Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8027 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. III, 01/04/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 01/04/2010), n.8027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

COOPER SERVIZI SOC. COOP. A R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEGLI SCIPIONI 191, presso lo studio dell’avvocato ALFIERI ARTURO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FREDDI ROMOLO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI VIA (OMISSIS), (d’ora innanzi

per brevità “Condominio”, in persona dell’amministratore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA GIUNONE REGINA 1, presso lo

studio dell’avvocato CARLEVARO ANSELMO, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAOLI GIAMPIERO, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 48/2009 della CORTE D’APPELLO di ANCONA del

16/12/08, depositata il 23/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

La Corte:

Letti gli atti depositati.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 24 aprile 2009 la Cooper Servizi Soc. Coop a r.l. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 25 febbraio 2009, depositata in data 23 gennaio 2009 dalla Corte d’Appello di Ancona, confermativa della sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda di pagamento del corrispettivo dei lavori di pulizia e manutenzione dell’area verde proposta nei confronti del Condominio di via Caduti del Lavoro 40 in Ancona.

Il Condominio intimato ha resistito con controricorso.

2 – I quattro motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione (non meglio specificate, come se si trattasse di sinonimi) degli artt. 1665 – 1667 c.c., contraddittorietà e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

La censura, che tratta congiuntamente vizi ontologicamente e strutturalmente diversi, non contiene un momento di sintesi formulato secondo il modello sopra delineato e necessario non solo per circoscrivere il fatto controverso, ma anche per specificare quali parti della motivazione della sentenza impugnata e per quali ragioni si rivelino rispettivamente contraddittorie e insufficienti. Il quesito di diritto pecca di astrattezza in quanto mancano gli indispensabili riferimenti al caso concreto e alla motivazione della sentenza impugnata e, quindi, non consente alla Corte di valutare la decisività della censura nè di enunciare una regola juris diversa da quella applicata dalla Corte territoriale.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 183, 184, 246 c.p.c.; contraddittoria e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. La doglianza, che presenta le medesime caratteristiche strutturali esaminate a proposito della precedente, non indica chiaramente il fatto controverso e propone due quesiti, concernenti l’ammissione della prova testimoniale, anche in questo caso privi di riferimenti al caso concreto e alla motivazione addotta dalla Corte territoriale.

Considerazioni analoghe valgono per il terzo motivo, con il quale si ipotizzano violazione degli artt. 2697 – 1460 c.c., nonchè insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo.

Il tema trattato è l’eccezione di inesatto adempimento di prestazioni periodiche e del relativo onere probatorio. Giova precisare al riguardo che – come risulta dal testo della sentenza impugnata – in sede di merito è stata ritenuta carente la prova della stessa esecuzione delle prestazioni cui la ricorrente era contrattualmente tenuta, che è questione diversa dall’inesatto adempimento cui essa fa riferimento nel motivo in esame.

Con il quarto motivo si lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. La censura, priva del prescritto momento di sintesi, pecca anche sotto il profilo della specificità.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il resistente ha presentato memoria adesiva alla relazione; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

 

 

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