Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8022 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 22/03/2021), n.8022

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3606-2019 proposto da:

C.E., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FIORELLO

TATONE;

– ricorrente –

contro

G.G., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati GIANNI

PISCIONE, PIERO CAFFE’;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2121/2018 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 15/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PORRECA

PAOLO.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

G.G. conveniva in giudizio il proprio figlio C.E. domandando la condanna al rilascio di un immobile oggetto di diritto di abitazione dopo il decesso del proprio coniuge, quale residenza familiare;

il Tribunale, nella contumacia del convenuto, accoglieva la domanda, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare, dai sommari informatori ritualmente escussi in prime cure, posta la semplificazione propria del procedimento sommario di cognizione seguito, era emersa conferma dalla unitarietà dell’immobile oggetto di rilascio, messa in discussione dall’appellante C. ma dimostrata anche dalla documentazione acquisita, quale il certificato di residenza cumulativo e le bollette delle utenze;

avverso questa decisione ricorre per cassazione C.E. articolando tre motivi;

resiste con controricorso G.G..

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 702 bis, 702 ter e 447 bis c.p.c., poichè in primo grado, come censurato anche con specifico motivo di appello, sarebbero state erroneamente seguite modalità proprie del rito laburistico e, correlativamente, sarebbero state assunte prove orali senza idonea e specifica richiesta, ovvero officiosamente con conseguente lesione del contraddittorio;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 331 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato nell’omettere d’integrare il contraddittorio con gli altri eredi, atteso che l’originaria attrice aveva posto a premessa ovvero ragione della sua domanda il diritto di abitazione oggetto di eredità;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 540 c.c., dell’art. 244c.p.c., e dell’art. 360 c.p.c., n. 5, poichè la Corte di appello avrebbe errato utilizzando, per il proprio convincimento, prove orali assunte officiosamente e senza capitolazione, oltre che mancando di considerare le risultanze documentali, in specie catastali, e mancando di ammettere le prove per testi articolate in secondo grado e volte, in uno alla sollecitazione di consulenza tecnica sullo stato dello stabile, a far emergere la natura composita dell’immobile, che avrebbe avuto comparti separati e tali da doversi escludere la sussistenza su tutti del diritto di abitazione;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

il secondo motivo di ricorso dev’essere esaminato logicamente in via preliminare;

la censura è infondata;

infatti, nella fattispecie, non vi è domanda volta a far dichiarare l’incidenza del diritto di abitazione sull’asse ereditario, instandosi per il rilascio dell’immobile rispetto al quale la verifica di sussistenza e portata del diritto di abitazione può essere oggetto di accertamento incidentale senza valenza di giudicato opponibile ai coeredi;

il primo e terzo motivo, da scrutinare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili, in parte infondati;

come noto questa Corte ha chiarito che la trattazione della controversia, da parte del giudice adito, con un rito diverso da quello previsto dalla legge non determina alcuna nullità del procedimento e della sentenza successivamente emessa, se la parte non deduca e dimostri che dall’erronea adozione del rito le sia derivata una lesione del diritto di difesa (Cass., 10/10/2017, n. 23682, Cass., 10/03/2020, n. 6754), poichè i vizi dell’attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento, rilevanti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, non sono posti a tutela di un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a garanzia dell’eliminazione del pregiudizio concretamente subito, in ipotesi, dal diritto di difesa (cfr., ad esempio, Cass., 02/02/2018, n. 2626);

nel caso, il pregiudizio in parola ipotizzato è quello afferente alla valorizzazione di prove orali acquisite senza domanda e senza capitolazione;

premesso che non si riporta il tenore dell’atto introduttivo, nè di memorie autorizzate, in cui sarebbe constatabile, nelle articolazioni istruttorie, tale deficienza, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, resta il fatto che la Corte territoriale non si è basata solo su queste prove, ritenendole testualmente confermative di quanto già evincibile dalla documentazione “dimostrativa dell’unitarietà dell’immobile” in questione (pag. 3, terzultimo capoverso, della sentenza impugnata);

al contempo, a fronte di ciò, la parte ricorrente lamenta la mancata ammissione e prim’ancora il mancato esame delle istanze di prova contrapposte dalla deducente solo in appello;

sul punto, però, deve osservarsi che:

– da quanto riportato dell’atto di appello non emerge una prova per testi articolata compiutamente, ovvero con l’indicazione anche dei nominativi dei testimoni da escutere;

– i capitoli non risultano al riguardo decisivi, poichè nulla dice della portata del diritto di abitazione, vagliata come sopra detto, il fatto che il C. abitasse l’immobile, e che quest’ultimo fosse composto di numerosi vani e con ciascun piano dotato di servizi;

difatti tutto ciò non implica necessariamente che il diritto di abitazione dovesse ritenersi limitato – non è dato di capire esattamente in quale modo, eventualmente autonomo quanto a conformazione fisica del suo oggetto, e in quale misura, all’interno dell’immobile coinvolto – e non, pertanto, esteso come ritenuto dal giudice di secondo grado;

va ribadito che il vizio di motivazione – peraltro qui inibito comunque dalla c.d. doppia conforme ex art. 348 ter c.p.c., comma 5, – per omessa ammissione della prova testimoniale (o di altra prova) può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” risulti priva di fondamento (Cass., 17/06/2019, n. 16214);

nè, poi, risulta alcunchè dei dati catastali – indicati come emergenti in documenti invocati nel ricorso, di cui neppure si specifica l’esatta collocazione processuale necessaria alla loro verifica (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469, Cass., 13/11/2018, n., 29093, Cass., 20/11/2017, n. 27475) – e della loro differente imputazione prospettata ma non dettagliata rispetto al diritto di abitazione;

spese secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali di parte controricorrente liquidate in Euro 5.200,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, 15 per cento di spese forfettarie e accessori legali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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