Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8030 del 03/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 8030 Anno 2013
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 8758-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
che lo rappresenta e difende ope legis;

ricorrente

contro

SOPENPAN SRL;
– intimato –

avverso la sentenza n. 53/2009 della COMM.TRIB.REG. di
NAPOLI, depositata il 20/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 03/04/2013

udienza del 13/11/2012 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DE BONIS che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione, affidato a
sei motivi, nei confronti della sentenza resa dalla Commissione
tributaria regionale della Campania, depositata il 20 febbraio 2009, che
ha rigettato l’appello principale proposto dalla stessa Agenzia e
l’appello incidentale proposto dalla società Sopenpan s.r.1., già La
Donzelletta s.r.1., avverso la sentenza della Commissione tributaria
provinciale di Napoli, innanzi alla quale la società contribuente aveva

tributi IRPEG e ILOR per l’anno 1997.
2.11 giudice di appello rilevava, per quel che qui ancora interessa,
quanto alla ripresa a tassazione della somma di £.125.874.000,
contabilizzata dalla società contribuente nell’anno 1998, che il
recupero era da considerare illegittimo, violando l’art.127 TUIR,
specificando che sarebbe stato onere dell’Agenzia rettificare in
diminuzione i ricavi dello stesso importo imputati all’anno 1998, una
volta che la verifica fiscale aveva riguardato sia l’anno 1997 che
l’anno 1998.
2.1 Riteneva, ancora, illegittimo il recupero a tassazione dell’importo
di

£.26.161.000,

correttamente

imputato

dalla

società

come

sopravvenienza passiva per effetto della nota di credito a favore della
Sorelat s.r.l. alla stregua dell’art.66 2^ comma DPR 917/1986.
2.2 Riteneva, ancora, condivisibile la decisione dei primi giudici in
ordine all’omessa contabilizzazione di ricavi per £.1.503.742.000,
evidenziando che la Direzione regionale delle Entrate della Campania
nulla aveva rilevato circa l’irregolarità delle scritture contabili
della società in occasione del precedente processo verbale di
contestazione del 26.9.2000 con riguardo agli anni 1997 e 1998 ed
aggiungendo che la ricostruzione proposta dall’Ufficio

non appariva

sorretta da alcun elemento probatorio certo.
2.2.1 Specificava, infatti, che la percentuale di resa dei prodotti
caseari stimata dall’ufficio nel 13 8, era stata confutata dalla
società, la quale aveva comprovato la diversa misura

dell’il % sulla

base della metodologia di ricostruzione indiretta dei ricavi delle
aziende operanti nel settore lattiero caseareo, prodotta in atti, ed
elaborata dalla stessa Direzione regionale della Campania.
2.2.2. Aggiungeva, poi, che la società contribuente aveva dimostrato
“con argomentazioni probatorie convincenti la infondatezza della
equivalenza tra 1 kg. di prodotto ed 1 kwh con perizia in atti del

impugnato l’avviso di accertamento emesso per la ripresa a tassazione di

tecnico abilitato e con il prospetto di calcolo che anche al giudici
aditi in appello appare condivisibile”.
2.2.3 Precisava, ancora, rispetto alla determinazione dei prezzi medi
operata nel pvc, di condividere la tesi

“motivata e precisa”

esposta

dalla società, la quale aveva dimostrato che l’Ufficio si era fondato su
un campione troppo limitato di merce e di fatture non significativamente
rappresentativo e non assistito da alcun criterio logico-matematico,
peraltro offrendo un prospetto di calcolo compilato sulla stessa

valore dei prezzi medi era sensibilmente inferiore.
2.3 Osservava, quanto ai costi per £.207.025.833 di cui alla fattura
emessa dalla Galaktos s.r.1., che la decisione resa dalla CTP era
corretta, avendo il primo giudice ritenuto la sussistenza
dell’operazione in base alla copia del contratto relativo ai rapporti
indicati nella fattura,pure ritenendo che l’operazione negoziale, in
relazione all’entità dell’azienda, doveva ritenersi connessa con la
logica del mercato e funzionale alla commercializzazione e vendita dei
prodotti aziendali, apparendo dunque convincente l’utilizzazione di
servizi promozionali per la conquista del mercato. Ciò anche a voler
tralasciare il fatto che il giudice tributario di primo grado aveva
annullato gli

accertamenti emessi nei confronti della

società

Galaktos per gli anni 1997 e 1998.
2.4 Riteneva, infine, illegittimo il recupero relativo al mancato
riconoscimento

di

ammortamenti

dell’operazione di acquisizione di

per

£.300.00.000,

know how,

a

fronte

avendo la società

dimostrato con la produzione del conto economico, che nessuna quota di
ammortamento di £.300.000.000 era stata dedotta in bilancio a tale
titolo.
3. Non ha depositato difese la società resistente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. Con il primo motivo l’Agenzia ha dedotto il viziò di ultrapetizione,
ai sensi

dell’art.112 c.p.c. ed in relazione all’art.360 comma l n.4

c.p.c., evidenziando che il giudice di appello, ritenendo applicabile,
con riguardo al recupero a tassazione di sopravvenienze attive di
£.125.874.000 erroneamente contabilizzate nell’anno 1998, il divieto di
doppia imposizione di cui all’art.127 DPR n.917/1986, non aveva
considerato né che tale profilo non era stato esposto dalla società
contribuente innanzi al primo giudice, né che l’avviso di accertamento
in contestazione riguardava l’anno 1997 e non l’anno 1998, ragion per

campionatura tenuta presente dall’ufficio dal quale era risultato che il

cui la CTR non avrebbe potuto sindacare su una rettifica del reddito
diversa da quella concernente l’anno 1997.
4.1 La censura è in parte inammissibile ed in parte

infondata, alla

stregua delle argomentazioni di seguito esposte.
Ed invero, l’Agenzia ha assunto nel motivo che l’ultrapetizione “…si
ricava agevolmente dalla lettura del ricorso di I grado ove non emerge
alcuna censura di violazione dell’art.127 TUIR, né alcuna argomentazione
a sostegno di una illegittimità dell’avviso di accertamento per

4.2. Ma sul punto non può essere omesso di evidenziare che la ricorrente
non solo non ha richiamato il contenuto del ricorso della contribuente
ma, anzi, ha espressamente riprodotto, a pag.2 del ricorso per
Cassazione, il contenuto dell’atto di appello nel quale, al punto l, si
contestava la statuizione del giudice di primo grado ove si dava atto
che “…il giudice adito ha accolto la tesi della società, rilevando una
inesistente violazione del disposto di cui all’art.127 TUIR 917/86, in
quanto l’Agenzia ha operato la suddetta ripresa non provvedendo a
rettificare in meno i ricavi dello stesso importo”.
4.3 Tale punto dell’appello esclude, conseguentemente, che la CTR sia
incorsa nel vizio lamentato se, dall’impugnazione proposta dall’Agenzia
avverso la sentenza di primo grado, risulta la trattazione delle stesse
questioni esaminate dalla CTP di Napoli, sotto il duplice profilo
proposto dall’Agenzia.
5.Con

il secondo motivo

l’Agenzia ha dedotto insufficiente motivazione

su un fatto controverso e decisivo del giudizio, in relazione
all’art.360 comma l n.5 c.p.c., evidenziando che, rispetto al recupero a
tassazione della somma di £.26.161.000, il giudice di appello, nel
ritenere correttamente imputata detta somma a titolo di sconto
promozionale sulla base della nota di credito a favore della Sorelat
s.r.1., non aveva dato alcun rilievo al mastrino redatto dalla stessa
società, dotato di efficacia probatoria contro l’imprenditore ai sensi
dell’art.2709 c.c., dal quale risultava l’elenco cronologico dei
movimenti intervenuti e precisamente la voce “incasso su insoluto
Sorelat”.
5.1 Secondo l’Agenzia la dizione letterale di tale voce lasciava
ritenere senza dubbio che l’importo indicato riguardava una perdita di
esercizio e non uno sconto promozionale, con la conseguente appostazione
nel fondo perdite su crediti, deducibile solo per quota.

duplicazione di imposta”.

/ 1f\

5.2 Il giudice di appello, per contro, non aveva dato minimo rilievo a
tale documento che, se correttamente valutato, avrebbe dovuto condurre
la CTR a qualificare detta posta come perdita di esercizio.
5.3 La doglianza è fondata.
5.4. Questa Corte ha ritenuto che in tema di determinazione del reddito
di impresa, la possibilità di detrarre abbuoni e sconti riconosciuti
alla clientela per la natura facilmente deteriorabile della merce
venduta, è subordinata a due condizioni: a) che venga praticato dal

del corrispettivo al cliente sia frutto di un accordo, sia esso
documentale, verbale e finanche successivo, purchè trasfuso in note di
accredito emesse da una parte a favore dell’altra, con l’allegazione
della causale che, volta per volta, abbia giustificato quegli sconti
riconosciuti. Se, dunque l’incontro delle volontà sulla riduzione ben
può avvenire verbalmente tra le parti interessate e trasfuso in note di
accredito emessa dall’una a favore dell’altra, occorre quanto meno
l’allegazione della causale che volta per volta abbia giustificato
quegli sconti riconosciuti-cfr.Cass.n.4770/2009, Cass.26513/2011-.
5.5. Orbene, nel caso di specie, il giudice di appello, al fine di
ritenere esistente uno sconto promozionale della società contribuente in
favore della Sorelat, ha ritenuto di valorizzare

la nota di credito

senza tuttavia chiarire la causale dello sconto, in tal modo non
fornendo elementi di convincimento congrui rispetto alla conclusione,
alla quale lo stesso giudice è giunto,

di giustificare l’appostamento

nella voce di bilancio relativa alle sopravvenienze passive alla stregua
dell’art.66 comma 3 dPR n.917/1986. Lacuna che appare tanto più evidente
se si considera l’elemento documentale fornito dall’Amministrazione
attraverso l’esame del mastrino,

ove veniva indicata la dicitura

“incasso su insoluto Sorelat s.r.l.”.
6. Col

terzo motivo di ricorso l’Agenzia ha dedotto l’omessa pronunzia

in ordine al motivo di appello avanzato con riferimento alla negata
ripresa a tassazione, da parte del giudice di primo grado, dei costi non
inerenti per £.6.400.000, relativi alla provvigione pagata al
Sig.Toscano Gennaro.
6.1 La censura appare fondata, avendo l’Agenzia riportato il motivo di
appello proposto con riguardo al costo sopra indicato- riprodotto sia a
pag.4 del ricorso che a pag.14 all’interno della censura qui esaminata,
non rinvenendosi, nel corpo della motivazione della sentenza impugnata,
alcun cenno alla censura proposta dall’Agenzia.

contribuente uno sconto sul prezzo della vendita; b) che la riduzione

, u

6.2. Ed infatti, per costante giurisprudenza l’omesso esame di un motivo
di appello integra il vizio processuale di cui all’art.112 c.p.c. che va
contestato

alla

stregua

c.p.c.(Cass.n.12952/2007,

dell’art.360

Cass.n.7871/2012),

n.4

comma

come

appunto

ha

fatto

l’Agenzia ricorrente.
7. Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia ha dedotto l’insufficiente
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in
relazione all’art.360 comma l n.5 c.p.c.
Secondo

la

ricorrente

la

decisione della

CTR in ordine

all’illegittimità della ripresa a tassazione di ricavi per
£.1.503.742.000 era viziata nella parte in cui si era riferita, per
escludere la correttezza dell’equivalenza operata dall’Ufficio fra un
chilogrammo di prodotto ed un kvh, ad una perizia di un tecnico
abilitato – dotata di mero valore indiziario-e ad un prospetto di
calcolo – nemmeno riportato nella motivazione-, facendo generico ed
immotivato riferimento ad “argomentazioni probatorie convincenti”
espresse dalla società contribuente, senza tenere in debita
considerazione né le risultanze esplicitate nel processo verbale di
contestazione- riprodotto all’interno del motivo- né la circostanza
che i dati di confronto utilizzati per la percentuale di resa erano
stati forniti dalla stessa società contribuente.
7.2 Peraltro, la CTR aveva omesso di valutare l’allegato 6 al p.v.c.
richiamato dall’Ufficio per dimostrare che le percentuali applicate
corrispondevano perfettamente alla produzione dei mesi di ottobre e
novembre 2001 e dei giorni 16 e 17 aprile 2002, nemmeno dando conto del
perché la verifica dell’ufficio fosse da ritenere inattendibile.
7.3 Inoltre, rifacendosi ad un prospetto di calcolo prodotto dalla
società contribuente per asseverare

l’inattendibilità del calcolo dei

costi medi operato dall’Ufficio la CTR aveva espresso una motivazione
per relationem insoddisfacente, omettendo di considerare quanto dedotto
dall’ufficio in ordine all’utilizzazione, ai fini della determinazione
del prezzo medio, delle fatture dell’anno 1997 esaminate a campione,
considerando i vari tipi di clienti e vari periodi di emissione delle
fatture.
7.4. La doglianza è infondata, alla stregua delle argomentazioni di
seguito esposte.
7.4.1. Giova premettere che il giudice di appello, come già esposto
nello svolgimento del processo, nel condividere il giudizio esposto dai
giudici di primo grado, ha ritenuto “non sorretto da alcun elemento

7.1

probatorio certo” il costrutto espresso l’Ufficio, evidenziando i
seguenti elementi:a) mancata contestazione dei ricavi in occasione del
precedente p.v.c. del 26.9.2000;b) scostamento fra la percentuale di
resa indicata dai verbalizzanti quanto ai prodotti caseari(13 %), a
fronte della percentuale dell’il% emergente dalla

“corretta metodologia-

prodotta in atti- di ricostruzione indiretta dei ricavi dalle aziende
operanti nel settore lattiero caseari elaborata dalla stessa Direzione
Regionale della Campania”;

c) inattendibilità del giudizio di

prodotto ed un kwh di consumo, alla stregua di una

“perizia in atti di

tecnico abilitato e con il prospetto di calcolo che anche ai giudici
aditi in appallo appare condivisibile”;

d) inattendibilità della

determinazione del prezzo medio dei prodotti, in quanto effettuata su

“un campione troppo limitato di merce e di fatture non
significativamente rappresentativo e senza criterio logico-matematico…”
e contrastata da

“…un prospetto di calcolo prodotto in atti e

convincente che, tenendo presente la stessa campionatura tenuta presente
dall’Ufficio”,

aveva dimostrato che

“il risultato dei prezzi medi è

sensibilmente inferiore”.
7.4.2 Ciò posto, ritiene il Collegio che la doglianza è in parte
inammissibile e per

il

resto infondata, alla stregua delle

considerazioni di seguito esposte.
7.4.3 Giova ricordare che questa Corte ha avuto modo di chiarire che ove
il convincimento del giudice di merito si sia realizzato attraverso una
valutazione dei vari elementi probatori acquisiti, considerati nel loro
complesso, il ricorso per cassazione deve evidenziare l’inadeguatezza,
l’incongruenza e l’illogicità della motivazione, alla stregua degli
elementi complessivamente utilizzati dal giudice, e di eventuali altri
elementi di cui dimostri la decisività, onde consentire l’apprezzamento
dell’incidenza causale del vizio di motivazione sul “decisum”, non
potendo limitarsi, in particolare, ad inficiare uno solo degli elementi
della complessiva valutazione-cfr.Cass.

n. 15156 del 11/07/2011-4.

7.4.4. Ora, a sostegno del dedotto deficit motivazionale l’Agenzia
ricorrente ha assunto che il giudice di appello non avrebbe, per un
verso, esaminato alcuni elementi documentali e, tra questi, l’analisi
effettuata dalla Guardia di Finanza in ordine alla determinazione del
prezzo medio, la percentuale di resa dei prodotti ed il giudizio di
equivalenza – 1 chilo di prodotto un kwh di energia- nonché l’allegato
6.

equivalenza operato dall’Ufficio circa la corrispondenza fra un chilo di

7.4.5 Parimenti omesso risulterebbe, da parte della CTR, l’esame del
contenuto della perizia di parte e del prospetto di calcolo utilizzati
dal giudice di appello per ritenere la infondatezza della equivalenza
tra l kg di prodotto e 1 kwh che, per contro, l’Ufficio aveva recepito
richiamando il processo verbale di contestazione.
7.4.6. Orbene, non pare potersi dubitare che laddove viene ipotizzata
una carente analisi del materiale probatorio da parte del giudice del
merito, incombe sulla parte ricorrente l’onere di esporre, all’interno

Corte di esaminare compiutamente la doglianza e, prima ancora, l’operato
del giudice di merito, proprio al fine di verificare l’eventuale
pretermissione di elementi rilevanti e l’eventuale incongruità della
ponderazione operata dallo stesso.
7.4.7 Ciò sul presupposto, anch’esso più volte ribadito da questa Corte,
che il giudice di merito non è tenuto ad esaminare partitamente tutte le
fonti di prova poste al suo esame. E’ noto, infatti, che la valutazione
delle prove, e con essa il controllo sulla loro attendibilità e
concludenza, e la scelta, tra le varie risultanze istruttorie, di quelle
ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, sono
rimesse al giudice del merito e sono sindacabili in cassazione solo
sotto il profilo della adeguata e congrua motivazione che sostiene la
scelta di attribuire valore probatorio ad un elemento emergente
dall’istruttoria piuttosto che ad un altro. In particolare, ai fini di
una corretta decisione adeguatamente motivata, il giudice non è tenuto a
dare conto in motivazione del fatto di aver valutato analiticamente
tutte le risultanze processuali, nè a confutare ogni singola
argomentazione prospettata dalle parti, essendo, invece, sufficiente che
egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui
quali intende fondare il suo convincimento e l'”iter” logico seguito
nella valutazione degli stessi per giungere alle proprie conclusioni,
implicitamente disattendendo quelli morfologicamente incompatibili con
la decisione adottata. In tema di valutazione delle prove, difatti, nel
nostro ordinamento, fondato sul principio del libero convincimento del
giudice, non esiste una gerarchia delle prove stesse, nel senso che
(fuori dai casi di prova legale) esse, anche se a carattere indiziario,
sono tutte liberamente valutabili dal giudice di merito per essere poste
a fondamento del suo convincimento-cfr.Cass.
7.4.8

n.

14972 del 28/06/2006-.

Occorre ancora rammentare che il difetto di motivazione

configurabile soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal

del motivo di ricorso, tutti gli elementi che possano consentire alla

giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata
emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad
una diversa decisione, ovvero quando è evincibile l’obiettiva
deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento
logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi
acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia
difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente
sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli

risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni
e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe
all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea
alla natura e alle finalità del giudizio di cassazionecfr.Cass.2272/2007-.
7.4.9 Principi, questi ,ultimi, ribaditi da questa Sezione sottolineando
che nel giudizio di impugnazione di avvisi di accertamento, il giudice
del merito non è tenuto a dare conto del fatto di aver valutato
analiticamente tutte le risultanze processuali, né a confutare ogni
singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo sufficiente che
egli, dopo averli vagliati nel loro complesso, indichi gli elementi sui
quali intende fondare il suo convincimento e l’iter logico seguito,
implicitamente disattendendo gli argomenti morfologicamente
incompatibili con la decisione adottata-cfr.

n. 16650 del 29/07/2011-.

7.4.10 Orbene, sulla base delle argomentazioni appena espresse emerge,
per un verso, che l’Agenzia ricorrente non ha compiutamente indicato e
riportato in ricorso il contenuto delle fonti di prova che il giudice di
appello avrebbe pretermesso, così determinando un deficit di specificità
della doglianza alla stregua dell’art.366 c.p.c. che risulta ancorpiù
accentuato se si considera che la stessa Agenzia ha altresì omesso di
dare conto degli elementi comunque richiamati dalla CTR- perizia di
parte, prospetto di calcolo- ai quali il giudice stesso si è rifatto per
elidere l’efficacia degli accertamenti compiuti dalla Guardia di
Finanza. Il che impedisce alla Corte di potere svolgere pienamente il
compito di verifica della congruità della motivazione che può essere
compiuto non certo frazionando l’iter argomentantivo della decisione ma,
anzi, compiutamente valutando l’intero ragionamento esposto dal giudice
di merito ed il contenuto degli elementi documentali ponderati dallo
stesso, proprio al fine di verificare l’esistenza del contestato deficit

elementi delibati, poiché, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si

motivazionale, asseritamente correlato alla scorretta ponderazione di
alcune fonti di prova.
7.4.11 Peraltro, la doglianza, nei limiti degli elementi compiutamente
indicati dall’Agenzia per i quali può ritenersi ammissibile il sindacato
di questa Corte, non è meritevole di accoglimento, non scorgendosi il
lamentato deficit motivazionale, nemmeno con riferimento alla
circostanza che i dati utilizzati per la determinazione della
percentuale di resa operata dai verbalizzanti erano stati forniti dalla

7.4.12 Appare

infatti

evidente che detta percentuale è stata

realizzata attraverso un procedimento valutativo dell’ufficio rispetto
ai dati offerti che non trovava diretto riscontro nella documentazione
proveniente dalla società la quale, anzi, per come evidenziato dal
giudice di appello, aveva prodotto un prospetto di calcolo (del quale
l’Agenzia ha tralasciato di evidenziare il contenuto) relativo ai prezzi
medi sensibilmente inferiore a quelli individuati dall’Ufficio che la
CTR ha condiviso.
7.4.13 D’altra parte,
contenuto

il mancato richiamo, da parte dell’Agenzia, del

dell’allegato

5,

che

riportava

i

risultati

della

ricostruzione operata dalla Guardia di Finanza (che risulta indicato
nel p.v.c. riprodotto a pag.26 del ricorso, nel quale venivano indicati
gli esiti delle verifiche compiute dalla Guardia di Finanza riportati
nel p.v.c. alle pag.10,11,12 su percentuali di resa, percentuali di
prodotti e prezzo medio di ciascun prodotto), non consente nemmeno alla
Corte di misurare l’eventuale incongruità della motivazione sotto il
profilo dell’omessa ponderazione di elementi rilevanti capaci di
incrinare il ragionamento esposto dalla CTR.
7.4.14 Né si comprende quale rilievo potrebbe avere, sul punto,
l’omessa considerazione da parte della CTR dell’allegato 6(anch’esso non
riprodotto e che l’Agenzia ha evocato nel motivo di ricorso), nel quale
erano riportati i dati della produzione mensile di ottobre e novembre
2001 della società contribuente-v.pag. 26 del ricorso
stralcio del p.v.c.

che riporta lo

e pag.29, ove si da’ atto che la società ebbe a

produrre, in occasione dell’accesso dei verbalizzanti, i dati della
produzione relativi ai giorni 16 e 17 ottobre 2002- che, a quanto è dato
comprendere dal ricorso e dai documenti ivi riprodotti, non riguardava,
i criteri di determinazione della percentuale di resa dei prodotti
caseari-specificamente, mozzarella-.

società contribuente.

7.4.15 Occorre, ancora, aggiungere che i punti della motivazione
relativi alla disconosciuta equivalenza fra un chilo di prodotto ed un
kwh unitamente a quelli relativi alla ritenuta non rappresentatività
del campione delle fatture utilizzate dall’ufficio per determinare il
prezzo medio attengono al merito della decisione impugnata e si
sottraggono, pertanto, all’esame di questa Corte.
7.4.16 D’altra parte, la circostanza che il giudice di appello abbia sul
punto condiviso i risultati della perizia di parte- non richiamata nel

ex se,

in relazione

al principio del libero convincimento del giudice, un vizio
motivazionale, semmai occorrendo dimostrare l’implausibilità o
incongruità delle valutazioni espresse all’interno di quell’atto che,
però, l’Agenzia non ha nemmeno prospettato, limitandosi a rilevare il
mero carattere indiziario di tale fonte di prova.
7.4.17 Va, ancora, rilevato che la CTR ha rinviato, facendola propria,
alla tesi espressa dai giudici di primo grado, fondata sugli elementi
probatori condivisi dallo stesso giudice di appello. Così facendo, il
giudice di appello si è pienamente conformato alla giurisprudenza di
questa Corte, a tenore della quale è consentito il rinvio

per relationem

alla sentenza di prime cure purche il giudice di appello abbia
dimostrato, com’è avvenuto nel caso di specie, di aver valutato
criticamente sia il provvedimento censurato, sia le censure propostecfr.Cass. n. 3547 del 12/03/2002;Cass.

n. 1573 del 24/01/2007-.

7.4.18 In conclusione, la censura esposta va disattesa risolvendosi,
peraltro, in un tentativo di ottenere una diversa valutazione delle
(peraltro parziali) risultanze probatorie non considerate dalla CTR e,
come tale, non può che essere disattesa, attenendo a valutazioni di
merito compiuta dal giudice di appello non sindacabili dal giudice di
legittimità.
8.Con il quinto motivo l’Agenzia ha dedotto insufficiente motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione
all’art.360 comma l n.5 c.p.c., evidenziando che il giudice di appello,
escludendo il recupero a tassazione del costo riportato dalla fattura
emessa dalla Galaktos s.r.l. per £.207.035.833, aveva ritenuto
sufficiente la produzione, operata nel corso del giudizio, di una
scrittura privata, priva di data certa, non autentica e, pertanto,
inidonea a dimostrare l’esistenza del costo, tralasciando di ponderare
gli elementi che l’ufficio aveva offerto per dimostrare l’inesistenza
dell’operazione, correlati alla mancanza di riscontro contabile delle

suo contenuto dall’Agenzia- non può certo integrare

operazioni nei libri sociali, al pagamento in contanti di un importo
elevato, alla riconduzione delle due società alla stessa famiglia. In
definitiva, ancorchè l’Ufficio, sul quale ricadeva il relativo onere,
avesse fornito la dimostrazione della falsità dell’operazione, la CTR
non aveva motivato in alcun modo sulla portata degli elementi presuntivi
dedotti, incorrendo nel vizio motivazionale.
8.1 Il motivo di ricorso è fondato per le considerazioni di seguito
esposte.

che qualora sia contestata la deducibilità dei costi documentati da
fatture relative ad operazioni asseritamene inesistenti, l’onere di
fornire la prova che l’operazione rappresentata dalla fattura non
stata mai posta in essere incombe all’Amministrazione finanziaria la
quale adduca la falsità del documento (e quindi l’esistenza di un
maggior imponibile), e può essere adempiuto, ai sensi dell’art. 39,
primo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, anche sulla base di
presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti-cfr.Cass.
1023

del

18/01/2008;Cass.

20/11/2006; Cass.

n.

1092

n.

18710

del

del

23/09/2005; Cass.

n.

24607

n.
del

05/02/1997-. Nel qual caso passerà sul

contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle
operazioni contestate, a norma dell’art. 2697, secondo comma, cod. civ.
Pertanto il giudice tributario, qualora ritenga gli elementi addotti
dall’Amministrazione dotati dei caratteri di gravità, precisione e
concordanza, deve passare a valutare la prova contraria offerta dal
contribuente-v.Cass.n.9108/2012-.
8.3 Ne consegue che il giudice tributario di merito, investito della
controversia sulla fondatezza dell’atto impositivo, sarà tenuto a

8.2 Occorre anzitutto premettere che questa Corte è ferma nel ritenere

li /)
valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi iI I //
forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati
del proprio giudizio e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali
elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve
dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal
contribuente, che ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e
2697, secondo comma, cod. civ.
8.4 Orbene, fermo il quadro dei principi sopra succintamente ricordati,
dall’esame complessivo della motivazione della sentenza qui esaminata,
l’iter seguito dalla CTR non appare immune dal vizio prospettato
dall’Agenzia.

8.5 Ed invero, il giudice di appello ha ritenuto probante ai fini della
dimostrazione dell’esistenza del costo la produzione del contratto
relativo ai rapporti commerciali intrattenuti fra le due società,
ritenendo poi inerente l’oggetto del contratto all’attività svolta dalla
società contribuente ed addirittura irrilevante l’annullamento degli
accertamenti operati nei confronti della società Galaktos.
8.6 Ma a giudizio della Corte, le argomentazioni espresse dal giudice di
appello a sostegno dell’esistenza dell’operazione non resistono ad un

e ragionevolezza, avendo la CTR valorizzato ai fini

della dimostrazione dell’operazione negoziale e del relativo costo un
elemento meramente documentale, rispetto al quale non è dato nemmeno
comprendere se dotato o meno di data certa ed autentico- per come
postulato dall’Agenzia ricorrente- tralasciando totalmente di
considerare gli stringenti elementi di fatto offerti dall’Agenzia quali
l’esistenza di cointeressenze familiari all’interno delle due società e
l’assenza di elementi idonei ad asseverare l’effettivo pagamento
dell’ingente corrispettivo, che, rendono
motivazione,

palesemente deficitaria la

facendo emergere un’approssimativa ed insoddisfacente

valutazione delle risultanze probatorie offerte all’attenzione del
giudicante.
9. Con il

sesto motivo

l’Agenzia ha, infine, dedotto insufficiente

motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, in relazione all’art.360 comma l n.5 c.p.c., evidenziando che
il giudice di appello, escludendo il recupero a tassazione della quota
di ammortamento di £.300.000.000 per l’acquisto del

know how

dalla

società Delizia Latte s.r.l. sulla base del conto economico della
società, aveva omesso di considerare che dal prospetto relativo alle
movimentazioni delle immobilizzazioni prodotto innanzi al giudice di
primo grado e compilato sulla base dei dati di controparte riscontrati
dai verbalizzanti emergeva il calcolo, da parte della società, della
quota di ammortamento, inoltre evidenziando che tale appostamento era
già stato verificato da altra decisione resa dalla CTR della Campaniasent.n.46/42/47- allegata agli atti del giudizio, che aveva riformato la
sentenza di primo grado sulla quale, invece, il giudice di appello si
era fondato.
9.1 Anche tale motivo è fondato.
9.2 Ed invero, dalla lettura della motivazione
comprendere come la CTR

non è possibile

abbia potuto escludere l’esistenza del detto

vaglio di congruità

ammortamento

sulla base del mero

presupposto che lo stesso non

risultava dai libri contabili.
9.3 Ed infatti, il giudice di appello non ha fornito alcuna plausibile
spiegazione
dall’Ufficio

in ordine al mancato esame degli elementi offerti
a

sostegno

della

ripresa

fiscale,

invece

facendo

riferimento alla mancata indicazione nel conto economico ed
un’«illegittimità dell’operato fiscale in guanto il totale degli
ammortamenti immateriali in capo alla società non raggiunge il valore
Detta motivazione, oltre ad essere

difficilmente intelligibile, ha integralmente tralasciato di considerare
due elementi ai fini di una compiuta valutazione delle risultanze
probatorie, tanto da incrinare incrinare la completezza della
motivazione.
9.4 Per un verso,
individuato
pagato

infatti,

l’Ufficio,

l’esistenza del contratto di

(£.3.000.000.000)

dalla

società

in sede di p.v.c.,
know how,

aveva

il corrispettivo

contribuente

alla

società

cessionaria La Delizia Latte s.r.l. (v. infatti, lo stralcio del p.v.c.
riprodotto a pag.38

del ricorso) e l’aliquota di ammortamento

nell’esercizio del costo pari al 20 %

(£.600.000.000), operata

erroneamente secondo l’Ufficio- dalla stessa società in quanto
l’operazione era inquadrabile non tra le opere dell’ingegno,

ma come

avviamento commerciale, per il quale l’art.68 1^ e 3^ comma TUIR
prevedeva un ammortamento in misura non superiore a 1/10-v. infatti, lo
stralcio del p.v.c. riprodotto a pag.38 del ricorso-.
9.5 Per altro verso, l’Ufficio, in sede di appello, al fine di confutare
le argomentazioni esposte dal primo giudice, aveva altresì evidenziato
l’indicazione, fra le movimentazioni delle immobilizzazioni, della quota
di ammortamento di £.60.000.000- pari appunto ad un decimo dell’aliquota
del 20 % del costo.
9.6 Ora, è ben evidente che l’omesso esame delle emergenze documentali
appena evidenziate rende sostanzialmente apparente la motivazione
impugnata, imponendo l’accoglimento della doglianza.
10. Sulla base di tali elementi, vanno accolti i motivi 2,3

5 e 6,

rigettati i motivi l e 4 con conseguente cassazione della sentenza
impugnata e rinvio ad altra sezione della CTR della Campania per nuovo
esame
P.Q.M.
La Corte
Accoglie i motivi 03,5 e 6 rigettando i motivi 1 e

indicato dall’Ufficio>>.

nwrE tA REGISTRAZIONg
AI SENSI DEL DJ. 34J
N. 131 TAB. ALL. 3. – N. S
MATERIA T1113::;;;CUA
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della
Campania per nuovo esame, demandando alla stessa anche di liquidare le
spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della V sezione il 13 novembre

2012 in Roma.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA