Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8019 del 20/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8019 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

ORDINANZA
sul ricorso 15192-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro ternpore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso P AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrenti contro

■■■

TALARICO GAETANO, elettivamente domiciliato in ROMA, Via
XX SETTEMBRE 26, presso lo studio dell’avvocato MARCO
YEUILLAZ, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale
speciale in calce al controricorso;

controricorrente –

208ì

Data pubblicazione: 20/04/2016

avverso la sentenza n. 169/2013/34 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE del PIEMONTE, depositata il
16/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/03/2016 dal Consigliere relatore dott. Roberta Crucitti.
Nella controversia concernente l’impugnazione da parte di Gaetano
Talarico dell’avviso di accertamento, emesso a seguito anche di indagini sulle
movimentazioni bancarie ex art.32 d.p.r. n. 600/73, e portante maggiori IRPEF,
VA ed IRAP per l’anno di in-Tosta 2005, la Commissione Tributaria Regionale
del Piemonte, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la decisione di
primo grado che aveva dichiarato la nullità dell’atto impositivo per la mancata
allegazione di copia del provvedimento di autorizzazione all’effettuazione dei
controlli bancari.
In particolare, il Giudice di appello, pur ritenendo fondato il gravame proposto
dall’Agenzia delle Entrate in ordine alla non necessità dell’allegazione
dell’autorizzazione ai controlli bancari, in accoglimento di eccezione proposta dal
contribuente sin dal primo grado e ribadita nel secondo, riteneva che, nel caso in
esame, fosse stato violato l’art.12, ultimo comma, della legge n.212/2000, sia per il
mancato rispetto del termine ivi previsto sia per l’insussistenza di ragioni di
“particolare e motivata urgenza”.
La Commissione Regionale, inoltre, riteneva che non avesse pregio la
distinzione tra verifica fiscale vera e propria (in quanto tale soggetta al rispetto del
termine di legge) e attività di controllo o “accertamento analitico” (non implicante
il rispetto del termine predetto) in quanto gli stessi accerratori nell’esercizio di
attività connesse all’acquisizione della documentazione e delle scritture contabili
avevano qualificato la loro attività come vera e propria verifica fiscale ed avevano
formalmente richiamato nel p.v.c. la necessità del rispetto del termine di legge di
cui si tratta.
Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso
affidandosi ad unico motivo.
Il contribuente resiste con controricorso.

Ric. 2014 n. 15192 sez. MT – ucl. 16-03-2016
-2-

Ritenuto in fatto

A seguito di deposito di relazione ex art.380 bis c.p.c. è stata fissata
l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Considerato in diritto
1.Con l’unico motivo, si deduce la falsa applicazione dell’art.12, comma 7,
della legge n.212/2000, laddove la C.T.R. aveva ritenuto applicabile il citato
disposto normativo all’accertamento in oggetto che si era basato sulla

risultanza di indagini bancarie regolarmente autorizzate, e non già su dati raccolti
mediante accesso nella sede della società.
1.1. La censura è fondata nei termini seguenti. Sulla questione controversa,
costituita dall’applicabilità dell’ultimo comma dell’art.12 della legge 212/2000 (c.d.
Statuto del contribuente) anche alle verifiche fiscali (quale quella in esame)
conseguenti ad accertamenti bancari ovvero “a tavolino”, questa Corte
intervenuta ripetutamente affermando che la suddetta disposizione trova
applicazione, come da espressa previsione legislativa, solo nel caso in cui
l’Amministrazione finanzialia proceda ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali “nei
locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o
professionali” (v.tra le altre Cass.n.3142/2014; id n.13588/2014 la quale, peraltro,
richiama sul punto il tenore testuale della sentenza delle Sezioni Unite di questa
Corte n.18184/2013). A suffragare tale orientamento sono, peraltro e di recente,
intervenute le Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n.24823/15) le quali hanno
statuito il seguente principio: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il
diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo
all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei
diritti del contribuente, in assenza di specifica previsione, un generalizzato obbligo
di contraddittorio endoprocedirnentale, comportante, in caso di violazione,
l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”,
l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprucedimentale,
pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le
quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi
“armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la
violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedirnentale da parte
dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità

Ric. 2014 n. 15192
-3-

sez.

MT – ud. 16-03-2016

documentazione assunta a seguito di questionario spedito al contribuente e sulle

dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere

di enunciare in

concreto le ragioni che avrebbero potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse
stato tempestivamente attivato, e che l’opposi7ione di dette ragioni (valutate con
riferimento al momento del mancato contraddittorio), si rilevi non puramente
pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e
buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento

è stato predisposto.
1.2.La sentenza impugnata, nel ritenere applicabile /out court la normativa ad
un caso di accertamento conseguente ad invio di questionario e ad indagini
bancarie senza che vi fosse stato accesso presso i locali di attività del contribuente
e senza che quest’ultimo nulla avesse allegato in ordine alle ragioni che,

eventualmente, avrebbe potuto fare valere, si è discostata dai superiori principi.
2.Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della senten,2
impugnata ed il rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte
affinché, adeguandosi ai superiori principii, provveda, anche all’esame delle
questioni ritenute assorbite ed al regolamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia
alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composi ione,
anche per il regolamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 16 marzo 2016.

difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali

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