Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8021 del 28/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 28/03/2017, (ud. 24/01/2017, dep.28/03/2017),  n. 8021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3861/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

FERMAC s.r.l. a socio unico, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso

lo studio dell’avvocato MARIO NUZZO che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Michele Calandruccio giusta procura speciale

a margine del controricorso con ricorso incidentale;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n.1412/14/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 30/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA

CRUCITTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di Fermac s.r.l. dell’ avviso di accertamento relativo ad IRAP, IRES ed IVA dell’anno di imposta 2006, la Commissione Tributaria Regionale, rigettando l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, confermava, seppur con diversa motivazione, la decisione di primo grado favorevole alla contribuente.

In particolare, il Giudice di appello, pur rilevando l’erroneità della prima decisione la quale aveva annullato l’atto impositivo per essere la verifica iniziata a seguito di un atto non firmato dal direttore dell’Ufficio, ribadiva la nullità dell’avviso di accertamento perchè emesso senza l’espletamento del necessario preventivo contraddittorio.

2. Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso su unico motivo.

3. La contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato su unico motivo.

4. A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. e di fissazione dell’adunanza della Corte in Camera di consiglio, ritualmente comunicate, il ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’unico motivo di ricorso principale, con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Commissione Regionale nell’avere ritenuto illegittimo l’accertamento perchè emesso in violazione del principio del contraddittorio – è fondato.

1.1. Premesso che, nel caso in esame, è pacifico, per darne atto la stessa sentenza impugnata, che l’avviso impugnato venne emesso a seguito di verifica cd. “a tavolino”, sulla questione controversa sono intervenute di recente le Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n. 24823/15) le quali nell’affermare che, in tema di tributi non armonizzati, “non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino” – hanno ribadito l’orientamento maggioritario, già formatosi in materia, secondo cui le garanzie fissate nella L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali (Cass. n. 15010/14; 9424/14, 5374/14, 20770/13, 10381/14), rilevando che, nel senso indicato, militano univocamente il dato testuale della rubrica (“Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali) e, soprattutto, quello della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 1 (coniugato con la circostanza che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulta palesamente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco) che, esplicitamente si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”. E ciò in considerazione anche delle peculiarità di dette verifiche, in quanto caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca, quivi, di elementi valutativi a lui sfavorevoli: peculiarità, che specificamente giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali (Cass. SS.UU. n. 24823/15 cit.).

Con riferimento, invece, ai tributi non armonizzati (nella specie l’IVA) le stesse Sezioni Unite hanno, invece, affermato il principio per cui “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purchè il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa”.

1.2. La sentenza impugnata si è discostata dai superiori principi, laddove, peraltro, il Collegio non ritiene meritevole di condivisione l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata in controricorso. Come evidenziato, invero, dalla citata sentenza 24823/2015 delle Sezioni Unite, il dato testuale del L. n. 212 del 2000, detto art. 12, comma 7, univocamente tendente alla limitazione della garanzia del contraddittorio procedimentale alle sole “verifiche in loco”, è da ritenersi “non irragionevole”, in quanto giustificato dalla peculiarità stessa di tali verifiche, “caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarità che giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio al fine di correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”; siffatta peculiarità, differenziando le due ipotesi di verifica (“in loco” o “a tavolino”), giustifica e rende non irragionevole il differente trattamento normativo delle stesse, con conseguente manifesta infondatezza della sollevata questione di costituzionalità con riferimento agli artt. 3 e 97 Cost.; nè una questione di costituzionalità, sempre con riferimento all’art. 3 Cost., può porsi per la duplicità di trattamento giuridico tra “tributi armonizzati” e “tributi non armonizzati”, atteso che, come anche in tal caso evidenziato dalla su menzionata sentenza delle sez. unite 24823/2015, l’assimilazione tra i due trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativo univocamente interpretabile nel senso dell’inesistenza, in campo tributario, di una clausola generale di contraddittorio procedimentale.

L’affermata insussistenza, nell’ordinamento tributario nazionale, di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale non viola, inoltre, nè l’art. 24 Cost., nè l’art. 111 Cost., atteso che, come espressamente affermato da questa Corte nella su richiamata sentenza a sez. unite 24823/2015, le garanzie di cui all’art. 24 “attengono, testualmente, all’ambito giudiziale”, nè l’art. 111 Cost., in introdurre in giudizio dichiarazioni rese da terzi in sede extra processuale, con il valore probatorio proprio degli elementi indiziari, compete non solo all’Amministrazione finanziaria, che tali dichiarazioni abbia raccolto nel corso d’indagine amministrativa, ma, altresì, con il medesimo valore probatorio, al contribuente.

2. Il ricorso incidentale è inammissibile. Con l’unico motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52; D.P.R. n. 600 del 1972, artt. 32 e 33; D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, laddove la C.T.R. aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento, malgrado l’atto con il quale era stata iniziata la verifica (invio di questionario) fosse sottoscritto da capo Area Controllo Imprese e non dal Direttore dell’Ufficio.

2.1. Il motivo, infatti, introduce una questione nuova (titolareità del Capo area controllo, in mancanza di delega del Direttore) laddove con il ricorso introduttivo si era lamentata la mancata autorizzazione all’inizio della verifica ritenuta non necessaria dalla C.T.R. non vertendosi nell’ipotesi di cui all’art. 52 citato.

3. Ne consegue il rigetto del ricorso incidentale e, in accoglimento del ricorso principale, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. affinchè provveda al riesame, adeguandosi agli illustrati principi, ed al regolamento delle spese di questo giudizio.

4. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

Rigettato il ricorso incidentale, in accoglimento del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, alla quale demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2017

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