Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8021 del 23/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 23/03/2021, (ud. 02/10/2020, dep. 23/03/2021), n.8028

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

M.D., rappresentato e difeso, giusta procura in calce al

ricorso, dagli Avv.ti Maurizio Leone del Foro di Milano, e Antonella

Giglio, che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente

domiciliato presso lo studio del secondo difensore, alla via A.

Gramsci n. 14 in Roma;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 60, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, il 30.5.2012 e pubblicata l’11.6.2012;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.D., a seguito di svolgimento di contraddittorio preliminare, avendo sortito esito negativo la procedura di accertamento con adesione, riceveva il 15.10.2009 la notifica dell’avviso di accertamento n. R3AG10, attinente ad IVA, IRPEF ed IRAP, in relazione all’anno 2004, in conseguenza di verifica effettuata con applicazione degli studi di settore.

Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese lamentando, tra l’altro, l’inadeguata soggettivizzazione dell’accertamento, l’insussistenza del presupposto del grave scostamento dei ricavi dichiarati rispetto a quelli calcolati mediante applicazione degli studi di settore, e comunque l’erroneità del cluster di riferimento utilizzato dall’Agenzia. La CTP, ritenute fondate le ragioni del contribuente, annullava l’atto impositivo.

L’Ente impositore spiegava impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia che reputava, invece, corretto il procedimento seguito dall’Amministrazione finanziaria, riducendo peraltro i maggiori ricavi da ritenersi accertati ad Euro 12.408,00, cifra invero indicata dallo stesso contribuente in corso di causa, mediante domanda subordinata.

Avverso la decisione adottata dalla CTR della Lombardia ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi a sei motivi di ricorso. Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Mediante il suo primo motivo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente contesta la violazione, da parte del giudice dell’appello pugnato, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), nonchè del D.L. n. 331 del 1993, art. 62-sexies, comma 3, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 per non aver tenuto conto che, nell’accertamento del reddito mediante applicazione degli studi di settore, l’Amministrazione finanziaria è tenuta a prendere in considerazione i rilievi del contribuente ed ha l’onere di confutarli.

1.2. – Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’impugnante critica il vizio di motivazione in cui è incorsa la CTR, per aver omesso di motivare in ordine alla contestata inidoneità del cluster di riferimento utilizzato dall’Amministrazione finanziaria.

1.3. – Mediante il suo terzo strumento di gravame, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il contribuente censura la omessa motivazione in cui è incorsa la CTR in materia di difetto di esame della concreta condizione del contribuente nell’avviso di accertamento impugnato.

1.4. – Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’impugnante contesta ancora il vizio della motivazione adottata dal giudice dell’appello, perchè illogica e pertanto insufficiente, in quanto non chiarisce come abbia potuto accogliere la domanda subordinata di riduzione del reddito accertato, proposta dallo stesso ricorrente nel giudizio di primo grado, istanza non riproposta in grado di appello.

1.5. – Mediante il suo quinto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il contribuente critica la omessa motivazione in cui è incorsa la CTR per non aver chiarito perchè abbia ritenuto sussistere, nel caso di specie, uno scostamento dei ricavi dichiarati rispetto a quelli calcolati mediante lo studio di settore, da qualificarsi come una presunzione grave, precisa e concordante.

1.6. – Mediante il sesto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’impugnante censura nuovamente il vizio della motivazione adottata dalla CTR per aver ritenuto utilizzabile ai fini della decisione “il comportamento del contribuente nella fase precontenziosa” (ric., p. 11).

2.1. – 2.2. – 2.3. – 2.4. – 2.5. – 2.6. – Il ricorrente ha ritenuto di frammentare la propria critica in sei diversi motivi di ricorso, con i quali ha censurato la decisione adottata dal giudice impugnato per essere incorso nella violazione di legge e nel vizio di motivazione, non tenendo conto dell’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di provvedere ad una adeguata soggettivizzazione dell’accertamento tributario redatto in applicazione degli studi di settore, e mancando di motivare adeguatamente in relazione ad una pluralità di questioni controverse emerse nel corso del giudizio, e sottoposte al giudizio della CTR dallo stesso contribuente.

Questa Corte ha avuto modo di precisare, in merito, che “in tema di accertamento standardizzato mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto procedimento che legittima l’azione amministrativa, in ispecie quando si faccia riferimento ad una elaborazione statistica su specifici parametri, di per sè soggetta alle approssimazioni proprie dello strumento statistico, e sia necessario adeguarle alla realtà reddituale del singolo contribuente, potendo solo così emergere gli elementi idonei a commisurare la “presunzione” alla concreta realtà economica dell’impresa. Ne consegue che la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento dai parametri, ma deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio, solo così emergendo la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui suddetti parametri e la giustifica-bilità di un onere della prova contraria (ma senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente” Cass. sez. V, 12.12.2013, n. 27822.

Tanto premesso, la succinta motivazione adottata dalla Commissione Tributaria Regionale si manifesta in effetti in più passaggi apodittica, come quando afferma che “L’A.F. ha operato tenendo nella debita considerazione la situazione del contribuente valutandola adeguatamente” (sent. CTR, p. 3), ma non chiarisce in base a quali elementi ritenga di poter fondare il proprio argomento, nè se gli stessi emergano dall’avviso di accertamento impugnato o da successive acquisizioni, non potendo ritenersi “adeguatamente valutata” la situazione del contribuente sulla base del solo rilievo secondo cui “L’A.F. ha evidenziato che anche i ricavi dichiarati in precedenza all’anno d’imposta 2004 e successivi risultano inferiori a quelli ri-calcolati con riferimento agli studi di settore”, trattandosi di una valutazione circoscritta, e che non viene in alcun modo comparata con le allegazioni fornite dal contribuente.

Neppure deve trascurarsi che “in tema di accertamento basato sugli studi di settore, anche alla luce della giurisprudenza Eurounitaria, il presupposto della “grave incongruenza” di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, (conv., con modif., dalla L. n. 427 del 1993) è necessario anche per gli avvisi di accertamento notificati dopo il 1 gennaio 2007, in quanto la L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1, pur dopo le modifiche apportate dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, (in vigore dal 1 gennaio 2007), continua a fare riferimento al detto art. 62 sexies, che, pertanto, non può ritenersi implicitamente abrogato”, non avendo questa Corte di legittimità trascurato di evidenziare che: “al fine di individuare divergenze significative tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dagli studi di settore, si può anche fare riferimento al D.P.R. n. 16 settembre 1996, n. 570, art. 2, comma 1, lett. a, (“regolamento per la determinazione dei criteri in base ai quali la contabilità ordinaria è considerata inattendibile, relativamente agli esercenti attività di impresa, arti e professioni”), il quale dispone: “Ai medesimi fini indicati nel comma 1, le contraddizioni tra le scritture obbligatorie e i dati e gli elementi direttamente rilevati si considerano gravi e rendono altresì inattendibile la contabilità ordinaria degli esercenti attività di impresa, quando: a) i valori rilevati a seguito di ispezioni o verifiche, anche parziali… abbiano uno scostamento, spetto a quelli indicati in contabilità, superiore al 10 per cento del valore complessivo delle voci interessate, a condizione che tale scostamento non sia riconducibile a errata applicazione dei criteri di valutazione ovvero di imputazione temporale”, Cass. sez. V, 29.3.2019, n. 8854. Nel caso in esame lo scostamento tra i ricavi accertati dall’Agenzia e quelli dichiarati dal contribuente è pari al 4,20%.

La modalità di redazione dell’atto decisionale da parte della CTR, ancora, si rivela carente anche quando osserva che “l’A.F. pone in evidenza come le proprie osservazioni non siano state adeguatamente considerate dai Giudici di primo grado…”, ma non chiarisce perchè essa ritenga invece, quale giudice di secondo grado, di potervi aderire. Pure l’opzione di quantificare il valore del maggior reddito accertato a carico del contribuente nella misura che lui stesso aveva indicato, in una domanda subordinata proposta nel primo grado del giudizio, non risulta motivata in alcun modo dal giudice dell’appello.

Il ricorso introdotto dal contribuente deve essere pertanto accolto in relazione alle contestazioni esposte, con assorbimento delle ulteriori questioni proposte, e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale di Milano, in diversa composizione, perchè rinnovi il giudizio nel rispetto dei principi enunciati e provveda anche a disciplinare le spese di lite del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso proposto da M.D., cassa la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Milano che, in diversa composizione, provvederà alla rinnovazione del giudizio, nel rispetto dei principi innanzi esposti, e regolerà anche le spese di lite del giudizio di cassazione tra le parti.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2021

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