Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8034 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8034 Anno 2016
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 8283-2013 proposto da:
COMUNE DI PAGANI, in persona della dott.ssa LAURA PASSIO,
nella qualità di commissario straordinario pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PIEVE DI CADORE 30 PAL. 6, presso
lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GUALTIERI, rappresentato e
difeso dall’avvocato BRUNO FALCONE giusta procura speciale a
margine del ricorso;

– ricorrente contro
GRILLO ANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
TRASTE VERE 301, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI

Data pubblicazione: 21/04/2016

CAPO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANIELLO COSIMATO
giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente nonchè contro

– intimati avverso la sentenza n. 434/2012 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO, depositata in data 11/05/2012, R.G.N. 524/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/11/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato GIUSEPPE GUALTIERI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
MARIO PRESA che ha concluso per raccoglimento del ricorso p.q.r..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 6 febbraio 2007, il Tribunale di Nocera Inferiore, in
parziale accoglimento della domanda proposta nel 1998 dalla D.I.P.A.
S.r.l. nei confronti del Comune di Pagani, di Antonio Donato e di
Angelo Grillo, condannava il predetto ente al pagamento, in favore
della società attrice, della somma di € 100.000,00, oltre interessi, a
titolo di indebito arricchimento per le prestazioni eseguite, su richiesta
del Comune, in favore di quattro cittadini anziani e bisognosi,
mediante il loro ricovero, dal luglio 1998 al dicembre 1994, presso la
casa di riposo “Villa San Vincenzo”, sita in Lettere (NA)e gestita dalla
predetta società.
Il Tribunale riteneva il Comune unico obbligato al pagamento
dell’indennizzo e rigettava, invece, la domanda proposta nei confronti
degli altri convenuti, sindaci del detto Comune nel periodo di
riferimento.
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DIPA SRL, DONATO ANTONIO;

Avverso tale decisione il Comune di Pagani proponeva gravame, cui
resistevano gli appellati i quali proponevano, a loro volta, appello
incidentale.
La Corte di appello di Salerno, con sentenza pubblicata in data 11
maggio 2012, accoglieva, per quanto di ragione, l’appello principale e

impugnata, condannava il Comune di Pagani al pagamento, in favore
della D.I.P.A. S.r.l., della somma di € 15.193,32, oltre rivalutazione
monetaria e interessi; condannava il Grillo, al pagamento, in favore
della predetta società, della somma di € 74.654,45, oltre interessi legali;
condannava il Comune a rivalere il Grillo delle somme che questi
avrebbe dovuto corrispondere alla società per effetto di quella
decisione e regolava le spese del doppio grado di giudizio tra le parti.
Avverso la sentenza della Corte di merito il Comune di Pagani ha
proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria, sulla base di
cinque motivi.
Ha resistito con co ntro ricorso ,t1_ngelo Grillo.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DE( l SIONE
1. Con il primo motivo si lamenta “violazione e/o falsa applicazione
dell’art.2041 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c.”.
Sostiene il ricorrente che pur essendo, come ritenuto dalla Corte di
merito, ammissibile la domanda di indebito arricchimento proposta nei
confronti del Comune per il periodo luglio 1988/febbraio 1989,
anteriore all’entrata in vigore del d.l. 2 marzo 1989 n. 66, tuttavia / per
l’accoglimento della stessa/ la DI.PA. Sr.!. avrebbe dovuto dimostrare
la sussistenza dei presupposti di legge; in particolare, ritiene il
ricorrente necessario il riconoscimento, esplicito o implicito, da parte
dell’ente, dell’utilità della prestazione e sostiene che, nel caso di specie,
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gli appelli incidentali e, per l’effetto, in riforma della sentenza

sarebbe “concettualmente inesistente un’effettiva utilità della
prestazione assistenziale della D.I.P.A. S.r.l. in favore del Comune di
Pagani, che quest’ultimo possa aver riconosciuto”, atteso che la
Regione Campania all’epoca non aveva ancora dato attuazione all’art.
25 del D.P.R. n. 616 del 1977, “non essendo intervenuta la legge

personale degli enti di assistenza e beneficenza ai comuni”. Il
ricorrente, in ogni caso, censura la sentenza impugnata nella parte in
cui ha ritenuto sussistente il riconoscimento esplicito dell’ utilitas da
parte del Comune sulla base di due documenti prodotti dalla D.I.P.A.
S.ri rispettivamente datati 11 ottobre 1990 e 28 gennaio 1992 e
sottoscritti, il primo, dal sindaco e, il secondo, dall’assessore anziano,
sicché il riconoscimento in parola non sarebbe stato espresso
dall’organo deliberativo dell’ente. Il ricorrente nega peraltro che da tali
documenti possa dedursi un riconoscimento implicito, non
contenendo essi “inequivocabilmente con certezza un effettivo
giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità dell’opera o della
prestazione eseguita dal privato” né essendo riconducibile il loro
contenuto al limitato periodo di tempo in relazione al quale la Corte di
merito ha ritenuto ammissibile la domanda nei confronti del Comune.
2. Con il secondo motivo, lamentando “omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia
ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.”, il ricorrente si duole che la Corte di
merito non abbia neppure indicato quale utilità il Comune avrebbe
ricevuto dall’assistenza prestata dalla D.I.P.A. S.r.l. in favore dei
quattro anziani ricoverati ma abbia direttamente esaminato i predetti
due documenti, senza mai affermare che il Comune fosse obbligato a
farsi carico o a contribuire al mantenimento di tali anziani; peraltro
illogicamente la Corte di merito desumerebbe dalla circostanza che il
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regionale per la regolamentazione del trasferimento dei beni e del

Comune contribuisse in qualche misura al mantenimento degli anziani
in parola presso la D.1.P.A. S.r.l. la conferma che l’attività prestata da
quest’ultima fosse per ciò solo vantaggiosa per il Comune nel senso
indicato dalla giurisprudenza di legittimità. Parimenti illogica sarebbe la
motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte

dell’ente la lettera del 28 gennaio 1992 solo perché firmata
dall’assessore anziano, pur senza l’indicazione, in essa, di tale ruolo e
funzione. Infine, ad avviso del ricorrente, le lettere in questione,
contenenti, l’una, una richiesta di informazione e, l’altra, una negazione
di qualsiasi contributo economico, non darebbero di per sé conto
dell’intenzione univoca e certa del Comune di riconoscere l’utilità delle
prestazioni della D.I.P.A. S.r.l. per l’ente e, peraltro, proprio con
riferimento allo specifico e limitato periodo di tempo in relazione al
quale la stessa Corte di merito ha ritenuto ammissibile la domanda
atto rea.
3. I primi due motivi di ricorso – i quali, essendo strettamente connessi,

ben possono essere unitariamente considerati – sono infondati e
vanno, perciò, rigettati, alla luce del principio di recente affermato dalle
Sezioni Unite di questa Corte e secondo cui il riconoscimento dell’utilità
da parte dell’arricchito non costituisce requisito dell’azione di indebito
arricchimento, sicché il depauperato che agisce ex art. 2041 c.c. nei
confronti della P.A. ha solo l’onere dì provare il fatto oggettivo
dell’arricchimento, senza che l’ente pubblico possa opporre il mancato
riconoscimento dello stesso, esso potendo, invece, eccepire e provare che
l’arricchimento non fu voluto o non fu consapevole, e che si trattò,
quindi, di “arricchimento imposto” (Cass., sez. un., 26/05/2015, n.

10798).

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territoriale ha ritenuto di ricondurre all’organo rappresentativo

Peraltro il ricorrente non ha rappresentato quando e in quali termini
abbia contestato dinanzi al giudice la sussistenza del fatto materiale
dell’esecuzione di una prestazione economicamente vantaggiosa per
l’ente pubblico né tanto si desume dai motivi di appello come riportati
nella sentenza impugnata, sicché le doglianze sollevate al riguardo sono

23675).
4. Con il terzo motivo si lamenta “violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Il ricorrente si duole che la Corte di merito abbia ritenuto il Comune di
Pagani “tenuto all’indennizzo ex art. 2041 c.c. in favore di Grillo
Angelo” ed abbia condannato tale ente “a rivalere il Grillo alle somme
che questi dovrà corrispondere alla D.I.P.A. S.r.l. per effetto della …
sentenza” impugnata in questa sede, pur non avendo il Grillo mai
proposto un’azione ex art. 2041 c.c. nei confronti del Comune, ed
avendo, invece, chiesto in appello, in caso di accoglimento della
domanda della indicata società nei suoi confronti, di accogliere “la
domanda di regresso e/o di manleva” da lui proposta e per l’effetto di
“statuire direttamente nei confronti del Comune di Pagani”.
Ad avviso del ricorrente, la Corte di merito avrebbe travalicato i limiti
della domanda, essendo stato richiesto l’accoglimento di una domanda
di garanzia ed avendo, invece, essa accolto una domanda di
arricchimento senza causa.
4.1. 11 motivo è fondato, sussistendo la lamentata violazione dell’art.
112 c.p.c., in quanto la Corte, pur dando atto che era stata proposta dal
Grillo, nei confronti del Comune, una domanda di garanzia (v.
sentenza impugnata p. 15), ha accolto espressamente nei confronti del
Comune una domanda ex art. 2041 c.c., ritenendolo “tenuto

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inammissibili per novità della questione (v. Cass. 18/10/2013, n.

all’indennizzo” di cui alla norma citata, in favore del Grillo, con
conseguente condanna al riguardo.
5. L’accoglimento del terzo motivo assorbe l’esame dei profili di cui ai
motivi quarto e quinto con cui il ricorrente deduce, rispettivamente,
“violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. e dell’art. 23 Di.

applicazione dell’art. 23, commi 3 e 4 D.L. n. 66/1989 in relazione
all’at. 360 n. 3 c.p.c.”.
6. In conclusione vanno rigettati il primo e il secondo motivo e va
accolto il terzo; è assorbito l’esame dei profili di cui ai motivi quarto e
quinto; la sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure
accolte e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio di
legittimità, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.
P.Q,M.
La Corte rigetta il primo e il secondo motivo, accoglie il terzo motivo,
dichiara assorbito l’esame dei profili di cui ai motivi quarto e quinto;
cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la
causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte
di appello di Salerno, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 18 nov bre 2015.

n. 66/1989 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.” e “violazione e/o falsa

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