Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8033 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/04/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 07/04/2011), n.8033

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

STAZIONE CLIMATICA BIANCHI s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Nicolo Porpora n. 9, presso l’avv. Elefante Tullio, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 157/52/08, depositata il 30 giugno 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10 marzo 2011 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“La Stazione Climatica Bianchi s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 157/52/08, depositata il 30 giugno 2008, con la quale, accogliendo l’appello dell’Ufficio, è stato ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo della contribuente in quanto proposto, non per vizi propri, avverso cartella di pagamento conseguente ad avviso di recupero del credito d’imposta di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8 divenuto definitivo per mancata impugnazione.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

2. Il ricorso, con i cui due motivi si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 19 e 21 sostenendo la tesi della non impugnabilità dell’avviso di recupero suddetto prima della previsione della L. n. 31 del 2004, appare manifestamente infondato, avendo questa Corte già affermato il principio secondo il quale, in tema di contenzioso tributario, gli avvisi di recupero di crediti di imposta illegittimamente compensati, oltre ad avere una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituiscono manifestazioni della volontà impositiva da parte dello Stato al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione, e come tali sono impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19 anche se emessi anteriormente all’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati in compensazione (Cass. n. 4968 del 2009).

3. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state presentate conclusioni scritte da parte del p.m., mentre ha depositato memoria la ricorrente.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione, dovendosi ribadire, anche in relazione alle argomentazioni svolte nell’anzidetta memoria, che l’avviso di recupero del credito d’imposta di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8 manifesta la volontà impositiva dello Stato in ordine ad una pretesa ben individuata nell’an e nel quantum, e quindi ormai definita e non ancora in itinere (ciò che del resto nella specie non è contestato): esso, pertanto, va considerato, ai fini di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 atto del tutto equiparato ad un avviso di accertamento o di liquidazione (ancor prima della previsione di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 421), a differenza di altre ipotesi in cui l’atto notificato, dovendo essere qualificato secondo l’interpretazione rimessa al giudice di merito, al di là della formula adoperata (“invito al pagamento”, “avviso bonariò”, “preavviso”, ecc.) – come atto provvisorio o interlocutorio, può eventualmente consentire al contribuente una tutela anticipata, ma non preclude, in caso di omessa impugnazione, la contestazione della pretesa tributaria in sede di ricorso avverso il successivo atto tipico previsto nel citato art. 19, nel quale la pretesa stessa deve essere necessariamente e in via definitiva manifestata (cfr. Cass. nn. 4513 del 2009, 14373 del 2010);

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che sussistono giusti motivi, in considerazione della parziale novità della questione, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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