Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 803 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 09/12/2010, dep. 14/01/2011), n.803

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1681/2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrenti –

contro

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE REGINA

MARGHERITA 262-264, presso lo studio dell’avvocato TAVERNA Salvatore,

che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2004 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 24/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/12/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

1. Con distinti avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 1980, 1981 e 1982, l’Ufficio Imposte Dirette di Bologna, qualificando il reddito conseguito dal Dr. C.G., nell’esercizio della sua attività di gestione di un laboratorio di analisi chimiche, quale reddito di impresa e non di lavoro autonomo, provvedeva a rettificare i redditi dichiarati per i periodi di imposta suindicati.

2. Deceduto nelle more il C., tali avvisi di accertamento venivano notificati personalmente ed individualmente agli eredi, e tra essi all’odierna ricorrente C.A., i quali – fatta eccezione per la moglie del de cuius – proponevano congiuntamente un unico ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, che lo accoglieva con sentenza n. 82, depositata il 29.1.90.

3. Tale sentenza veniva appellata dall’Ufficio Imposte Dirette di Bologna, senza che, peraltro, l’atto di appello venisse notificato a tutte le parti del giudizio di primo grado, e in particolare a C.A.. Ed invero, l’atto introduttivo del giudizio di secondo grado veniva notificata al solo Co.Gu., “per sè e per tutti gli eredi del defunto C.G.”. La Commissione Tributaria Regionale di Bologna, con decisione n. 242 dell’11.4.94, in riforma della sentenza impugnata, confermava gli avvisi di accertamento. La decisione di appello veniva, quindi, impugnata dal solo coerede Co.Gu., dinanzi alla Commissione Tributaria Centrale, la quale rigettava il ricorso. Avverso tale sentenza pende ricorso per cassazione, proposto dal medesimo Co.Gu., per sè e per gli altri coeredi.

4. L’Ufficio Imposte Dirette provvedeva, intanto, ad iscrivere a ruolo, a titolo definitivo, l’intero carico tributario accertato nel ruolo suppletivo del 10.2.96, intestato al de cuius C. G.. Tale atto veniva impugnato dal coerede Co.Gu., ed il relativo giudizio si concludeva in appello con la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Bologna n. 24.12.01 del 14.2.01, che dichiarava valide l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento. Tale decisione – a seguito di ricorso per cassazione proposto da Co.Gu. – veniva, tuttavia, cassata da questa Suprema Corte con la sentenza n. 26124/07, con la quale veniva accolta la domanda, proposta dal contribuente, di annullamento del ruolo e delle cartelle di pagamento.

5. Intanto, stante il mancato pagamento dell’imposta rettificata, l’Ufficio provvedeva a notificare in data 10.5.96 al defunto C.G., e “per conoscenza” agli eredi M.F., C.A. e C.D., l’avviso di mora n. (OMISSIS), con il quale veniva loro intimato il pagamento della somma di L. 2.492.409.027.

6. Avverso il suindicato avviso di mora, C.A. proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, che lo accoglieva annullando l’atto e compensando le spese di giudizio.

Proponeva appello, contro la decisione suindicata, l’Agenzia delle Entrate Ufficio Bologna (OMISSIS), subentrato all’Ufficio Imposte Dirette, e il relativo giudizio si concludeva con la sentenza della Commissione Tributaria Regionale n. 50.10.04, depositata il 24.11.04, con la quale il giudice di appello confermava integralmente la decisione di prime cure, con compensazione delle spese di lite.

La Commissione Tributaria Regionale rilevava che ai singoli coeredi di C.G. avrebbe dovuto essere notificato l’atto di appello dell’Ufficio, con il quale era stata impugnata la sentenza di primo grado che annullava gli avvisi di accertamento, ed affermava che ai singoli eredi personalmente avrebbe dovuto essere notificata la cartella esattoriale che, pertanto, riteneva affetta da nullità.

7. Per la cassazione della sentenza n. 50.10.04, hanno proposto ricorso, notificato il 9.1.06, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando due motivi, ai quali ha replicato C.A. con controricorso notificato il 6.2.06, e con memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

Osserva, in via pregiudiziale, la Corte che il ricorso per cassazione proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile. Invero, in tutti i casi in cui l’appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale sia stato proposto – come nel caso di specie – soltanto dall’ufficio periferico dell’Agenzia delle Entrate (succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze, nel corso del giudizio di primo grado) e il contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, deve ritenersi verificata, sia pure per implicito, l’estromissione del dante causa Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione (in tal senso, v. pure Cass. 24245/04, 6591/08).

Premesso quanto precede, si passa, quindi, all’esame dei motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle Entrate.

1.1. Con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 3 , art. 156 c.p.c. e D.P.R. n. 636 del 1972, artt. 22 e 32 bis.

Lamenta, invero, la ricorrente che l’impugnata decisione abbia erroneamente ritenuto non opponibile agli eredi dell’originario debitore d’imposta, C.G., la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Bologna n. 242/94. Tale inopponibilità sarebbe, invero, derivata – secondo un’affermazione del giudice tributario di secondo grado, censurata dall’Agenzia delle Entrate dall’effettuata notifica dell’atto di appello, nelle forme di cui al D.P.R. n. 636 del 1972, art. 32 bis, a Co.Gu. “per sè e gli altri coeredi di C.G.”, e non ai singoli coeredi, compresa l’odierna ricorrente C.A..

Sostiene, per contro, l’Agenzia delle Entrate che siffatta forma di notifica, effettuata dalla segreteria della Commissione di primo grado, ai sensi del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 32 bis, era stata, in qualche modo, imposta dalla mancata dichiarazione di residenza o di domicilio da parte degli altri coeredi, fatta eccezione per Co.Gu., al quale l’atto veniva, pertanto, notificato al proprio domicilio, anche per gli altri coeredi.

1.2. Il motivo è inammissibile ed, in quanto tale, va respinto.

Osserva, invero la Corte che il tema del contendere oggetto del presente giudizio è limitato all’avviso di mora, ed ai vizi ad esso inerenti, laddove l’Agenzia delle Entrate deduce, in questa sede, censure relative al l’opponibilità agli eredi di C.G. della sentenza n. 242/94, confermativa degli avvisi di accertamento, in relazione ai quali pende ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Centrale. Sicchè, non avendo il contribuente inteso avvalersi della possibilità, concessagli dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, si impugnare contestualmente tutti gli atti, della sequenza procedimentale finalizzata alla riscossione dell’imposta, ciascuno di essi – nel caso concreto l’avviso di mora – può essere impugnato solo per vizi propri, ovvero facendo valere l’omessa notifica dell’atto presupposto.

Ne discende che, ad onta dell’improprio riferimento, contenuto nella motivazione della sentenza di appello, – che sul punto va corretta, ai sensi dell’art. 384 c.p.c. – all’inopponibilità alla C. della decisione relativa agli avvisi di accertamento, per la quale pende un separato giudizio, la relativa censura deve ritenersi del tutto inammissibile in questa sede.

2.1. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, comma 3 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65.

L’Ufficio censura, infatti, la decisione della Commissione Tributaria Regionale di Bologna, nella parte in cui ha affermato che l’iscrizione a ruolo doveva essere intestata ai singoli eredi di C.G., e che la cartella esattoriale doveva essere notificata personalmente a ciascuno di essi, ritenendo, pertanto, viziata da nullità detta cartella, in quanto notificata agli eredi collettivamente ed impersonalmente.

Ora, non può revocarsi in dubbio – avendolo dichiarato la stessa amministrazione ricorrente (p. 12 del ricorso) che il ruolo sia stato, nella specie, intestato al defunto C.G., e che la cartella esattoriale sia stata notificata agli eredi, obbligati solidali, impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio del de cuius. E, tuttavia, assume l’Agenzia delle Entrate che siffatta forma di notifica, eseguita ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, u.c., si sarebbe resa necessaria, nella specie, in conseguenza dell’omessa comunicazione all’Ufficio, da parte degli eredi del contribuente, delle proprie generalità e del proprio domicilio fiscale, come previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2.

2.2. L’assunto è infondato e non può essere condiviso.

Ed invero, il menzionato obbligo di comunicazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 65, non può ritenersi sussistente, qualora l’Ufficio sia già in possesso delle necessarie informazioni per procedere alle notifiche presso il domicilio dei singoli eredi. Va considerato, infatti, la L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 1 (statuto dei diritti del contribuente), che impone all’amministrazione di utilizzare le informazioni comunque pervenute in suo possesso, per far giungere i propri atti a conoscenza dei destinatari.

E, nel caso concreto, non v’è dubbio che l’Ufficio finanziario fosse già in possesso dei suddetti dati anagrafici, avendo provveduto a notificare gli avvisi di accertamento personalmente a ciascun erede.

Ne consegue che la notifica della cartella esattoriale – come ha già ritenuto questa Corte nella decisione n. 26124/07 -, effettuata impersonalmente e collettivamente agli eredi nell’ultimo domicilio del defunto, deve ritenersi affetta da nullità. Orbene, rileva la Corte che la mancata o invalida notifica della cartella di pagamento comporta un vizio della sequenza procedimentale, dettata dalla legge, degli atti avviso di accertamento o di liquidazione, cartella di pagamento, avviso di mora) attraverso i quali si articola il procedimento di formazione della pretesa tributaria. Tale nullità può essere fatta valere dal contribuente, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, anche impugnando il solo atto consequenziale notificatogli (nella specie l’avviso di mora) facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto (nella specie la cartella di pagamento) (Cass. S.U. 5791/08, S.U. 16412/07).

Ne deriva che, nel caso concreto, l’atto finale della sequenza, costituito dall’avviso di mora, deve ritenersi caducato – come hanno correttamente ritenuto i giudici di primo e secondo grado – per difetto di notifica dell’atto presupposto (la cartella di pagamento).

2.3. Tale conclusione appare, poi, ulteriormente avvalorata dalla considerazione che la menzionata sentenza n. 26124/07, cassando la decisione della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n. 24/12/01, e decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., ha annullato la cartella esattoriale, posta a fondamento dell’avviso di mora costituente oggetto del presente giudizio. Per il che anche tale ultimo atto deve ritenersi definitivamente caducato, per difetto dell’atto presupposto.

3. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso dell’Agenzia dell’Entrata deve essere rigettato. La rimozione dell’atto di riscossione (nella specie l’avviso di mora) per vizi propri, operata dal giudice di merito, rende superflua una sospensione del presente giudizio, in attesa della definizione di quello avente ad oggetto gli avvisi di accertamento (conf. Cass. 26124/07).

4. Le spese processuali sostenute dall’intimata vanno poste a carico dell’Agenzia delle Entrate, nella misura di cui in dispositivo.

Concorrono, per contro, giusti motivi tenuto conto delle ragioni della decisione, fondata sull’esame di una questione pregiudiziale – per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese nel rapporto tra la C. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate; dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze e compensa le relative spese; condanna parte ricorrente al rimborso delle spese nei confronti dell’intimata, che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 9 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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