Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8032 del 21/04/2016
Civile Sent. Sez. 3 Num. 8032 Anno 2016
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO
SENTENZA
sul ricorso 28100-2012 proposto da:
MERENDA
NICOLA
MRNNCL51TO9H224A,
elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA LEVICO 9, presso lo studio
dell’avvocato GIANCARLO FABRIZIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato FLAVIA BARBUTO giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
2015
contro
1850
REPUBBLICA ITALIANA ;
– intimata –
Nonché da:
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Data pubblicazione: 21/04/2016
REPUBBLICA ITALIANA, in persona del Presidente del
Consiglio pro tempore e PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI
MINISTRI in persona del Presidente del Consiglio pro
tempore, domiciliati ex lege in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
– ricorrenti incidentali contro
MERENDA NICOLA MRNNCL51TO9H224A;
– intimato –
avverso la sentenza n.
815/2012 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 25/07/2012, R.G.N.
160/200C
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/09/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato FLAVIA BARBUTO;
udito l’Avvocato dello Stato FABRIZIO FEDELI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi;
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STATO, da cui sono rappresentati e difesi per legge;
I FATTI
Nel settembre del 2004 Nicola Merenda convenne dinanzi al
Tribunale di Catanzaro la Presidenza del Consiglio dei Ministri,
chiedendone la condanna al risarcimento dei danni conseguenti
comunitaria
e
recepimento
inesatto
82/1976,
parte
nella
in
della
cui
Direttiva
escludeva
gli
specializzandi degli anni accademici 1982/1991 dal diritto alla
adeguata remunerazione.
Il giudice di primo grado respinse la domanda per intervenuta
prescrizione del diritto azionato dall’attore.
La corte di appello di Catanzaro, investita dell’impugnazione
proposta da quest’ultimo, la accolse, condannando la Presidenza
del consiglio dei ministri al pagamento in suo favore della somma
di E. 67.139.
Per la cassazione della sentenza della Corte calabrese Nicola
Merenda ha proposto ricorso sulla base di 3 motivi di censura
illustrati da memoria.
Resiste
la
Presidenza
consiglio
del
dei
ministri
con
controricorso, e propone a sua volta ricorso incidentale,
anch’esso illustrato da memoria.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorsi devono essere riuniti.
Essi sono entrambi infondati.
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione
e falsa applicazione
257/1991,
delle
degli artt. 3 E 36 Cost., del D.lgs.
Direttive
CE 362/1975, 363/1975, 82/1976,
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all’intempestivo
dell’art. 1 comma 300 della legge 266/2005, dell’art. 11 della
legge 370/1999.
La censura,
con la quale si lamenta una insufficiente liquidazione
del danno, evocando il combinato disposto normativo sopra indicato
– è del tutto privo di pregio.
all’odierno ricorrente, si è conformata
recente, e ormai consolidata,
tout court
in parte qua
alla più
(altre essendo le
questioni controverse in subiecta materia a tutt’oggi rimesse alle
sezioni unite) giurisprudenza di questa sezione (per tutte, Cass.
26701/2011; 24094/2011; 21498/2011; 12408/2011), adottando del
tutto legittimamente, quale relativo parametro di riferimento, la
legge 370/1999.
Il ricorrente non offre, nell’illustrazione del motivo, alcun
utile e convincente spunto di riflessione idoneo ad indurre il
collegio ad un mutamento di tale, consolidata giurisprudenza, che
va pertanto in questa sede confermata.
Con il secondo motivo,
si denuncia
omessa pronuncia sul secondo
nullità
della sentenza per
motivo di impugnazione di cui
all’atto di appello.
Il motivo è manifestamente infondato, avendo l’avvocatura dello
Stato legittimamente, tempestivamente ed efficacemente sollevato
l’eccezione di prescrizione del diritto vantato dal ricorrente, sì
che nessun vizio di omessa pronuncia appare seriamente
denunciabile in questa sede, avendo la Corte di appello, di
converso, implicitamente pronunciato sulla doglianza (altrettanto
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La Corte territoriale, nel quantificare il risarcimento dovuto
implicitamente, quanto correttamente, rigettandola), ritenendo
fondata l’eccezione stessa, pur in assenza di ulteriori e più
articolate specificazioni, in ossequio all’insegnamento di cui a
Cass. ss.uu. 10955/2002.
Con il terzo motivo,
si denuncia
violazione e falsa applicazione
degli artt. 91, 92, 118 disp. att., 132 c.p.c., 24 Cost..
Il motivo, che lamenta una pretesa erroneità della statuizione
sulle spese, è privo di pregio, avendo il giudice di appello
motivatamente fatto uso del proprio potere discrezionale al
riguardo, atteso l’esito della lite.
Del pari infondato,
quanto al suoi primi due motivi,
risulta il
ricorso dell’Avvocatura dello Stato, che, da un canto, chiede, con
argomentazioni non idonee a scalfirne la condivisibile portata
precettiva, la rivisitazione e la riconsiderazione, da parte del
collegio, del dictum di cui a Cass. ss. uu. 9147/2009 (predicativa
di un principio poi riaffermato costantemente da tutta la
successiva giurisprudenza di questa Corte di legittimità a sezioni
semplici), ove si legge di una (per quanto atipica) responsabilità
ex contractu
dello Stato per omessa/tardiva trasposizione di
direttive comunitarie; dall’altro, invoca una diversa collocazione
correttamente individuato e
dell’exordium praescríptionis,
collocato, per converso, dalla Corte di appello alla data di
entrata in vigore della legge 370/1999, come costantemente
affermato da questo giudice di legittimità (il terzo motivo di
ricorso incidentale, che lamenta il mancato inserimento
dell’igiene e medicina preventiva con orientamento igiene del
P
5
,
lavoro
nelle specializzazioni comuni agli Stati membri, è
palesemente inammissibile per altrettanto palese novità della
questione sottoposta all’esame della Corte).
I ricorsi sono pertanto rigettati.
Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta entrambi e dichiara
compensate le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, li 24.9.2015
reciproca soccombenza.