Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8027 del 21/04/2016


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 8027 Anno 2016
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 23122-2012 proposto da:
INTUR

INIZIATIVE

TURISTICHE

MOLISANE

SPA

IN

LIQUIDAZIONE 00816190706, in persona dei liquidatori
RAFFAELE CICCHESE e NICOLA FATTICIO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 39, presso lo
studio dell’avvocato ADRIANO GIUFFRE’, rappresentata
2015
1768

e difesa dall’avvocato RENATO RIZZI giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro

COMUNE DI SAN MASSIMO , in persona del Sindaco in

Data pubblicazione: 21/04/2016

carica, considerato domiciliato ex lege in ROMA,
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato STEFANO SABATINI
giusta procura a margine del controricorso;
controricorrente

di CAMPOBASSO, depositata il 12/07/2011 R.G.N.
134/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/09/2015 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato STEFANO SABATINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso.

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avverso la sentenza n. 118/2011 della CORTE D’APPELLO

I FATTI
Nel luglio del 1999 il comune di S. Massimo convenne dinanzi al
Tribunale di Campobasso la s.p.a. Intur, chiedendone, in via
principale, la condanna al pagamento dei canoni di affitto per
l’utilizzo di terreni di proprietà comunale concessile in uso nel

importo pari ad E.117.598, ovvero in subordine quella al
risarcimento dei danni conseguenti all’occupazione sine titule dei
terreni stessi da parte della società convenuta.
Il giudice di primo grado, rigettata la domanda principale,
accolse quella subordinata, condannando la Intur al pagamento
della minor somma, rispetto a quella richiesta, di E. 20.519.
La corte di appello di Campobasso, investita delle impugnazioni
hinc et

inde proposte, accolse quella incidentale dell’ente

territoriale – riconoscendogli come dovuta la maggior somma di E.
36953 – e rigettò quello principale proposto dalla società.
Osservò, in motivazione, la Corte territoriale:
– Che tra le parti non si era mai instaurato un valido rapporto
contrattuale, volta che alla delibera consiliare del 1993 non
aveva poi fatto mai seguito una convenzione negoziale che,
iure privatorum,

avesse in concreto regolato

i

rapporti

patrimoniali tra concedente e concessionario;
– Che nessuna conseguente rilevanza spiegavano le qualificazioni
(servitù o altro titolo) del rapporto contenute nella detta
delibera;

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novembre del 1993 con delibera del consiglio comunale, per un

- Che la qualificazione del titolo risarcitorio (da occupazione
temporanea illegittima) contenuto nella sentenza di primo
grado non risultava specificamente contestata, così come
incontestato appariva il criterio di calcolo mutuato da
quelli previsti per l’indennità di occupazione per

– Che la consolidata ed indiscussa vocazione turistica dei suoli
– occupati per decenni da impianti di risalita per sciatori e
strutture accessorie connesse a tale attività – imponeva di
ragguagliare il risarcimento dovuto al comune alle specifiche
utilità economiche che l’ente avrebbe potuto ricavare in
proprio (come difatti ebbe a ricavare prima del luglio 1993 e
dopo il giugno 1999) concedendo i suoli non a pastori
matesini, bensì a gestori di lucrosi impianti sciistici in
una rinomata località di sport e turismo invernali:
– Che utile parametro di valutazione dell’indennità poteva
altresì essere costituito dai corrispettivi che altri
gestori, prima e dopo la Intur, avevano concordato (e
regolarmente pagato) con il comune, mentre il parametro
indicato dall’appellante principale, commisurato ad un
irrealistico uso agricolo costituito dalla mera attività di
pascolo, doveva ritenersi del tutto irrisorio e fuori
mercato;
– Che appariva di converso condivisibile il criterio utilizzato
dal CTU secondo approfonditi criteri di calcolo contenuti

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l’esecuzione di opere pubbliche;

nella

relazione

cui

tecnica,

la

sentenza

rinviava

dichiarandoli parte integrante della motivazione.
Per la cassazione della pronuncia della Corte molisana la Intur
s.p.a. in liquidazione ha proposto ricorso sulla base di 2 motivi
di censura.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo,

si denuncia contraddittoria motivazione su di

un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Il motivo – con il quale si lamenta, sotto il profilo del vizio di
motivazione, una pretesa contraddittorietà tra l’affermazione,
contenuta in sentenza, secondo cui i criteri risarcitori adottati
non avevano in alcun modo riferimento a quelli previsti per la
servitù di elettrodotto, e quella, successiva, volta a far proprie
le conclusioni del CTU che a quei criteri aveva invece fatto
riferimento – è del tutto privo di pregio.
Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale
adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che
il risarcimento dovuto, da determinarsi secondo criteri
palesemente equitativi, potesse venir quantificato alla luce delle
risultanze della CTU sulla evidente premessa che il parametro
fattuale adottato come fondamento della relativa quantificazione
fosse

lo sfruttamento turistico dei suoli e la presenza di

impianti sciistici.

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Resiste con controricorso il comune di S.Massimo.

Pertanto, appare del tutto legittimo il riferimento al criterio
adottato dal consulente, che ebbe a calcolare l’indennità dovuta
all’ente territoriale utilizzando,
indicativo

come parametro

meramente

(perché ritenuto il più prossimo al calcolo

richiestogli in relazione all’uso dei beni occupati

sine titu/o),

fossero stati concretamente

applicati

questi ultimi criteri come

se di servitù di elettrodotto fosse lecito, nella specie,
discorrere (essendosi, a tacer d’altro, formato il giudicato
interno sul capo di sentenza che aveva identificato nell’uso a
fini turistico sccisitici il presupposto del richiesto
risarcimento), criteri, di converso, soltanto
utilizzati ad exemplum,

in quanto

richiamati

ed

estensibili in via analogica,

nella relazione tecnica (che, per altro verso, nel far cenno
all’art. 45 comma 2 lett. c) del T.U. sulle espropriazioni,
utilizza altresì i criteri della cessione volontaria di area non
edificabile).
Con il secondo motivo,

si denuncia insufficiente motivazione su di

un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Lamenta parte ricorrente che la Corte territoriale, nel far
riferimento “ai corrispettivi pagati da altri gestori”, ne avrebbe
poi omesso l’indicazione, tanto degli uni quanto degli altri
Il motivo

è

inammissibile, poiché il predetto riferimento

(evidentemente ad abundantiam)
risulta essere né

operato dalla Corte di appello non

fatto decisivo

avendo la Corte stessa

proceduto a liquidare il danno sulla base della CTU – né

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fatto

quello relativo alla predetta servitù senza che, nella specie,

controverso e dibattuto tra le parti, non essendo mai stato
contestata la esistenza di altri gestori dei suoli prima e dopo il
loro abusivo utilizzo da parte di Intur.
Il ricorso è pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della

Liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in
complessivi euro 5500, di cui 200 per spese.
Così deciso in Roma, li 16.9.2015

soccombenza.

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