Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8019 del 22/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 22/03/2021), n.8019

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCRIMA Antonietta – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30940-2019 proposto da:

M.A.M., M.B., M.A.,

F.C., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA ASIAGO 8, presso lo

studio dell’avvocato ELEONORA MOSCATO, che le rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GUIDO ALFONSI;

– ricorrenti –

contro

EUROPA MANGIMI SNC, in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO CHENG CHI CHANG;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 525/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 01/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI

MARCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 1/3/2019, la Corte d’appello di Bari ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla Europa Mangimi s.n.c. dei F.lli T., ha dichiarato inefficace, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto con il quale M.V. (debitore della società attrice), unitamente alla moglie, F.C., aveva ceduto alle figlie, M.A.M., M.B. e M.A., taluni diritti immobiliari propri;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha confermato la sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi per l’accoglimento dell’azione revocatoria originariamente proposta dalla società attrice;

avverso la sentenza d’appello M.A.M., M.B., M.A. e F.C., propongono ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

la Europa Mangimi s.r.l. (già Europa Mangimi s.n.c. dei F.lli T.) resiste con controricorso;

a seguito della fissazione della camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la Europa Mangimi s.r.l. ha presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, le ricorrenti invocano il riconoscimento, da parte di questa Corte di legittimità, della sopravvenuta carenza di legittimazione ad agire dell’originaria società attrice, attesa l’intervenuta prescrizione del diritto di credito posto a base dell’azione revocatoria esercitata in questa sede;

il motivo è manifestamente infondato;

osserva il Collegio come, attraverso la censura in esame, le ricorrenti contestino l’effettiva persistenza del credito posto a base dell’odierna azione revocatoria, rilevandone la (pretesa) prescrizione sopravvenuta a seguito della pronuncia della sentenza d’appello;

ciò posto – fermo il principio, già affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale la proposizione dell’azione revocatoria produce l’effetto interruttivo-sospensivo della prescrizione del credito posto a base dell’esercizio dell’azione revocatoria, pur se quest’ultimo sia azionato solo successivamente in autonomo giudizio, trattandosi di un comportamento univocamente finalizzato a manifestare la volontà di esercitare specificamente il diritto medesimo, benchè mediante l’attivazione preventiva di un altro giudizio, peraltro ad esso teleologicamente connesso in via esclusiva (Sez. 3, Sentenza n. 1084 del 18/01/2011, Rv. 616404 – 01) – varrà sottolineare come, attraverso gli odierni rilievi, le ricorrenti si siano unicamente limitate a sollevare una specifica contestazione in ordine all’effettiva sussistenza (attuale) dell’avverso credito (contestazione, peraltro, confermata dai contenuti del controricorso ex adverso depositato);

detta contestazione, tuttavia, deve ritenersi tale da non escludere la persistente sussistenza della legittimazione alla proposizione dell’azione revocatoria da parte dell’originaria società attrice, tenuto conto del principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di azione revocatoria, occorre conferire rilievo a una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con la conseguenza che anche il credito contestato è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria, senza che vi sia necessità della preventiva introduzione di un giudizio di accertamento del medesimo credito, o della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, in coerenza con la funzione di tale azione, che non persegue fini restitutori (cfr., da ultimo, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4212 del 19/02/2020, Rv. 657295 – 01);

da tanto deriva il rilievo della manifesta infondatezza della censura in esame;

con il secondo motivo, le ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2901 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto sussistente il requisito soggettivo della consapevolezza, da parte delle figlie del debitore della società attrice, della sussistenza del credito dedotto in giudizio dalla controparte, sulla base di un’illogica valutazione degli elementi probatori valorizzati in sentenza;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come con il motivo in esame, le ricorrenti – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalla norma di legge richiamata – alleghino un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica delle ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente le stesse nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

occorrerà rilevare, al riguardo, come la combinata valutazione delle circostanze di fatto indicate dalla corte territoriale a fondamento del ragionamento probatorio in concreto eseguito (secondo il meccanismo presuntivo di cui all’art. 2729 c.c.) non può in alcun modo considerarsi fondata su indici privi, ictu oculi, di quella minima capacità rappresentativa suscettibile di giustificare l’apprezzamento ricostruttivo che il giudice del merito ha ritenuto di porre a fondamento del ragionamento probatorio argomentato in sentenza, con la conseguente oggettiva inidoneità della censura in esame a dedurre la violazione dell’art. 2729 c.c. nei termini analiticamente indicati da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 (v. in motivazione sub par. 4. e segg.);

nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dalle odierne ricorrenti deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;

si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;

ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva manifesta infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna delle ricorrenti al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2021

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