Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8030 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/03/2021, (ud. 02/10/2020, dep. 23/03/2021), n.8030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

Arte Costruzioni Spa, (già Arte Costruzioni Srl), dichiarata

fallita, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 192, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, il 2.10.2012

e pubblicata il 20.11.2012;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

a seguito di procedimento di verifica, integrato mediante accesso presso la sede legale della società Arte costruzioni Srl, l’Agenzia delle Entrate riteneva sussistere una differenza tra il prezzo di vendita dichiarato dalla contribuente e quello effettivamente conseguito, in relazione a 21 appartamenti facenti parte del realizzato complesso immobiliare “Le Ginestre”, sito nel Comune di Cremona. In conseguenza notificava alla società l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), ritenendo induttivamente realizzati dalla società, nell’anno 2005 in cui erano stati venduti gli appartamenti, maggiori ricavi pari ad Euro 430.155,00 ai fini IRES ed IRAP, conseguendone pure l’omissione di versamenti IVA nella misura di Euro 18.146,00.

La società impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Cremona, contestando che agli elementi allegati dall’Ente impositore non poteva riconoscersi altro che il valore di presunzioni semplici, contrastate però da prova documentale, perchè la contribuente aveva stipulato una convenzione con il Comune di Cremona per effetto della quale, a fronte di benefici, aveva concordato il prezzo massimo di vendita al metro quadro degli immobili in Euro 1.222,62. I sei casi, sul totale delle ventuno compravendite, in cui il prezzo di vendita, effettivo e dichiarato, era risultato superiore dipendevano da somme giustificate quali varianti al capitolato base di costruzione. Contestava, inoltre, le modalità di calcolo adottate dall’Agenzia delle Entrate, e le comparazioni proposte dall’Ufficio perchè effettuate con immobili che presentavano caratteristiche molto diverse. La CTP, ritenuto che le presunzioni allegate dall’Amministrazione finanziaria risultassero inadeguate a provare la fondatezza dell’accertamento, accoglieva le ragioni della contribuente ed annullava l’atto impositivo.

Avverso la decisione adottata dalla CTP spiegava appello l’Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia. Il giudice dell’appello richiamava gli elementi allegati dall’Amministrazione finanziaria, in particolare la riscontrata differenza tra il “prezzo normale” di vendita degli immobili e quello dichiarato dalla società di costruzioni, confortando l’Agenzia la sua ricostruzione mediante il confronto con i dati OMI, i prezzi di mercato pubblicati dalla Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali (FIAIP), ed i prezzi di vendita di immobili limitrofi siti nei complessi immobiliari “(OMISSIS)” e “(OMISSIS)”, nonchè il dato incontestato secondo cui, in base alla contabilità aziendale, le vendite sarebbero avvenute con una percentuale di ricarico del 2,90%, ritenuta insufficiente ad assicurare l’economicità della gestione aziendale. Osservava, però, che le presunzioni di evasione fiscale allegate dall’Ente impositore risultavano contrastate dagli elementi addotti dalla contribuente, ed in particolare dalla prova documentale fornita dalla società e costituita dalla convenzione stipulata con il Comune di Cremona cui si è fatto cenno, e pertanto respingeva l’impugnazione dell’Ufficio finanziario.

La decisione adottata dalla CTR è stata impugnata per cassazione dall’Agenzia delle Entrate, che si affida a sei strumenti di gravame. La società Arte Costruzioni Srl non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo primo motivo di ricorso l’Ente impositore contesta la nullità della sentenza adottata dalla CTR, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere il giudice impugnato pronunciato sul fatto che le presunzioni allegate dall’Ufficio al fine di dimostrare l’intervenuta evasione fiscale risultavano ulteriori rispetto a quelle prese in esame dal giudice dell’appello, con particolare riferimento alle rinvenute “discrasie ingiustificate fra i valori di vendita dichiarate ed il prezzo di vendita al mq. massimo accertato per piano applicato a tutti gli appartamenti del piano” (ric., p. 62).

1.2. – Mediante il secondo motivo d’impugnazione l’Amministrazione finanziaria lamenta ancora la nullità della sentenza adottata dalla CTR, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere il giudice impugnato pronunciato sul fatto che essendo stata accertata e dimostrata la vendita di sei appartamenti a prezzo superiore rispetto a quello previsto nella convenzione stipulata dalla contribuente con il Comune di Cremona, anche gli ulteriori quindici appartamenti fossero stati ceduti a prezzo maggiore senza alcuna fatturazione della differenza.

1.3. – Con il suo terzo mezzo di gravame l’Amministrazione finanziaria critica la impugnata decisione adottata dalla CTR, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, affermando la nullità della pronuncia per non avere il giudice dell’appello rispettato il disposto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, degli artt. 112 e 115 c.p.c., ed all’art. 2909 c.c., perchè la CTR ha negato che la percentuale di ricarico del 2,90% asseritamente conseguita dalla contribuente in conseguenza della vendita degli immobili, risultasse “inconsistente”, come affermato dall’Ente impositore e riconosciuto dalla CTP che aveva ritenuto sussistere l’antieconomicità della gestione, indizio di evasione non contestato in appello “sicchè sul punto si è formato il giudicato” (ric., p. 68), giustificando invece economicamente la detta percentuale con la gran quantità dei contratti assicurati.

1.4. – Mediante il quarto motivo d’impugnazione l’Amministrazione finanziaria censura nuovamente la nullità della sentenza adottata dalla CTR, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in conseguenza della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 per aver sostenuto che la percentuale di ricarico del 2,90%, nella rivendita degli appartamenti fosse “economicamente giustificata dalla quantità dei contratti assicurati dalla convenzione con il Comune… senza il benchè minimo supporto motivazionale” (ric., p. 70).

1.5. – Con il suo quinto motivo di ricorso l’Ente impositore contesta sempre la nullità della sentenza adottata dalla CTR, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in conseguenza della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 per avere il giudice dell’appello descritto un metodo accertativo difforme rispetto a quello effettivamente adottato, avendo affermato che gli unici casi in cui si è verificato lo sforamento dei prezzi di vendita concordati con il Comune di Cremona sia quello dei sei appartamenti in cui sono state fatturate varianti, e per aver ritenuto che non sia particolarmente inconsistente la percentuale di ricarico del 2,90% nella vendita degli immobili, risultando la sentenza impugnata “nulla in tutti i suoi rilevanti snodi (passaggi) motivazionali” (ric., p. 72).

1.6. – Mediante il sesto motivo di gravame l’Amministrazione finanziaria lamenta il vizio di motivazione in cui è incorsa la sentenza adottata dalla CTR, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere il giudice impugnato pronunciato sul fatto decisivo per il giudizio, e controverso tra le parti, che l’Ente impositore aveva dimostrato con pluralità di elementi di fatto la ricorrenza di un’evasione di imposta, anche desumendola dall’oggettiva antieconomicità della gestione della contribuente, tenuto conto della percentuale di ricarico dichiarata come applicata nelle vendite “sintomo inequivocabile di evasione” (ric., p. 81).

2.1. – 2.2. – 2.3. – 2.4. – 2.5. – 2.6. – I motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente poichè intimamente connessi, oltre ad essere insistentemente ripetitivi. In sostanza l’Amministrazione finanziaria contesta, in relazione ai profili della nullità della sentenza per omessa pronuncia, e dell’omessa motivazione su fatti decisivi per il giudizio che erano stati oggetto di discussione tra le parti, la svalutazione da parte della CTR delle presunzioni allegate dall’Ente impositore, quando non la loro totale assenza di considerazione.

Occorre premettere che le contestazioni di nullità della sentenza appaiono per larga parte inammissibili, perchè l’Amministrazione finanziaria non descrive, in realtà, questioni su cui la CTR non ha pronunciato, bensì lamenta che non si sia pronunciata in maniera che la parte ritenga soddisfacente.

In relazione a diverso profilo, poi, altre contestazioni appaiono inammissibili perchè l’Amministrazione finanziaria neppure allega specificamente quando, nel corso del giudizio di merito, abbia proposto le questioni che non sarebbero state esaminate dalla CTR, e con quali formule, e come abbia diligentemente coltivato le proprie censure, in modo da consentire a questa Corte di legittimità di verificare la tempestività e congruità delle contestazioni proposte, prima ancora di procedere a valutarne la decisività (cfr. ad es., il secondo motivo di impugnazione).

Tanto premesso, con particolare riferimento al vizio di motivazione contestato dall’Amministrazione finanziaria, occorre osservare che la stessa procede ad una lettura parziale della decisione impugnata, e finisce per non coglierne la ratio decidendi. L’Agenzia insiste nel suo atto d’impugnazione a ricordare più volte il rilievo presuntivo degli elementi che ha allegato all’esito di articolata attività istruttoria. Il rilievo delle presunzioni allegate dall’Ente impositore, però, non è stato negato neppure dalla impugnata Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima afferma, infatti, che “le presunzioni semplici, onde poter essere utilizzate a fini probatori, debbono rispondere ai requisiti di gravità, precisione e concordanza”, e tanto “comporta la necessità che tra il coacervo dei fatti noti e il fatto ignoto da dimostrare sussista un legame, se non di esclusiva necessità causale, quantomeno di ragionevole probabilità… il che rimane escluso ogniqualvolta emerga aliunde la prova certa e concreta a sostegno di una spiegazione alternativa compatibile con i fatti addotti a prova presuntiva e tale da ricondurre logicamente a una ricostruzione storica del tutto diversa da quella che le presunzioni tendano a dimostrare. Ciò è quanto si è verificato nel caso di specie, in cui la società contribuente ha documentalmente provato – e ne dà atto lo stesso verbale di constatazione, al terzo capoverso di pag. 11 – che la determinazione di prezzi di vendita favorevoli agli acquirenti, in quanto inferiori ai prezzi di mercato correnti nella zona per immobili similari, è stata il frutto di una convenzione stipulata dalla Arte Costruzioni s.r.l. col Comune di Cremona; di guisa che l’applicazione di prezzi più alti avrebbe dato luogo a violazioni contrattuali sanzionabili come inadempimenti; tant’è che, nei casi in cui gli importi percepiti hanno di fatto superato il limite fissato dalla convenzione, si è reso necessario legittimare lo “sforamento”, agli occhi del Comune, ricorrendo al criterio di fatturare la differenza come variante rispetto al capitolato” (sent. CTR, p. 3 s.). La CTR non manca quindi di chiarire che “la spiegazione così fornita dalla contribuente a sostegno della veridicità dei corrispettivi contabilizzati, pur evidenziando l’applicazione di percentuali di ricarico assai contenute (che comunque, dal punto di vista economico, si giustificano con la quantità dei contratti assicurata dalla convenzione con il Comune), è perfettamente ragionevole e sorretta – come già marcato – da prova documentale fornita all’ufficio già in sede di accesso mirato…” (sent. CTR, p. 4). Il giudice dell’appello non ha quindi negato che l’Amministrazione finanziaria avesse allegato presunzioni pur rilevanti a fondamento dei propri assunti, ma ha ritenuto, esprimendo il giudizio di merito di sua competenza, che le prove contrarie addotte e documentate dalla contribuente dovessero stimarsi prevalenti. L’Ente impositore, anzichè impegnarsi a contrastare questa chiara ratio decidendi, insiste nell’affermare il rilievo delle presunzioni da esso addotte, e pertanto non provvede alla critica specifica degli argomenti proposti nella sua motivazione dal giudice impugnato. Non solo, l’Amministrazione finanziaria, anche nell’indicare gli elementi presuntivi la cui valutazione ritiene essere stata trascurata dalla CTR, come il fatto che gli appartamenti siano stati venduti a prezzi al metro quadro nettamente, quanto ingiustificatamente, divergenti tra loro (anche se siti allo stesso piano) (ric., p. 61) – rilievo cui la contribuente ha peraltro replicato evidenziando la differenza degli appartamenti per metratura ed esposizione – l’Ente impositore non ha cura di precisare dove e come abbia coltivato la sua contestazione in corso di causa, e neppure chiarisce per quale ragione la CTR, se avesse assegnato al dato il giusto rilievo, avrebbe dovuto necessariamente adottare una decisione diversa (c.d. decisività della contestazione).

Il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria appare quindi in parte inammissibile, e per il resto infondato, e deve perciò essere respinto.

Risultando perdente il ricorrente Ente impositore, e non avendo svolto difese l’intimata società, non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite, e neppure deve disporsi il c.d. raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, nulla per le spese.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

 

 

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