischi appartiene al solo
titolare del diritto esposto e il professionista o la struttura
sanitaria non possono ometterle in base ad un mero calcolo
statistico ( v. Cass., 19/9/2014, n. 19731 ).
Il consenso libero e informato, che è volto a garantire la
libertà dell’individuo e costituisce un mezzo per il perseguimento
dei suoi migliori interessi consentendogli di scegliere tra le
diverse possibilità di trattamento medico o anche di rifiutare (in
tutte le fasi della vita, anche in quella terminale) la terapia e
di decidere consapevolmente di interromperla ( v. Cass.,
16/10/2007, n. 21748), salvo che ricorra uno stato di necessità
..

non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere fornito
espressamente, dopo avere ricevuto un’adeguata informazione,
anch’essa esplicita; presuntiva, per contro, può essere la prova
che un consenso informato sia stato dato effettivamente ed in modo

15

verificabili ( v. Cass., 13/2/2015, n. 2854 ).

esplicito, ed il relativo onere ricade sul medico ( Cass.,
27/11/2012, n. 20984 ).
Va al riguardo ulteriormente posto in rilievo come il medico
venga in effetti meno all’obbligo di fornire un valido ed
esaustivo consenso informato al paziente non solo quando omette

sottoporsi, dei relativi rischi e delle possibilità di successo,
ma anche quando acquisisca il consenso dal paziente con modalità
improprie.
Si è da questa Corte ritenuto ad esempio inidoneo un consenso
acquisito mediante la sottoposizione al paziente, perché lo
sottoscriva, di un modulo del tutto generico, da cui non sia
possibile desumere con certezza che il paziente abbia ottenuto in
modo esaustivo le suddette informazioni ( v. Cass., 8/10/2008, n.
24791 ).
A tale stregua, a fronte dell’allegazione di inadempimento da
parte del paziente è onere del medico provare l’adempimento
dell’obbligazione di fornirgli un’informazione completa ed
effettiva sul trattamento sanitario e sulle sue conseguenze (v.
Cass., 9/2/2010, n. 2847), senza che sia dato presumere il
rilascio del consenso informato sulla base delle qualità personali
del paziente, potendo esse incidere unicamente sulle modalità
dell’informazione, la quale deve sostanziarsi in spiegazioni
dettagliate ed adeguate al livello culturale del paziente, con
l’adozione di un linguaggio che tenga conto del suo particolare

16

del tutto di riferirgli della natura della cura cui dovrà

stato soggettivo e del grado delle conoscenze specifiche di cui
dispone ( v. Cass., 20/8/2013, n. 19920 ).
Quanto alla diversa questione costituita dalla condotta di
adempimento della dovuta prestazione medica, l’autonoma rilevanza
ne impone invero l’autonoma valutazione rispetto alla vicenda

Risponde a principio consolidato nella giurisprudenza di
legittimità che le obbligazioni professionali del medico sono
caratterizzate dalla prestazione di attività particolarmente
qualificata da parte di soggetto dotato di specifica abilità
tecnica, in cui il paziente fa affidamento nel decidere di
sottoporsi all’intervento chirurgico, al fine del raggiungimento
del risultato perseguito o sperato. Affidamento tanto più
accentuato, in vista dell’esito positivo nel caso concreto
conseguibile, quanto maggiore è la specializzazione del
professionista, e la preparazione organizzativa e tecnica della
struttura sanitaria presso la quale l’attività medica viene dal
primo espletata.
La condotta di adempimento della dovuta prestazione da parte
del medico deve essere allora valutata sotto i profili della
diligenza qualificata dalla perizia e dall’impiego di strumenti
tecnici adeguati al tipo di attività da espletare ( cfr. Cass.,
31/5/2006, n. 12995 ) e allo

standard

professionale della sua

categoria, nonché della buona fede o correttezza ( cfr., da
ultimo, Cass., 26/7/2012, n. 13214; Cass., 27/4/2010, n. 10060 ).

17

dell’acquisizione del consenso informato.

Quanto al riparto degli oneri probatori, in ogni caso di
“insuccesso”, provati dal paziente danneggiato il contratto o il
contatto sociale e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia
(cfr., da ultimo, Cass., 12/9/2013, n. 20904), nonché allegato
l’inadempimento del debitore astrattamente idoneo a provocare il

inadempimento non vi è stato ovvero dare la prova del fatto
impeditivo (v. Cass., 28/5/2004, n. 10297; Cass., 21/6/2004, n.
11488), e cioè che pur sussistendo, il proprio inadempimento non è
stato causa del danno ( cfr. Cass., 27/10/2015, n. 21782; Cass.,
30/9/2014, n. 20547; Cass., 12/12/2013, n. 27955; Cass., Sez. Un.,
11/1/2008, n. 577 ) in quanto non ascrivibile alla condotta
mantenuta in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle
specifiche circostanze del caso concreto (v. Cass., 9/10/2012, n.
17143), dovendo altresì indicare quale sia stata l’altra e diversa
causa, imprevista ed imprevedibile né superabile con l’adeguata
diligenza qualificata, che l’ha determinato ( cfr. Cass.,
6/5/2015, n. 8989; Cass., 21/7/2011, n. 15993; Cass., 7/6/2011, n.
12274. Cfr. altresì Cass., 29/9/2009, n. 20806. E già Cass.,
11/11/2005, n. 22894; Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass.,
19/4/2006, n. 9085; Cass., 28/5/2004, n. 10297 ).
A tale stregua, come questa Corte ha del pari già avuto più
volte modo di affermare, la difettosa tenuta della cartella
clinica non vale ad escludere la responsabilità dei medici in
relazione alla patologia accertata, ove risulti provata l’idoneità
di tale condotta a provocarla, ma consente anzi il ricorso alle

18

danno lamentato, incombe al medico dimostrare che tale

presunzioni, come avviene in ogni caso in cui la prova non possa
essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte
contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere
invocato, nel quadro dei principi in ordine alla distribuzione
dell’onere della prova ed al rilievo che assume a tal fine la

o per l’altra parte di offrirla ( v. Cass., 9/6/2011, n. 12686;
Cass., 21/7/2003, n. 11316 ).
Orbene, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza
disatteso i suindicati principi.
In particolare laddove, dopo avere correttamente premesso che
l’«azione civile per danni è preclusa, secondo il costante
insegnamento della giurisprudenza, dal solo giudicato penale che
rechi un effettivo e specifico accertamento circa l’insussistenza
o del fatto o della partecipazione dell’imputato>>, ed avere per
converso genericamente ed erroneamente sostenuto che il giudicato
copre <> ( cfr., da ultimo,
Cass., Sez. Un., 12/12/2014, n. 26242. V. altresì Cass.,
16/5/2006, n. 11356 ), non ha dato invero debitamente atto, «per
quanto attiene tanto alla scelta del procedimento, quanto alle
dimissioni precoci, condotte entrambe suscettibili di rilevare ai
fini della sussistenza del delitto di lesioni contestato ai
sanitari>>, se nell’evocata sentenza penale risulti o meno lo
specifico accertamento ( anche ) in ordine alla scelta del
procedimento in artroscopia, all’acquisizione del consenso
informato, alla mancata operazione al legamento crociato e alle

19

“vicinanza alla prova”, e cioè la effettiva possibilità per l’una

dimissioni precoci. Né, pur in presenza di specifiche censure sul
punto, vi ha autonomamente proceduto, non dando nemmeno corso ad
una specifica ed articolata disamina al riguardo, limitandosi
all’erronea ed apodittica conclusione che nella specie il
giudicato «penale di assoluzione con formula ampia nei confronti

considerati dal giudice penale ma tutti quelli che avrebbero
potuto essere considerati nel quadro dell’imputazione rivolta al
Petrucci ed al Cauti>>.
Ancora, nella parte in cui ha osservato che <>. Per poi
contraddittoriamente concludere che <>.

20

dei due medici appellati non copre i soli aspetti espressamente

t(

A tale stregua emerge una condotta nella specie dai medici
operanti mantenuta in ordine alla suindicata procedura di
disinfezione prima di procedere all’intervento, dalla corte di
merito lasciata invero priva di valutazione anche in ordine ai
relativi corollari, non connotata dalla dovuta diligenza e

verificatesi ( l’indicata diffusione nell’<>
di infezione da «contaminazione ambientale» ), in contrasto con
il principio ripetutamente affermato da questa Corte in base al
quale il medico ( e

a fortiori lo specialista) deve impiegare la

perizia ed i mezzi tecnici adeguati allo

standard professionale

della sua categoria, con sforzo tecnico correlato all’uso degli
strumenti materiali normalmente adeguati per il tipo di attività
professionale in cui rientra la prestazione dovuta (v. Cass.,
27/10/2015, n. 21782; Cass., 9/10/2012, n. 17143; Cass.,
13/4/2007, n. 8826).
E’ pertanto tenuto a verificare (anche) l’organizzazione dei
mezzi adeguati per il raggiungimento degli obiettivi in condizioni
di normalità con adozione di tutte le misure volte ad ovviare alle
carenze strutturali ed organizzative incidenti sugli accertamenti
diagnostici e sui risultati dell’intervento.
Deve altresì, in base all’obbligo di buona fede oggettiva o
correttezza ( quale generale principio di solidarietà sociale la
cui violazione comporta l’insorgenza di responsabilità dalla cui
violazione conseguono profili di responsabilità in ordine ai falsi
affidamenti anche solo colposamente ingenerati nei terzi: cfr.,

21

prudenza come attestato dalle stesse conseguenze successivamente

con riferimento a differenti fattispecie, Cass., 20/2/2006, n.
3651; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 15/2/2007, n. 3462;
Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass.,
30/10/2007, n. 22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056;
Cass., 27/4/2011, n. 9404, e, da ultimo, Cass., 27/8/2014, n.
18304 ), salvaguardare -nei limiti dell’apprezzabile sacrificiol’utilità altrui, sicché laddove ciò non sia possibile deve
informarne il paziente, financo consigliandogli, se manca
l’urgenza di intervenire, il ricovero in altra idonea struttura
(cfr. Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 5/7/2004, n. 12273. V.
anche Cass., 21/7/2003, n. 11316; Cass., 16/5/2000, n. 6318).
La corte di merito ha disatteso i suindicati principi pure
laddove, in ordine alla «mancata acquisizione del consenso
informato ed al mancato intervento sul legamento crociato (aspetti
strettamente collegati, giacché la tesi dell’originario attore è
che i medici non lo avrebbero informato dell’opportunità di
effettuare l’intervento sul legamento, che poi non avrebbero
effettuato, sicché egli avrebbe perso le

chances di operarsi)>>,

ha ravvisato come <

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