Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8029 del 07/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 07/04/2011, (ud. 25/01/2011, dep. 07/04/2011), n.8029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 18284-2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore Centrale

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

LEMBO SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 262/2007 della Commissione Tributaria

Regionale di NAPOLI – Sezione Staccata di SALERNO del 5.10.06,

depositata il 24/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25/01/2 011 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO

FEDELI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della Lembo s.r.l. (che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale – in controversia concernente impugnazione di avviso di recupero di credito di imposta per intervenuta decadenza dal diritto al beneficio in relazione all’omessa trasmissione, nei termini prescritti, del modello CVS – la C.T.R. Campania riformava la sentenza di primo grado (che aveva rigettato il ricorso della società), affermando che la comunicazione dei dati richiesti dall’Amministrazione mediante invio del modello CVS costituisce mero adempimento formale la cui omissione non può fare venire meno il diritto alla fruizione del credito di imposta, ed inoltre che la L. n. 289 del 2002, entrata in vigore il 1 gennaio 2003, e il modello, predisposto solo nella seconda metà del gennaio 2003, erano in contrasto con le previsioni dello statuto dei diritti del contribuente, onde l’omessa comunicazione doveva considerarsi errore scusabile, con conseguente diritto alla conferma del credito di imposta contestato.

2. Il primo motivo di ricorso (col quale, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 62, L. n. 212 del 2000, art. 3 nonchè artt. 1 e 15 preleggi, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere i giudici d’appello ritenuto meramente ordinatorio – pertanto non implicante decadenza – il termine previsto per l’invio del CVS) è manifestamente fondato alla luce della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, secondo la quale l’imprenditore ammesso a beneficiare, ai sensi della L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 dei contributi, concessi sotto forma di credito d’imposta, per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, decade da tale beneficio ove abbia omesso di presentare – come previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. c) nel termine del 28 febbraio 2003, la comunicazione telematica avente ad oggetto le informazioni sul contenuto e la natura dell’investimento effettuato (cosiddetto “modello CVS”) essendo il suddetto termine previsto dall’art. 62 cit. a pena di decadenza, e non avendo, altrimenti, alcun senso la sua previsione ove il beneficio del contributo fosse subordinato alla realizzazione dell’investimento e non anche all’invio della comunicazione telematica (v. cass. n. 3578 del 2009, n. 16442 del 2009 e n. 19627 del 2009).

Il secondo motivo (col quale, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 62, L. n. 212 del 2000, art. 3 nonchè artt. 1 e 15 preleggi, si censura la sentenza impugnata per avere i giudici d’appello ritenuto che la L. n. 289 del 2002, art. 62 – nella parte prevedente la decadenza per l’omesso adempimento dell’onere ivi previsto – potesse essere disapplicato in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 3) è manifestamente fondato alla luce della giurisprudenza di questo giudice di legittimità, secondo la quale le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212 (cd.

Statuto del contribuente), emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e qualificate espressamente come principi generali dell’ordinamento tributario sono, in alcuni casi, idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri guida per il giudice nell’interpretazione delle norme tributarie – anche anteriori -, ma non hanno rango superiore alla legge ordinaria, con la conseguenza che non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè comportare la disapplicazione della norma tributaria in asserito contrasto con le stesse. In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva disapplicato la L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 62, comma 1, lett. a) ritenendolo contrastante con la L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 2, (v. Cass. n. 8254 del 2009).

Il ricorso deve essere pertanto accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito col rigetto del ricorso introduttivo. Attesa la controvertibilità della questione, risultante anche dalle alterne decisioni rese in proposito dai giudici di merito, compensa le spese dei gradi di merito e condanna la soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità come in dispositivo liquidate.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la soccombente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.100,0 0 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2011

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