Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8026 del 01/04/2010

Cassazione civile sez. III, 01/04/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 01/04/2010), n.8026

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 145,

presso lo studio dell’avvocato LOMBARDI ROBERTO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GARLATTI BRUNO, giusta delega a margine

dell’atto di appello dd. 11.10.2004;

– ricorrente –

contro

COMUNE LATISANA in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI, 35, presso lo studio

dell’avvocato VINCENTI MARCO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PITTINI GIOBATTA, giusta deliberazione della giunta

comunale n. 68 del 16.4.2009, e giusta mandato a margine del ricorso;

– controricorrente –

e contro

UNICREDIT BANCA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 55/2008 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE del

6.2.08, depositata il 21/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che

ha concluso per l’inammissibilità della rinuncia.

La Corte:

Letti gli atti depositati.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 7 aprile 2009 P.E. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 21 febbraio 2008 dalla Corte d’Appello di Trieste, confermativa della sentenza del Tribunale di Udine nella parte in cui aveva rigettato la domanda proposta nei confronti del Comune di Latisana per ottenere il risarcimento dei danni subiti battendo violentemente la testa contro un segnale stradale verticale insistente sul marciapiede, che il Comune convenuto eccepiva essere stato collocato dalla Banca del Friuli S.p.A. (poi Rolo Banca 1473 S.p.A., infine Unicredit Banca S.p.A.), chiamata in causa.

Il Comune di Latisana ha resistito con controricorso, mentre la Banca Unicredit non ha espletato attività difensiva.

2 – I tre motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 c.c. e, in esito all’esposizione delle argomentazioni a sostegno, chiede alla Corte di stabilire se, nell’ipotesi di danni causati agli utenti di una strada comunale dell’omessa manutenzione e/o dalla non corrispondenza a norma di legge della segnaletica su di essa apposta, debba essere applicata l’una o l’altra delle norme indicate.

Il quesito è inidoneo a soddisfare le esigenze perseguite dall’art. 366 bis c.p.c., poichè trascura i necessari riferimenti al caso concreto e alla motivazione addotta dalla Corte territoriale. Questa, interpretando la domanda, ha spiegato che essa è stata proposta con esclusivo riferimento alla previsione dell’art. 2043 c.c. e che, quindi, non potevano trovare applicazione i più recenti sviluppi giurisprudenziali in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c.. Tale affermazione decisiva non ha formato oggetto di specifica impugnazione. Inoltre dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che essa ha sostanzialmente escluso il nesso causale tra la condotta della P.A. e l’evento, affermazione di per sè idonea a superare la presunzione di responsabilità posta dall’art. 2051 c.c..

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta insufficiente e/o illogica motivazione in ordine alla sussistenza di un fatto colposo del ricorrente.

La censura non contiene un momento di sintesi formulato secondo il paradigma sopra enunciato e necessario per circoscrivere il fatto controverso e specificare quali parti della sentenza e per quali ragioni presentino una motivazione rispettivamente insufficiente e illogica. Inoltre essa involge apprezzamento di fatto riservati al giudice di merito.

Con il terzo motivo il P. tratta il tema della riconducibilità del danno patito all’evento occorsogli.

La censura risulta intrinsecamente inammissibile per le stesse ragioni indicate a proposito del secondo motivo e inoltre presuppone l’accoglimento delle precedenti.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato atto di rinuncia sottoscritto dal solo difensore, che non appare munito della necessaria procura speciale;

inoltre l’atto di rinuncia non risulta notificato al costituito Comune di Latisana, nè comunicato al suo legale e da questi vistato, come prescritto dall’art. 390 c.p.c., comma 3.

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha ritenuto inefficace per le indicate ragioni l’atto di rinuncia e, per contro, ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380 bis e 385 cod. proc. civ.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 aprile 2010

 

 

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